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Tesi n°1 GRECI E ROMANI
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spicca la figura di Laos di Ermione che forse coniò la parola mousiké.
Le quattro fasi della musica greca secondo una cronologia non sempre puntuale: 1. Il periodo arcaico (fine VIII – primi VII sec. a.C.): progressi nella costruzione della lira e nell’arte di suonarla. La figura più importante è quella di Terpandro di Lesbo, grande citaredo. 2. Fine VI secolo: spicca la figura di Laos di Ermione che forse coniò la parola mousiké. Egli introdusse nella musica una complessità, una forza espressiva e un intellettualismo ignoti fino a quel momento. E’ un’epoca di preparazione al periodo successivo.
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Le fasi della musica greca
3. Nuova Musica (tardo V secolo): si intensifica l’attività teorica da parte di autori come Damone ed Eratocle. La Nuova Musica è caratterizzata da modulazioni e molteplicità di note. Fu un periodo di grandi esecutori professionisti, di citaredi e auleti virtuosi. Critici conservatori come Platone e Aristosseno deploravano la Nuova Musica anche se questa godeva del favore popolare. Fra i musici più importanti si ricordano Timoteo di Mileto (ca. 450– 360) e Filosseno di Citera (ca. 435– 380).
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Le fasi della musica greca
4. Fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. secolo si registra una lacuna nella documentazione disponibile. Infatti i documenti successivi si attestano attorno al I secolo d.C.: in questo periodo lo stile musicale risulta meno ambizioso ed elaborato, il genere diatonico aveva trionfato sul cromatico, l’intervallo di quarta perde importanza rispetto al passato mentre prevale la terza. Una delle più tarde composizioni appartenenti a questo stile è un inno cristiano del III secolo d.C. (si tratta del celebre Papiro di Ossirinco)
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I documenti: solo frammenti…
Alcuni frammenti di musica greca giunti sino a noi (circa 60): - un frammento del primo stasimo (canto corale) della tragedia Oreste di Euripide, su papiro (V sec. a C ) - un frammento, forse di una tragedia, su papiro, conservato al Cairo (fine del III sec. a.C.) - 2 inni delfici in onore di Apollo, il primo in notazione vocale, il secondo strumentale, appartenenti al tempio chiamato il Tesoro degli Ateniesi di Delfi, incisi su pietra (ca 150 a C.)
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I documenti: solo frammenti…
- L’Epitaffio di Sìcilo, inciso su un cippo funerario scoperto a Tralles, nell’Asia minore (II o I sec a C.) - Peana sul suicidio di Aiace, su papiro conservato a Berlino (ca. 160 d.C.); - 3 inni: alla musa Calliope, al Sole, a Nemesi, di Mesomede di Creta, musico dell’imperatore Adriano (I sec. d.C. pubblicati nel Dialogo della musica antica et della moderna di Vincenzo Galilei, il padre del famoso scienziato che però non li seppe trascrivere). - 3 frammenti vocali e 2 strumentali di Contrapollinopolis (1 sec. d.C.). È probabilmente falso il frammento della prima Ode pitica di Pindaro pubblicato nella Musurgia universalis (1650) di padre Attanasio Kircher
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La notazione solo per uso privato
L’esistenza della notazione, che risale solo al IV secolo a.C., non contraddice la condizione di documento orale comune al patrimonio di canti della Grecia antica. La scrittura musicale greca non aveva, si ritiene, il valore di mezzo di comunicazione che ebbe, a partire dalla fine del primo millennio dell’era volgare, la notazione neumatica, ma serviva solo ai musicisti professionisti per loro uso privato.
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C’erano due tipi di notazione: vocale e strumentale.
Le notazioni C’erano due tipi di notazione: vocale e strumentale. La notazione vocale impiegava, con poche varianti, i segni dell’alfabeto greco maiuscolo; la notazione strumentale segni derivati forse dall’alfabeto fenicio e usati diritti, inclinati o capovolti. Il significato della notazione greca ci è stato tramandato da Alipio (IV sec. d.C.) nella sua Introduzione alla musica.
