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Papato e impero dal Duecento al Quattrocento

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Presentazione sul tema: "Papato e impero dal Duecento al Quattrocento"— Transcript della presentazione:

1 Papato e impero dal Duecento al Quattrocento
Dal trionfo della teocrazia al papato rinascimentale Gian Maria Varanini

2 DOTTRINE POLITICHE MEDIEVALI: il messaggio e il mezzo
Un dibattito fra ecclesiastici Poi fra ecclesiastici e laici: - La corte (imperiale e poi anche regia) come luogo di elaborazione delle pratiche sociali, ma anche delle dottrine sulla regalità e sul potere - dialettica e discussione: i «libelli de lite», gli scritti polemici - il commento (l’approccio dei glossatori) - il trattato

3 «DOTTRINE POLITICHE» ALTOMEDIEVALI
Con l’avvento di Carlo Magno, la regalità imperiale franca era riuscita a (aveva cercato di) svincolarsi dalla posizione di subalternità nei confronti dell’autorità pontificia, per riconquistare la pienezza del potere, che si riteneva discendere direttamente da Dio, anche se attraverso il tramite del suo vicario terrestre: l’imperatore si pose anch’esso come vicario di Dio, giacché il compito a lui affidato (vegliare sul popolo di Cristo) lo investiva di un carattere sacrale paragonabile a quello del sacerdozio. 

4 Gli ambienti di corte elaborano
Alcuino di York descrive esplicitamente le prerogative della figura di imperatore “avvocato della Chiesa”, “custode dell’ortodossia” e “modello di tutte le virtù”, il cui potere non proviene dalla nobiltà del sangue ma si radica nella fede e nella rettitudine del suo comportamento, che deve rifuggire la violenza e perseguire l’umiltà, la misericordia e la carità, sul modello dei profeti dell’Antico Testamento.

5 Impero carolingio e Chiesa
Con la translatio imperii ed il rinnovamento della maestà imperiale romana, concretizzatesi con l’incoronazione di Carlo Magno nel dicembre dell’800, si compì il processo di identificazione fra cristianità ed Impero: lo stato imperiale divenne, di fatto, il principio ordinatore ed il fattore di controllo politico della “civitas terrena” agostiniana, al quale dovevano sottomettersi tutti gli altri poteri e le altre forme di organizzazione.

6 Non tutti sono d’accordo
 necessario riconoscere al sacerdozio un ruolo preminente;Incmaro di Reims (806 ca ca.) arriva ad affermare che l’imperatore è vincolato sia dalla legge divina che da quella umana: in questa prospettiva l’unzione sacra, lungi da renderlo indipendente dal potere papale, lo vincola ancor più al suo controllo. Sempre Incmaro chiarifica quali siano i doveri del sovrano: combattere le guerre giuste contro gli infedeli e amministrare la giustizia in modo rigoroso. Anche alcuni papi del secolo IX sostengono le stesse tesi

7 Papi sconosciuti ma importanti del secolo IX
n questo nuovo quadro di riferimento il sovrano, esaurita la sua funzione di guida del popolo di Cristo, dovrà riconoscere al pontefice il suo ruolo preminente e la sua indipendenza d’azione: in un simile contesto, la mediazione operata dal papa nel conferimento da parte di Dio del potere regale al sovrano, si configura come una vera e propria sanzione pontificia dell’autorità regia. Il ruolo del pontefice come guida universale e come detentore della potestas di attribuire il titolo imperiale fu riaffermato già dai papi Niccolò I ( ) e Giovanni VIII ( ).

8 Verso il caos del secolo X
Al termine della sua parabola evolutiva, la figura del principe cristiano carolingio, codificata idealmente dal sinodo di Magonza dell’813, verrà fortemente ridimensionata da quello di Santa Macra (881): l’autorità regale si trova in posizione nettamente subalterna rispetto a quella pontificia, e deve fronteggiare non solo gli attacchi della Chiesa, ma anche quelli di una nobiltà in forte ascesa.

