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Natura e origini della attuale crisi europea
La crisi del : cause, reazioni della politica economica, conseguenze Natura e origini della attuale crisi europea Significato e portata delle politiche economiche adottate per fronteggiarla Prospettive 1) Fattori d’innesco della crisi. La crisi precipita con l’esplosione della bolla immobiliare negli Stati Uniti; il legame tra mutui immobiliari e titoli emessi per il loro finanziamento ha rapidamente infettato il sistema finanziario statunitense; la globalizzazione finanziaria ha trasmesso la crisi a molti paesi per un tipico fenomeno di contagio. La crisi è stata inizialmente considerata una crisi finanziaria-bancaria in quanto ha colpito il settore finanziario; si è poi trasformata in una crisi dell’economia reale con conseguenze molto gravi sulla domanda, l’occupazione e la disoccupazione. Le conseguenze della crisi sono risultate particolarmente gravi in quanto hanno colpito numerosi paesi contemporaneamente. 2) Fattori strutturali. Risalgono al regime di accumulazione del capitale che si è andato affermando nei paesi sviluppati a partire dagli anni ‘80. E’ caratterizzato dal predominio acquisito dal sistema finanziario sull’intera economica. Tale regime si è affermato come risposta alla crisi degli anni ‘70 (alta inflazione e caduta dei profitti). Ne è derivata la caduta del settore manifatturiero, l’aumento della dimensione del settore finanziario, la tendenziale stagnazione dei redditi della gran parte della popolazione e del lavoro dipendente in particolare. Vedere le slides precedenti che mostrano la rottura di paradigma della politica economica tra gli anni settanta e gli anni ottanta
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Per memoria (sulla finanziarizzazione dell’economia globale):
«Gli indicatori relativi al peso crescente della finanza sull’intera economia sono numerosi. Per menzionarne solo alcuni: la quota del settore finanziario, e dei suoi profitti, sul complesso dell’economia, ovvero sul Pil, è fortemente cresciuta in tutti i paesi sviluppati; le transazioni giornaliere di ordine puramente finanziario, condotte quasi esclusivamente per fini speculativi, superano [nel 2012] di volte il valore delle transazioni dovute all’acquisto o vendita di un bene o servizio reale; gli attivi finanziari, che nel 1980 erano pressoché pari al Pil del mondo (27 trilioni) verso il 2007 lo superavano di quattro volte (240 trilioni contro meno di 60); i capitali gestiti dai fondi pensione, fondi di investimento e compagnie di assicurazione – i cosiddetti investitori istituzionali – formati in gran parte da risparmi dei lavoratori, hanno superato nel 2008 i 60 trilioni di dollari, un aumento del 600 per cento rispetto al 1990» L. Gallino, Il colpo di stato di banche e governi, Einaudi, 2013.
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Narrativa della crisi Le radici della crisi attuale stanno nella precedente crisi della New economy. La bolla della New economy trascina i valori di borsa nella seconda metà degli anni novanta; quando la bolla scoppia, la Federal Reserve abbassò enormemente i tassi di interesse per sostenere i corsi delle azioni. I bassi tassi d’interesse stimolano l’indebitamento che viene concesso in gran parte per l’acquisto di case: dalla bolla della New economy l’economia USA passa alla bolla immobiliare. L’espansione del mercato edilizio non può essere spiegata con fattori strutturali (demografia, urbanizzazione etc.) L’eccesso di liquidità non si trasferisce nell’inflazione generale, bensì soprattutto nell’aumento accelerato del prezzo delle case: la stagnazione dei salari (e la concorrenza dei prodotti cinesi) spiega il modesto aumento dell’inflazione generale. La stabilità dell’inflazione «inganna» i policy makers, convinti di stare facendo «la cosa giusta» L’aumento dei prezzi reali delle abitazioni dopo i primi anni 2000 è spettacolare, visto che i prezzi reali erano rimasti grosso modo stabili nel secolo precedente. La bolla non viene compresa/viene negata dai responsabili della politica economica e dai maggiori operatori finanziari a causa della fiducia riposta nel funzionamento dei mercati finanziari
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La creazione della bolla è generale, pochi paesi sono immuni (tra questi la Germania): il picco del prezzo delle abitazioni si ha nel 2006 negli USA, nel 2007 in Europa. 5) La creazione di bolle è agevolata dalla deregolamentazione del sistema finanziario. La normativa del sistema bancario, introdotta durante il New Deal, prevedeva la separazione dell’attività bancaria normale dall’attività bancaria d’investimento. La legge Glass-Steagall impediva alle banche di svolgere attività d’investimento e speculativa (titoli, assicurazioni etc.), Ogni banca deve scegliere se essere banca commerciale o veicolo d’investimento finanziario. In generale il sistema regolatorio prevedeva una netta separazione tra i diversi comparti dell’attività finanziaria e limiti ai tassi d’interesse (legge sull’usura). Nel 1996 la legge viene significativamente modificata permettendo alle banche commerciali di svolgere attività d’investimento per non più di un quarto del loro giro d’affari; si determina fusioni tra banche che creano grandi complessi che aumentano il rischio sistemico. Il trend è globale.
