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Delitti contro l’incolumità individuale

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Presentazione sul tema: "Delitti contro l’incolumità individuale"— Transcript della presentazione:

1 Delitti contro l’incolumità individuale
Percosse e Lesioni personali

2 Risponde del delitto di PERCOSSE (Art. 581 c. p
Risponde del delitto di PERCOSSE (Art. 581 c.p.) «chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito a querela della persona offesa …». La percossa è un atto violento, privo di conseguenze lesive, limitato a produrre una sensazione fisica dolorosa della parte colpita, accompagnata in genere da una reazione vasomotoria fugace con arrossamento della parte colpita. La percossa non comporta alterazione dell’integrità somatica della persona a differenza della lesione personale dove dal fatto deriva uno stato di malattia.

3 «La differenza fra lesioni personali e percosse dipende esclusivamente dalle conseguenze cagionate al soggetto passivo dall’azione del reo: si configura il delitto di percosse se dal fatto deriva al soggetto passivo soltanto una sensazione fisica di dolore, quello di lesione se ne deriva una malattia, ancorché l’intenzione dell’agente sia stata soltanto quella di percuotere». (Cass. Pen. Sez. V, 26 febbraio 1981, in Cass. Pen. 737, 1982) «Poiché i reati di percosse e di lesioni personali volontarie hanno in comune l’elemento soggettivo, che consiste nella volontà di colpire taluno con violenza fisica, l’unica differenza fra i due reati va ravvisata nelle conseguenze che la violenza produce, essendo il reato di percosse caratterizzato dalla condizione che la violenza non abbia cagionato, al di fuori di un’eventuale sensazione dolorosa, effetti patologici costituenti malattia, e cioè non si siano prodotte alterazioni organiche o funzionali sia pure di modesta entità». (Cass. Pen. Sez. 1, 11 giugno 1985)

4 Per il configurarsi della fattispecie delittuosa sono importanti
La condotta violenta diretta a percuotere. L’effetto materiale dell’atto, vale a dire la sofferenza fisica arrecata. L’elemento psicologico o dolo, cioè l’intenzione di cagionare tale sofferenza.

5 La CONDOTTA consiste nell’esercitare una violenza fisica su parti corporee della persona altrui.
Il delitto si perfeziona nello stesso atto del percuotere un’altra persona, ovvero battere, colpire con le mani o i piedi o con un oggetto, malmenare, urtare, infliggere dolore. L’atto del percuotere, indica una precisa modalità d’azione e individua una condotta tipica, pertanto le percosse costituiscono un reato a forma vincolata, che non può essere commesso con un mezzo qualsiasi, bensì richiede l’impiego di atti violenti, che sono soltanto quelli contusivi. L’azione viene esercitata di solito con un mezzo di offesa naturale ma non sono esclusi altri mezzi contundenti impugnati o lanciati da distanza in modo da offendere l’incolumità senza cagionare conseguenze morbose. Ne costituiscono degli esempi gli atti di sferrare un pugno, un calcio, afferrare con forza o violenza, strattonare, pizzicare etc, così da arrecare all’altro una sofferenza.

6 Gli EFFETTI della percossa si immedesimano con la sensazione dolorosa del punto colpito, che tuttavia può mancare, senza escludere il reato, quando la percossa cade, ad esempio su una regione corporea anestetica o coperta da spessi indumenti. Rientra nei limiti della percossa la reazione vasomotoria, cioè l’immediato pallore della cute da vasocostrizione contusiva e l’arrossamento da vasodilatazione secondaria, purché non ne consegua l’edema sieroso o l’ecchimosi. Vi può rientrare, altresì, la diminuita sensibilità locale, rappresentata dalla lieve ipoestesia o dal senso di intorpidimento della parte colpita. In ogni caso gli effetti della percossa sono fugaci e si dileguano completamente.

7 L’elemento psicologico è rappresentato dalla consapevole volontà di percuotere o DOLO, e ciò esclude il delitto colposo di percosse, non previsto dal codice penale. «I reati di percosse e di lesioni personali volontarie hanno in comune l’elemento soggettivo che consiste nella volontà di colpire taluno con violenza fisica. L’unica differenza fra i due reati va ravvisata nelle conseguenze che la violenza produce. Infatti, il primo è caratterizzato dalla condizione negativa, per cui la violenza non abbia cagionato, al di fuori di un’eventuale sensazione dolorosa, effetti patologici costituenti malattia e cioè non si siano prodotte alterazioni organiche o funzionali, sia pure di modesta entità. Pertanto, nel caso in cui, a seguito delle percosse subite, la vittima riporta un trauma contusivo, che determini un’alterazioni delle normali funzioni fisiologiche dell’organismo della parte lesa, tali da richiedere un processo terapeutico con specifici mezzi di cura ed appropriate prescrizioni mediche, si configura il delitto di lesioni volontarie» (Cass. Pen. Sez.1, 23 luglio 1985)