9 I primi vagiti della teocrazia
Gli imperatori del periodo ottoniano, in special modo Ottone I ( , imperatore dal 962) ed Ottone III ( , imperatore dal 983), tentarono di restaurare la supremazia imperiale, ma il loro progetto non andò in porto; quest’età, anzi, segnò l’inizio di un periodo di ascesa della figura pontificia, destinata a prendere il sopravvento su quella imperiale, come mostrano l’anonimo “De ordinando pontefice” ( ) e la Disputatio synodalis (1062) di Pier Damiani. In questo mutato panorama politico, non solo si dichiarava vana qualsiasi pretesa imperiale di preminenza nei confronti della maestà pontificia, ma si arrivava addirittura negare che al sovrano fosse delegata in toto l’amministrazione temporale dell’intera cristianità. 

10 «talebani» della teocrazia
La funzione provvidenziale dell’imperatore rimaneva quella di governare la cristianità, ma senza autonomia rispetto al magistero papale e senza più prerogative di carattere sacrale: esso poteva essere considerato, tutt’al più, come il primo fra i principi cristiani. Un’ulteriore limitazione al potere imperiale è costituita dalla progressiva affermazione di una variante fortemente sacralizzata del concetto di “corpo mistico della Chiesa”:

11 Umberto da Silvacandida
Umberto da Silvacandida (m ca.), ad esempio, nell’Adversus simoniacos, sottolinea la necessità che tutti gli elementi che lo compongono, siano essi principi, ecclesiastici o fedeli, partecipino dello Spirito Santo in eguale misura. Umberto ribadisce che nel novero della vita ecclesiastica è impossibile distinguere in maniera netta fra ciò che pertiene alla sfera spirituale e ciò che pertiene a quella materiale, per quanto la funzione sacra della chiesa renda opportuno che essa non si comprometta con la gestione del potere mondano. 

12 A Canossa l’imperatore bacia il piede del papa
 Un momento di duro scontro fra papato ed impero fu quello che vide fronteggiarsi Gregorio VII (1015/ , papa dal 1073), l’energico pontefice autore del Dictatus papae ed iniziatore della riforma che porta il suo nome, ed Enrico IV ( , imperatore dal 1056). La potestas pontificia rimane l’unica autorità sia per quanto concerne la materia spirituale, sia nelle questioni mondane, e il ruolo del principe diviene talmente marginale da essere paragonabile a quello di ogni altro peccatore sulla faccia della terra: il paragone con i due grandi luminari celesti, il sole e la luna, costituisce la metafora di questo rapporto.

13 Comincia il dibattito teorico
L’aspra polemica che vide i sostenitori dell’autorità papale – fra cui si annoverano Anselmo di Lucca (m. 1083), Bonizone di Sutri (1045 ca.-1091) e Manegoldo di Lautenbach (1030/1040-dopo il 1103) – contrapporsi ai pubblicisti di parte imperiale, culmina nel concordato di Worms (1122).

14 Ottone di Frisinga Ottone di Frisinga (zio del Barbarossa, ) nei Gesta Friderici imperatoris e nell’Historia de duabus civitatibus, cercano di rilegittimare l’autorità mondana dell’imperatore, che partecipa alla realizzazione del piano provvidenziale stabilito da Dio secondo la teoria agostiniana delle due città: ma il quadro di riferimento resta dominato da una indiscussa supremazia pontificia. Sviluppando questa linea argomentativa, Onorio Augustodunense ovvero di Autin (fine del sec. XI-1157 ca.), nella Summa gloria arriva a riconoscere all’autorità dell’imperatore (anche se in maniera indiretta) addirittura un carattere divino: 

15 Le due spade  questi, infatti è stata affidata dalla Chiesa la “spada temporale”, affinché vengano mantenute, sulla terra, giustizia e ordine. Alla spada temporale, tuttavia, fa da contrappeso quella spirituale, che mantiene il potere di destituire di legittimità il sovrano, qualora deviasse dal compito affidatogli dal pontefice. Su posizioni simili si attestano pure Simone di Tournai (“Institutiones de sacra pagina”, del 1165) e Tommaso Beckett ( ), che pagherà con la vita il suo rifiuto nei confronti delle pretese del re d’Inghilterra Enrico II ( ).

