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Lezione IV Avviare la presentazione col tasto “Invio”
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Nelle lezioni precedenti abbiamo trattato il moto
DINAMICA Nelle lezioni precedenti abbiamo trattato il moto dei corpi, senza però occuparci delle cause di questo moto, cioè delle grandezze fisiche che lo determinano. La DINAMICA si occupa proprio di questo In sostanza, il problema della dinamica di un corpo (per semplicità un punto materiale) è determinare come si muove la particella, note le cause che agiscono su di essa. Con il termine come si muove si intende come varia nel tempo la sua posizione. Se per esempio il moto è unidimensionale, il problema è determinare x in funzione del tempo cioè: x = x(t).
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Poiché le cause che agiscono su un corpo per determinarne il moto si manifestano,
come vedremo, attraverso i cambiamenti che inducono in questo moto, è cioè inducono in generale delle accelerazioni, rivediamo quello che abbiamo imparato In cinematica proprio sull’accelerazione. Abbiamo definito l’accelerazione come la rapidità con cui cambia la velocità di un corpo. Per esempio nel caso unidimensionale (scalare) abbiamo definito l’accelerazione media come: < a > = Δv / Δt e abbiamo definito l’accelerazione istantanea attraverso un processo al limite che ci conduce verso il calcolo differenziale: a(t) = lim ( Δv/Δt ) = dv/dt a(t) = Derivata di v(t) rispetto al tempo E abbiamo visto che tutto ciò si può facilmente generalizzare nel formalismo vettoriale applicandolo alle singole componenti lungo gli assi di riferimento di un vettore. Δt→0
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Abbiamo anche visto che su base grafica il concetto di accelerazione istantanea a(t) come
derivata di v(t) rispetto al tempo è abbastanza intuitivo. Se per esempio abbiamo a che fare con un punto materiale che si muove lungo una linea retta con una velocità varabile, v(t): x O v(t) t Indicando come in figura l’andamento della funzione v(t) in funzione del tempo, abbiamo visto che la sua derivata e cioè l’accelerazione a(t), è in ogni istante il coefficiente angolare della tangente Tempo t 4 4 Tempo t
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Come vedremo meglio quando impareremo i primi rudimenti di calcolo differenziale,
il formalismo differenziale adottato: a(t) = dv/dt può tranquillamente essere «invertito» e si può scrivere: dv = a(t) dt Questo è un fatto interessante: se conosciamo la funzione v(t), possiamo determinare in ogni istante l’accelerazione istantanea a(t), calcolando la derivata di v(t) rispetto al tempo (e questo lo sappiamo già e risulta dalla stessa definizione di accelerazione). Ma allo stesso tempo, se il dato noto del problema è l’accelerazione a(t), in base alla formula «invertita» che abbiamo appena preannunciato, possiamo ricavare informazioni su v
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Siamo tentati di affermare: niente di nuovo! Questo lo sapevamo già.
Conosciamo già l’equazione: v(t) = v0 + a t Si è vero, ma questa equazione è valida per il caso semplice a = costante, e infatti è sotto questa ipotesi che l’abbiamo ricavata. Se a non è costante, ma è una funzione del tempo a(t), NON possiamo scrivere v(t) = v0 + a(t) t In questo caso potremo solo scrivere dv = a(t) dt
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Questa è una cosa alla quale dovremo porre molta attenzione, proprio adesso che andiamo
a studiare le cause che determinano i cambiamenti di moto di un corpo. Si, perché una volta che avremo individuato una causa che determina un certo cambiamento del moto, cioè una certa accelerazione a(t), vorremo determinare la funzione velocità! E allora come faremo nel caso in cui a = a(t) ≠ costante ? Beh, la formula differenziale: dv = a(t) dt ci suggerisce qualcosa: per esempio ci suggerisce che sebbene NON possiamo scrivere: v(t) = v0 + a(t) t però potremo certamente scrivere: v(t0 +dt ) = v0 + a(t0) dt
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a(t), nota la funzione v(t) a(t) = dv/dt
Dovremo quindi imparare come effettuare un processo iterativo con cui partendo dalla formula semplice: v(t0 +dt ) = v0 + a(t0) dt si possa pervenire alla determinazione della funzione: v(t) nota la funzione a(t) Una sorta di processo «inverso» alla derivata, con cui si ricavava la funzione a(t), nota la funzione v(t) a(t) = dv/dt Cioè dovremo imparare anche gli integrali
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Il primo approccio sarà comunque semplice.