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6) Il sistema finanziario, soprattutto il modello anglosassone, incoraggia l’indebitamento delle
famiglie. La bolla finanziaria che si sviluppa tra il 2002 e il 2007 è alimentata in modo aggressivo dalla finanza creativa legata ai mutui ipotecari. Cambia il modello di gestione dei mutui ipotecari (e più in generale cambia il funzionamento del sistema finanziario) Dal modello crea (il mutuo) e tienilo al modello crea e distribuisci Nella «finanza tradizionale» una banca A presta soldi a una persona B per comprare una casa e mantiene il credito fino a scadenza (tipicamente si tratta di crediti a lungo termine) ed è per questo incentivata a valutare con attenzione il merito di credito di colui che prende a prestito. La banca C di B iscrive a bilancio come passivo il deposito aperto da B e la banca A iscrive a bilancio la stessa somma some attivo, incassando gli interessi Nella «nuova finanza» la banca A presta a B a prescindere dal suo merito di credito, ma fa uscire il credito dal suo bilancio trasformandolo in un titolo commerciale (cartolarizzazione in Italia, securitisation negli altri paesi); il titolo («strutturato») viene venduto da A ad un soggetto terzo, C, VSS (società chiamata «veicolo per scopi speciali» VSS, o «veicolo per scopi d’investimento»). Il VSS paga la banca emettendo titoli commerciali, di solito a breve scadenza. Agenzie di rating e società legali «vigilano» e «garantiscono» i passaggi del processo. Per garantirsi dal rischio di insolvenza dei debitori, la banca A acquista da un’altra, D, certificati assicurativi (Crediti default swaps, CDS) per i quali paga una commissione. La banca A, naturalmente, può comprare protezione da D in riferimento al suo credito verso B, ma può anche vendere protezione ad un’altra banca E che ha concesso un mutuo al soggetto F. La banca E, a sua volta, può piazzare titoli cartolarizzati ad un ulteriore soggetto G e via seguitando nella catena di Sant’Antonio.
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Caso non tanto immaginario di funzionamento «perverso» dei CDS
L. Gallino, Il colpo di stato di banche e governi
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Il “nuovo modello di finanza” Il rischio viene ceduto
Gli investitori si assicurano contro il rischio di insolvenza stipulando polizze (Credit Default Swaps, detti anche paracadute di piombo!) Il mutuo può essere «agevolato» da un intermediario Banca Mutuatario Prestito Cash Agenzie di rating, valutazioni di conformità etc. Cartolarizzazione Veicoli speciali d’investimento I livello (sicuri) Investitori Investitori II livello (buoni) Cash Investitori Terzo livello (rischiosi/spazzatura) Terzo livello (rischiosi/spazzatura) Prodotti strutturati
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62 mila miliardi di dollari!