8 LESIONI PERSONALI La lesione personale rappresenta un reato a forma libera, perché i mezzi usati per ledere possono essere di qualsiasi natura (materiali o immateriali, diretti o indiretti), provvisti di capacità lesiva sul corpo o sulla psiche o entrambi. La lesione personale è un reato di evento perché, affinché esso sussista, bisogna che si verifichi qualcosa al di là dell’azione del reo, ossia uno stato di malattia. L’elemento psicologico permette di distinguere forme dolose (intenzione di provocare una lesione) o colpose (aggredire senza l’intenzione di provocare una lesione, che tuttavia si verifica).

9 LESIONE PERSONALE DOLOSA (Art. 582 c.p.)
«Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dagli articoli 583 e 585, il delitto è punibile a querela della persona offesa” In questa fattispecie di reato è previsto il dolo (elemento psicologico) che sebbene sia generico, prevede la volontà e la coscienza di ledere ed offendere, con la propria azione od omissione, l’altrui incolumità (animus laedendi).

10 Il legislatore piuttosto che sul tipo di azione o di condotta, si indirizza sul tipo di evento, per cui è sufficiente, affinché esso sussista, che la condotta stessa, anche se non «violenta» (ad esempio somministrazione di cibi scarsi o nocivi) si trovi in relazione causale con il verificarsi di una condizione di malattia. L’EVENTO è rappresentato dalla malattia fisica o psichica della persona offesa, riconducibile con nesso causale alla condotta del soggetto agente. Cosa si intende per malattia? «Ogni processo morboso a carattere evolutivo che colpisca la sede delle funzioni somatiche o la sede delle funzioni psichiche, accompagnato da disturbi funzionali locali o generali, obiettivamente rilevabili» Ossia ogni processo morboso che ha un inizio, una evoluzione ed una risoluzione (guarigione totale o parziale con postumi).

11 Per malattia nel corpo s’intende qualsiasi patologia che incida sull’integrità fisica della persona, anche se con scarsa importanza clinica (ecchimosi, escoriazioni e graffiature etc.), che pertanto non possono considerarsi semplici percosse. Per malattia nella mente, invece, s’intende qualsiasi alterazione, anche transitoria, delle facoltà psichiche, da qualunque causa prodotta, purché abbia i caratteri di un fatto patologico compatibile con i quadri classici della psichiatria o con le ripercussioni mentali di una malattia somatica.

12 La legge distingue sulla base della durata della malattia e della gravità delle conseguenze quattro diversi gradi di lesioni personali dolose: LIEVISSIME LIEVI GRAVI GRAVISSIME

13 La lesione personale è LIEVISSIMA quando dalla lesione deriva una malattia nel corpo o nella mente di durata non superiore ai 20 giorni. È la forma più tenue di lesione, punibile a querela della persona offesa che non prevede l’obbligo di referto. La lesione personale è LIEVE se da essa deriva una malattia nel corpo o nella mente di durata superiore ai 20 giorni ma inferiore ai 40 giorni. È procedibile d’ufficio, il referto è obbligatorio.

14 La lesione personale è GRAVE se la durata della malattia o dell’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni supera i 40 giorni o se si configura alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’art. 583 c.p. («Circostanze aggravanti»). Tale reato è procedibile d’ufficio, dunque il referto è obbligatorio.

15 MALATTIA NEL CORPO O NELLA MENTE DI DURATA SUPERIORE AI 40 GIORNI
La durata della malattia corrisponde al tempo durante il quale evolvono i fenomeni morbosi reattivi e riparativi fino all’avvenuta guarigione. Si considera cessata la malattia quando l’organismo nel suo complesso o l’organo singolo sia stabilizzato nella sua funzionalità. Non rientrano nella malattia i processi latenti di riparazione anatomica che continuano anche dopo la ripresa funzionale in totale assenza di sintomi clinici (es. organizzazione della cicatrice di una ferita, il consolidamento del callo osseo di una frattura, il riassorbimento del sangue stravasato di un ematoma). La malattia che rende grave la lesione personale supera i 40 giorni ma deve avere un limite di prognosticabile cessazione altrimenti se la sua durata fosse illimitata, essa si trasformerebbe in malattia certamente o probabilmente insanabile e quindi una lesione gravissima.