Studieremo innanzitutto: quelle cause (che come vedremo chiameremo forze) che determinano una accelerazione costante (che quindi sappiamo già trattare) b) Un caso particolare sarà poi quello in cui a = costante = 0. In questo caso, parleremo in sostanza del caso statico. (Strano che se ne parli in Dinamica, vero?) Però non perdiamo di vista il fatto che quando cominceremo a trattare il caso di cause (forze) che inducono accelerazioni variabili, allora dovremo riprendere questa faccenda del calcolo differenziale e degli integrali
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Una premessa di «metodo»
Come vedremo, definiremo il concetto di forza in base ai suoi effetti dinamici : una forza che agisce su un corpo ne muta lo stato di moto, provoca cioè una accelerazione. Posta in questi termini, ne potrebbe conseguire l’idea che una forza esiste solo in quanto provoca una accelerazione, e che quindi laddove non si osservano accelerazioni NON ci sono forze. In realtà il senso comune ci dice che forze opposte possono annullarsi, ciò ovviamente NON vuol dire che spariscono, semplicemente i loro potenziali effetti dinamici (l’accelerazione) si annullano ma ciò non toglie che le forze sono lì che agiscono. Ora però, poiché la forza come vedremo viene definita in base ai suoi effetti dinamici, per potere dare un senso fisico al concetto (e alla misura) di forze che si annullano ma che sono lì, dovremo definire anche procedure di misure statiche delle forze.
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Da che cosa deriva questo approccio dinamico alla definizione di una grandezza fisica
che comunque come vedremo esiste anche se non manifesta i suoi effetti dinamici ? Come ricorderete, noi abbiamo stabilito di definire le seguenti grandezze come grandezze fondamentali: Lunghezza Tempo Massa In questo approccio, la forza risulterà una grandezza derivata da quelle fondamentali. Se avessimo stabilito di adottare come grandezze fondamentali le seguenti: i) Forza ii) Lunghezza iii) Tempo In questo caso, la massa sarebbe risultata come una grandezza derivata da quelle fondamentali e questa apparente ambiguità per la definizione della forza sarebbe sparita. Vedremo meglio questa questione non appena definiremo i sistemi di unità di misura delle forze
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Questo è semplicemente falso.
La I Legge di Newton Cominciamo col chiederci: cosa determina il moto di un corpo ? Anzi cerchiamo di capire qual è lo stato naturale di un corpo se non intervengono queste cause che ne determinano il moto. A prima vista si potrebbe giungere alla conclusione che lo stato naturale di un corpo è quando è a riposo, cioè quando è fermo. In effetti l’esperienza quotidiana ci dice che per muovere un corpo lungo un certa direzione con velocità costante, occorre qualche agente esterno che lo spinga continuamente. Questo è semplicemente falso. Eppure, se spingiamo una biglia su un tavolo fino a portarla a velocità costante e poi la lasciamo andare (lasciandola quindi libera da cause che ne determinano il moto), la biglia comincia a rallentare e poco dopo si ferma !!!
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Ogni corpo persiste nel suo stato di
Allora riflettiamo bene su questo punto: se per stato naturale di un corpo intendiamo il caso in cui NON intervengono cause che ne determinano il moto, dobbiamo rimuovere TUTTE le cause, per esempio l’attrito fra la biglia e il tavolo! Se ripetiamo l’esperimento con un tavolo sempre più liscio, vedremo che la biglia rallenta sempre meno. Ed è facile intuire che nel caso ideale in cui attrito 0, la biglia una volta acquisita la velocita v e lasciata libera, non si ferma più. Ed ecco da qui la formulazione della I Legge di Newton: Ogni corpo persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finché forze esterne ad esso non lo costringano a mutare questo stato
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Ricorderete che in sostanza avevamo già enunciato questo principio la prima lezione,
basandoci sulla nostra esperienza quotidiana (con qualche estrapolazione…) Una biglia di 10 kg si muove indisturbata ad una data velocità costante v
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Che cosa ci ricorda questa affermazione
Che cosa ci ricorda questa affermazione ? La cosa ci riporta a qualcosa che abbiamo già studiato è cioè i sistemi inerziali. A questo proposito, abbiamo imparato che: Se un treno è in moto rettilineo uniforme, e cioè NON è soggetto ad alcuna accelerazione, non c’è nessun esperimento che possiamo fare a bordo che ci dia informazioni sulla velocità del treno. E infatti, l’unica informazione che abbiamo sul fatto che il treno è in moto, ci viene dal panorama che osserviamo dai finestrini. Se li chiudiamo, noi a tutti gli effetti NON possiamo affermare se il treno è fermo o è in moto. Quindi, in sostanza in natura lo stato di quiete (v=0) e lo stato di moto rettilineo uniforme (v = costante) hanno qualcosa in comune: Lo stato permane in eterno, finché non intervengono cause esterne Non ci sono esperimenti che possiamo condurre all’interno del sistema in questo stato che ci diano informazioni sulla sua velocità.
