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Giacomo Leopardi
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Vita
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La vita La vita di Leopardi ha 2 caratteristiche fondamentali:
Scarsità di eventi significativi (la sua non è la vita “romantica” di Foscoli) Condizione di emarginazione dalla società del suo tempo, dalle idee dominanti, dalla società intellettuale
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«Sette anni di studio matto e disperatissimo»
La sua formazione fu essenzialmente da autodidatta, resa possibile dall’ampia biblioteca del padre La biblioteca del padre conteneva più di volumi, di diverso tipo (teologici, storici, eruditi, illuministi) 1815 Saggio sopra gli errori popolari degli antichi Traduzioni di testi antichi e opere di tipo filologico
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«dall’erudizione al bello»
1816 inizia quello che lui definirà il «passaggio dall’erudizione al bello» (Zibaldone, 29 luglio 1820) Aumenta in lui l’interesse per la poesia, in quanto unico strumento adatto a dar forma a sentimenti e passioni individuali
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Polemica clasicisti-romantici
La scrittrice romantica francese Madame de Staël sulla pubblica alcuni interventi nei quali si scaglia contro i letterati italiani, accusandoli di appartenere a una cultura provinciale e non aggiornata con le novità culturali europee Leopardi, diciottenne, scrive una Lettera ai signori compilatori della ”Biblioteca italiana” , che però non verrà pubblicata. Tesi di Leopardi: sosteneva che i classici non andavano imitati; occorreva rivivere il rapporto diretto con la natura, di riproporre la capacità di sentire e di esprimere i sentimenti in modo ingenuo e immediato.
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L’amicizia, l’amore, il tentativo di fuga
La scoperta della poesia coincisero con l’apertura al mondo: nella forma dell’amicizia epistolare con Pietro Giordani e per l’amore per Geltrude Cassi, ventiseienne cugina del padre, ospite in casa Leopardi. Nel 1817 cominciò a tenere una specie di diario, che poi chiamerà Zibaldone di pensieri. Nota bene: Pietro Giordani era un letterato di Piacenza, dalla posizione culturale moderatamente progressista. Esiliato da Piacenza nel 1824, per motivi politici, si rifugia a Firenze dove fa parte del circolo legato alla rivista L’antologia, diretta da Giovan Pietro Vieusseux ( ) Nel 1819 tenta di fuggire da casa, ma viene scoperto
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I fase: Pessimismo storico
L’idealizzazione degli antichi e della natura trova il proprio corrispettivo nel rifiuto polemico del presente e della società contemporanea. Il male del mondo è imputabile all’uomo stesso e alla civiltà, non alla natura 1817 inizia a scrivere lo Zibaldone canzoni politico-civili: All’Italia; Sopra il monumento di Dante
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«dal bello al vero» 1822 breve soggiorno a Roma
Inizia un periodo di “conversione filosofica”: di passaggio dal «bello alla ragione e al vero», dalla poesia alla filosofia La progressiva scoperta dell’«arido vero» provocò in lui non un abbandono della poesia, bensì l’attribuzione ad essa di un ruolo specifico: quello della sede delle illusioni, che diventano paradossalmente l’unica sostanza davvero reale Illusioni: l’unico rifugio all’infelicità umana (la gioventù, l’amore, l’immaginazione), consolano l’uomo coprendo l’arido vero che lo circonda L’infinito, Alla luna, La serà del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria
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II fase: pessimismo cosmico 1825 Milano 1826 Bologna 1826 Recanati 1827 Pisa
1827 Leopardi pubblica le Operette morali, opera in prosa filosofica. Brevi testi sotto forma di dialogo, in uno stile lucido e ironico. Tema del dolore dell’uomo e del mondo: l’infelicità dell’uomo è senza rimedio, perché responsabile di essa è la natura stessa, non più madre autorevole, ma matrigna indifferente Vd. Dialogo della natura e di un islandese
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I grandi idilli Estate 1828: soggiorna a Firenze, ma è costretto a tornare a Recanati nel novembre a Firenze Le ricordanze; La quiete dopo la tempesta; Il sabato del villaggio; Il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia 1831 prima edizione dei Canti Ciclo di Aspasia, ispirato dall’amore per Fanny Targioni Tozzetti: Il pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia
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Gli ultimi anni 1833 a Napoli
1835 edizione definitiva dei Canti presso l’editore napoletano Starita A Napoli scrive gli ultimi due canti: La ginestra e Il tramonto della luna Muore il 14 giugno 1837
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Canti
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L’opera di una vita La composizione e la pubblicazione dei Canti impegnò tutta la sua vita. Genere lirico: l’unico genere di poesia che «che veramente resti ai moderni» e che è, del resto, «privo di tempo» e quindi «eterno e universale» è il genere lirico (Zibaldone, 29 marzo 1829) Leopardi inaugura un nuovo genere di poesia, insieme antico e moderno
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Canzoni Il primo blocco dei Canti è costituito da 9 canzoni:
All’Italia Sopra il monumento di Dante Ad Angelo Mai quand’ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica Nelle nozze della sorella Paolina A un vincitore nel pallone Bruto Minore Alla primavera o delle favole antiche Inno ai patriarchi Ultimo canto di Saffo Il primo amore (terzine) La forma metrica è quella della canzone: strofe miste di endecasillabi e settenari. Le canzoni hanno una struttura rimica complessa,
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Idilli Idillio (da edyllon, “quadretto”) indica un breve testo di argomento e ambientazione campestre o pastorale. Leopardi li chiama così, descrivendoli come «situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo» (Disegni letterari, XII) Il passero solitario L’infinito La sera del dì di festa Alla luna Il sogno La vita solitaria Novità metrica: sono composti da una successione di endecasillabi sciolti; dal punto di vista tematico, sono vere e proprie meditazioni su temi esistenziali: l’infinito, il tempo, il ricordo, il desiderio di felicità.
