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ATTIVITÀ D’INFORMATIVA
Certificati e Cartella Clinica
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Certificato Il certificato rilasciato da un esercente la professione sanitaria è l’atto scritto che dichiara conformi a verità fatti e condizioni di natura tecnica, direttamente obiettivati dal sanitario e di cui il certificato è destinato a provare l’esistenza. Si tratta cioè di una testimonianza scritta su fatti e circostanze tecnicamente apprezzabili e valutabili. La certificazione di qualsivoglia condizione deve, sempre e comunque, essere preceduta dalla valutazione clinica obiettiva. Nella certificazione si è tenuti alla massima diligenza, alla responsabile cura, all’attenta e scientificamente corretta registrazione dei dati, alla responsabile formulazione dei giudizi nonché alla chiara esplicitazione dei propri dati identificativi.
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Requisiti essenziali del certificato sono:
CHIAREZZA, consiste nel redigere l’attestazione in modo esattamente e compiutamente comprensibile per chiunque, soprattutto per coloro che, non essendo esperti dell’arte medica, possono in buona fede interpretare erroneamente il pensiero e la volontà del certificante. Pur adoperando termini tecnici appropriati, occorre che i fatti osservati siano descritti con parole semplici ed intellegibili in modo da eliminare ogni pericolo di ambiguità.
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VERIDICITÀ: conformità di quanto descritto con quanto constatato in modo obiettivo. Tale veridicità si riferisce al contenuto proprio del certificato non limitata alla dichiarazione inerente al singolo fatto bensì riguarda anche gli altri elementi, quali identità della persona interessata, data, luogo della certificazione e firma del dichiarante. Non è richiesta la VERITÀ ovvero la certezza assoluta ma la VERIDICITÀ ovvero la concreta e reale possibilità.
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FALSITÀ IN CERTIFICATI
Falso ideologico e Falso materiale
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L’attività certificativa potrà assumere i caratteri di:
La classificazione dei reati di falso connesso alla certificazione deve necessariamente tenere conto della diversa natura giuridica che possono assumere, in ragione delle diverse qualifiche giuridiche che il professionista sanitario può rivestire a seconda della natura pubblica o privata delle sue funzioni. L’attività certificativa potrà assumere i caratteri di: SCRITTURA PRIVATA (c. rilasciato dal libero professionista) ATTO PUBBLICO (c. rilasciato da P.U. o incaricato di pubblico servizio) Nell’ambito della pubblica funzione esercitata e delle sue attribuzioni, il professionista sanitario si trova a dover redigere certificati che attestino attività da lui compiute, fatti e condizioni da lui percepiti e constatati, avvenuti in sua presenza o da lui conosciuti. Questi atti certificativi, per il loro contenuto e per il fine cui sono rivolti, assumono la natura di atti pubblici. Il codice penale prevede reati relativi al falso ideologico e materiale che hanno ad oggetto questi atti.
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Il FALSO IDEOLOGICO incide sul contenuto concettuale dell’atto, dando per autentici fatti non corrispondenti a verità pur essendone corretta la forma. Tale reato (artt. 479, 480, 481 c.p.) si configura quando il giudizio diagnostico espresso nel certificato si fonda su fatti che siano non corrispondenti al vero e che ciò sia conosciuto da colui che ne fa attestazione (Sent. Cass. n /77 e n /92). Si differenzia a seconda che sia commesso in atto pubblico (art. 479 c.p.) o in certificazione amministrativa (art. 480 c.p.) da P.U. o da incaricato di P. Servizio, ipotesi più grave punita con maggiore severità, rispetto a quella commessa in scrittura privata (art. 481 c.p.) da un medico in regime libero professionale.
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Art. 479 c.p. Falsità Ideologica commessa da Pubblico Ufficiale in atti pubblici
“Il pubblico ufficiale che ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto in sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazione a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’art. 476” Art. 480 c.p. Falsità Ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative “Il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la veridicità, è punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni” Art. 481 c.p. Falsità Ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità “Chiunque nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato fatti dei quali l’atto è destinato a provare la veridicità, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da 51 a 516 euro”
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Riguarda la persona che redige il certificato e non quella che lo riceve ed il reato si concretizza indipendentemente dal fatto che esso venga o meno presentato ad una autorità pubblica o privata, in quanto il delitto si consuma nel momento del rilascio all’assistito e non quando e se questi ne faccia uso. Sono necessarie coscienza e volontà di attestare il falso (dolo), esulano quindi da questo contesto errori clinici di diagnosi e prognosi che possono nascere dalla interpretazione errata di fatti clinici, purché realmente e direttamente constatati dal professionista.