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Il fatto che un corpo, una volta messo in movimento e lasciato libero (quindi in assenza
di forze applicate) permanga nel suo stato di moto rettilineo uniforme è spesso descritto assegnando alla materia una proprietà definita inerzia, di cui la massa è la misura quantitativa. (Principio di inerzia, già preannunciato da Galileo). In tutto questo, abbiamo parlato di forze senza ancora darne una definizione. In effetti potremmo utilizzare questa I Legge di Newton come definizione di forza: che sarebbe quindi definita come la causa del mutamento del moto dal suo stato naturale di quiete o di moto rettilineo uniforme, cioè la causa dell’accelerazione. Tuttavia, a noi interessa darne una definizione quantitativa e vedremo adesso come.
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a oggetto campione = 1 m/s2 Unita di forza
La forza Partiamo dal concetto già enunciato affermando che per forza intendiamo la causa dell’accelerazione. Prendiamo arbitrariamente un oggetto come oggetto campione, libero di muoversi, per esempio su un tavolo senza attrito. Applicandogli una forza lo accelereremo e possiamo utilizzare l’accelerazione risultante come misura della forza. Adottiamo una «forza campione». Supponiamo per esempio che con una molla con una certa deformazione otteniamo una accelerazione di 1 m/s2. La forza che accelera l’oggetto campione di 1 m/s2 sarà la nostra unità di forza: a oggetto campione = 1 m/s2 Unita di forza Così una forza di 10 unità sarà quella che produce sullo stesso oggetto campione una accelerazione di 10 m/s2 , una forza di 5 unità sarà quella che produce sullo stesso oggetto campione una accelerazione di 5 m/s2 e così via
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F0 ad un oggetto qualsiasi è comunque sempre: a proporzionale a F0
La II Legge di Newton E cosa succede se invece applichiamo una forza di 10 unità su un oggetto differente dall’oggetto campione ? (cioè un oggetto di massa m ≠ moggetto campione) L’esperienza della vita quotidiana ci offre una risposta qualitativa: la stessa forza produce accelerazioni differenti su differenti oggetti. E infatti l’esperienza ci dice che un oggetto «leggero», per esempio una palla da baseball, risulterà più accelerata di un oggetto «pesante» per esempio un’automobile, se soggetta alla stessa forza F0. Si osserva inoltre che l’accelerazione a che risulta dall’applicazione di una data forza F0 ad un oggetto qualsiasi è comunque sempre: a proporzionale a F0 Si possono utilizzare questi esperimenti proprio per definire la massa m di un dato oggetto proprio in funzione dell’accelerazione a prodotta su di esso da una data forza F
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tanto maggiore è la massa tanto minore sarà l’accelerazione prodotta.
Il procedimento da utilizzare è suggerito dall’esperienza: sappiamo che per una data forza, tanto maggiore è la massa tanto minore sarà l’accelerazione prodotta. Infatti, consideriamo due biglie di massa m1 e m2 a riposo (m1 > m2) e applichiamo a entrambe una stessa forza F. Notiamo che le due biglie acquistano velocità differenti v1 < v2 quindi hanno acquisito accelerazioni differenti a1 < a2 v = 0 a = dv / dt v = dx / dt
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m1 / m2 = a2 / a1 (per una data forza F)
Capovolgendo la logica, potremmo definire la massa m di un corpo in termini dell’accelerazione prodotta da una data forza F e in particolare se m1 è la massa del corpo 1 e m2 è la massa del corpo 2 definiamo il rapporto fra le masse come: m1 / m2 = a2 / a1 (per una data forza F) Si osserva che se sostituiamo la forza F con una forza F’ il rapporto fra le accelerazioni rimane costante: a2 / a1 = a’2 /a’1 Cioè: il rapporto fra le masse è indipendente dalla forza F applicata nell’esperimento Se quindi adottiamo la massa m1 come massa campione, possiamo misurare la massa di qualsiasi altro corpo semplicemente misurando il rapporto fra le accelerazioni.