16 La riscoperta del diritto romano come nuova arma per l’impero
Nel mutato quadro socio-politico dei sec. XI e XII, con la crescita dell’urbanizzazione e la ripresa dell’economia, il rinvigorirsi della cultura giuridica romanistica e la ripresa della concezione carolingia del potere temporale portano ad una nuova concezione del potere regale, svincolato dal piano sacrale e carismatico e fondato sulla legge dell’uomo piuttosto che su quella di Dio.

17 Giuristi e «glossatori»
Protagonisti di questo nuovo panorama culturale furono gli esponenti dei principali centri di elaborazione della nuova scientia iuris (soprattutto Ravenna e Bologna), a cui si deve la codifica di quella parte del diritto nota come ius commune, fondata su un ordinamento giuridico e legislativo mutuato dalla romanità imperiale - rappresentata dal Corpus iuris civilis giustinianeo - e distinta dalla scienza giuridica elaborata dalla Chiesa (diritto canonico) Secondo i giuristi e glossatori, sussisterebbe un legame strettissimo fra il concetto di diritto e la suprema autorità dell’impero: la figura dell’imperatore tornò così al centro della scena politica, riguadagnando le prerogative di autorità ed autonomia che erano venute a mancarle in conseguenza della riforma gregoriana. 

18 I primi incerti tentativi della «dottrina politica» comunale e cittadina
l tentativo repubblicano di Arnaldo da Brescia. A metà del XII sec., anche a causa dei mutamenti avvenuti sul piano socio-politico, un tentativo non solo teorico di ridefinire il concetto stesso di diritto alla sovranità ebbe come protagonista Arnaldo da Brescia (fine dell’XI sec.-1155), il quale propendeva per una ferma rinuncia da parte della Chiesa ad ogni compromissione con l’ambito del potere temporale, pur non individuando il legittimo detentore di esso nella figura dell’imperatore, quanto piuttosto nel popolo, che all’imperatore lo trasferisce mediante la lex.

19 Il papa e l’imperatore, nemici su tutto, si alleano contro Arnaldo
La vicenda di Arnaldo ed il suo esperimento repubblicano terminarono tuttavia presto, quando - nel venne condannato al rogo come eretico, anche grazie al decisivo sostegno garantito da Federico Barbarossa, fondatore della dinastia degli Hohenstaufen, al papa Eugenio III. 

20 L’inizio della crisi dell’impero:
 declino dell’istituzione imperiale ed il ritorno di Aristotele. In seguito al sostanziale fallimento del tentativo messo in atto dagli Hohenstaufen per consolidare la struttura istituzionale dell’impero e trasformarlo in una forma stabile di amministrazione statale, si assiste ad un progressivo declino dell’autorità imperiale, a vantaggio di nuove entità politico-istituzionali: le nascenti realtà comunali italiane e tedesche e le grandi monarchie di Francia ed Inghilterra.

21 Verso la possibilità di una sistemazione teorica del potere comunale
Anche il panorama intellettuale subisce notevoli modifiche: a partire dal recupero del sapere di matrice greca ed araba e dalla nascita dell’istituzione universitaria. La mentalità agostiniana, per cui l’istituzione statale era una sorta di male necessario, connaturato alla natura umana, lasciò progressivamente spazio alla componente empirica del pensiero aristotelico: la diffusione di opere come l'Etica Nicomachea e la Politica contribuì a far sì che le forme di amministrazione statale fossero oggetto di attenzione in sé, piuttosto che considerate ombre della città celeste agostiniana. 

22 Negli ordini mendicanti si discute: varie opinioni
a scuola domenicana. Il rinnovato statuto epistemologico del concetto di politica fu variamente declinato dai maggiori pensatori del XIII secolo. Mentre al centro dell’impianto teorico del domenicano Tolomeo da Lucca (m. 1326) - continuatore del “De regimine principum” di Tommaso d’Aquino - rimase la concezione agostiniana, (tanto da relegare l’influenza esercitata dal nuovo corso scolastico al solo livello linguistico), un altro esponente della medesima scuola, Remigio de’Girolami (1247 ca.-1319), dedicò maggiore attenzione allo sviluppo delle nuove realtà comunali. una poco consona condotta da parte del potere politico.