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La notazione vocale e strumentale
NOTAZIONE STRUMENTALE
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L’epitaffio di Sicilo
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Gli strumenti: la lira
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La cetra
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Phorminx
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L’arpa
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L’arpa eolica Si tratta di uno strumento musicale molto particolare nel suo genere, in quanto le corde non vengono fatte vibrare meccanicamente dall'uomo, ma dal vento. Secondo la mitologia greca, ad inventarla fu proprio il Dio dei venti, Eolo, ma strumenti simili ad esso, erano già noti oltre che alla civiltà greca, anche ad altre società primitive. Il primo a descrivere questo strumento, fu il filosofo e gesuita tedesco Athanasius Kirchner nel 1673
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Gli strumenti a fiato: aulos
L’AULOS
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Syrinx
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Gli strumenti tamburello crotali cimbali sistri campane
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I generi musicali: dei primi periodi (prima del V secolo)
Prevale il canto accompagnato dagli strumenti a corda (aedi); in seguito il proemio diventerà un genere strumentale autonomo (nomos kitaròdico) Successivamente a questo, nasce il canto con l’accompagnamento dell’aulòs In seguito l’aulòs verrà impiegato prevalentemente nei culti dionisiaci Documentata presenza del canto corale (inni religiosi e funebri); Lirica corale sull’isola di Lesbo su testi di Alceo e Saffo
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Altri generi musicali dei periodi successivi
Peana: canto in onore di Apollo suonato con la Kitara Ditirambo: canto per i riti dionisiaci, accompagnato da aulòs e barbiton (strumento a corde) Inno: canto religioso rivolto alle divinità accompagnato dalla Kitara Treno: lamento funebre accompagnato dall’aulòs Imeneo: canto nuziale con l’aulòs Scolio: canto nuziale accompagnato da aulòs e barbiton Dopo il VII sec. nascerà la musica solo strumentale
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Le occasioni per suonare
Abbiamo pochissimi riferimenti per quanto concerne le civiltà minoiche e micenee A partire dal VII sec. Sappiamo della diffusione pervasiva della musica nella cultura greca nella vita quotidiana (musica, canto e danza) Canti (inni) erano previsti durante le cerimonie religiose, mentre si sviluppavano colorate processioni con efebi (giovani adulti) e fanciulle danzanti Alle feste religiose si aggiunsero le gare musicali (giochi pitici di Delfi dal 586 a.C. e Panatenaiche del 566 a.C.)
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Le occasioni per suonare
Festeggiamenti per matrimoni e gare atletiche, oltre alla pratica musicale ricorrente nelle case nobiliari durante i simposi maschili (banchetti), ma anche nei ginecei femminili; uomini con tempo libero suonavano la lira, ma si poteva assoldare un suonatore “professionista” Durante le funzioni funebri venivano suonati brani (treno) con l’aulòs sia il giorno della commemorazione, sia in quelli successivi Esisteva la musica che accompagnava il lavoro (mietitura del grano, vendemmia, pigiatura dell’uva) Gli auleti suonavano per i rematori, i soldati in marcia, gli atleti in gara e le donne che facevano il pane Anche i bambini avevano il loro repertorio di canti e filastrocche
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Le fonti della musica greca
Pochi frammenti musicali Mitologia Fonti letterarie Trattati
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La mitologia Il mito di Medusa e quello di Hermes ci parlano della differenza etica (secondo Aristotele) della musica kitaristica su quella auletica: la musica deve avere sempre il controllo razionale del logos e non rimanere mai in balia delle pulsioni Il mito di Orfeo, che oltre ad ammansire gli animali con la sua lira, riesce a vincere la morte e scendere nell’oltretomba per portare con sé l’amata Euridice La forza della musica: la testa di Orfeo, dopo essere stato sbranato dalle Baccanti, ancora canta mentre galleggia nel fiume Tebro.
