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PubblicatoNiccoletta Nanni Modificato 7 anni fa
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filologìa s. f. [dal lat. philologĭa, gr. ϕιλολογία, comp
filologìa s. f. [dal lat. philologĭa, gr. ϕιλολογία, comp. di ϕιλο- «filo-» e λόγος «discorso»; propr. «amore dello studio, della dottrina»]. – 1. Insieme di discipline intese alla ricostruzione di documenti letterarî e alla loro corretta interpretazione e comprensione, sia come interesse limitato al fatto letterario e linguistico, sia con lo scopo di allargare e approfondire, attraverso i testi e i documenti, la conoscenza di una civiltà e di una cultura di cui essi sono testimoni: f. classica, f. romanza, f. germanica, f. slava, f. semitica, ecc., secondo che oggetto dello studio sia la letteratura e la civiltà del mondo classico, le lingue e le letterature neolatine, quelle dei popoli germanici, ecc.; f. testuale, quella rivolta soprattutto alla ricostruzione critica dei testi. 2. Insieme dei filologi e degli studî filologici appartenenti a un particolare periodo, a un determinato ambiente culturale, ecc.: la f. del Rinascimento, dell'Ottocento; f. alessandrina, italiana, tedesca, ecc. 3. Per estens., in ogni ricerca, l'interpretazione di fatti (o di personaggi, ecc.) basata sull'esame di testi e documenti o su notizie storiche; per la partic. accezione nella critica delle arti figurative.
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Filologia [...] è quella onorevole arte che esige dal suo cultore soprattutto una cosa, trarsi da parte, lasciarsi tempo, divenire silenzioso, divenire lento, essendo un'arte e una perizia di orafi della parola, che deve compiere un finissimo attento lavoro e non raggiunge nulla se non lo raggiunge lento. Ma proprio per questo è oggi più necessaria che mai; è proprio per questo mezzo che essa ci attira e ci incanta quanto mai fortemente nel cuore di una epoca del 'lavoro' , intendo dire della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuole sbrigare immediatamente ogni cosa, anche ogni libro antico e nuovo: per una tale arte non è tanto facile sbrigare una qualsiasi cosa, essa insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente, in profondità, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini lasciando porte aperte, con dita e occhi delicati. F. Nietzsche, Prefazione ad Aurora (1886)
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Una grande, importante utilità della filologia consiste in questo: che essa educa tecnicamente la disposizione critica dell'uomo. La filologia stessa non è altro che critica; ad ogni passo essa ha bisogno dell'intera critica, e solo nella filologia viene la critica esercitata nella sua interezza. Il fine della filologia è la storia. Friedrich Schlegel (Zur Philologie, )
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La filologia romanza ha per oggetto di studio, prevalentemente storico e comparato, delle lingue e letterature romanze o neolatine.
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De vulgari eloquentia (1303-1305)
Totum vero quod in Europa restat ab istis, tertium tenuit ydioma, licet nunc tripharium videatur; nam alii oc, alii oil, alii si affirmando locuntur, ut puta Yspani, Franci et Latini. Signum autem quod ab uno eodemque ydiomate istarum trium gentium progrediantur vulgaria, in promptu est, quia multa per eadem vocabula nominare videntur, ut Deus, celum, amorem, marem, terram, est, vivit, moritur, amat, alia fere omnia. (I, VIII)
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Poggio Bracciolini (1380-1459): il latino non è solo grammatica
Charles Du Cange ( ): Glossarium mediae et infimae latinitatis (1678) François Raynouard ( ): vari studi sul lessico dei Trovatori; iniziatore della filologia romanza come disciplina scientifica; i volgari deriverebbero da una langue romane, identificabile con il Provenzale. Identifica alcuni importanti fenomeni fonetici e morfologici come futuro perifrastico con habeo. (Es.: lat. cl. cantabo; lat. volg. *cantare habeo > it. canterò, fr. chanterai)
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Friedrich Diez ( ): adatta alle lingue neolatine il metodo storico-comparativo di Franz Bopp (lingue indoeuropee) e di Jakob Grimm (lingue germaniche); Grammatik der romanischen Sprachen ( ); si interessa di letteratura castigliana e provenzale; il latino viene individuato come lingua capostipite, ma non il latino classico bensì la lingua popolare dei Romani. Sviluppo della dialettologia; in Italia: Graziadio Isaia Ascoli ( ); studi sul ladino Importanza della linguistica romanza nel campo della glottologia: raro caso di dominio linguistico in cui la lingua base è attestata Metà del XIX secolo: pensiero positivista; lingue come organismi viventi (albero genealogico); ultimo quarto del XIX secolo: scuola neogrammatica (ineccepibilità delle leggi fonetiche)
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Metodologie linguistiche
Linguistica storica Linguistica areale Linguistica strutturale (de Saussure, Jakobson…)
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La filologia in senso più stretto prende la lingua come oggetto di studio specialmente là dove essa comincia ad essere attestata letterariamente o comunque ad essere l'espressione di un pensiero artistico (con l'inclusione della letteratura popolare, anche orale). La filologia ricerca le fasi anteriori di una lingua non come fine, bensì per ricostruire ed interpretare correttamente i testi di una data cultura.
