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PubblicatoPasquale Toscano Modificato 8 anni fa
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La preghiera, invece, diventa la nostra risposta alla chiamata di Dio che fa sempre il primo passo; infatti è lui che pone nel nostro cuore il desiderio di pregare, noi dobbiamo solo educarci a cogliere questo desiderio di comunione e di amore per entrare nella sua intimità.
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preghiera La preghiera, se non diventa questa esperienza di relazione e di amicizia con il Dio vivente, rischia di essere snaturata e può facilmente diventare un’operazione intellettuale, una semplice tecnica psicologica, un momento emozionale, di evasione, fino a sfociare nella magia e nella superstizione 6. 6. Cfr. LEOLUCA PASQUA, La preghiera che libera. Ostacoli, deviazioni e tendenze magiche nella preghiera cristiana, Ed. RnS, Roma 2007, pp. 23-38.
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Come vediamo, non sono poche le difficoltà per chi vuole camminare alla luce della parola di Dio, ma gli ostacoli e le tentazioni possono diventare un’occasione per allenarsi alle virtù cristiane e soprattutto per rimanere in un atteggiamento di abbandono fiducioso nelle mani del Signore, che si serve anche delle esperienze più dolorose per educare coloro che ama.
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Così, infatti, ci ricorda sapientemente un passaggio del Libro del Siracide in cui si descrive la pedagogia di Dio e la necessità della lotta spirituale come momento fecondo di conversione e di crescita spirituale: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore» (Sir 2,1-5a) 7. 7. Sul tema del combattimento spirituale vedi: LORENZO SCUPROLI, Combattimento Spirituale, San Paolo, Milano 2005; BERNARD DUCRUET, Il combattimento spirituale, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996; LEOLUCA PASQUA, Lottare per vivere. Il combattimento spirituale, Città Nuova, Roma 2008.
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8. La fonte del perdono Gli itinerari che abbiamo tracciato ci illuminano sul valore del perdono nella sua duplice valenza di dono di Dio, ma anche di responsabilità dell’uomo.
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Esso, quando viene sperimentato, diventa capace di qualificare sia la vita personale sia quella sociale. Ma da dove bisogna iniziare?
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Da dove possiamo ricevere la forza di percorrere la via del perdono, abbandonando lentamente i rancori che da poco o da tanto tempo convivono con la nostra vita?
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Gli itinerari proposti offrono già alcune risposte che possono aiutare nel cammino verso il perdono, secondo le situazioni specifiche che ognuno si trova a vivere.
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«Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia» (Sal 85,9).
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Ecco la parola chiave : ritornare a lui e sperimentare continuamente la sua grande misericordia, la certezza di essere amati, consolati, accompagnati da un Padre che ci guarda con occhi di benevolenza, che continua a bussare alla porta del nostro cuore anche quando noi abbiamo scelto di chiuderla, per non essere importunati.
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ri-orientarla Il perdono di Dio produce meraviglie, ha la capacità di rimettere in movimento la vita e di ri-orientarla verso la terra promessa della comunione con lui.
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Quando ci si lascia travolgere dal fiume impetuoso della sua misericordia, l’esistenza si ricostruisce sulle realtà spirituali e si ricomincia da ciò che veramente conta e per cui vale la pena lasciare passare tutto il resto in secondo piano.
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peccato Se l’esperienza del peccato, infatti, rallenta la vita spirituale - in quanto immette l’uomo in una dimensione di solitudine, nella quale viene tolto spazio a Dio per lasciare emergere il proprio io -,
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perdono il perdono, viceversa, crea le condizioni perché avvenga una ri-creazione della vita, del modo di pensare, di parlare, di ascoltare, di relazionarsi.
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Così, nella Preghiera del Signore, tra le richieste che Gesù invita a rivolgere al Padre, troviamo proprio quella di imparare a perdonare sull’esempio di Dio che ci accorda sempre il suo perdono: «E rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6, 12).
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E proprio alla fine di questa preghiera, Gesù precisa ulteriormente come il perdono del Padre si ottiene nella misura in cui anche noi perdoniamo ai nostri fratelli:
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«Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6, 14-15).
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Quindi c’è una relazione stretta tra il perdono di Dio e quello da dare ai fratelli: non sono due momenti distinti e neanche si tratta di porsi in un atteggiamento di semplice imitazione che potrebbe far pensare al perdono come frutto di un impegno personale.
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Il passaggio fondamentale per poter perdonare è lasciarsi travolgere dalla misericordia di Dio, che a sua volta diventa sorgente di perdono per i fratelli.
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Non si tratta di dare il nostro perdono ma quello di Dio, che ci supera e ci permette di dare di più, dire di più, fare di più, perché questo “di più” è lo stesso amore misericordioso di Dio che trabocca dai nostri cuori.
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