Il meccanismo speculativo si basa sul continuo aumento di valore delle case che permette il continuo rifinanziamento dei mutui, è incoraggiato dalla riduzione (anche fraudolenta) degli standard di prestito, è alimentato dalla spirale crescente della leva finanziaria «Il sistema bancario negli Stati Uniti e in molti altri paesi non si è concentrato sulla concessione di prestiti alle piccole e medie imprese – che stanno alla base della creazione di posti di lavoro in qualsiasi economia – bensì sulla cartolarizzazione, specie nel mercato dei mutui» J. Stiglitz, Bancarotta, Einaudi, 2010 62 mila miliardi di dollari! Le “sedie musicali”
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Il sistema è intrinsecamente instabile, a causa dell’enorme aumento della leva finanziaria, ma il gioco combinato della «disattenzione dei regolatori», delle valutazioni «ottimistiche» delle agenzie di rating, della spinta endogena dei principali players del settore finanziario spingono il sistema verso un aumento generalizzato delle posizioni rischiose L’aumento della liquidità e il suo basso costo (tassi di interesse cedenti) induce gli investitori ritenere basso il rischio e a indebitarsi per acquistare titoli effettivamente rischiosi ma il cui prezzo sale facendo scendere il rendimento (una misura del premio di rischio) Gli «incentivi sbagliati» e la scarsa trasparenza incoraggiano comportamenti irresponsabili. Se i dirigenti ricevono bonus in base al valore azionario della loro impresa avranno interesse a «gonfiare» anche con metodi spregiudicati. Lehman Brothers riuscì a contabilizzare un patrimonio netto di 26 miliardi di dollari poco prima di soccombere, pur avendo un buco nel bilancio vicino a 200 miliardi di dollari. Le agenzie di rating (società private di proprietà di grandi gruppi finanziari) tra il 2004 e il 2007 assegnano la tripla A ad una immensa quantità di titoli collegati al mercato residenziale degli Stati Uniti: a partire dal luglio 2007 il 90 per cento dei titoli basati sugli immobili viene ridotto a spazzatura. Le agenzie di rating hanno un notevole effetto sull’andamento dei mercati e possono mettere in ginocchio anche un paese, ma esprimono «opinioni», non «raccomandazioni» e non sono perseguibili…
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Narrativa della crisi (continuazione)
7) La bolla immobiliare incoraggia i consumi finanziati con debito privato (nel 2008, in media ogni famiglia americana possedeva 13 carte di credito). Il credito al consumo (garantito in parte dal valore crescente delle abitazioni) passa da 627 miliardi di $ nel 2001 a miliardi nel 2005). 8) E’ l’uovo di colombo della finanza creativa: i lavoratori pagati poco possono continuare a spendere indebitandosi! 9) Tra il 2002 e il 2007 oltre il 40 per cento della creazione di posti di lavoro negli USA è connesso al settore edilizio (dalla costruzione di case alle agenzie immobiliari, agli istituti finanziari che vendono mutui).
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Fase di accelerazione del debito delle famiglie
10) L’aumento dell’indebitamento nelle due epoche considerate ( , ) è associato ad un aumento della diseguaglianza: i lavoratori e il ceto medio che perdono reddito (in termini relativi e, spesso, in termini assoluti) mantengono artificialmente lo standard di vita indebitandosi …. finché dura…
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Nel 1970 il debito privato negli USA era pari a reddito delle famiglie, nel 2000 era il doppio, e nel 2007 era quasi triplicato. L’aumento del debito privato è associato al collasso del regime di BW e all’aumento della liberalizzazione finanziaria. Debito privato e debito pubblico negli Stati Uniti: % del PIL
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Gli squilibri nell’economia internazionale
Dal 1991 la crescita USA ha comportato un crescente aumento del deficit della bilancia commerciale Riduzione del tasso di risparmio negli Stati Uniti: gli USA “succhiano” il risparmio che si crea nel resto del mondo Deficit conto corrente USA : miliardi di dollari
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Narrativa della crisi (continuazione)
13) A partire dal 2005 la politica monetaria USA si fa più restrittiva, anche con l’obiettivo di sgonfiare la bolla. La politica della BCE si adegua con ritardo: in Europa i tassi d’interesse vengono aumentati anche per fronteggiare la bolla delle materie prime che nel frattempo si è formata e che la BCE interpreta come inflazione di origine interna.