16 INCAPACITÀ DI ATTENDERE ALLE ORDINARIE OCCUPAZIONI PER UN PERIODO SUPERIORE AI 40 GIORNI
Indica l’impedimento, totale o parziale, della persona lesa di svolgere le attività consuete della vita di relazione. Le «ordinarie occupazioni» sono quelle abituali e lecite che fanno parte della vita di un individuo, le occupazioni lavorative e quelle extra-lavorative purché non saltuarie. Rientrano quindi anche quelle sportive, gli hobbies, le attività economiche, quelle di studio, etc., sempre che si tratti di occupazioni lecite e che facciano parte della vita ordinaria ed abituale della persona lesa.

17 Nel definire tale periodo si deve tener conto della sostanziale equiparazione stabilita dal Codice fra malattia ed incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni. Nella durata dell’incapacità rientra anche il periodo di convalescenza, poiché è certo che come nella malattia, anche durante questa fase il soggetto è costretto a limitare la propria vita di relazione e la propria capacità di espletare le abituali attività della vita quotidiana. Se a causa di una lesione personale il soggetto patisce una malattia che duri 25 giorni, ma una volta che questa si è esaurita, l’incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni si protrae per ulteriori 20 giorni, questa ulteriore durata sarà sommata al periodo della malattia, cosicché in tutto si avranno 45 giorni di incapacità, fra malattia e convalescenza.

18 MALATTIA CHE METTE IN PERICOLO LA VITA DELLA PERSONA OFFESA
Dal punto di vista medico-legale si tratta di una circostanza aggravante che si realizza solo quando sussiste l’ATTUALITÀ del pericolo di vita per la persona lesa con la conseguenza che la persona stessa viene a trovarsi sul punto di morire. Occorre che la lesione interessi funzioni di vitale importanza (attività cardiaca, nervosa, respiratoria) causando un pericolo concreto e attuale, anche se di breve durata e poi fortunatamente scampato. Ciò che rileva è che in un momento sia pur breve sia stato diagnosticato, come conseguenza della lesione subita, l’imminente verificarsi dell’evento mortale. Il giudizio sulla malattia che mette in pericolo la vita della persona offesa deve essere inteso come giudizio diagnostico espresso sulla base della effettiva realtà e gravità della compromissione delle funzioni cardiaca, respiratoria e nervosa.

19 Il pericolo deve essere attuale e non solo genericamente potenziale, né deve essere desunto da possibili o prevedibili complicanze future, non ha alcun valore giuridico la previsione di una future eventuale successione di fenomeni clinici sfavorevoli. I fenomeni clinici sui quali il giudizio circa il pericolo di vita va basato devono essere già realizzati al presente. In ogni caso il pericolo per la vita della persona offesa deve derivare dalla condizione di malattia. Esempi di malattia che mettono in pericolo la vita possono essere gravi condizioni di shock con impegno del sistema nervoso, dell’apparato respiratorio e/o cardio-circolatorio così da far ritenere imminente la morte (shock emorragico acuto, shock allergico con edema polmonare, etc). La presenza di tale pericolo rende grave la lesione indipendentemente dalla durata della malattia e dalle sue conseguenze debilitanti.

20 INDEBOLIMENTO PERMANENTE DI UN SENSO O DI UN ORGANO
Si ha quando i postumi già stabilizzati della lesione riducono l’efficienza di un senso o di un organo, con effetti menomativi stabili e durevoli. Ovverosia la presenza di esiti stabilizzati al cessare della malattia, senza possibilità di un reale recupero funzionale completo della struttura interessata. Il termine «permanente» sta a significare che l’indebolimento obiettivato deve essere durevole nel tempo, nel senso che durerà a lungo e che non è possibile esprimersi sul quando ed in che misura esso potrà regredire. In Medicina Legale organo è l’insieme delle strutture anatomiche che esplicano una determinata funzione (ad esempio, per gli arti inferiori funzione deambulatoria, per le mani funzione prensile, etc.), la cui lesione comporta un danno alla vita vegetativa e di relazione del soggetto. Nel senso rientrano: vista, udito, tatto, olfatto, gusto, che permettono la percezione del mondo esterno.

21 Se si deve valutare una menomazione a carico di organi (in senso anatomico) pari (polmoni, reni, etc) si dovrà tenere conto delle capacità di compenso del viscere superstite, della funzione residua e della funzione di riserva. Quindi si parlerà: Nel caso di perdita del rene, a rene controlaterale integro, di indebolimento permanente della funzione uropoietica. Nel caso di perdita del polmone, a polmone controlaterale integro, di indebolimento permanente della funzione respiratoria. Nel caso di sordità monolaterale, ad orecchio controlaterale integro, di indebolimento permanente della funzione uditiva. La perdita di un rene subita da soggetto già mono-rene è valutata come lesione gravissima, in quanto costituisce perdita dell’uso di un organo e non solo indebolimento. Si deve sottolineare che l’eventuale correzione dell’indebolimento (utilizzo di protesi o di interventi chirurgici) non esclude il delitto, in quanto non si ha recupero funzionale naturale e nessuno può essere costretto a sottoporsi ad alcun trattamento.

