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PubblicatoRosalinda Cortese Modificato 7 anni fa
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Giuseppe De Mola Giovedì 18 aprile 2013 Ore 18.30 DISTANZE
Libreria delle Moline Via delle Moline 3 Bologna Giovedì 18 aprile 2013 Ore 18.30 DISTANZE Storie di separazione ed esilio nel Sudafrica di ieri e di oggi Giuseppe De Mola Partecipa con l’autore Ilaria Tarricone, psichiatra Dipartimento di Salute Mentale Ausl Bologna e ricercatrice Bologna Transcultural Psychiatric Team, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna Con il patrocinio di Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, Ausl di Bologna Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna “Alla fine degli anni Novanta gli antiretrovirali per l’HIV erano già disponibili, non solo all’estero ma anche in Sudafrica, venivano somministrati nelle cliniche private ai prezzi esorbitanti decisi dalle compagnie farmaceutiche proprietarie dei brevetti. Soltanto i ricchi di questo paese colpiti dalla malattia, bianchi naturalmente, potevano permetterseli grazie alle assicurazioni mediche. Noi medici sapevamo che i risultati di questi farmaci erano incoraggianti, ma nel settore pubblico non potevamo utilizzarli perché il governo si opponeva, e noi continuavamo a vedere i nostri pazienti morire come mosche senza potere fare niente per impedirlo, solo dare vitamine, e tenerli per mano preparandoli alla morte come un confessore” “Le donne mi hanno sempre fatto impazzire. Mi fermano per la strada e mi dicono che vogliono volare con me, fammi vedere cosa sai fare Big Boy. E io cerco di accontentarle. Un giorno mio padre mi ha dato dieci dollari per comprare un pezzo di ricambio per il generatore. Con quei soldi sono venuto in Sudafrica. La polizia mi ha fermato quasi subito perché non avevo nessun documento e mi ha portato in una specie di prigione a Musina. Lì sono stato male la prima volta. La notte non riuscivo a dormire: seguivo con lo sguardo insetti muoversi sui muri, sui materassi di gomma piuma, sotto le coperte, li vedevo strisciare sul mio piede, finché non diventavano grandi, sempre più grandi, e cominciavo a gridare. Per un poco riuscivano a calmarmi, poi di nuovo quegli insetti, e di nuovo piangevo e urlavo. La polizia mi ha chiesto da dove venissi, che volevano riportarmi a casa a farmi curare, ho risposto che ero mozambicano: non potevo tornare in Zimbabwe senza i soldi da restituire a mio padre per il generatore. Ho trascorso un anno e mezzo in un ospedale psichiatrico in Mozambico” “Ogni storia sembra sempre che si concluda, che non ci siano più sviluppi possibili, ma non è così. Ogni storia sembra come una stanza, chiusa, ma se guardate bene trovate sempre una porta che è possibile aprire e che vi conduce in un altro luogo, cosicché quella prima stanza diventa presto una casa, con tutte le stanze collegate tra loro” Giuseppe De Mola operatore umanitario dal 1997, nel 2003 inizia a collaborare con Medici Senza Frontiere, prima nell’Italia del Sud in programmi di assistenza sanitaria a immigrati e dal 2007 anche all’estero (Yemen, Malta, Sud Sudan, Sudafrica).
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