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Narrativa della crisi (continuazione)
14) La bolla si sgonfia, a poca distanza negli Stati Uniti e in Europa Nella zona euro la bolla immobiliare si gonfia soprattutto in Spagna e Irlanda, significativamente in Grecia e Portogallo; quasi assente in Germania (dove i prezzi delle case sono piuttosto cedenti) 15) Si mette in moto il processo di causazione circolare: la crisi in alcuni segmenti del mercato dei subprime si trasmette ad altri comparti finanziari «fragili», il fallimento di alcune importanti società finanziarie induce una situazione di panico che determina preoccupazioni in riferimento anche a comparti «sani» del mercato 16) Contagio: le istituzioni finanziarie europee (e asiatiche) possedevano larghe quote degli asset sui mutui ipotecari statunitensi e, pertanto, hanno condiviso le perdite che sono emerse quando il mercato immobiliare americano è andato in crisi.
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Narrativa della crisi: continuazione
17) Contrazione della liquidità: le banche smettono virtualmente l’attività di prestito a causa della mancanza di fiducia. L’indicatore di questo stato di cose è l’aumento rapido nel corso del 2008 dello spread dei tassi d’interesse EURIBOR (a diversa scadenza) e i tassi EONIA … Al crollo dei valori di borsa e della fiducia dei mercati si è accompagnata una crisi del credito, alimentata dal clima di pessimismo e di diffidenza tra le banche stesse, i cui aspetti più rilevanti sono stati il forte aumento dei tassi interbancari, con alcuni periodi di blocco del credito, e la carenza di liquidità… Spread tra tassi Euribor e tassi Eonia (Europa) Per memoria: EURIBOR (EURo Inter Bank Offered Rate, tasso interbancario di offerta in euro) è il tasso di riferimento del mercato finanziario, e rappresenta il tasso di interesse medio delle transazioni tra le principali banche europee (oltre 50); EONIA (Euro overnight index average) è il tasso overnight delle transazioni monetarie tra le principali banche europee (scadenza massimo 24 ore, oggi 32 banche). Il tasso EONIA è un indice del tasso di interesse della politica monetaria in quanto si colloca entro il c.d. «corridoio» tra il tasso minimo sui depositi presso la Banca centrale europea e i tasso massimo di rifinanziamento principale delle banche (attualmente è negativo!).
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Narrativa della crisi: continuazione
18) Contagio: viene amplificato a causa della crescente integrazione delle economie, anche sul piano reale, e per la crescente sincronizzazione dei cicli economici nelle economie emergenti e sviluppate 19) Contagio: cade il volume del commercio mondiale
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Narrativa della crisi: continuazione
20) Cade la produzione reale nella zona euro, avviata da tempo su un sentiero declinante Rallenta drasticamente la dinamica del commercio mondiale
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L’esperienza europea (verso la crisi)
La crisi europea come risultato di squilibri strutturale e di una difettosa architettura di politica economica I governanti europei hanno interpretato la creazione della moneta unica come un congegno di stabilità macroeconomica e finanziaria… … per lo più basandosi sull’evoluzione degli indicatori di equilibrio macroeconomico (tasso d’inflazione, tassi di interesse nominali) Nel 2008 il Commissario europeo agli affari economici e monetari, J. Almunia, dichiarava…. … una tale valutazione riflette la consueta retorica autoindulgente dei governanti europei, ma soprattutto un clamoroso fraintendimento dei processi economici-finanziari messi in moto dalla moneta unica nel quadro costituzionale dell’Unione Europea…
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… nell’area Euro il processo di convergenza nominale (tassi di inflazione e tassi di interesse) e la crescente integrazione finanziaria hanno stimolati imponenti fenomeni di accumulo di debito privato nel decennio Tassi di interesse storicamente bassi e ampia provvista di credito hanno alimentato boom che, in diversi paesi europei (tra cui Grecia, Spagna) , hanno ruotato attorno alle attività immobiliari. L’ampliamento dei prezzi delle attività (sia reali sia finanziarie) hanno incoraggiato l’assunzione di rischi elevati da parte dei prestatori … … questo ha determinato crescenti squilibri tra i paesi europei
