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Musica per la chiesa e il salotto
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Soltanto sporadicamente Verdi si concederà il lusso di creare lavori fuori dalle scene
Sei romanze Musica sacra: Messa da requiem, Quattro pezzi sacri (Laudi alla Vergine Maria su testo dantesco) Inno delle Nazioni per il neonato Regno d’Italia nelle grandi nazioni europee
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I quattro pezzi sacri I quattro pezzi sacri vengono definiti da Carlo Gatti come “quadri drammatici d’ispirazione religiosa, piuttosto che composizioni strettamente liturgiche.” Il Maestro cerca, cioè, di tradurre nel linguaggio dei suoni i sentimenti del testo cui si ispira.
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Si tratta dell’ultima fatica compositiva di Verdi: tre brani furono composti unitamente mentre l’Ave Maria su scala enigmatica, che viene al primo posto nell’esecuzione, era stata inizialmente concepita nel 1889 come una divertente scommessa del compositore con se stesso. Servendosi di una scala “alterata” nelle sue componenti melodiche, presentata tra i rebus della Gazzetta Musicale di Ricordi, di cui si serve come cantus firmus costruendo un pezzo di musica nel più puro stile contrappuntistico. Un semplice esercizio dell’intelligenza che aveva come scopo quello di arrivare a piegare la nota al volere del musicista.
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Le Laudi alla Vergine Maria, per coro femminile, intonano sette terzine della preghiera alla Vergine che apre l’ultimo canto della Commedia dantesca. Nel grandioso Te Deum Verdi dispiega una grande orchestra con doppio coro. Austero nel rigore assoluto di un’unitarietà tematica ispirata alla melodia gregoriana esposta in esordio, approda la commovente supplica conclusiva “triste, fino al terrore”. Il testo tardo medievale del più recente Stabat Mater, ispira a Verdi un lavoro di grande drammaticità dove sigilla tra voci e strumenti, stile antico e moderno idioma melodrammatico, la potente sintesi personale cui è approdato il mondo creativo del musicista ottuagenario.
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Il principio di composizione dei Pezzi sacri è proprio un contrasto stilistico e di organico di cui l’ordine di esecuzione è determinato quindi dalla necessità dei contrasti: linguistico innanzitutto, di spessore sonoro e stilistico-musicale. Esse sono preghiere rigorosamente private, dialogo o supplica senza intermediari, costruite su pre-testi dei quali vale soltanto la possibilità di fornire immagini verbali da trasfigurare in immagini musicali: la terribilità e l’infinita maestà divina all’inizio del Te Deum, la dolente pietà con cui si apre lo Stabat Mater. L’attenzione al testo è tale per cui raramente, in tutti e tre i brani, ritroviamo iterazioni di frasi o di parole; al contrario, la scansione, l’articolazione del discorso musicale è fortemente influenzata, se non quasi determinata dalla struttura metrica del testo poetico.
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Laudi alla Vergine Maria
Vergine madre, figlia del tuo Figlio Umile ed alta più che creatura Termine fisso d’eterno consiglio. Tu se’ colei che l’umana natura Nobilitasti si, che’l suo Fattore Non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore Per lo cui calda nell’eterna pace Così è germinato questo fiore. Qui se’ a noi meridiana face Di caritate e giuso, intra i mortali Se’ di speranza fontana vivace. Donna se’ tanto grande e tanto vali Che qual vuol grazia ed a te non ricorre Sua disianza vuol volar senz’ali. La tua benignità non pur soccorre A chi dimanda ma molte fiate Liberamente dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, In te magnificenza, in te s’aduna Quantunque in creatura è di bontate. Ave. Ave.
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La fissità creata dalla stessa nota ribattuta viene alternata con l’uso di intervalli molto piccoli, soprattutto l’intervallo di seconda, e il cromatismo. Questo scontro di fissità e movimento, forse la traduzione in musica dell’antitesi di significato presente nel testo, è percepita maggiormente quando all’interno della stessa battuta alcune voci intonano una nota immobile e altre si spostano per intervallo di seconda o cromatismo ascendente e discendente (b.7 più che creatura, b.11 termine fisso, b.16 che l’umana). L’elemento cromatico interessa curiosamente le parole termine fisso, creando un evidente contrasto tra l’interpretazione della Vergine come riferimento immobile ed eterno con la sua natura umana e mortale, rinforzata anche dalle entrate sfasate delle voci che intonano il verso “termine fisso d’eterno consiglio”. Anche sulla parola liberamente Verdi dispiega un cromatismo discendente, quasi per simulare “affettivamente” con la musica un senso di caduta e libertà. Sempre pensando ad una musica che serva il testo poetico rende il nobilitasti di battuta con una salita melodica di tutte le voci, per indicare un’idea di elevazione. Per quanto riguarda il ritmo, la scansione, l’articolazione del discorso musicale è determinata dalla struttura metrica del testo poetico: la fine di ogni verso corrisponde infatti ad una evidente cesura di tutte e quattro le voci.
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Così scrive lo stesso Verdi nella la dichiarazione più esplicita del suo entusiasmo dantesco: "Ah sì: Dante è proprio il più grande di tutti ! Omero, i Tragici greci, Shakespeare, i Biblici, grandi, sublimi spesso, non sono né così universali, né così completi ". La scelta del testo poetico ha la stessa funzione di quella dello stile musicale; hanno entrambe cioè un preciso significato politico. Nelle Laudi Verdi si rivolge simbolicamente agli italiani perché, nelle massime figure della loro storia culturale (Dante per la poesia, Palestrina per la musica) ritrovino un’identità che a stento avvertivano sul piano della quotidianità politica. La scelta della lingua italiana del testo dantesco non è affatto da sottovalutare. In un momento in cui l’Italia appena unificata cercava i primi elementi di coesione e unità, il grande Verdi fornì al contempo una musica di tradizione italiana e la lingua del suo massimo poeta. Dopo cinquant’anni di carriera e di coscienza italiana, in queste Laudi il Maestro lascia come testamento un sentimento patriottico molto più forte e motivato di quello quasi di convenienza del celebre Nabucco.
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Arrigo Boito parla della fede verdiana :
“Questa cieca credenza, ahimè, l’aveva perduta, come tutti noi, ben presto. Ma ne conservò per tutta la vita, forse più di tutti noi, un pungente rimpianto. Ha dato l’esempio della fede cristiana attraverso la commovente bellezza dei suoi lavori sacri, l’osservanza dei riti, il suo illustre omaggio a Manzoni. […] Sapeva che la fede è il sostegno dei cuori. Ai lavoratori dei campi, agli infelici, agli afflitti che lo circondavano s’offriva egli stesso come esempio, senza ostentazione, umilmente, severamente, per essere utile alle loro coscienze. […] In senso ideale, morale, sociale, era un gran cristiano: ma occorre guardarsi dal presentarlo come un cattolico in senso politico e strettamente teologico del termine: niente sarebbe più lontano dalla verità.”
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