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Verdi politico tra Risorgimento e Unità
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Viva V.E.R.D.I. Parte della sua carriera nell’Italia della restaurazione, suddito alla nascita del napoleonico Regno d’Italia. Poi sovranità di Vittorio Emanuele II Stagione verdiana durante dominio asburgico di Milano, Venezia e Firenze, nella Roma papalina e nella Napoli borbonica
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Simpatia di Verdi verso movimento democratico, in particolare Mazziniano
Insofferenza nei confronti del governo austriaco Mobilitazione in prima persona attorno agli eventi insurrezionali del 1848. Adesione piena al nuovo Stato unitario Sentimento patriottico
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Elementi anti-italiani del libretto delle Vepres Siciliennes, a proposito dei quali verdi lamenta col direttore dell’Opéra François –Louis Crosnier il fatto che Scribe abbia reso il personaggio di Procida… “Un cospiratore comune mettendogli in mano l’inevitabile pugnale. Dio mio! Nella storia di ogni Paese vi sono virtù e crimini e noi non siamo peggiori degli altri. In ogni caso, sono innanzitutto italiano e, costi quel che costi, non mi renderò complice di un’offesa fatta al mio Paese.”
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Va’ pensiero Da giudicare con cautela il patriottismo verdiano del coro “Va’ pensiero” del Nabucco. Attribuzione d’un significato patriottico avvenne soltanto progressivamente favorita dall’incalzare del processo risorgimentale Auspicio che Giuseppe Giusti manifestava in una lettera del 19 marzo 1847 al compositore: «La specie di dolore che occupa ora gli animi di noi italiani, è il dolore di una gente che si sente bisognosa di destini migliori. Accompagna, Verdi mio, con le tue nobili armonie questo dolore alto e solenne; fa di nutrirlo, di fortificarlo, d’indirizzarlo al suo scopo. La musica è favella intesa da tutti…»
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Interpretazione patriottica assecondata da Verdi che racconta un celere aneddoto fiabesco
Va’ pensiero diventa nucleo generatore dell’intera opera Al teatro la Scala, Merelli consegna il libretto manoscritto del Nabucodonosor e Verdi racconta:
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«Era un gran copione a caratteri grandi [. ], mi avviai a casa mia
«Era un gran copione a caratteri grandi [..], mi avviai a casa mia. Strada facendo mi sentivo addosso una specie di malessere indefinibile […] Rincasai e con un gesto quasi violento, gettai il manoscritto sul tavolo. Il fascicolo cadendo sul tavolo si era aperto: senza saper come, i miei occhi fissano la pagina che stava a me innanzi e mi si affaccia questo verso: “Va’ pensiero, sull’ali dorate”. Scorro i versi seguenti e ne ricevo una grande impressione, tanto più che erano quasi una parafrasi della Bibbia. Chiudo il fascicolo e me ne vado a letto!...Ma sì… Nabucco mi trottava pel capo! … Il sonno non veniva: m alzo e leggo il libretto, non una volta, ma due, ma tre, tanto che al mattino si può dire ch’io sapeva a memoria tutto quanto il libretto di Solera.»
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Verdi racconta che all’attacco del “Va’ pensiero” la sala s’era trasformata in una chiesa e poi la gente si è scatenata in un applauso fragoroso Qualcosa di simile accade coi Lombardi alla prima crociata (il cui coro “o signore, dal tetto natio” ricalca il modello del “va pensiero”), privi in origine di intenzionalità nazionalistiche.
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Va’ pensiero Va’ pensiero è collocato nella parte terza del Nabucco (1842), dove viene cantato dagli Ebrei prigionieri in Babilonia. Il poeta Temistocle Solera scrisse i versi ispirandosi al salmo 137, Super flumina Babylonis (Sui fiumi di Babilonia). Va' pensiero, sull'ali dorate; Va, ti posa sui clivi, sui colli, Ove olezzano tepide e molli L'aure dolci del suolo natal! Del Giordano le rive saluta, Di Sïonne le torri atterrate... Oh mia patria sì bella e perduta! Oh membranza sì cara e fatal! Arpa d'or dei fatidici vati, Perché muta dal salice pendi? Le memorie nel petto raccendi, Ci favella del tempo che fu! O simile di Solima ai fati Traggi un suono di crudo lamento, O t'ispiri il Signore un concento Che ne infonda al patire virtù!
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Il coro, che Rossini definì «una grande aria cantata da soprani, contralti, tenori, bassi», è nell'insolita tonalità di Fa diesis maggiore. Nella breve introduzione orchestrale le sonorità iniziali, sommesse e misteriose, si alternano all'improvvisa violenza degli archi in tremolo e le ultime battute, con i ricami di flauto e del clarinetto in pianissimo, sembrano voler evocare quei luoghi cari e lontani di cui parlano i versi.