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… con l’avvio dell’Euro si ampliano gli squilibri di bilancia corrente interni all’area Euro…
… il trattato di Maastricht è quasi muto sul problema degli squilibri tra paesi, il suo focus è sugli squilibri interni ai singoli paesi…
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Produzione di autoveicoli in Europa (%)
… Italia/Germania Saldo corrente in percentuale del PIL Nel 2011 si producono meno veicoli che nel 2000, ma la distribuzione tra paesi è cambiata: l’Unione europea come un gioco a somma zero! … dopo l’avvio dell’Euro la Germania, passa da un disavanzo corrente ad un ampio avanzo, l’Italia passa da una posizione di avanzo ad una di disavanzo…
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∆𝑌 𝑌 = 𝐴 𝑌 ∆𝐴 𝐴 + 𝑁𝑋 𝑌 ∆𝑁𝑋 𝑁𝑋 ∆𝑌 𝑌 =𝑎 ∆𝐴 𝐴 + (1−𝑎) ∆𝑁𝑋 𝑁𝑋 𝒀=𝑨+𝑵𝑿
Scomposizione della crescita 𝒀=𝑨+𝑵𝑿 Y = reddito A = assorbimento interno NX = saldo corrente ∆𝒀=∆𝑨+∆𝑵𝑿 ∆𝑌 𝑌 = 𝐴 𝑌 ∆𝐴 𝐴 + 𝑁𝑋 𝑌 ∆𝑁𝑋 𝑁𝑋 ∆𝑌 𝑌 =𝑎 ∆𝐴 𝐴 + (1−𝑎) ∆𝑁𝑋 𝑁𝑋
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L’architettura di Maastricht.
1) Si basa sul timore delle esternalità associate ai deficit fiscali, ovvero sull’aumento dei tassi di interesse per I paesi virtuosi e sul vantaggio “sleale” dei i paesi con finanze pubbliche allegre. 2) Si basa sull’avversione ideologica per i debiti pubblici e sulla preferenza per i debiti privati interpretati come motore di crescita economica. 3) Ignora gli squilibri di bilancia commerciale tra i paesi della zona euro concepiti come risultati dell’azione delle forze di mercato e come tendenzialmente riequilibrati dai flussi di capitale
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ECB Economic Bulletin, n. 5, 2015
There are no automatic mechanisms to ensure that the process of nominal convergence which occurs before adoption of the euro produces sustainable real convergence thereafter. While there has been real convergence in the European Union (EU) as a whole since owing to the catching up of central and eastern European (CEE) economies, there has been no process of real convergence among the 12 countries that adopted the euro in 1999 and 2001. Between 1999 and 2014 some degree of real convergence took place among the 28 countries that now make up the EU (the EU28) Little real convergence has taken place among the euro area economies since the establishment of the euro, despite initial expectations that the single currency would act as a catalyst for faster real Convergence At the start of EMU many observers expected that deeper monetary and financial integration would trigger faster real convergence… Gross private capital inflows in the pre-crisis years were sizeable in those Euro 12 countries with per capita income levels significantly below the euro area average, including Greece, Portugal and, to a lesser extent, Spain. The excessive private sector credit growth in some countries led to rising debt levels in the corporate and/or household sector. Excessive growth of credit and domestic demand also led to the accumulation of very large external imbalances in the pre-crisis years The financial flows channelled to the low-income countries failed to generate productivity convergence in the pre-crisis period. The crisis has shown that large capital flows to low-income countries can only contribute to sustainable real convergence if resources are efficiently allocated in the economy
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Il grafico mostra l’ingente accumulo di squilibri internazionali prima dello scoppio della crisi del , rappresentato dalla discrasia tra paesi in surplus e paesi in deficit. La figura mostra che l’aggiustamento post crisi è molto lento, e che gli Stati Uniti contribuiscono significativamente alla riduzione dello squilibrio, diversamente dai paesi europei in surplus e dalla Cina che continuano a mantenere ingenti surplus di conto corrente. CHN+EMA = Cina e mercati emergenti asiatici DEU+EURSUR = Germania e altri paesi in surplus OCADC = altri paesi europei con conti correnti «difficili» OIL =paesi petroliferi ROW = Rest of the world
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In tutti i paesi dopo la crisi la dinamica degli investimenti è rallentata significativamente, soprattutto nei paesi in deficit esterno Data l’elevato contenuto di importazioni degli investimenti, la riduzione degli investimenti è efficace per migliorare il saldo esterno ma provoca recessione e trasmette impulsi negativi alle altre economie
