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PubblicatoRuggero Carlucci Modificato 6 anni fa
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Narrare la sofferenza ai bambini nella società odierna
28 novembre 2016
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Ogni cultura e ogni epoca elaborano e trasmettono rappresentazioni della sofferenza
Pablo Picasso, Ciencia y Caridad, 1897
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Società occidentale contemporanea non lascia spazio e tempo per una riflessione autentica sulla tematica della sofferenza in generale e su quella della morte in particolare.
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Due atteggiamenti contrapposti frutto della stessa cultura.
Rimozione Spettacolarizzazione
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La scienza moderna e la tecnica pensano di essere il rimedio alla morte.
L’occidente cresce sul fondamento della paura del nulla e ne cerca un riparo. Vuole vincere l’angoscia di morte con la stessa angoscia. È soprattutto la cultura che si fonda su questa angoscia, si alimenta e la alimenta. Educatori, genitori, catechisti possono percepire disagio e difficoltà perché vivono in questo contesto culturale.
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L’adulto oggi teme il confronto con il tema della sofferenza e tende a eludere le domande dei bambini e ad evitare il confronto. Non si sente in grado. Teme di creare «danni» ai minori parlandone nel modo sbagliato.
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I classici della letteratura offrono esempi di situazioni di sofferenza in cui i «cuccioli» sono protagonisti La povertà, l’indifferenza, la morte L’abbandono, il pericolo La derisione, l’isolamento
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Oggi, per narrare ai bambini questi temi, si ricorre alla letteratura specialistica
Letteratura che tratta della sofferenza di un minore Letteratura che tratta di una esperienza concreta e singolare Letteratura che si occupa più ampiamente di tematiche connesse con il morire
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Lavorare sulla capacità di resilienza
In realtà vi sono riferimenti nella letteratura e nelle arti, da scoprire e valorizzare con i bambini « C’era stato veramente un tempo in cui Pippi aveva un papà al quale voleva un mondo di bene, e naturalmente anche una mamma; ma erano passati tanti anni che lei non riusciva più a ricordarsi. La mamma, infatti, era morta quando Pippi era una bimba piccina piccina, che stava nella culla e strillava in maniera così raccapricciante che nessuno resisteva a rimanerle vicino. Pippi era convinta che la sua mamma se ne stesse ora seduta in cielo e guardasse la sua bambina con il cannocchiale, attraverso un piccolo foro. Così Pippi aveva preso l’abitudine di fare un cenno di saluto verso l’alto dicendo: “Non stare in pensiero per me! Io me la cavo sempre!”» (Pippi Calzelunghe, Astrid Lindgren) Lavorare sulla capacità di resilienza
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«Quando un granello di sabbia penetra in un’ostrica e la aggredisce lei, per difendersi, deve produrre una tonda madreperla» Boris Cyrulnik La resilienza non risiede esclusivamente né nella persona né nell’ambiente a cui la persona appartiene; piuttosto essa prende vita all’interno del nodo che unisce l’uno all’altra: in questo spazio avviene la crescita della persona.
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I bambini formano delle cognizioni sulla morte a partire dai tre anni circa di vita.
Le formano indipendentemente dal fatto che l’adulto si confronti con loro. Il rischio è che si creino idee sulla morte a seconda degli stimoli più svariati che provengono dall’ambiente circostante, senza il filtro e la mediazione di un adulto significativo. Bisogna parlare ai bambini di sofferenza e morte?
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Sofferenza e morte appartengono all’orizzonte esistenziale del bambino, i bambini ne fanno esperienza o diretta o mediante qualcuno a loro vicino.
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La parola, soprattutto la Parola, diviene saggezza esistenziale.
Non parlarne non è la soluzione! Il tema della sofferenza e della morte deve essere considerato come facente parte delle dinamiche relazionali tra adulto e bambino. La parola, soprattutto la Parola, diviene saggezza esistenziale.
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Stimolare un confronto aperto, che lasci spazio a curiosità e timori.
Educare (educere) condurre (ducere) fuori da (e): qualcosa è condotto fuori dalla condizione in cui si trova perché lo si vuole; condotto al di fuori è trasformato, gli si da una forma diversa (vissuti dei bambini). Suggerimenti educativi Far emergere competenze espressive, indispensabili per risignificare le esperienze di sofferenza. Parlare con i bambini di questi temi mediante un vocabolario appropriato. Essere educatori che sappiano essere più forti degli stereotipi culturali che accompagnano la persone ed i vissuti dei bambini. Stimolare un confronto aperto, che lasci spazio a curiosità e timori. Parlare anche della capacità di resilienza, della vita e della speranza. Occasione di decentramento, di crescita, di maturazione.
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