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Il mito di Medusa Medusa - fanciulla bellissima trasformata dall’invidiosa dea Atena in una Gorgone - che con le sue grida sbarra le porte dell’Ade. Atena, sempre invidiosa, vuole imitare il suo grido e si inventa l’aulòs. Quando scopre, però, che lo strumento le deforma le guance, se ne libera. L’aulos viene raccolto dal satiro Marsia (metà uomo e metà capra), che sfida in una gara Apollo con la lira.
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Il mito di Hermes e la gara tra Apollo e Marsia
La lira era invece nata dal giovinetto Hermes che, ruba una mandria suscitando le ire del dio Apollo (il proprietario). Hermes, che aveva trovato una tartaruga e - dopo averci giocato ed averla uccisa - realizza con il suo guscio e con tre pezzi di legno una lira a 7 corde; il suono della lira affascina Apollo il quale si quieta ed accetta la pacificazione a patto che Hermes gli regali lo strumento. Infine Apollo sfida Marsia in una gara musicale: Marsia perde e viene scorticato.
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Odissea, capitoli X e XI: il canto incantatore di Circe e delle Sirene
Iliade e Odissea Iliade, capitolo IX: Achille canta accompagnandosi ad uno strumento a corde per alleviare i suoi tormenti Odissea, capitolo XXII: Ulisse nella strage dei Proci risparmia l’aedo, o si commuove sentendo l’aedo Demodoco cantare ricordando la strage dei Troiani (capitolo VIII) Odissea, capitoli X e XI: il canto incantatore di Circe e delle Sirene
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I trattati I trattati greci sulla musica non erano concepiti secondo il significato che noi diamo oggi al termine, seguendo un’ottica organica ed articolata. L’approccio era prevalentemente matematico. Essi sviluppavano soprattutto il problema della suddivisione dell’ottava e la teoria degli intervalli. Una tradizione millenaria pone all’origine della trattatistica greca il nome del filosofo e matematico Pitagora di Samo (sec. VI a.C.).
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Pitagora di Samo Dopo essere stato in Egitto e in Mesopotamia, si stabilì nella Magna Grecia e a Crotone fondò una scuola filosofica. A lui e ai suoi seguaci si è fatta risalire l’adozione del monocordo per definire i rapporti degli intervalli consonanti mediante le suddivisioni d’una corda. Il sistema pitagorico però ci è noto solo indirettamente (Pitagora non lasciò scritti), attraverso una tradizione che fu formulata in trattati - di epoca molto più tarda - di Gaudenzio, di Nicomaco e soprattutto nel De institutione musica di Severino Boezio.
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Il monocordo
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Il monocordo Il monocordo è uno strumento composto da una sola corda, tesa sopra una cassa di risonanza tra due ponticelli, e posata su un terzo ponticello intermedio che può essere spostato; così facendo si può dividere la corda a piacere e ottenere suoni di altezza frequenza variabile. Piccola curiosità. Nell’iconografia esistono comunque immagini di Pitagora che suona un”monocordo” con diverse corde
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I trattati Storicamente la trattatistica greca ebbe origine più tarda e se ne considera il più autorevole esponente Aristosseno di Taranto, discepolo di Aristotele (sec. III a.C.), autore dei fondamentali Elementa harmonica ed Elementa rhytmica. La nostra conoscenza della teoria musicale greca si basa soprattutto sull’opera di Aristosseno, ripresa e integrata dagli apporti dei suoi seguaci, gli “armonisti”.
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Nelle epoche ellenistica e romana i trattatisti furono numerosi.