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La politica monetaria La politica economica risponde alla crisi
L’obiettivo principale della politica economica, di fronte alla situazione di gravissima sofferenza del sistema bancario, è stato quello di «salvare» le banche, nel timore che il collasso del sistema finanziario avrebbe potuto provocare «la fine del mondo». Primo intervento: drastica riduzione dei tassi d’interesse (intervento convenzionale) Il timing della risposta delle banche centrale rivela il ritardo con cui la crisi si manifesta in Europa: la BCE riduce i tassi dopo la FED e meno. Adotta una politica più prudente e più attendista TASSI DI POLICY DELLA FED E DELLA BCE:
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𝑖=ℎ+𝑎𝑌+𝑏𝑃 𝑟𝑒𝑔𝑜𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑇𝑎𝑦𝑙𝑜𝑟
Inefficacia della politica monetaria in condizioni di trappola della liquidità La politica monetaria influenza l’economia modificando i tassi d’interesse. La banca centrale segue una regola empirica di determinazione del tasso di interesse nominali, i, in funzione del livello del reddito , Y, e del tasso d’inflazione, P, secondo la relazione seguente 𝑖=ℎ+𝑎𝑌+𝑏𝑃 𝑟𝑒𝑔𝑜𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑇𝑎𝑦𝑙𝑜𝑟 dove a e b sono parametri positivi e h una costante In un’economia «depressa» con inflazione molto bassa e reddito molto al di sotto del potenziale il tasso d’interesse di policy è necessariamente molto basso. Se l’economia si trova, come quella europea negli anni di crisi, in una situazione di grave crisi di fiducia, prevalgono condizioni di «trappola della liquidità» Definizione di trappola della liquidità Si tratta di una situazione in cui la politica monetaria convenzionale risulta impotente perché il tasso d’interesse nominale è nullo o prossimo allo zero: un aumento della base monetaria non ha alcun effetto sul livello del reddito e dell’occupazione, in quanto base monetaria ed obbligazioni sono visti dal settore privato come perfetti sostituti: significa che l’economia è talmente saturata di liquidità che non costa nulla tenerla in cassa. Formalmente questo corrisponde alla situazione in cui la curva LM è orizzontale e molto vicina all’asse orizzontale.
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Una politica monetaria espansiva sposta verso il basso la LM LM(1), ma il tasso d’interesse che ripristina il valore iniziale del reddito è negativo. Quanto minore è il tasso d’interesse iniziale e tanto più probabile che il tasso d’interesse capace di risollevare il reddito sia negativo impotenza della politica monetaria.
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Facilitazione quantitativa 𝑃 𝑒 ⬆
Secondo intervento: misure non convenzionali (quantitative easing) Di fronte all’inefficacia delle misure convenzionali, le banche centrali hanno adottato misure non convenzionali, in particolare misura di facilitazione quantitativa consistenti nell’acquisto sul mercato secondario di titoli a lungo termine (prevalentemente pubblici) per stimolare la riduzione del loro rendimento che viene poi trasmesso al rendimento di tutti i titoli a lungo termine. La banca centra quindi non conduce la politica monetaria «facendo il prezzo» e lasciando che domanda e offerta di moneta si aggiustino, ma agendo direttamente sulle quantità coinvolte. La politica di facilitazione quantitativa porta ad un significativo aumento della base monetaria. Significato della politica di facilitazione quantitativa, canali di trasmissione, effetti Se definiamo il tasso d’interesse reale, r, come differenza tra il tasso nominale, i, e il tasso d’inflazione atteso, Pe , possiamo dire che la politica di facilitazione quantitativa opera nel tentativo di influenzare al rialzo l’aspettativa di inflazione così da ridurre il tasso reale d’interesse pur in presenza di un basso tasso nominale 𝑟=𝑖− 𝑃 𝑒 Facilitazione quantitativa 𝑃 𝑒 ⬆
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Canali di trasmissione della politica monetaria di quantitative easing