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Per la configurazione del reato di falso ideologico occorre che risulti provato che i fatti certificati non corrispondano al vero e che il medico abbia agito con la volontà di commettere il reato (bisogna cioè che vi sia il dolo (Cass. Sez. Penale V ). La legge penale richiede che sia dimostrata l’intenzionalità della condotta illecita non essendo prevista la figura del falso documentale colposo. In merito all’ipotesi eventuale di errore diagnostico del medico nel certificato, la giurisprudenza fa una netta distinzione tra diagnosi falsa ed errata: è falsa la certificazione in cui la diagnosi si fondi su premesse oggettive non rispondenti al vero, mentre è errata se risulti incongruo il giudizio clinico basato su premesse oggettive rispondenti al vero (Cass. Sez. Penale V ). Non sussiste il reato quando il medico certifica in buona fede una “sindrome non obiettivabile” sulla base dell’anamnesi fornita con inganno dal paziente (Sent. Cass. Sez. Penale II n del ).
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Costituisce reato di falso anche la retrodatazione del certificato, rispetto al giorno i cui è avvenuta la visita, fatta allo scopo di discolpare l’assistito per assenze da lavoro ingiustificate. Con la recente sentenza n /2012 la Cass. ha ravvisato il reato di falso ideologico nella condotta di un medico di base che ha rilasciato un certificato medico di proroga della prognosi, senza avere previamente visitato il paziente, ma affidandosi solamente ai sintomi da costui riferiti per telefono.
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Il FALSO MATERIALE riguarda la parte formale dell’atto, che può essere contraffatta in vario modo, ad esempio, apponendovi la firma falsa o alterandone la materia mediante cancellature, raschiature o aggiunte. Il reato (artt. 476, 485 c.p.) si configura quando un documento è stato oggetto di contraffazione o di alterazione. Nel primo caso il documento è stato posto in essere da persona diversa da quella che appare esserne l’autore, nel secondo caso il documento è stato redatto dall’autore ma sono state apportate, posteriormente alla sua redazione, modifiche da parte di altro soggetto non legittimato (cancellature o aggiunte apposte con la penna, utilizzo del bianchetto assolutamente vietato). Si differenzia a seconda sia commesso da P.U. (art. 476 c.p.) o in scrittura privata (art c.p.).
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Art. 476 c.p. Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici
“Il pubblico ufficiale che nell’esercizio delle sue funzioni, forma in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da 1 a 6 anni. Se la falsità concerne un atto o parte di atto che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da 3 a 10 anni”. Art. 485 c.p. Falsità in scrittura privata “Chiunque al fine di procurare a se o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma in tutto o in parte, una scrittura privata vera, è punito qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte ad una scrittura vera dopo che questa fu definitivamente formata”.
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CARTELLA CLINICA
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La cartella clinica è un documento dotato di eccezionale importanza nell’ambito della organizzazione e della gestione clinica di una struttura ospedaliera o comunque di un ambiente deputato al ricovero, che reca in forma di verbale dati clinici (anamnestici, obiettivi, specialistici, strumentali e documentali) raccolti dai sanitari sulla persona nel corso della sua degenza ospedaliera. L’importanza di questo documento è molteplice: Sotto il profilo clinico, poiché la principale finalità è quella della tutela della salute del ricoverato (diagnosi e terapia). Sotto il profilo medico-legale, per la sua efficacia probatoria, per il suo valore storico-documentale e per l’attestazione del consenso informato.