23 Ma la laicità è ancora lontana, lontanissima
Remigio, autore del De bono pacis e del De bono communi, elabora una teoria politica ove l’uomo è concepito aristotelicamente come animale politico, il cui polo di aggregazione naturale sono le nascenti realtà cittadine e comunali. Lo stato immaginato da Remigio, tuttavia, è una istituzione di matrice cristiana, il cui governo deve essere ispirato a principi di giustizia ed eguaglianza, in vista della redenzione dal peccato.

24 Remigio de’ Girolami Due sono le finalità dello stato: una schiettamente terrena, ed una più marcatamente sovrannaturale. Per conseguire il fine sovrannaturale, ossia la pace spiritualeè necessario che sia raggiunta e mantenuta la pace temporale: questo compito è affidato alla spada temporale del principe, sull’operato del quale vigila la figura del papa, dotata di una autorità morale e spirituale indiscussa e in grado di intervenire in questioni di carattere mondano e temporale affinché questo equilibrio non sia messo in pericolo

25 La crisi dei due grandi lumi
 Il progressivo declino dei due grandi universalismi che avevano dominato il panorama intellettuale e politico nel periodo precedente – rappresentati dal papato e dall’ impero – coincide con una crescente legittimazione, sul piano politico, dei comuni e delle grandi monarchie. Proprio di queste ultime forme di organizzazione statale e di governo si occupò Egidio Romano, che nel De regimine principum ( ) elabora una teoria politica di stampo monarchico, mutuando elementi derivanti dalla tradizione politica aristotelica e da quella agostiniana.

26 Egidio Romano Lo stato monarchico è l’unica formazione istituzionale in grado di garantire all’uomo una vita virtuosa: senza una forma di governo che mitighi i tratti più deteriori della natura umana, infatti, anche la società più virtuosa rischierebbe di degenerare in breve tempo. Si rende perciò necessaria una sovranità – quasi incarnazione dello spirito della legge - svincolata da qualsiasi altra forma di amministrazione, di legislazione e di potere (sia essa politica o spirituale), che si ponga come medium vivente fra la legge naturale ed eterna stabilita da Dio e la legge positiva, sua attuazione terrena.

27 Padovani rivoluzionari : il «Defensor pacis»
Marsilio da Padova e la concezione terrena dello Stato. Una reazione di simile durezza fu riservata a Marsilio de’ Mainardini (Marsilio da Padova) ed alla sua opera. Nella teoria politica elaborata da Marsilio, stato ed impero non hanno finalità etiche o religiose: il loro unico – per quanto insostituibile – valore risiede nel fatto che queste forme di convivenza sono fondamentali per il mantenimento di quella condizione di pace generale (definita anche “salute” oppure “buona disposizione”) che è necessaria per la sopravvivenza del genere umano. Nel Defensor pacis (1324), infatti, si trova una ampia e sistematica trattazione della teoria dello Stato (aristotelicamente deifinita “politia”) .

28 .Marsilio Il contesto socio-politico in cui Marsilio si trova ad operare, forse più della stessa lettera dell’opera, può indurre a pensare che – fatte salve le prerogative genuinamente democratiche del modello di Stato da lui concepito – la sua idea di popolo possa essere rappresentata da “quella parte di cittadini naturalmente sana e non deformata”: 

29 all’interno dell’organizzazione dello Stato il potere deve rimanere unico ed indivisibile, con l’ovvia conseguenza che ogni velleità ecclesiastica rimane frustrata. In questa prospettiva le pretese ierocratiche avanzate dalla gerarchia ecclesiastica risultano del tutto prive di fondamento, e di pertinenza della chiesa rimane la sola funzione evangelizzatrice: la predominanza della figura del pontefice risulta perciò fortemente ridimensionata, a tutto vantaggio dell’istituto conciliare, che rimane tuttavia assolutamente privo di potere coercitivo in ambito mondano.  

30

31 Intellettuali e potere
Le tesi di Marsilio vennero immediatamente condannate negli ambienti vicini alla curia pontificia. Essa tuttavia non rimase confinata nel novero della speculazione teorica, ma ebbe riflessi pratici molto importanti: Marsilio, infatti, nel 1328 fu l’organizzatore della cerimonia con cui Ludovico il Bavaro venne incoronato imperatore per mano di Sciarra Colonna, rappresentante del popolo romano, unico detentore della potestas di attribuzione del potere imperiale.

