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PubblicatoFilomena Cenci Modificato 8 anni fa
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di E. Montale, gruppo di lavoro: Congiusta, Palazzolo, Bonanni
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Eugenio montale Eugenio Montale nacque a Genova, in un palazzo dell'attuale corso Dogali, nella zona soprastante Principe, il 12 ottobre 1896, ultimo dei cinque figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, esponenti della media borghesia genovese. La sua è una formazione da autodidatta: Le lingue straniere e la letteratura (ha un amore speciale per Dante) sono la sua passione. Entra all'Accademia militare di Parma dove richiede di essere inviato al fronte e poco dopo Montale viene congedato nel 1920. Nel 1967 viene nominato senatore a vita. Nel 1975 arriva il riconoscimento più importante: il Premio Nobel per la Letteratura. Muore a Milano il 12 settembre 1981
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Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche Che ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Passare il pomeriggio senza fare nulla per il caldo e pensare in tutta tranquillità vicino ad un muro bollente di un giardino e ascoltare tra gli arbusti e la sterpaglia il rumore secco dei merli e i fruscii dei serpenti. Spiare, fra le spaccature del terreno e sull’erba, file di formiche rosse che ora si dividono ora si riuniscono su un mucchietto di terra. Osservare tra le foglie degli alberi, il mare vivo e luccicante, mentre si alza il tremule frinire di cicale dalle calde colline. E camminando nel sole che abbaglia, sentire con tristezza e meraviglia che la vita e la sua sofferenza non è nient’altro che passeggiare di fianco a un muro che ha in cima dei cocci aguzzi di bottiglia. Poesia parafrasi
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commento Meriggiare pallido e assorto è una delle prime e più famose poesie di Eugenio Montale, è tratta dalla raccolta Ossi di seppia scritta nel 1916. La poesia è tra le prime di Montale e alla luce della produzione successiva ci dimostra la coerenza di questo poeta, la fedeltà al paesaggio delle 5 terre, a certi moduli stilistici aspri, ad una visione del mondo. La lirica è composta da 4 strofe i versi sono liberi con rime e assonanze. Il poeta usa termini e suoni spigolosi, ( meriggiare, muro, frusci, sterpi, merli, serpi) il susseguirsi di infiniti, ( meriggiare, ascoltare, spiare, osservare, sentire, seguitare) che, eliminando ogni preciso riferimento di tempo e di persona, danno a quelle azioni un valore perenne.
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Il poeta si trova, nelle ore calde intorno al mezzogiorno, presso il muro di un orto, arroventato dai raggi del sole, ed ascolta i rumori della natura: tra rovi e arbusti i merli emanano i loro versi secchi e i serpenti si muovono con un fruscio a mala pena percettibile. Nelle crepe del suolo riarso e lungo gli steli delle piante rampicanti selvatiche si vedono file di formiche rosse che poi s`intrecciano sulla sommità di piccoli formicai. Tra le fronde, si scorge lontano il mare, illuminato dal sole, sembra fatto di scaglie luccicanti come squame di pesce, mentre, dalla sommita di rocce spoglie, si leva il tremolante frinire delle cicale simile a uno scricchiolio. E andando verso il sole che abbaglia, il poeta capisce con triste stupore com'è tormentata la vita, come camminare lungo una muraglia invalicabile, a causa dei cocci aguzzi di bottiglia.
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