Ricordiamo: il matematico Euclide (IV-III sec. a.C.) - il dialogo De musica attribuito a Plutarco (I-II sec. d.C.); - il geografo alessandrino Claudio Tolomeo (Il sec. d.C.); - Aristide Quintiliano (II sec. d.C.), autore di un De musica, importante per l’approfondita trattazione della materia; - Alipio (IV sec. d.C.) la cui Introduzione alla musica contiene delle Tavole che hanno fornito la chiave per trascrivere le musiche greche a noi pervenute
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Il sistema musicale greco
La base – o cellula - del sistema musicale greco era costituita dal tetracordo, una successione di quattro suoni discendenti compresi nell’ambito di un intervallo di quarta giusta. I suoni estremi di un tetracordo erano fissi; quelli interni erano mobili. L’ampiezza degli intervalli di un tetracordo caratterizzava i 3 generi della musica greca: diatonico, cromatico, enarmonico:
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I modi greci Il tetracordo è l’elemento primario costitutivo dei “modi” (o “scale tipo”) formati da due tetracordi disgiunti della stessa specie. I modi prendono i nomi dei popoli che li avevano adottati: Dorico con il semitono al grave: la, sol, fa mi Frigio con il semitono in mezzo: sol, fa, mi, re Lidio con il semitono in alto: fa, mi, re, do In seguito verrà aggiunto anche il misolidio con il semitono tra i due tetracordi: Si, la, sol, fa mi, re, do, si
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I modi greci A questi modi vennero aggiunti tre ipomodi, collocati una quinta sotto i tre fondamentali Non sappiamo, però, l’esatta discendenza di queste scale: Se siano sviluppate in modo autonomo O se siano una re-distribuzione del modo dorico, il nucleo principale del sistema teleion (il sistema perfetto) Tutte le sette specie potevano avere anche forma cromatica ed enarmonica (oltre a quella diatonica rappresentata nella diapositiva successiva)
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I modi
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Il sistema teleion (“perfetto”)
Fu lo spirito metodico che i Greci possedevano a spingerli a organizzare, a partire dal V sec a.C. lo spazio musicale in una ordinata successione di suoni che definirono “armonia” (armoniai). Questo sistema fu definito perfetto “teleion” e aveva come base non solo l’estensione della voce umana, ma anche l’accordatura della Kitara, che il citarodo Terpandro avrebbe portato da 4 a 7: Ecco i nomi delle corde: hypate, parhypate, lichanos, mese, trite, paranete, nete
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il proslambanomenos, o suono aggiunto
I tetracordi Il sistema consisteva in una serie di 14, disposti in successione discendente con l’aggiunta al grave di un suono supplementare: ovvero 15 suoni il proslambanomenos, o suono aggiunto I quattro tetracordi - congiunti gli estremi, disgiunti quelli centrali – avevano nomi speciali: Grave: hypaton Medio: méson Acuto: hyperbolayon quello disgiunto: dieuzeugménon
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Il sistema teleion a) si parte dall’ tetracordo mi–re–do–si; b) si aggiungono un tetracordo congiunto all’acuto, un tetracordo disgiunto al grave seguito da un secondo tetracordo congiunto ancora più grave
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La doppia religiosità greca
Oltre alle cerimonie ufficiali per gli dei dell’Olimpo, in Grecia si sviluppa un tipo di religiosità più viscerale e irrazionale legata al culto di Dioniso (o Bacco, il dio del vino, che la leggenda vuole sbranato dai Titani). Anche l’uomo, cibandosi delle carni del dio, poteva trasformarsi in Dioniso, raggiungendo l’estasi, cioè “uscendo da sé”, ma aveva bisogno di una musica molto incalzante ritmicamente e piena della varietà melodica dell’aulos
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Dai ditirambi al teatro
In epoca di civiltà agricola, le feste campestri in onore di Dioniso assumono via via importanza sempre maggiore: piccole e grandi dionisiache. In queste feste s’intona il «ditirambo», l’inno corale in onore del nume. Questo prende il nome di tragodía (dal greco canto del capro») da quando ad esso s’accompagna il sacrificio di un capretto, particolarmente sacro a Dioniso, forse perché è il guastatore della vigna.