Aumento del prezzo dei titoli riduzione del tasso d’interesse investimenti privati Aumento del prezzo effetto ricchezza spesa del settore privato Effetto disponibilità del credito: le banche ricevono liquidità dalle banche a tassi virtualmente pari a zero e possono prestare al settore privato a tassi più elevati il credito al settore privato favorisce la ripresa Effetto sul tasso di cambio l’aumento della massa monetaria indebolisce il cambio e migliora la competitività Limiti della politica Se gli operatori si aspettano che la politica riesca devono prevedere un aumento dell’inflazione e quindi un aumento del tasso d’interesse se il tasso d’interesse atteso è in aumento l’eventuale effetto positivo della misura viene attenuato: il quantitative easing come un’azione di doping che funziona finché dura, ogni avviso di contrazione del programma annulla gli eventuali risultati ottenuti. L’aumento del prezzo dei titoli ha effetti ricchezza che favoriscono i possessori di ricchezza finanziaria effetti negativi sulla distribuzione del reddito. L’effetto ricchezza è debole perché favorisce persone che hanno una più bassa propensione al consumo. In terzo luogo, mentre il canale banca centrale banche è effettivamente messo in moto dalla politica di quantitative easing, il canale banche crediti al settore privato è risultato più statico perché le imprese, in presenza di un andamento debole dell’economia, non investono e non domandano credito («il cavallo non beve»). Questa politica non può durare per sempre, è poco efficace, favorisce la creazione di bolle, non si trasmette alla gran parte delle piccole imprese, aumenta la diseguaglianza…
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World economic outlook
Le previsioni sui tassi d’interesse vengono continuamente riviste al ribasso in conseguenze del rinnovo continuo delle politiche di facilitazione quantitativa, perché il mercato non è pronto a convivere con la prospettiva di alti tassi d’interesse: effetto doping.
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Le politiche monetarie delle banche centrali per sostenere il sistema finanziario fanno aumentare la diseguaglianza… Since quantitative easing stimulates the economy through rising asset prices it is bound to increase wealth inequalities. Bank of England estimates suggest that quantitative easing may have increased total household wealth by just over £600 billion, the equivalente of £ per capita if assets were evenly distributed across the population. But since the top 10% of households own over 70% of all household financial assets, the vast majority of this benefit has accrued to the better off. Quantitative easing has been good for the rich, and ultra-easy monetary policy exacerbates the inequality which … is itself one of the drivers of credit-intensive growth. A. Turner, Between debt and devil, Princeton University Press, 2016 Secondo le cifre sopra riportate, in media, ciascuna persone appartenente al 10 % più ricco della popolazione ha guadagnato l’equivalente di sterlina dalla politica di facilitazione creditizia, mentre ogni altro inglese ha guadagnato l’equivalente di poco più di sterlina (il 4 per cento di quello che hanno guadagnato i più facoltosi)
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In una situazione di profonda recessione la rischiosità dei prestiti aumenta e le banche preferiscono detenere la liquidità a scopo precauzionale piuttosto che impiegarla nell’attività creditizia. Formalmente questo corrisponde ad un aumento del coefficiente delle riserve libere che riduce il moltiplicatore monetario Tra il 2011 e il 2016 si è perso il collegamento tra espansione dell’offerta di moneta e dinamica dei prestiti al settore privato nell’eurozona: aumenta M3, diminuisce il credito al settore privato Nel 2016 gli investimenti fissi lordi nella eurozona sono ancora al 90 per cento del livello del 2007
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In Europa la politica monetaria incontra tre limiti importanti
Le difficoltà del sistema bancario che tendono a bloccare il canale di trasmissione della politica monetaria (le banche non prestano i soldi che ricevono dalla BCE) La mancanza di investimento delle imprese che riduce la domanda di prestiti L’insufficiente ampiezza del mercato azionario che tende ad attenuare gli effetti ricchezza legati all’aumento del valore dei titoli (e comunque a concentrarli nelle classi di reddito più alto)
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La politica fiscale La politica economica risponde alla crisi