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Le principali particolarità lessicali del Va pensiero riguardano la presenza di termini aulici, come voleva la prassi di prosa e poesia ottocentesca. In particolare: clivi, olezzano, membranza, favella, fatidici, traggi, concento, nonché i nomi propri Sionne e Solima, dove Sionne indica la fortezza di Gerusalemme situata sul monte Sion, mentre Solima deriva dall'antica denominazione greca della città, anche se c'è un'opinione minoritaria che sostiene che "Solima" sia una forma poetica di "Shlomo", cioè Salomone, ai cui fati si farebbe riferimento.
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Come inno, genere di lunga tradizione, il componimento deve rispettare una struttura metrica fissa della letteratura italiana ed europea. Si tratta di 16 decasillabi, divisi in 4 quartine. Le strofe degli accenti che cadono sulle sedi È per questo che al verso 13 la parola "simile" si legge con l'accento piano sulla seconda sillaba ("simìle") anziché con l'accento sdrucciolo sulla prima. Infine, secondo la prassi della poesia per musica, l'ultimo verso di ogni quartina è tronco, cioè costituito da nove sillabe metriche. Tale schema è quello proprio dell'ode, che condivide con l'inno un rigido codice, rappresentando un modello riservato a testi "alti", per significato e valore civile e religioso, epico e patriottico. Il tono oratorio è perciò solenne e destinato ad ottenere la persuasione e trascinare l'ascoltatore all'azione. Il testo è ricco perciò di interiezioni ("Oh mia patria", "Oh membranza"), di esclamazioni ("Va', ti posa", "saluta", "raccendi", "ci favella", "traggi", "t'ispiri").
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Molto classicheggianti sono anche le personificazioni indirette del pensiero e dell'arpa, per mezzo dell'apostrofe, una figura retorica volta ad indurre una forte emozione e un coinvolgimento intenso. La relazione comunicativa che si instaura è espressa anche dai pronomi di persona. Il coro si rivolge col "tu" prima al pensiero, la patria e la membranza, poi all'arpa e solo alla fine assume il plurale della prima persona: "ci favella, ne infonda".
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le dinamiche contrastanti vivificano la forza del testo: i fortissimo sono legati a espressioni di rabbia e urgenza come “Arpa d’or dei fatidici vati” (b ) e “Le memorie nel petto raccendi” (b ) subito seguite dai pianissimo che comunicano invece la nostalgia e tristezza dei versi “Perché muta dal salice pendi?” (b ) e “Ci favella del tempo che fu!” (b ). I due crescendo di maggior forza drammatica si trovano in corrispondenza delle evocazioni “Oh mia patria” e “O t’ispiri”. Ritmicamente, l’utilizzo delle sestine di accompagnamento e l’ampia presenza della figurazione a terzine delle voci, rende un senso di leggerezza e contribuisce all’atmosfera sognante del coro.
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Più rilevante il tema patriottico in titoli come Ernani e Attila (rispettivamente la congiura della nobiltà spagnola contro Carlo V e la resistenza degli italici all’invasione unna) Massimo Bontempelli: “la scelta di alcuni soggetti con appiglio patriottico nella sua prima produzione fu certamente ispirata da un istinto teatrale assai più che da un preciso desiderio di collaborare con la grande e semplice politica del suo tempo.”
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La situazione cambia radicalmente col precipitare degli eventi nel Quarantotto, mentre matura in Verdi l’impulso ad un coinvolgimento diretto. All’indomani delle Cinque giornate il compositore scrive a Piave: “ Figurati se io voleva restare a Parigi sentendo una rivoluzione a Milano. Sono di là partito immediatamente sentita la notizia. Onore a questi prodi! Onore a tutta l’Italia che in questo momento è veramente grande! L’ora è suonata della sua liberazione. È il popolo che la vuole, e quando il popolo vuole non avvi potere assoluto che le possa resistere. Sìsì l’Italia sarà libera, una repubblicana. Non c’è e non ci deve essere che una musica grata agli orecchi degli italiani del 48. La musica del cannone!”
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Più autentico contributo verdiano all’insurrezione nazionale: sarà La battaglia di Legnano
Sfondo storico grandioso della lotta dei Comuni contro il Barbarossa La massiccia e strategica aggiunta di scene corali e patriottiche assenti nell’originale La caratterizzazione patriottica dei personaggi Alla prima della “Battaglia di Legnano” assistono Mazzini e Garibaldi Verdi chiamato 20 volte alla ribalta
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Dalla fine del 1858, sulle mura delle città italiane inizia a comparire lo slogan “Viva VERDI”, dove l’acronimo cela l’auspicio “Vittorio Emanuele re d’Italia”.
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Sotto la lente della censura
Problema della censura politica La Traviata nell’allestimento romano dle 1854 cambia titolo nella versione censurata, “Violetta”. Verdi si rifiuta di partecipare all’allestimento romano: “La censura ha guastato il senso del dramma. Han fatto la Traviata pura e innocente. Una puttana deve essere sempre puttana! Se nella notte splendesse il sole non vi sarebbe più notte”
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Verdi e l’Italia Unita 1874: Verdi nominato Senatore del regno d’Italia La sua forza nell’idea di nazione resta intatta, come dimostra la composizione “Inno delle Nazioni”, a rappresentare l’Italia all’esposizione universale di Londra del 1862.
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