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PubblicatoEmma Casadei Modificato 8 anni fa
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LEZIONE 8 DELLA SCUOLA DEL SABATO GESÙ DIMOSTRAVA SIMPATIA SABATO 20 AGOSTO 2016 SABATO 20 AGOSTO 2016 3° TRIMESTRE 2016
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Gesù dimostrava simpatia alle persone e si preoccupava per loro. Già nell'Antico Testamento si era manifestato come un Dio misericordioso. Incarnandosi, dimostrò misericordia verso chi lo circondava e ci ha insegnato –con le parole e con l’esempio– ad essere misericordiosi.
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L’antico Testamento abbonda di momenti nei quali le persone si lamentano e gridano a Dio a causa dei loro problemi (a volte causati dai loro peccati). Dio nella sua misericordia non chiuse i suoi orecchi a questi lamenti e si commosse sempre per le tribolazioni dei sofferenti. (Esodo 2:23-25; Giudici 2:16-18; 2ª Re 13:23; Isaia 54:7-10) Dio non è estraneo alla sua creazione, ma «il Signore è misericordioso e compassionevole». (Giacomo 5:11) Oggi, Dio continua ad ascoltare i nostri lamenti. Possiamo continuare a confidare nella sua divina misericordia, perché «la terra è piena della misericordia dell’Eterno». (Salmo 33:5)
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«Presentate a Dio le necessità, le gioie, le tristezze, le preoccupazioni e i timori che provate, perché nulla lo potrà stancare o infastidire… si commuove al pensiero dei nostri dolori o quando gli esprimiamo le nostre sofferenze. Presentategli tutto ciò che vi rende perplessi, perché niente è troppo gravoso per colui che sostiene il mondo e regna su tutto l’universo. Non esiste pensiero che turbi la nostra pace che egli non noti; per il Signore tutta la nostra vita è come un libro aperto e nessun problema è troppo difficile da risolvere. Ogni disgrazia che colpisce il più piccolo dei suoi figli, ogni preoccupazione che ci tormenta, ogni gioia che proviamo, ogni preghiera sincera è immediatamente considerata con interesse dal nostro Padre… I rapporti fra Dio e ogni individuo sono personali e intimi, come se sulla terra non ci fosse nessun altro da aiutare, come se suo Figlio fosse morto solo per quella persona.» E.G.W. (La via migliore - pag. 66-67)
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«Vedendo le folle, ne ebbe compassione perché erano stanche e disperse, come pecore senza pastore» (Matteo 9:36) Avere compassione di qualcuno implica simpatizzare con lui, intristirsi per le sue sofferenze e comprendere i suoi sentimenti (simpatia, autostima e empatia). Simpatizzare non è solamente comprendere la sofferenza dell’altro, è il desiderio di alleviarla e porvi rimedio. Gesù ebbe compassione delle persone e, come risultato, insegnava loro, li guariva, li ascoltava e pregava per loro. (Matteo 14:14; 9:35-38; Luca 7:11-16) Seguendo l’esempio di Gesù, la nostra compassione deve avere due componenti fondamentali: essere sincera e attiva (ovvero manifestare azioni buone).
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«Gioite con quelli che gioiscono; piangete con quelli che piangono» (Romani 12:15) Perché Gesù pianse davanti alla tomba di Lazzaro quando il suo proposito era resuscitarlo immediatamente? (Giov. 11:35) «Benché fosse il Figlio di Dio, aveva preso su di sé la natura umana e il dolore umano lo commuoveva. Il suo cuore compassionevole e tenero si commuoveva sempre di simpatia verso i sofferenti. Piangeva con chi piangeva e si rallegrava con chi si rallegrava… Il suo cuore fu trafitto dal dolore della famiglia umana in tutte le età e di tutti i paesi» (Ellen White, «La Speranza dell’uomo»).
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«Mosso a compassione, il padrone di quel servo lo lasciò andare e gli condonò il debito» (Matteo 18:27) Giudici 2:18 ci dice che Dio fu «mosso a misericordia» per i gemiti del suo popolo. Cosa significa essere mosso a misericordia? Luca 10:33 ci parla di un samaritano che fu «mosso a misericordia». Si mise al posto del ferito (simpatizzò con lui), a rischio di soffrire perdite fisiche e materiali, lo aiutò. Essere mossi a misericordia implica il coinvolgimento nella sofferenza degli altri e cercare di aiutarli senza tornaconto. Luca 15:20-32 presenta un padre che fu «mosso a misericordia». Il figlio dissipò quello che aveva, e il padre mise da parte la propria dignità pur di riaccogliere il suo figliolo deviato, anche a costo di un’importante discussione familiare.
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«il quale ci consola in ogni nostra afflizione affinché, per mezzo della consolazione con cui noi stessi siamo da Dio consolati, possiamo consolare coloro che si trovano in qualsiasi afflizione» (2ª Corinzi 1:4)
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«Pronunciate parole di fiducia e coraggio, che saranno come un balsamo ristoratore per l’animo ferito e colpito. Una sola parola affettuosa può incoraggiare, portando alla vittoria, molte persone depresse e sul punto di soccombere nella grande lotta della vita. Non dobbiamo mai passare accanto a qualcuno che soffre senza cercare di infondergli quel coraggio con il quale siamo stati consolati da Dio». E.G.W (La Speranza dell’uomo - pag. 381)
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