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Da tutto questo deriva la formulazione della II Legge di Newton:
F = m a Ponendola nella forma: a = F / m risulta che: L’accelerazione a prodotta da una o più forze su un corpo è proporzionale in valore (modulo) alla risultante F delle forze lungo la sua direzione, ed è inversamente proporzionale alla massa m del corpo. Notiamo che la I Legge di Newton è in sostanza un caso particolare della II Legge, da cui Se F = 0 a = il corpo mantiene il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme
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a oggetto campione = 1 m/s2 Unita di forza
Adesso siamo quindi in grado di definire le unità di misura della forza: Avevamo già stabilito che la nostra unità di forza sarebbe stata quella che accelera l’oggetto campione di 1 m/s2 : a oggetto campione = 1 m/s2 Unita di forza Adottando come massa campione 1kg, risulta quindi che nel sistema SI l’unità di misura della forza, che è stata chiamata Newton (N) è di 1kg m /s2 Cioè 1 Newton è la forza che produce su una massa di 1 kg una accelerazione di 1 m /s2 Le dimensioni della forza sono pertanto [ F ] = ML / T2
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III Legge di Newton Abbiamo parlato di Forza e in qualche modo lo abbiamo inteso in un modo forse un po’ astratto, come se la forza fosse una qualche grandezza fisica che esiste di per sé . E in effetti, il concetto di «campo di forze» che introdurremo più avanti richiama questa astrazione. Ma in realtà NON è così. Ogni singola forza è soltanto un aspetto della mutua interazione fra due corpi. In particolare, la III Legge di Newton stabilisce che se un corpo A esercita una forza su un corpo B, il corpo B esercita su A una forza uguale e contraria. Vediamo di capire meglio questa cosa con un esperimento
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Ci credete a questa affermazione ?
Il lancio di una palla: la palla inizialmente è ferma, poi acquista velocità, quindi c’è di mezzo una accelerazione, quindi abbiamo trasmesso alla palla una forza F = ma In base alla III Legge di Newton: la palla trasmette al giocatore una forza uguale e contraria -F Ci credete a questa affermazione ?
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F -F quindi: (mpalla x apalla) = (mgiocatore x -agiocatore)
Si stenta a crederci: infatti, se il giocatore riceve una forza contraria -F, dovrebbe subire una accelerazione dello stesso segno , dovrebbe quindi acquistare velocità all’indietro ! Cosa che apparentemente NON succede. Potremmo allora argomentare che il fenomeno succede, ma che essendo la massa del giocatore molto più grande della massa della palla, l’accelerazione che ne risulta è minima e non ce ne accorgiamo: Ricordiamoci infatti che F = ma F -F quindi: (mpalla x apalla) = (mgiocatore x -agiocatore) E poiché mgiocatore > mpalla risulta: agiocatore < apalla
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mgiocatore > mpalla risulta: agiocatore < apalla
Questo ragionamento è in linea di principio corretto mgiocatore > mpalla risulta: agiocatore < apalla Tuttavia, c’è di più: il giocatore è soggetto alla forza d’attrito col terreno, che evidentemente contrasta la forza -F . E in più probabilmente per aumentare la sua stabilità il giocatore usa anche delle scarpe chiodate. In sostanza, se il giocatore è ancorato al terreno, la massa di cui dobbiamo tenere conto e’ la massa del giocatore + il terreno, e ovviamente risulta: mgiocatore+terreno >>>> mpalla agiocatore+terreno 0
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Svincoliamo il giocatore dal terreno: piazziamolo su dei pattini
Ok, tutto questo sembra ragionevole, ma allora come facciamo a fare una verifica sperimentale della III Legge di Newton ? Svincoliamo il giocatore dal terreno: piazziamolo su dei pattini a rotelle e vedrete come lui rimbalza indietro non appena lancia la palla!
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Campioni di massa e sistemi di unità di misura
Abbiamo definito l’unità di forza in base alla II Legge di Newton: F = m a come quella forza che genera una accelerazione unitaria ( a= 1 m/s2) quando è applicata ad un oggetto campione, al quale abbiamo assegnato una massa unitaria. Questo è il motivo per cui non appaiono fattori numerici nell’equazione in questione. Questo procedimento origina i sistemi di unità di misura: a) mks (metro, chilogrammo, secondo), attualmente adottato dal SI b) cgs (centimetro , grammo, secondo)
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F [dine] = m [g] x a [ cm/s2]
Nel sistema SI, il campione di massa è 1kg, un particolare cilindro di platino conservato conservato all’Ufficio Internazionale di Pesi e Misure di Parigi. La millesima parte di questo campione è definita grammo. Nel sistema di misura in questione (SI), l’unità di forza è la forza che accelera una massa di 1 kg con una accelerazione di 1 m/s2 Questa unità è chiamata 1 Newton [nt] = 1kg x 1 m/s2 Quindi nel sistema SI: F [nt] = m [kg] x a [ m/s2] Nel sistema cgs: F [dine] = m [g] x a [ cm/s2]
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Sia nel sistema mks che nel sistema cgs, massa, lunghezza e tempo sono grandezze
Fondamentali, mentre la forza è una grandezza derivata in base alla relazione F=ma. In linea di principio, si potrebbe adottare un sistema in cui Forza, lunghezza e tempo sono le grandezze fondamentali e la massa risulta una grandezza derivata in base alla relazione m= F/a.