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Il teatro Come sorse il dramma?
Un giorno il coro si divise in due semicori uno dei quali rispondeva all’altro; e, siccome ciascun semicoro era guidato da un corifeo (capo del coro), questi corifei cominciarono a dialogare fra loro. Ai canti dei due corifei e dei loro semicori celebranti le gesta del nume, qualcuno – un risponditore, un hypocritès (attore) – rispose le parole di Dioniso in persona.
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Da quel momento si ebbe un embrione di rappresentazione teatrale.
Il teatro Da quel momento si ebbe un embrione di rappresentazione teatrale. Quando poi, oltre a Dioniso, si cominciano a invocare altri dèi, o eroi, con cui egli s’incontra, o quando, messo da parte Dioniso, si incomincia a invocare qualsiasi eroe, e a farlo apparire durante il canto che lo celebra, la Tragedia ha già conquistato le sue essenziali libertà.
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Skené Hypocrites coro altare Semicoro A Semicoro B Corifeo B Corifeo A pubblico
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La nascita della tragedia
La tradizione attribuisce la prima rappresentazione tragica all’intellettuale Tepsi, autore delle Grandi Dionisiache (534 a.C.). Tuttavia, spetta a Frinico e ancor più a Eschilo, Sofocle ed Euripide il compito di aver condotto ad altissimo livello artistico e drammatico la tragedia.
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I personaggi e la loro evoluzione
Dopo che l’unico attore (protagonista) della primitiva Tragedia, Eschilo ebbe aggiunto il secondo (deuteragonista) e Sofocle il terzo (tritagonista), la cifra di tre, nella Tragedia, non fu superata: sempre intendendosi che ciascun attore poteva interpretare successivamente più parti. Tuttavia fu ammesso un quarto personaggio muto, o che dicesse pochissime parole; come pure si ammisero, oltre i tre attori, personaggi infantili, e, oltre il Coro, gruppi di popolo, servi, ancelle, guardie ecc.
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La tragedia La Tragedia è dunque nata attorno alla thymele: all’ara del dio, su cui gli sarà offerto il sacrificio. Nel ditirambo i coreuti si disponevano in circolo attorno a questa. Ma sopravvenuto il risponditore, l’hypocrites, l’attore, i coreuti si tirano un po’ da parte, a circa due terzi di cerchio, lasciando l’altro terzo per la tenda da cui l’attore esce e dove rientra, a celarsi e a travestirsi. Quella povera tenda si chiama skenè: è la scena! (più tardi sarà un edificio in muratura).
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o alzare gli attori verso l’alto o alzare il pubblico.
Il teatro greco Qui il racconto delle origini della Tragedia fatto da Aristotele, dà la più ovvia e seducente spiegazione della nascita della Tragedia. Per consentire al pubblico di vedere quanto avveniva attorno alla thymele c’erano due possibilità: o alzare gli attori verso l’alto o alzare il pubblico. Secondo la tradizione adottarono questa seconda soluzione: cercarono il declivio di una collina e vi collocarono gli spettatori in apposite scalinate di legno, disposte a semicerchio dietro il Coro.
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Il teatro greco Dopo una serie di adattamenti e trasformazioni successive, il teatro greco assunse infine questi elementi (attorno alla fine del I sec. a. C. e il II d. C.):
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Come è fatto il teatro greco
1. il Kòilon ossia gradinate divise in settori; 2. l’Orchestra, sede del Coro, con la thymele in mezzo; 3. le due Pàrodoi, ingressi del Coro, ai limiti estremi, desto e sinistro, delle gradinate; 4. il Proskènion, o palcoscenico, dove prima o poi agirono gli attori, e che taluno ritiene fosse in comunicazione con l’orchestra mediante scala di legno; 5. la Skenè, edificio in pietra rappresentante un palazzo regale con tre porte e talvolta cinque; 6. dietro alla skenè, i camerini per gli attori, e i ripostigli per gli attrezzi e i meccanismi.