32 La concezione terrena dello Stato codificata da Marsilio, sebbene fortemente avversata dagli ambienti filo-papali, godette di ampia popolarità non solo fra i suoi contemporanei, ma contribuì in maniera decisiva alla riflessione rinascimentale.

33 Celestino V Alla morte di Niccolò IV (4 aprile 1292) i cardinali, ridotti di numero e divisi tra loro, non riuscivano a scegliere un successore. Il Conclave durò oltre due anni. il 5 luglio 1294 venne eletto Pietro da Morrone, un eremita che viveva sulla Maiella, che prese nome Celestino V La consacrazione avvenne a L’Aquila, alla presenza del re Carlo II Il papa non si recò mai a Roma Prese disposizioni favorevoli ai francescani Spirituali Abdicò dal pontificato il 13 dicembre 1294

34 Celestino V

35 Bonifacio VIII Il successore di Celestino V, fu Bonifacio VIII, della famiglia Caetani Grande propugnatore dell’autorità pontificia, si dovette però misurare con le nuove forze emergenti (Stati e città) La Francia di Filippo IV il Bello Firenze Il Regno di Sicilia (angioino)

36 Bonifacio VIII

37 Bonifacio VIII indice il Giubileo (affresco di Giotto, Laterano)

38 Bonifacio VIII

39 Bonifacio V

40 Bonifacio VIII

41 Lo scontro con i Colonna
Bonifacio dichiarò invalide tutte le disposizioni di Celestino (anche quella riguardante gli Spirituali) Si scontrò con la famiglia Colonna, giungendo a bandire una crociata contro di loro 1298 espugnò la rocca di Palestrina I Colonna fecero proprie le posizioni degli Spirituali, promovendo il Manifesto di Lunghezza nel quale si proclamava illegittima l’elezione di Bonifacio Iacopone da Todi viene imprigionato ( O papa Bonifazio, molt'ài iocato al mondo)

42 La Francia di Filippo IV il Bello
1296: bolla Clericis laicos con cui si proibisce ai re di tassare la chiesa e ai chierici di pagare senza autorizzazione papale 1297 il re vieta l’esportazione di oro e argento (in pratica blocca le decime): il papa riconosce il diritto di chiedere aiuto al clero. Canonizzazione di Luigi IX 1301: bolla Ausculta fili, contro la pretesa del re di giudicare Bernardo Saisset, vescovo di Pamier 1302: bolla Unam Sanctam 1303: Guglielmo di Nogaret è incaricato di portare a Roma un appello per un concilio, che riconosca l’invalidità dell’elezione di Bonifacio: “schiaffo” di Anagni (cui partecipa Sciarra Colonna).

43 Firenze Il papato aveva condotto una politica di espansione dello Stato della Chiesa, giungendo a controllare Lazio, Umbria e Marche. Logica prosecuzione di tale politica era l’annessione anche della Toscana. A Firenze, dopo la definitiva affermazione dei guelfi e gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella, non si erano sopiti i contrasti, che si riproponevano tra Bianchi (la famiglia de’ Cerchi) Neri (Corso Donati, decisamente dalla parte del papa)

44 Carlo di Valois Nel 1300, priore delle arti è Dante Alighieri, ma mentre egli è a Roma in missione diplomatica presso Bonifacio VIII, il papa chiama Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, come paciere Carlo di Valois in realtà sostiene i Neri, consentendo loro di cacciare gli avversari politici. Dante è esiliato (1301 Corso Donati non riesce a trasformare la vittoria in un successo duraturo, poiché muore tragicamente (1308) Il governo di Firenze passa nelle mani del Popolo Grasso, cioè dei rappresentanti delle Arti Maggiori.