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Ricapitoliamo: Avevamo introdotto la dinamica dicendo che in sostanza, il problema della dinamica di un corpo (per semplicità un punto materiale) è determinare come si muove la particella, note le cause che agiscono su di essa. Quindi per esempio nel caso di un moto unidimensionale lungo l’asse x, determinare la funzione x(t) in funzione delle cause che agiscono sulla particella. Adesso abbiamo definito queste cause: le forze che agiscono sulla particella, o più in generale la risultante F delle forze Fi che agiscono sulla particella. E abbiamo definito una importante Legge: a = F/m Vediamo quali sono le implicazioni pratiche di questa Legge, nella risoluzione del problema della determinazione di x(t) in funzione di F
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a = F/m x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at x(t) = v0t + ½ (F/m)t2
Le implicazioni sono molto interessanti: e si perché già in cinematica abbiamo imparato a determinare x(t) in funzione dell’accelerazione a e quindi se possiamo scrivere a = F/m siamo immediatamente in grado di determinare x(t) in funzione di F Quindi per esempio nel caso di un moto unidimensionale, dalle equazioni della cinematica che già conosciamo: x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Ponendo: a = F/m Scriveremo: x(t) = v0t + ½ (F/m)t2 v(t) = v0 + (F/m)t
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Ovviamente, non dimentichiamo che le equazioni che abbiamo appena scritto erano state derivate per il caso a = costante, e quindi valgono solo nel caso F = costante. Nel caso in cui F non è costante, lo vedremo più avanti, la derivazione delle equazioni del moto non è così semplice.
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Peso e massa Il peso di un corpo è la forza gravitazionale esercitata su di esso dalla Terra, e come tutte le forze è una quantità vettoriale. Quando un corpo di massa m è in caduta libera, la sua accelerazione è g, l’accelerazione di gravità, e la forza agente su di esso è P, suo peso. In base alla II Legge di Newton F = m a si ha per il corpo in questione: P = m g In un medesimo luogo, g ha lo stesso valore. Segue da questo che il rapporto fra i pesi di due corpi è eguale al rapporto fra le masse. Tuttavia l’accelerazione di gravità g varia leggermente da un punto all’altro della superfice terrestre. La differenza di peso di un corpo in due punti della superficie terrestre (apprezzabile tramite la deformazione di una molla) rivela la differenza di peso. La massa al contrario è una proprietà intrinseca di un corpo.
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Questa è una misura dinamica.