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skene parodoi kòilon proskenion thymele orchestra
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Strutture laterali della skenè
Corridoio anulare Strutture laterali della skenè
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Il teatro greco di Epidauro
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La messa in scena Da principio il regista è lo stesso poeta. Gli attori greci, tutti uomini anche per le parti femminili, dovevano apparire come enormi fantocci, a raffigurare eroi al di sopra della comune umanità. E perciò, nella Tragedia, elevati nella statura e ingranditi: grazie ai coturni, calzature con una suola spropositatamente alta; all’onkos che era un’acconciatura dei capelli straordinariamente rialzata, torreggiante; alle imbottiture di tutta la persona; e alle grosse maschere (nella Tragedia piange sempre, nella commedia, al contrario, ride). S’aggiunga che nella bocca della maschera c’era un megafono; ciò non tanto per ragioni di acustica, ma per moltiplicare la voce dell’eroe, come s’era fatto con la sua figura.
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Ai tempi di Eschilo: il dramma ciclico
Ai tempi di Eschilo, lo spettacolo tragico consisteva non in una sola ma in una trilogia ossia in un seguito di tre tragedie, aventi il carattere di un poema ciclico, nel quale ciascun dramma svolgeva una parte del soggetto comune. La prima tragedia doveva parlare all’animo dello spettatore, e cioè essere prevalentemente drammatica; la seconda all’orecchio, essere cioè essenzialmente lirica; la terza all’occhio, e cioè offrirgli un grande spettacolo visivo.
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Le maschere
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Come era divisa la tragedia
Gli spettacoli prevedevano la presenza della musica, ma in maniera dissimile al nostro melodramma poiché nella Tragedia greca la musica, composta dallo stesso poeta, non era che un commento alla poesia, la quale aveva il primo posto. Le parti della Tragedia sono: 1. Il prologo (scena preliminare); 1a. La pàrodos (canto del coro che entra a ritmo di danza); 2. Gli episodi (noi diremo gli atti, di solito 3, ma nell’Oreste di Euripide sono 4; non sono divisi da sipario, bensì dagli stasimi); 2a. 3 o 4 gli stasimi (i canti che il Coro leva negli intermezzi fra un episodio e l’altro, stando in orchestra); 3. L’esodo (il canto corale di uscita; oppure scena finale).
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Lo schema della tragedia
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L’importanza dello stasimo
Come si vede la musica riveste un’importanza fondamentale negli stasimi. Va osservato, inoltre, che il coro greco assolve ad uffici pratici: espone gli antefatti, fa conoscere quanto avviene tra un episodio e l’altro fuor della vista degli spettatori; Commenta: È, in definitiva, «la voce del poeta» e lo «spettatore ideale».
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Come si recitava e come si cantava
In modo non realistico, ma enfatico e declamatorio. Gli attori modificavano il tono della voce in corrispondenza delle sillabe toniche (accento acuto: innalzamento); accento grave: abbassamento; accento circonflesso: (innalzamento e abbassamento) Parodo cantata in metro anapestico ᴗ ᴗ __ (quello della marcia) Stasimi: il coro cantava, non recitava Episodi: monologhi scritti prevalentemente in metro giambico (ᴗ __ ) per Aristotele il più vicino al parlato; [oggi si ritiene che anche in queste parti vi fossero piccoli brani cantati]
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Perché non ci è rimasto quasi nulla delle parti cantate?