45 La politica del papato nel sud
1297 trattato di Anagni: Giacomo II d’Aragona rinuncia alla Sicilia (che resta al fratello Federico) Roberto, figlio di Carlo II d’Angiò sposa Jolanda d’Aragona, sorella di Giacomo e di Federico. 1299. Aragonesi e Angioini insieme contro i Siciliani. Roberto conquista Catania e pone l’assedio a Messina, ma viene sconfitto a Falconara (Trapani) 1300. Bonifacio fa intervenire Templari e Ospedalieri, ma senza risultato 1302. Pace di Caltabellotta (morte di Jolanda) 1309 Roberto diventa re di Sicilia, e sposa Sancia di Maiorca 1323, forte dell’investitura papale, l’Aragona conquista la Sardegna

46 Il Giubileo del 1300 La fine di Bonifacio, l’11 ottobre 1303, pochi giorni dopo l’oltraggio di Anagni, appare in contrasto con Il Giubileo del 1300 In quell’anno folle di pellegrini si presentarono a Roma nella certezza di trovarvi il perdono dei peccati. Il papa riconobbe l’importanza dell’evento, concedendo l’indulgenza plenaria a tutti i pellegrini.

47 Clemente V Alla morte di Bonifacio VIII gli successe Benedetto XI, per pochi mesi, e poi ancora una lunga Sede Vacante, sino all’elezione di Clemente V, provenzale (1305) Il papa non volle lasciare la terra natia (più vicino a Filippo IV il bello e alle corti europee) 1307 processo contro i Templari 1308 Clemente V favorisce l’elezione di Enrico VII contro Carlo di Valois , indice un Concilio a Vienne, presso Lyon, in cui si trattò dei Templari e degli Spirituali

48 Enrico VII Divenuto re dei romani (1308) Enrico consolida la propria casata, con l’acquisizione della corona del Regno di Boemia (che passa al figlio, Giovanni) 1311 arriva in Italia Milano, lotte tra Visconti e Torriani Firenze non gli apre le porte Roma è piena delle truppe di Roberto d’Angiò 1312 viene coronato imperatore a S. Giovanni 1313 muore a Buonconvento presso Siena

49 Enrico VII Codex Balduini

50 Enrico VII Codex Balduini

51 Enrico VII – Codex Balduini

52 Enrico VII Codex Balduini

53 Enrico VII Codex Balduini

54 Enrico VII Codex Balduini

55 Giovanni XXII Il più importante successore di Clemente V fu Giovanni XXII, di Cahors (papa dal 1316 al 1334) Si mosse dapprima contro gli Spirituali poi contro tutti i francescani, proclamando eresia l’affermazione che Cristo non possedette nulla, né in proprio né insieme agli apostoli Michele da Cesena, Guglielmo Ockham e Bonagrazia da Bergamo fuggirono presso l’imperatore Ludovico il Bavaro Inviò in Italia il nipote, card. Bertrando del Poggetto, che sostenne i guelfi contro i ghibellini capeggiati dai Visconti

56 Ludovico il Bavaro Il grande avversario di Giovanni XXII fu Ludovico il Bavaro ( ) 1328 scende in Italia, ma si trova coinvolto nelle lotte tra le signorie e finì per combattere gli stessi Visconti Entrato in Roma si fece coronare imperatore non a San Pietro, ma in Campidoglio, dal popolo romano e poi fece insediare come papa un francescano spirituale. Non avendo le forze per invadere il Regno angioino, dovette tornare in Germania.

57 Benedetto XII e Clemente VI
Il successore di Giovanni XXII, Benedetto XII (l’inquisitore Jacques Fournier) scelse di continuare a restare in Provenza, facendo costruire il palazzo dei papi in Avignone. Clemente VI otteneva dai principi tedeschi l’elezione di Carlo di Boemia, contro Ludovico il Bavaro, che moriva (1347)

58 Cola di Rienzo La coronazione imperiale di Ludovico il Bavaro aveva rivelato la nuova autocoscienza del popolo romano. In questo contesto si fa luce Cola, figlio di un oste e di una lavandaia, era riuscito a formarsi una cultura elevata 1343 viene inviato in ambasceria ad Avignone, per ottenere l’indizione di un giubileo per il 1350 (conobbe Petrarca) tornato a Roma, si impadronì del Campidoglio, proclamandosi Tribuno Inviò lettere a tutti i principi d’Italia, per invitarli a Roma per una riunione sui mali del Paese (1347) L’insuccesso dell’iniziativa provoca il malcontento: Cola è costretto a fuggire, trovando scampo presso gli eremiti della Maiella Quindi si recò presso l’imperatore Carlo IV a Praga, che lo inviò ad Avignone Il successore di Clemente VI, Innocenzo VI, lo inviò di nuovo a ROMA 1354 venne ucciso da una rivolta popolare