Misure dinamiche e misure statiche di una forza Abbiamo imparato a misurare un forza F in base a come cambia lo stato di moto di un corpo di massa m al quale forza stessa è applicata. In sostanza abbiamo imparato a misurare la forza attraverso la misura dell’accelerazione che essa imprime ad un corpo. Questa è una misura dinamica. Nel caso statico, il corpo non è soggetto ad un cambiamento del suo stato di quiete o di moto, in quanto la risultante delle forze agenti su di esso è nulla (I Legge di Newton). Eppure delle forze applicate possono essere presenti e occorre definire come misurarle
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Il Dinamometro Una forza applicata al dinamometro cambia la lunghezza della sua molla. Se un corpo da 1 kg è appeso alla molla, questa si deforma finché la sua trazione sul corpo ne eguaglia il peso. A questo punto possiamo indicare un segno sulla scala graduata, corrispondente alla forza di 1 kg-peso. Analogamente possiamo tarare la scala applicando pesi di 2kg, 3kg, etc.. In questo modo il dinamometro risulta tarato per misurare qualsiasi forza. Abbiamo applicato la III Legge di Newton in quanto abbiamo assunto che la forza esercitata dalla molla sul corpo sia equale e contraria a quella esercitata dal corpo sulla molla. Abbiamo applicato la I Legge di Newton ponendo F = 0 (risultante delle forze) quando a = 0
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Lezione IV – seconda parte
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ESERCIZI
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Esempio 1 Consideriamo una molla attaccata al soffitto con un peso agganciato all’estremità inferiore in condizioni di equilibrio. Le forze esercitate sul blocco sono la tensione della molla deformata, che chiameremo T, che tende a innalzare verticalmente la massa, e l’azione della gravità, la forza peso P, che tende ad abbassarla verticalmente. NON vi sono altre forze che agiscono sulla massa m. La risultante delle forze applicate è: F = T+ P. Il sistema è in equilibrio, cioè la massa m è a riposo, quindi la sua accelerazione è a = 0. Pertanto, in base alla II Legge di Newton: F = ma, risulta F = 0 e quindi T + P = 0 T = −P T Pertanto, la tensione della molla è una misura esatta del peso. Faremo uso di questo risultato in seguito per definire un procedimento statico per misurare le forze. P
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Esempio 2 Si consideri un peso appeso a dei fili come in figura, e si consideri come punto materiale il punto di unione dei tre fili. Il punto risulta a riposo e su di esso agiscono le tre forze indicate in figura: y FB 30° 45° FA x 30° 45° Fc Quesito: Supponiamo di conoscere il modulo di una di queste tre forze, come si possono ricavare tutte le altre ?
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Il punto in questione è a riposo, quindi la sua accelerazione è a = 0
Il punto in questione è a riposo, quindi la sua accelerazione è a = 0. Pertanto: FA + FB + FC = 0 Questa equazione vettoriale può essere scritta in tre equazioni scalari equivalenti: Per l’asse x: FAx + FBx = 0 Per l’asse y: FAy + FBy + FCy = 0 Per l’asse z: FAz = FBz = FCz = 0 Cioè tutti i vettori giacciono sul piano x-y e non hanno componenti lungo l’asse z
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FAx = −FA cos 30° = −FA (√3)/2 = −0,866 FA
Dalla figura osserviamo che possiamo scrivere le seguenti relazioni: FAx = −FA cos 30° = −FA (√3)/2 = −0,866 FA FAy = FA sin 30° = FA (1/2) = 0,500 FA FBx = FB cos 45° = FB (√2)/2 = 0,707 FB FBy = FB sin 45° = FB (√2)/2 = 0,707 FB FCy = − FC = −P Sostituendo queste espressioni nelle equazioni iniziali: Per l’asse x: FAx + FBx = 0 Per l’asse y: FAy + FBy + FCy = 0 Si ottiene: −0,866 FA + 0,707 FB = 0 0,500 FA + 0,707 FB −P = Dato P, possiamo ricavare le altre forze! y FB FA x 30° 45° Fc
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F1 = Forza esercitata sul blocco dalla fune
Esempio 3 Studiamo il moto di un blocco di massa m lungo un piano inclinato. a) Caso statico: Il blocco è tenuto a riposo sul piano inclinato senza attrito tramite una fune agganciata all’estremità del piano inclinato. Le forze agenti sul blocco sono le seguenti: y F2 m x θ F1 F1 = Forza esercitata sul blocco dalla fune F2 = Forza esercitata sul blocco dalla superficie inclinata (perpendicolare alla superficie data l’assenza di attrito) mg = attrazione gravitazionale θ mg
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F1 + F2 + mg = 0 F1 − mg sin θ = 0 F2 − mg cos θ = 0 y F2 x F1 mg