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Tematiche degli idilli
Storia intima dell’io poetico, colto nelle sue avventure interiori, nelle sue risonanze affettive Negli idilli si ha quindi una stretta sintonia tra paesaggio naturale e sentimento interiore: Scelta di soggetti, di lessico e retorica che punta sul vago e sull’indefinito
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L’infinito Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s'annega il pensier mio: E il naufragar m'è dolce in questo mare.
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“L’infinito” «L’anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al piacere, cioè alla felicità, che considerandola bene, è tutt’uno col piacere». Siepe «L’anima s’immagina quello che non vede, che quell’albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l’immaginario. Quindi il piacere che provava sempre da fanciullo, e anche ora nel vedere il cielo ec. attraverso una finestra, una porta, una casa passatoia». «Circa le sensazioni che piacciono per solo indefinito puoi vedere il mio idillio sull’infinito e richiamar l’idea di una campagna arditamente declive in guisa che la vista in certa lontananza non arrivi alla valle»
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“Ultimo canto di Saffo”
Ovidio scrive di Saffo Si mihi difficilis formama natura negavit: si tratta di una delle Heroides, indirizzata al bel Faone, nella quale la poetessa Saffo non potendo conseguire il suo amore si sarebbe gettata dalla rupe di Leucade «Una canzone ch’è intitolata Ultimo canto di Saffo, intende di rappresentare la infelicità di un animo delicato, tenero, sensitivo, nobile e caldo, posto in un corpo brutto e giovane: soggetto così difficile, che io non so ricordare né tra gli antichi né tra i moderni nessun scrittor famoso che abbia ardito di trattarlo» (Nuovo Ricoglitore, 1825) «L’uomo d’immaginazione di sentimento e di entusiasmo, privo della bellezza del corpo, è verso la natura appresso a poco quello ch’è verso l’amata un amante ardentissimo e sincerissimo, non corrisposto nell’amore» (Zibaldone, 5 marzo 1821)
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Grandi idilli (canti pisano-recanatesi)
Dopo l’interruzione per la prosa delle Operette morali, Leopardi scrive alcuni dei più celebri idilli, composti tra il 1828 e il 1830: A Silvia Le ricordanze Canto notturno di un pastore errante dell’Asia La quiete dopo la tempesta Il sabato del villaggio Metro: strofe di endecasillabi e settenari liberamente alternati A Silvia è il primo esempio di una poesia libera da qualunque vincolo metrico, come «espressione libera e schietta di qualunque affetto vivo e ben sentito dell’uomo» (Zibaldone, 15 dicembre 1826)
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Caratteristiche dei grandi idilli
Il tema della memoria: Recanati viene trasferita nel passato; l’io poetico conosce una maturazione e osserva quindi cose e vicende non dalla fanciullezza, ma da un’età adulta che giudica e rimpiange la fanciullezza. Il poeta si fa portavoce di destino comune, un destino di sofferenza che accomuna tutti gli uomini (fusione della poesia del “noi” delle canzoni con quella dell’ “io” affidata agli idilli) Simbiosi tra pensiero e poesia
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“A Silvia” Lo spunto autobiografico «Ispiratrice biografica, una decina d’anni prima, la Teresa (una Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi) il cui unico interesse era per Leopardi retrospettivamente nella morte precoce (in un appunto: “storia di Teresa da me poco conosciuta e interesse ch’io ne prendeva come di tutti i morti giovani in quello aspettar la morte per me”). Silvia è nome pastorale, dall’Aminta tassiano. (…) In carte coeve all’appunto citato (che è del 1819) è immaginata un’autobiografia posta sotto il nome di Silvio Sarno, e ciò conferma la tesi critica della fondamentale identità di Silvia con l’autore» (G. Contini, Letteratura italiana del Risorgimento)
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“Canto notturno” Il 3 ottobre 1828 a Firenze il Leopardi scriveva nello Zibaldone una nota sui pastori del Kirghisi, ricavata dalla lettura di una rivista francese di erudizione chiamata Journal des Savants. Esso diventa il soggetto di uno dei suoi più celebri canti. ‘Movimenti’ della poesia Domande alla luna circa il significato della sua vita, ciclica come la vita del pastore Metafora negativa sulla vita dell’uomo Tristezza per la nascita dell’uomo Domande alla luna circa il senso della vita, che per il pastore è male Invidia del gregge, sprovvisto del tedium vitae Sospetto che il volo darebbe la felicità al pastore; ma sospetto che il male di vivere sia universale
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Ciclo di Aspasia Composti tra il 1831 e il 1835, ispirati dall’amore per Fanny Targioni Tozzetti Il pensiero dominante Amore e morte A se stesso Aspasia Consalvo L’esperienza amorosa è narrata e discussa nei suoi aspetti ed effetti positivi, mentre negli ultimi subentra la disillusione e l’inganno.
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Canti napoletani Ultimi canti Sopra il bassorilievo antico sepolcrale Sopra il ritratto di una bella donna Palinodia al Marchese Gino Capponi La ginestra o il fiore del deserto Il tramonto della luna L’io poetico viene emarginato, a vantaggio di una riflessione che si fa impersonale e generale e che assume il carattere di una verità universale. La ginestra introduce anche una consistente novità nei Canti: la rivendicazione della dignità di patire, di una sofferenza che sfocia non nel lamento ma in una solidarietà tra uomini
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«Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita, o nelle più acerbe e mortifere disgrazie servono sempre di consolazione, riaccendono l’entusiasmo, e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta» (Zibaldone, 4 ottobre 1820)
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