59 Innocenzo VI ( ) L’importanza di Innocenzo VI è legata soprattutto al tentativo di consolidare lo Stato della Chiesa. A questo scopo diede mandato al card. Egidio d’Albornoz, che si era già distinto nella Reconquista spagnola (era arcivescovo di Toledo) ove aveva redatto le Costituzioni di Alcalà nel 1348, rafforzando l’unità del Regno di Castiglia In Italia, l’Albornoz riorganizzò lo Stato della Chiesa (parlamento di Montefiascone 1354, dove ottenne obbedienza da parte di tutti i vassalli del papa), dopo aver ripreso Umbria e Marche, nel 1357 con le Costituzioni egidiane, si sanciva l’autorità del papa. 1360 conquista di Bologna (contro il Visconti)

60 Il primo ritorno del papato a Roma
Il successore di Innocenzo VI, Urbano V, era anzitutto preoccupato per l’avanzata dei Turchi (che avevano occupato Gallipoli, nel 1356) 1367 decise di ritornare a Roma Ma poi tornò ad Avignone per contribuire alla pace tra Francia e Inghilterra (inizio della Guerra dei Cent’anni) Muore nel 1370 ad Avignone

61 Gregorio XI e la guerra con Firenze
Il successore di Urbano V, Gregorio XI, sapeva di dover tornare a Roma, ma esitava (anche per il perdurare della guerra tra Francia e Inghilterra) Firenze ne approfittò per provocare la ribellione dello Stato della Chiesa. Nasceva la guerra detta degli Otto Santi ( ) Nel 1377 il papa si trasferisce a Roma, l’anno successivo Firenze è costretta alla pace. Il 27 marzo 1378 il papa moriva a Roma.

62 Dalla Christianitas medievale all’Europa
Per comprendere le ragioni del passaggio dalla Christianitas medievale all’Europa bisogna soffermarsi sulle evoluzioni interne alla Chiesa. 1377 il papa Gregorio XI tornava definitivamente a Roma, ma il 27 marzo 1378 moriva Il 18 aprile 1378, giorno di Pasqua veniva coronato pontefice il vescovo di Bari, Bartolomeo Prignano, con il nome di Urbano VI

63 Lo scisma I cardinali (soprattutto quelli francesi) si pentirono dell’elezione di Urbano e il 20 settembre 1378, dopo ave dichiarato nulla l’elezione di Urbano) elessero un altro papa: Roberto di Ginevra, che prese nome Clemente VII Urbano VI Germania Inghilterra Fiandre Polonia Ungheria Italia delle Signorie Clemente VII Francia Regno di Sicilia Scozia Regni della Penisola Iberica

64 Le conseguenze della divisione
Un’aspirazione alla Reformatio Ecclesiae In capite et membris : Pietro d’Ailly e Giovanni Gerson Una riflessione sulla Costituzione della Chiesa: Monarchica (come teorizzato da Bonifacio VIII nella Unam Sanctam) Conciliare (come teorizzato per la prima volta nella Epistola Concordiae di Corrado di Gelnhausen)

65 Anche i santi si dividono
Come all’inizio dello scisma Caterina da Siena si era schierata decisamente per Urbano VI, suggerendo anzi l’idea di convocare un gruppo di uomini santi che pregassero per il papa Così altri santi, come Vincenzo Ferrer e Colette di Corbie si schierarono con il papa di Avignone.

66 l Concili 1409 a Pisa, i cardinali delle due obbedienze promuovono un concilio, ma non ottengono l’abdicazione dei due papi e ne eleggono un terzo. Si formano tre obbedienze: Romana Avignonese Pisana 1414, il papa “pisano” Giovanni XXIII convoca il concilio a Costanza, cui è presente l’imperatore Sigismondo. Si chiesero le dimissioni dei tre pontefici (solo il papa “avignonese” Benedetto XIII si rifiutò) e si elesse un nuovo papa, Martino V, della famiglia Colonna (22 aprile 1418)

67 I problemi religiosi Lo stesso Concilio di Costanza condannò Giovanni Hus, teologo boemo, che a Praga insegnava e predicava, seguendo le idee di Giovanni Wicliff. A nulla gli valse il salvacondotto dell’imperatore Sigismondo: venne messo sul rogo. Il Concilio aveva risolto il problema del contrasto tra i papi, ma aveva lasciato intatto il problema della Riforma della Chiesa.