Quesito: Supponendo che m e θ siano dati noti del problema, calcolare F1 e F2 Poiché il blocco è privo di accelerazione, scriveremo in notazione vettoriale: F1 + F2 + mg = 0 Al solito risolviamo il problema del trattamento del formalismo vettoriale scrivendo le equazioni relative alle componenti dei vettori lungo gli assi di riferimento. Poiché abbiamo scelto di posizionare il sistema di assi in modo che l’asse x coincida con il profilo del piano inclinato, dovremo scomporre solo a forza mg nelle sue componenti, ottenendo le seguenti equazioni scalari: F1 − mg sin θ = 0 F2 − mg cos θ = 0 Da cui si potranno ricavare F1 e F2 una volta dati θ e m y F2 x F1 θ mg
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F1 + F2 + mg = 0 F1 − mg sin θ = 0 F2 − mg cos θ = 0 y F2 x F1 mg
Quesito: Supponendo che m e θ siano dati noti del problema, calcolare F1 e F2 Poiché il blocco è privo di accelerazione, scriveremo in notazione vettoriale: F1 + F2 + mg = 0 Al solito risolviamo il problema del trattamento del formalismo vettoriale scrivendo le equazioni relative alle componenti dei vettori lungo gli assi di riferimento. Poiché abbiamo scelto di posizionare il sistema di assi in modo che l’asse x coincida con il profilo del piano inclinato, dovremo scomporre solo a forza mg nelle sue componenti, ottenendo le seguenti equazioni scalari: F1 − mg sin θ = 0 F2 − mg cos θ = 0 Da cui si potranno ricavare F1 e F2 una volta dati θ e m y F2 x F1 θ mg
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b) Caso dinamico: Supponiamo di tagliare il filo, così da eliminare a trazione della forza
F1 sul blocco. La risultante F delle forze agenti sul blocco NON sarà più zero e quindi il blocco acquisirà una accelerazione. Quesito: quanto vale questa accelerazione ? Dalla II Legge di Newton applicata alle componenti della forza risultante F si ha: Fx = m ax Fy = m ay Per il termine m ay potremo scrivere: m ay = F2 –mg cos θ = 0 (equazione già scritta per il caso statico) Per il termine m ax potremo scrivere: m ax = −mg sin θ Da cui: ay = 0 e ax = −g sin θ y F2 x θ mg
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b) Caso dinamico: Supponiamo di tagliare il filo, così da eliminare a trazione della forza
F1 sul blocco. La risultante F delle forze agenti sul blocco NON sarà più zero e quindi il blocco acquisirà una accelerazione. Quesito: quanto vale questa accelerazione ? Dalla II Legge di Newton applicata alle componenti della forza risultante F si ha: Fx = m ax Fy = m ay Per il termine m ay potremo scrivere: m ay = F2 –mg cos θ = 0 (equazione già scritta per il caso statico) Per il termine m ax potremo scrivere: m ax = −mg sin θ Da cui: ay = 0 e ax = −g sin θ y F2 x θ mg
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Esempio 4 Si consideri un blocco di massa m spinto lungo un piano orizzontale senza attrito da una forza orizzontale R come mostrato in figura: R m Sul corpo agiscono evidentemente le seguenti forze: R = la forza orizzontale P = la forza peso N = la forza normale esercitata sul blocco dalla superficie y N R m x P
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1° Quesito: se il blocco ha una massa m di 2 kg, quale è la forza normale ?
Il blocco non esegue alcun moto in direzione verticale, cioè lungo y, quindi la sua accelerazione ay lungo y, è nulla e pertanto applicando la II Legge di Newton, scriveremo per la risultante Fy = N-P delle forze lungo y: Fy = m ay = 0 N-P = 0 Quindi N = P = mg = (2 kg) x (9,8 m/s2) = 20 kg m/s2 = 20 nt
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1° Quesito: se il blocco ha una massa m di 2 kg, quale è la forza normale ?
Il blocco non esegue alcun moto in direzione verticale, cioè lungo y, quindi la sua accelerazione ay lungo y, è nulla e pertanto applicando la II Legge di Newton, scriveremo per la risultante Fy = N-P delle forze lungo y: Fy = m ay = 0 N-P = 0 Quindi N = P = mg = (2 kg) x (9,8 m/s2) = 20 kg m/s2 = 20 nt
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2° Quesito: Quale forza R occorre applicare per dare al blocco una velocità orizzontale
di 4 m/s in un tempo di 2 s ? L’accelerazione ax che deve acquisire il blocco per arrivare alla velocità richiesta ne tempo richiesto è data dalla semplice formula a = ( v – v0 ) / Δt Dove: v = 4m/s; v0 = 0; e Δt = 2s a = (4 m/s)/ (2s) = 2 m/s2 Applicando la II Legge di Newton si ha: R = m ax = (2kg) x 2 m/s2 = 4 nt
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2° Quesito: Quale forza R occorre applicare per dare al blocco una velocità orizzontale