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La cartella clinica di una struttura ospedaliera o di una struttura clinicizzata (es. casa di cura privata, convenzionata con il S.S.N.) è un ATTO PUBBLICO ad ogni effetto, integrando la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, coloro che sono tenuti alla sua compilazione. Si tratta di un documento che rientra nella categoria degli atti pubblici in quanto esplicazione del potere certificativo e della natura pubblica dell’attività sanitaria cui si riferisce. Ciò sia nel caso in cui essa venga redatta da una pubblica struttura ospedaliera, sia quando venga redatta presso una casa di cura convenzionata. Secondo l’art c.c. per atto pubblico s’intende il «documento redatto con le richieste formalità da […] pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo ove l’atto è formato». L’atto pubblico (art c.c. «Efficacia probatoria dell’atto pubblico») fa piena prova fino a querela di falso «della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti o degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti». Secondo quanto si evince dalla giurisprudenza di merito e di Cassazione, la particolare e privilegiata efficacia probatoria della cartella clinica deve ritenersi limitata alla sua provenienza dal pubblico ufficiale e riguarda perciò solo i fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti.
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La compilazione e la tenuta della cartella clinica sono un obbligo definito per legge e la sua conservazione è a cura (cioè sotto la diretta responsabilità) del responsabile del reparto fino al momento in cui, cessata la degenza, la cartella passa all’archivio sotto la responsabilità del Direttore Sanitario. La responsabilità della regolare compilazione, della tenuta e della custodia della cartella clinica fino alla consegna nell’archivio spetta al Primario del reparto. Il primario deve anche vigilare sull’esattezza dei contenuti tecnici della cartella, sulla aderenza alla realtà obiettiva di quanto è riportato e deve verificare la correttezza degli accertamenti richiesti, della diagnosi formulata e della terapia prescritta e praticata.
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Negli ospedali, dopo che il paziente è stato dimesso, le cartelle cliniche sono conservate negli archivi centrali, al Direttore Sanitario compete il controllo sull’archivio centrale delle cartelle cliniche; sotto la sua responsabilità viene rilasciata agli aventi diritto copia delle stesse cartelle e di ogni altra certificazione sanitaria riguardante i malati assistiti in ospedale. La conservazione deve avvenire a tempo indeterminato; va effettuata dapprima in un archivio corrente e successivamente, trascorso un quarantennio, in una separata sezione di archivio, istituita dalla struttura sanitaria. Non rivestendo le radiografie il carattere di atti ufficiali, può ritenersi sufficiente per la loro conservazione il periodo minimo di vent’anni, resta la facoltà degli enti di adottare un periodo di conservazione più lungo; tali norme valgono anche per altre indagini come esami ecografici, istologici (vetrini, tessuti in paraffina).
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Il contenuto della cartella clinica è riservato, coperto dal segreto d’ufficio e dal segreto professionale. Come per ogni certificazione (e la cartella clinica può intendersi alla stregua di un certificato avente caratteristiche di maggiore complessità) vale il principio secondo cui deve connotarsi per VERIDICITÀ e CHIAREZZA (necessità di redigerla con una scrittura intellegibile). Stante la natura di verbale dell’atto stesso, essa deve risultare compilata secondo le caratteristiche che ad un verbale sono proprie e cioè in modo CONTESTUALE alle azioni che in essa sono descritte. La contemporaneità deve intendersi in senso rigorosamente letterale, nel senso che non è ammesso che un’azione sia registrata in tempi diversi rispetto alla sua proposizione o esecuzione. Potrebbe, in altri termini, pur redigersi la cartella alla fine della mattinata assistenziale, per esempio, se ciò non fosse reso materialmente impossibile da ovvie contingenze, quali l’impossibilità di ricordare ogni atto, pur minimo che sia stato compiuto sull’assistito, l’impossibilità di reperire tutte le persone che hanno effettuato tale molteplicità di azioni, l’impossibilità di ricostruire gli orari e la sequenza con cui gli atti stessi sono stati condotti, l’impossibilità di garantire che la annotazioni, per aspetti di sostanza, risultino complete, precise e dettagliate.
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La difettosa compilazione e la conseguente non corrispondenza con la verità del suo contenuto, riveste gli estremi del reato di FALSO IN ATTO PUBBLICO e la medesima previsione penalistica discende nel caso in cui si ometta di annotarvi dati. Come per ogni atto pubblico, si ricorda il divieto di ricorrere in essa a cancellature che impediscano di comprendere la scrittura sottostante e quindi ciò che si è inteso modificare. Una correzione è sempre possibile ricorrendo a metodi che non occultino la scrittura sottostante: Ammessi, dunque, una linea sottile sulla scrittura o meglio l’apposizione di segni che racchiudano ciò che è da modificare, il tutto debitamente accompagnato da data/ora/firma. Assolutamente da bandire il bianchetto o fitti tratti di penna che coprano interamente ciò che si era precedentemente annotato.