22 La lesione personale è GRAVISSIMA se la malattia è certamente o probabilmente insanabile o se si configura alcun’altra delle circostanze aggravanti stabilite dall’art. 583 c.p.. Tale reato è procedibile d’ufficio, dunque vi è obbligo di referto. MALATTIA CERTAMENTE O PROBABILMNETE INSANABILE Si considera insanabile una malattia quando essa, non essendo suscettiva di reversione neppure con i sussidi dell’arte sanitaria, durerà certamente o probabilmente tutta la vita. Non occorre che l’insanabilità della malattia sia assoluta e certa, è sufficiente che essa sia probabile ed è tale quando, in base ai criteri della prognosi clinica, si ritenga che vi siano scarse speranze di reversione del processo morboso.

23 PERDITA DI UN SENSO Abolizione definitiva di una delle funzioni sensitive specifiche (es. sordità e cecità bilaterali). Si ha la perdita anche quando la funzione non è completamente spenta, ma è ridotta in misura tale da rendere praticamente inutilizzabile quel poco di attività residua. Per gli organi duplici la perdita sussiste quando entrambi sono funzionalmente spenti, mentre la perdita di uno solo costituisce indebolimento. PERDITA DELL’USO DI UN ORGANO Soppressione funzionale di un organo, per perdita anatomica o per distruzione del parenchima funzionale.

24 PERDITA DI UN ARTO O MUTILAZIONE CHE RENDE L’ARTO INSERVIBILE
L’arto si considera perduto quando si ha la mutilazione traumatica o l’amputazione chirurgica o quando ne sia abolita la funzione per una paralisi nervosa, in base al principio che la perdita funzionale equivale a quella anatomica. Nonostante la duplicità degli arti sussiste anche quando è perduto uno solo di essi. La mutilazione che rende l’arto inservibile è rappresentata dalla perdita anatomica di una mano o di un piede, senza le quali l’arto è inutilizzabile. La mutilazione parziale della mano o del piede determina l’indebolimento permanente dell’organo della prensione o della deambulazione (lesione grave), mentre la paralisi della mano o del piede che non può considerarsi mutilazione è considerata ugualmente lesione gravissima in quanto determina la perdita dell’uso dell’afferramento o della locomozione.

25 DIFFICOLTÀ GRAVE E PERMANENTE DELLA FAVELLA
Per favella s’intende il linguaggio articolato o parlato a mezzo del quale l’uomo comunica agli altri il proprio pensiero. Assumono notevole valore soprattutto i disturbi afasici, disartrici, quelli nei quali il danno foniatrico consegue a menomazioni permanenti e gravi dell’apparato fonatorio sia a livello periferico (laringeo, palatale, linguale, buccale, labiale, dentale) sia a livello centrale. Di solito deriva da alterazione dei centri nervosi del linguaggio o talora da lesioni distruttive delle labbra, della lingua, del palato o del massiccio facciale, in questi casi possono aversi gravi dislalie multiple e talora vera e propria impossibilità all’eloquio. Mentre gli esiti di lesioni locali (frattura della mandibola, rotture degli incisivi, etc.), o di alterazioni delle corde vocali con afonia o disfonia interferiscono sulla potenza vocale senza realizzare l’impedimento alla favella in quanto è abbassato il tono della voce ma la parola viene espressa ed articolata in modo ancora intellegibile. Questi casi vanno valutati attentamente, in quanto raramente danno luogo a una reale grave difficoltà della favella, più frequentemente rientrano nelle lesioni gravi (indebolimento permanente dell’organo fonatorio).

26 PERDITA DELLA CAPACITÀ DI PROCREARE
La funzione procreativa si considera perduta nell’uomo o nella donna quando vi è l’incapacità di effettuare il coito (impotentia coeundi) o quando sia impossibilitata la fecondazione (impotentia generandi). Nella donna si considera anche l’impotentia parturiendi dovuta a cause che impediscono l’espletamento del parto per vie e mezzi naturali, tra le quali sono frequenti le viziature pelviche da fratture multiple del bacino male consolidate. La possibilità del parto cesareo, essendo un mezzo artificiale, non esclude l’aggravante. Nessun rilievo per lo stesso motivo può essere conferito alle tecniche di fecondazione artificiale, quali mezzi idonei ad ovviare alle condizioni di incapacitas generandi.