Prima della crisi, gli orientamenti prevalenti della politica economica non assegnavano un ruolo prioritario alla politica fiscale che in Europa, peraltro, è fortemente vincolata al rispetto di parametri fiscali, piuttosto che indirizzata al sostegno dell’economia o della crescita. La reazione della politica fiscale alla crisi attuale è stata molto più contenuta in confronto agli episodi recessivi verificatisi a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, pur risultati meno gravi dell’ultima crisi. Nella eurozona la politica fiscale ha avuto un ruolo comparativamente meno significativo che negli USA e in Giappone
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Con la crisi si riduce il debito privato (soprattutto negli Stati Uniti) come conseguenza dell’aumento del risparmio privato… … l’aumento del risparmio privato genera un aumento del debito pubblico…
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Il circolo «infernale» della politica fiscale
1) La crisi fa aumentare il debito pubblico in tutti i paesi Il debito pubblico aumenta prevalentemente come conseguenza della crisi che riduce le entrate e, in parte, fa aumentare i tassi di interessi. Secondo il FMI, quasi il 60 per cento dell’aumento del debito pubblico nelle economie avanzate tra il 2008 e il 2015 è dovuto al crollo degli introiti fiscali, a loro volta conseguenza della caduta del reddito, mentre l’11 per cento dell’aumento dipende dall’aumento dei tassi di interesse. Le politiche di sostegno alla domanda hanno pesato solamente per il 17 per cento in media. 2) L’aumento del debito pubblico induce politiche di consolidamento fiscale, anche a causa dei vincoli fiscali prevalenti nell’Unione europea: queste aggravano la recessione perché i moltiplicatori fiscali sono molto alti
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Il profilo del debito pubblico in una prospettiva di lungo periodo
crisi
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Il problema di Eurolandia sorge a causa di squilibri reali tra economie, resi possibili e amplificati dagli stessi meccanismi costitutivi del disegno di Maastricht (fino a poco tempo fa ignorati). Affrontarli come un problema di finanziamento (temporaneo) ai paesi in difficoltà nasconde la natura reale di tali problemi. Tali problemi possono essere risolti stabilmente soltanto in tre modi Da una mutualizzazione dei debiti pubblici dei diversi paesi Da trasferimenti dai paesi creditori ai paesi debitori (come avviene nelle singole economie o tra gli stati negli USA) Da una riallocazione reale di risorse tra i paesi in deficit e in surplus Le prime due soluzioni sono oggi rese impossibile dalla resistenza dei paesi creditori e dai vincoli dei trattati europei. La terza soluzione può essere realizzata in due modi 3i) Da un aumento generale del livello di attività nelle economie europee che permetta ai paesi in difficoltà di sollevarsi se non con l’aiuto volontario degli altri paesi almeno con lo stimolo offerto dalla crescita delle altre economie 3i) Da politiche di svalutazione interna che permettano ad ogni paese di «farcela da solo» Nell’attuale contesto europeo non cooperativo, questa è la sola soluzione finora percorsa e la sola di fatto possibile.
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Dopo la crisi i paesi del Sud Europa hanno effettuato un rilevante aggiustamento del conto corrente. Grecia e Spagna passano da ingenti posizioni deficitaria e pareggio-surplus; l’Italia, rimuove il piccolo deficit e passa in surplus. La Germania ha mantenuto un consistente surplus…
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L’economia europea dopo la crisi, 2008-2015
1, Retribuzioni nominale per dipendente, economia nel suo complesso, tassi di variazione medi annui 2, Prodotto per occupato, economia nel suo complesso, tassi di variazione medi annui 3, Occupazione totale, variazione complessiva 4, Occupazione nell’industria, variazione complessiva 5, Tassi di variazioni medi annui dei prezzi al consumo 6, Olanda, Finlandia, Belgio (medie ponderate) 7, Repubblica Ceka, Ungheria, Slovacchia, Slovenia, Polonia (medie ponderate) I paesi Euro-sud hanno affrontato la crisi con politiche di drastico contenimento salariale e di devastanti tagli occupazionali, diversamente dai paesi Euro-nord e Est-Europa che sono riusciti ad aumentare i salari reali senza gravi danni per l’occupazione.
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