di 4 m/s in un tempo di 2 s ? L’accelerazione ax che deve acquisire il blocco per arrivare alla velocità richiesta ne tempo richiesto è data dalla semplice formula a = ( v – v0 ) / Δt Dove: v = 4m/s; v0 = 0; e Δt = 2s a = (4 m/s)/ (2s) = 2 m/s2 Applicando la II Legge di Newton si ha: R = m ax = (2kg) x 2 m/s2 = 4 nt
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Esempio 5 Un blocco di massa m1 posto su una superficie orizzontale senza attrito è tirato da una fune attaccata ad un blocco di massa m2 sospeso ad una puleggia. Si supponga la puleggia priva di massa e di attriti, così che il suo unico ruolo è quello di cambiare la direzione della tensione della fune m1 Quesito: Determinare l’accelerazione del sistema e la tensione della fune m2
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Per determinare T consideriamo il moto del blocco m2. Poiché sia N
Prendiamo in considerazione il blocco di massa m1. Le forze che agiscono su di esso sono mostrate in figura. Il blocco sarà accelerato solo nella direzione x e quindi a1y = 0 y Scriveremo: N−m1g = m1 a1y = 0 T = m1 a1x a1x = T / m1 Per determinare T consideriamo il moto del blocco m2. Poiché sia il blocco che la fune hanno una accelerazione, non possiamo scrivere che T = −m2g. L’equazione del moto per il blocco sospeso e: m2g − T = m2 a2y N T x m1 P= −m1g T m2 P= −m2g
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a1x = a2y m2g − T = m2 a T = m1 a m2g = a (m2 + m1)
E’ chiaro che considerando la fune inestendibile e tenendo conto del suo cambiamento di direzione, si ha: a1x = a2y Quindi possiamo indicare semplicemente con a l’accelerazione del sistema e riscrivere le precedenti equazioni: m2g − T = m2 a T = m1 a Da cui risulta: m2g − m1 a = m2 a m2g = a (m2 + m1) a = g m2 / (m2 + m1) E quindi : T = m1 m2 g / (m2 + m1)
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Esempio 6 Si considerino due masse m1 e m2 collegate da una fune che passa sopra una puleggia priva di massa e di attriti, come in figura. Quesito: trovare la tensione della fune e l’accelerazione delle masse supponendo che m2 > m1 Se definiamo positiva una accelerazione verso l’alto, se l’accelerazione di m1 è a, l’accelerazione di m2 sarà −a Se indichiamo con T la tensione della fune, le forze in gioco agiscono come in figura: m1 y y T T m2 x x m1g m2g
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Esempio 6 Si considerino due masse m1 e m2 collegate da una fune che passa sopra una puleggia priva di massa e di attriti, come in figura. Quesito: trovare la tensione della fune e l’accelerazione delle masse supponendo che m2 > m1 Se definiamo positiva una accelerazione verso l’alto, se l’accelerazione di m1 è a, l’accelerazione di m2 sarà −a Se indichiamo con T la tensione della fune, le forze in gioco agiscono come in figura: m1 y y T T m2 x x m1g m2g
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y y T – m1g = m1 a T T T − m2g = − m2 a x x m1g m2g
Tenendo a mente la configurazione delle forze che abbiamo individuato: Le equazioni del moto per m1 e m2 saranno : T – m1g = m1 a T − m2g = − m2 a y y T T x x m1g m2g Combinando le due equazioni si ottiene: m1g + m1 a = m2g − m2 a m1g − m2g = − m1 a − m2 a (m1 − m2) g = −(m1 + m2)a a = −g (m1 − m2) / (m1 + m2) a = g (m2 − m1) / (m1 + m2) E per T si ottiene: T = g (2m1m2)(m1+m2)
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a > 0 se è diretta verso l’alto
Esempio 7 Consideriamo un ascensore che si muove verticalmente con una accelerazione a. Vogliamo calcolare la forza esercitata dal passeggero sul pavimento dell’ascensore. Definiamo: a > 0 se è diretta verso l’alto a < 0 se è diretta verso il basso Quindi: se a > 0 l’ascensore si muove verso l’alto con velocità crescente in modulo l’ascensore si muove verso il basso con velocità decrescente in modulo se a < 0 l’ascensore si muove verso l’alto con velocità decrescente in modulo l’ascensore si muove verso il basso con velocità crescente in modulo
60
R − P = ma R = 60 x 0.05 + 60 = 63 kg-peso P R
In base alla III Legge di Newton, possiamo affermare che: la forza esercitata dal passeggero sul pavimento è uguale e contraria a quella esercitata dal pavimento sul passeggero. Indichiamo con P il peso del passeggero e con R la forza esercitata dal pavimento su di esso, e considereremo positive le forze dirette verso l’alto. La forza risultante è P + R per cui in base alla II Legge di Newton F = ma possiamo scrivere che: R − P = ma Dove m è la massa del passeggero e a la sua accelerazione Per esempio se m = 60kg e a = 0,05 m/s2 si ricava: R = ma + P R = 60 x = 63 kg-peso (il passeggero sente di essere più pesante) P R
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