68 La crisi ussita Negli anni successivi al concilio di Costanza la frattura tra i seguaci di Hus e la chiesa ufficiale divenne insanabile. Gli ussiti si diffusero soprattutto nelle campagne della Boemia, ribattezzando località con nomi biblici, come il monte Tabor (ex Hradista). Essi godevano della protezione del fratello di Sigismondo, Venceslao, re di Boemia. Il 31 luglio 1419 Giovanni Ziska, capo degli ussiti, entrava con un esercito in Praga. Pochi giorni dopo (il 16 agosto) Venceslao moriva. La pretesa successione da parte di Sigismondo venne respinta.

69 Moderati e radicali Tra gli ussiti, tutti persuasi della necessità di difendere l’identità nazionale boema, si crearono due correnti: Utraquisti che volevano la riforma della chiesa, la povertà del clero, la comunione sotto le due specie. Rifiutavano ogni accusa di eresia. Taboriti consideravano la gerarchia come chiesa dell’Anticristo; mantenevano solo due sacramenti, battesimo ed eucarestia (ma rifiutando la transustanziazione)

70 Il Concilio di Basilea Martino V si era impegnato, al momento della sua elezione, a convocare un Concilio ogni 10 anni. Nel 1423 convocò un concilio a Pavia, che non ebbe seguito Nel 1431 convocò un concilio a Basilea, ma morì poco tempo dopo. Davanti al successore Eugenio IV, i padri conciliari proclamarono la superiorità del Concilio sul papa.

71 Ancora il problema Ussita
Gli Utraquisti avevano accettato di partecipare al Concilio, e, in un secondo momento anche i Taboriti. Nel 1434, dopo una guerra in cui vennero sconfitti i Taborriti, si avviò una trattativa, che giunse Nel 1436 ai Compactata di Jihlava in cui: Si riconosceva il diritto di esistenza della chiesa utraquista, cattolica e obbediente a Roma, ma autonoma nella sua organizzazione Veniva riconosciuta la sovranità regia di Sigismondo.

72 I rapporti con l’Impero d’Oriente
Nello scontro tra papa e Concilio, quest’ultimo decise di spostare il Concilio stesso a Ferrara (e poi a Firenze) 1439 I padri conciliari dichiararono eretico il papa ed elessero Amedeo VIII di Savoia, con il nome di Felice V L’imperatore Giovanni VIII Paleologo, alla ricerca di aiuto contro l’avanzata turca, preferì rivolgersi al papa. A Firenze venne proclamata l’unione tra le due chiese. Nel 1443 Eugenio IV bandiva una crociata contro i turchi, cui aderì solo l’Ungheria. Il 10 novembre 1444 l’esercito crociato venne sanguinosamente sconfitto a Varna.

73 Le osservanze Il problema della Riforma della Chiesa non era sentito solo in capite, ma anche in membris. Molti ordini religiosi, nel periodo dello Scisma, avvertirono un’esigenza di rinnovamento, che venne caratterizzandosi come ritorno all’osservanza delle regole primitive. Così i seguaci di Caterina da Siena tra i domenicani (Raimondo di Capua) Così i seguaci di Pauluccio Trinci tra i Minori Tra di essi le 4 colonne: Giacomo della Marca Bernardino da Siena Alberto da Sarteano Giovanni da Capestrano

74 Bernardino da Siena

75 Bernardino da Siena

76 Bernardino da Siena ,

77 I papi umanisti Dopo Eugenio IV, con Niccolò V inizia una serie di papi italiani, molto colti, che organizzarono a Roma una corte fastosa Nel frattempo, nel 1449 Felice V, abbandonato da tutti, abdicava (e si riconciliava) Nel 1453 Maometto II conquistava Costantinopoli Il papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, cercò di organizzare una crociata. L’unico successo: la battaglia di Belgrado del 1456 che vide protagonista Giovanni da Capestrano

78 Pio II

79 Pio II

80 Pio II


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