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La cartella clinica deve contenere nel frontespizio gli elementi indentificativi del degente e la diagnosi di accettazione (dubbio diagnostico o comunque le motivazioni che hanno indotto la richiesta di ricovero). Segue l’anamnesi (familiare, fisiologica, lavorativa, patologica remota, patologica prossima), in successione l’esame obiettivo nelle sue componenti generale e loco-regionale (per sistemi/apparati) da compilarsi con puntualità senza limitarsi all’area anatomo-funzionale di interesse per il reparto di degenza. Nella sua qualità di verbale poi, dovrebbe recare nella sezione riservata al diario clinico l’annotazione completa e rigorosa di tutto ciò che avviene in riferimento alla tutela assistenziale della persona.
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Visite mediche; Richieste di accertamenti strumentali e loro esecuzione; Richieste di consulenze specialistiche e loro esecuzione; Rilievi parametrici; Interventi eventualmente richiesti dal degente o da chi lo assista; Mutamenti della sintomatologia, episodi di acuzie o simili; Terapie effettuate; Descrizione dettagliata degli interventi chirurgici. Da ricordare che massima importanza riveste che ogni atto rechi l’ora di esecuzione ed il nome di chi lo esegue (comprese le richieste di accertamenti o consulenze) ed anche le caratteristiche con cui la richiesta stessa è stata avanzata (urgente, urgentissima, ordinaria). Dopo l’annotazione della richiesta la cartella clinica dovrebbe anche recare l’annotazione dell’esecuzione ovvero il sollecito od il motivo per cui eventualmente si rinunci a dare corso all’istanza.
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Non possono considerarsi «ovviamente» effettuati accertamenti che si ritengano del tutto routinari (rilievo PA, temperatura e simili) dovendosi ritenere NON EFFETTUATO tutto ciò di cui non risulti debitamente annotata l’esecuzione. Della cartella clinica fanno parte integrante ad ogni effetto: Risultanze degli accertamenti effettuati; Referti e le eventuali risultanze di accertamenti per immagini; Risultanze e le annotazioni specialistiche. La CARTELLA INFERMIERISTICA è costituente della cartella clinica insieme alla cartella compilata a cura del personale medico. In chiusura è la Scheda di Dimissione Ospedaliera (S.D.O.) ove si annotano le conclusioni diagnostiche relative al ricovero.
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Qualsiasi soggetto abilitato ad essere presente e ad operare all’interno del reparto di degenza ha potestà di annotare in cartella clinica ogni atto che compia all’interno di quelli di sua competenza. La cartella clinica è conservata in reparto e la sua consultazione dovrebbe essere ammessa da parte dell’avente diritto, prudentemente associata alla presenza del medico ad evitare che annotazioni possano essere mal comprese dal degente e suscitare errati e controproducenti allarmismi. Il rilascio di copia della cartella clinica è diritto del paziente, anche a richiesta dei familiari, dell’Autorità Giudiziaria o altri Enti pubblici autorizzati. Questa va rilasciata sottoscritta in conformità all’originale dal Direttore Sanitario e con indicato il numero esatto di pagine che la costituiscono (comprensivo degli allegati).
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È ritenuto dovere del personale sanitario compilare con esattezza la cartella clinica, poiché la mancata o difettosa compilazione della stessa (salvo che non costituisca specifico reato) è civilisticamente ritenuta elemento presuntivo di colpa dei professionisti sanitari, venendosi a privare il richiedente della possibilità di far valere il proprio diritto tramite una certificazione. In termini di responsabilità contrattuale è onere probatorio del professionista di fornire dimostrazione della correttezza del proprio comportamento in presenza di contenzioso, dunque, non può che ammettersi l’assoluta indispensabilità della cartella clinica nell’interesse specifico del professionista che solo tramite essa, nella sua corretta e completa compilazione, ha effettiva possibilità di fornire puntuale dimostrazione del suo operato, conveniente dimostrazione delle scelte effettuate, coerenza e consequenzialità logica delle proposte formulate e delle attività svolte.
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