27 Non può sussistere l’aggravante in quegli individui che per senilità o per causa patologica avevano già perduto la capacità di procreare. Ad esempio la perdita delle ovaie o dei testicoli in una donna o in uomo già sterili non deve essere considerata «perdita della capacità di procreare». In tali casi potrà configurarsi semmai altra circostanza aggravante come ‘malattia o incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per più di 40 giorni’ o ‘indebolimento permanente delle funzione endocrina’. Lo stesso vale per la perdita dell’utero in una donna anziana. Va riconosciuta nel caso di lesioni in soggetti impuberi, i quali vengono privati della possibilità di esplicare in futuro la funzione riproduttiva. Si può perdere ciò che, per quanto ancora non si possiede, sicuramente si possiederà: ad esempio si parlerà di perdita della capacità di procreare nel caso di perdita dei testicoli in soggetto impubere e sano.

28 DEFORMAZIONE O SFREGIO PERMANENTE DEL VISO
Lo sfregio consiste in un’alterazione permanente dei tratti fisionomici che turba sensibilmente l’armonia del viso, rendendola meno bella e meno espressiva. (es: cicatrici visibili anche se di limitata estensione) Per deformazione (sfigura-deturpa) si intende una grave alterazione dei lineamenti del viso, con cancellazione della normale fisionomia. (es: cicatrici retratte, cheloidee ed estese del viso dovute ad ustioni, causticazioni o radiazioni; gravi asimmetrie di un’emifaccia da esiti di fratture, scalpo, amputazione di un padiglione auricolare, schiacciamento massivo della piramide nasale).

29 LESIONE PERSONALE COLPOSA (Art. 590 c.p.)
«Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale, è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro…». Nelle lesioni colpose manca la volontà di produrre l’evento (cioè la malattia). Dunque, questo, anche se preveduto, non è voluto dall’agente, ma si verifica a causa di negligenza o di imprudenza o di imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline (art. 43 cp, 3 comma). Da un lato la vittima non avrebbe certamente riportato la lesione suddetta, se il colpevole non avesse attuato la condotta delittuosa in esame; dall’altro il soggetto attivo non ha voluto in alcun modo con quel suo comportamento arrecare un’offesa all’incolumità fisica o psichica del soggetto passivo.

30 LESIONE COLPOSA SEMPLICE: malattia di durata non superiore a 40 giorni
LESIONE COLPOSA SEMPLICE: malattia di durata non superiore a 40 giorni. La sanzione prevede la reclusione fino a 3 mesi o multa fino ad € 309,87. LESIONE COLPOSA GRAVE: malattia di durata superiore a 40 giorni. Sono previste le stessa circostanze aggravanti dell’art. 583 c.p. relativo alle lesioni personali dolose; reclusione da 1 a 6 mesi o multa da € 123,94 a € 619,74. LESIONE COLPOSA GRAVISSIMA: corrisponde per circostanza all’omologa dolosa; è prevista la reclusione da 3 mesi a 2 anni o multa da € 309,87 ad € 1239,49. Le pene sono aumentate in caso di lesioni colpose gravi e gravissime secondarie a violazioni del codice della strada o a quelle relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.

31 Le LESIONI PERSONALI COLPOSE sono tutte procedibili a querela della persona offesa.
Viene fatta eccezione per quelle gravi e gravissime che derivino da violazioni delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale. In questi casi si procede d’ufficio con obbligatorietà di referto e rapporto.

32 PROCEDIBILITA’ LESIONI PERSONALI
DOLOSE COLPOSE LIEVISSIME A querela A querela SEMPLICI LIEVI D’ufficio A querela GRAVI D’ufficio A querela (*) GRAVISSIME D’ufficio A querela (*) (*) Tuttavia, nel caso di lesioni personali colpose gravi e gravissime derivate dall’inosservanza di norme poste a tutela di infortuni, malattie professionali e igiene del lavoro bisogna procedere d’ufficio. In tutti i casi in cui si proceda d’ufficio, sussiste l’obbligo di referto.

33 DIFFERENZE TRA PERCOSSA E LESIONE PERSONALE
Caratteri Percossa Lesione personale Intenzione dolosa dolosa o colposa Azione commissiva commissiva od omissiva Mezzi contusivi di ogni tipo Evento nessuna malattia malattia Procedibilità a querela a querela o d’ufficio Referto esenzione esenzione o obbligo Caratteri forma vincolata forma libera reato di pura condotta reato di evento Pena reclusione o multa reclusione


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