Aristotele dichiarò esplicitamente la superiorità della parte recitata sul resto dello spettacolo (musiche, danze, scenografie) La musica per i Greci era considerata una componente effimera dello spettacolo teatrale Notazione incomprensibile per i non specialisti: questi testi musicali quindi non vennero presi in carico alle biblioteche, ma rimasero nelle mani delle compagnie teatrali
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La teoria dell’Ethos Era opinione comunemente accettata che ogni harmonia causasse infallibilmente un ethos (pl. ethe), cioè un particolare effetto sull'animo e sul corpo umano. L'harmonia dorica ad esempio, quella più strettamente legata alla lyra, era considerata la più grave e la più virile, e determinava nell'animo compostezza e moderazione; l’armonia frigia, al contrario, inseparabile dal dionisiaco aulós, suscitava necessariamente un ethos 'entusiastico‘ (enthusiasmós significava 'avere il dio in sé, ma anche 'perdersi nel dio') ed emozioni sfrenate.
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La teoria dell’Ethos Un esempio fra tanti è il seguente aneddoto, tramandato in varie versioni: alcuni giovani ubriachi, eccitati dal suono frigio dell'aulós, volevano abbattere la porta della casa di una ragazza per abusarne. Il filosofo Pitagora, che era presente, non sapendo come fare per fermarli da solo, si rivolse allo strumentista, pregandolo di suonare nel modo dorico (l'harmonia del dominio di sé, severa e pacata). Immediatamente gli assalitori si risvegliarono dall'ebbrezza e, pentiti, si allontanarono.
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Gli effetti della musica
La teoria dell'ethos pervadeva completamente la visione greca della musica: alla musica veniva attribuito un potentissimo effetto non solo sull'animo, ma anche sul corpo umano ad esempio, abbiamo prescrizioni terapeutiche di melodie frigie per guarire la sciatica; e narra il mito che Taleta, poeta spartano salvò gli Spartani dalla peste proprio per mezzo della musica (Mozart fitness…)
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Per approfondire: Taleta non Talete!
Talèta (gr. Θαλήτας). - Poeta e musico di Gortina, nell'isola di Creta (sec. 7º a. C.). Secondo la tradizione fu il primo a comporre iporchemi e inventò il metro peone. Con Senodamo, Senocrito, Polimnesto e Sacada avrebbe organizzato a Sparta le Gimnopedie (665 a. C.) introducendovi canti corali cretesi e costituendo, con gli altri, la nuova scuola musicale di Sparta.
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Gli effetti della musica
Sugli animali il mitico Orfeo ammansiva le belve feroci con il suo canto Sugli esseri inanimati Anfione costruì le mura di Tebe muovendo le pietre con il suono della lyra. Il canto di Orfeo avrebbe avuto addirittura la possibilità di vincere l'Invincibile per eccellenza: la morte; ma ciò che alla musica sarebbe stato concesso restò pur sempre inaccessibile alla debolezza degli esseri umani, ed Euridice venne inghiottita di nuovo dalle tenebre degli Inferi.
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Orfeo ammansisce gli animali
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Il dibattito sull’impiego della musica
Tenendo presente che il termine greco musiké, pur se generalmente tradotto con la parola 'musica', implicava in realtà tutta l'arte ispirata dalle Muse (non solo musica, dunque, ma anche poesia e danza, da essa inscindibili), si può allora comprendere facilmente perché tra il V e il IV secolo si accese un grande dibattito sullo sfruttamento a fini politici di un mezzo così potente per la manipolazione del consenso.
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Calliope (poesia epica), Clio
(storia), Polimnia (pantomima), Euterpe (musica: flauto), Tersicore (danza), Erato (lirica corale), Melpomene (tragedia), Talia (commedia), Urania (astronomia).
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I nomoi (le leggi) ma anche le melodie
Platone arrivò ad affermare questi due assunti: che nella musica non si potessero introdurre cambiamenti, tanto che le melodie vengono chiamate nòmoi, come le leggi dello stato; che in campo musicale la trasgressione potesse infiltrarsi dolcemente e subdolamente nei caratteri e nelle abitudini delle persone, finendo col sovvertire ogni cosa, nella vita privata come in quella pubblica.
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Il concetto platonico della musica è stato definito
La catarsi allopatica Nella polis ideale di Platone, dunque, la presenza della musica doveva essere accuratamente regolamentata, per indirizzare i suoi effetti dirompenti esclusivamente verso uno scopo di educazione morale della futura classe dirigente. Il concetto platonico della musica è stato definito 'catarsi allopatica': una musica appropriata può infondere una determinata virtù a chi ne è privo o a chi è in preda al vizio opposto, purificandolo.
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Utilità e non piacere Solo utilità, dunque, e non piacere; era questo il criterio che dettava le rigide norme del filosofo ateniese, e in base al quale egli eliminava esplicitamente dalla sua utopistica città perfino la poesia che, a suo avviso, non sarebbe stata 'utile' a nulla. In campo propriamente musicale, allora, egli permetteva solo le harmonìai dorica e frigia (quest'ultima è qui intesa come spontanea, persuasiva e non violenta); conseguentemente venivano banditi tutti gli strumenti (e i relativi costruttori) in grado di suonare anche le altre harmonìai, quali gli strumenti a molte corde e, soprattutto, l'aulós, «lo strumento più ricco di suoni».
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Le melodie tradizionali = nomoi
L’unico repertorio ammesso, poi, era quello delle melodie tradizionali, quelle che non a caso venivano dette nómoi, cioè leggi: Platone respingeva con sdegno le innovazioni della musica più moderna, qual era quella di Euripide e del suo amico Timoteo. La nuova musica, infatti, cercava di svincolarsi da un rapporto troppo stretto con la dizione narrativa del testo e con la sua metrica, cercando piuttosto di esplicitarne i contenuti emotivi attraverso una maggiore libertà e autonomia dei mezzi musicali.
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Aristotele e la catarsi omeopatica
Più aperto e permissivo era invece Aristotele, che si basava su un concetto definibile come 'catarsi omeopatica': anche un ethos negativo è accettabile perché, attraverso un perturbamento controllato, l'animo può espellere fuori di sé le proprie negatività e ritornare allo stato normale, come dopo una cura medica. Ma ambedue i filosofi erano pienamente d'accordo nel vietare ai giovani ogni professionismo musicale: la musica doveva sempre rimanere un'utile occupazione per il tempo libero di un giovane colto, e mai scadere al livello di un'attività lavorativa (e quindi, in una società schiavista, riservata alla condizione servile).
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Etruschi Non abbiamo melodie, né trattati: le uniche fonti sono iconografiche (vasi e urne funerarie) e letterarie. La musica era collegata agli eventi sociali come i banchetti, la caccia e le funzioni religiose Ci si portava, per esempio, un musicista (flautista) durante una battuta di caccia per suggestionare gli animali e ammansirli Utilizzavano strumenti come la lira (derivata da quella greca) e l’oboe doppio, ma soprattutto gli strumenti in bronzo come la tromba Furono i primi ad impiegare la tromba dritta a campana (la tuba romana) durante le sfilate belliche
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Romani Non abbiamo melodie: le uniche fonti sono iconografiche (vasi e urne funerarie), letterarie e i trattati. La musica veniva tramandata oralmente, ma sappiamo (dalle Bucoliche di Virgilio) che ci doveva essere una forma scritta Musica considerata negativamente perché indeboliva l’animo Grande diffusione strumenti a fiato come il lituus (tromba di bronzo a forma di J); la bucina (tromba di bronzo a forma di G); e la tuba (tromba lunga e diritta); suonavano anche la tibia (flauto simile all’aulos greco) Durante le lotte dei gladiatori si suonava l’hydraulis, organo ad acqua, suonato da Nerone, che si dilettava anche con la cetra. Vennero anche introdotte, su modello greco, delle parti cantate nelle commedie di Plauto e di Livio Andronico con l’accompagnamento delle tibiae; nel 22 a.C. venne introdotta la pantomima con accompagnamento vocale da due attori greci
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La buccina
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La tuba
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