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Latino volgare Altre espressioni alternative o più precise: da un punto di vista sociale e sincronico: latino popolare, latino quotidiano, latino familiare da un punto di vista storico: protoromanzo, romanzo comune Il latino volgare e il latino classico non sono due idiomi che si contrappongono, bensì due varietà della stessa lingua. Non c'è soluzione di continuità tra indoeuropeo e parlate romanze, il latino è un anello di questa catena ininterrotta.
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Il latino classico è la varietà letteraria del latino, fissata e rimasta stabile a partire dal III secolo a.C. Il plebeius o vulgaris sermo occasionalmente affiora anche nei testi letterari (epistole di Cicerone). Lat. classico iecur (ʻfegatoʼ), loqui (ʻparlareʼ) La comparazione tra le lingue romanze e le attestazioni in testi latini di basso livello permette di risalire dal fr. foie, sp. hígado, it. fegato al latino ficatum (ʻfegato d'animale ingrassato coi fichiʼ) sp. hablar, prov. faular, port. falar derivano da lat. fabulari
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Diffusione del latino e romanizzazione
romanizzazione non omogenea (periodi di espansione dell'impero, dualità col greco, ecc.) il latino è la lingua della cultura, dell'amministrazione editto di Caracalla d.C. l'etnonimo Romani si applica a popoli e luoghi differenti (Romania, Emilia Romagna, romancio romanicus (V a.C.) e Romania («mondo romano») opposti a barbaricus/Barbaria (anche avverbio romanice). Cfr. a.fr. romanz
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Fonti del latino volgare
nella letteratura latina «ufficiale» è una lingua che segue regole retoriche, difficilmente affiora la lingua quotidiana, salvo in pochi generi come il teatro e la satira, in gran parte perduti il latino volgare è attestato dall'esistenza di volgarismi, errori, ipercorrettismi, le parlare romanze grammatici latini glossari iscrizioni autori tardi, cronache, scritti cristiani trattati tecnici, diplomi, formulari
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Dall'unità latina alla varietà romanza
Quintiliano: plura illis loquendi genera, quas dialektous vocant il latino viene percepito nel I sec. d.C. come estremamente semplice e unitario, a differenza del greco san Girolamo: la latinità cambia et regionibus quotidie..et tempore (regionalismi o dialetti?) tuttavia è difficile stabilire regionalismi, il latino volgare sembra essere pressappoco identico ovunque (almeno secondo le testimonianze scritte) in sp. e port. sopravvivono eredi del lat. comedere (comer), in fr. e it. eredi di manducare. Nei testi però risultano equivalenti i testi adoperano una koinè, un latino di comunicazione abbastanza coeso
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Fattori di differenziazione
etnici: substrato e superstrato sociali: sermo rusticus, plebeius, urbanus, vulgaris cronologici teoria delle aree laterali
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Maurizio Perugi, «Dal latino alle lingue romanze
Maurizio Perugi, «Dal latino alle lingue romanze. Diglossia e bilinguismo nei testi letterari delle Origini», in Lo spazio letterario del Medioevo, Roma, Salerno 1994, vol. II, pp diglossia: disponibilità da parte di uno stesso individuo di due sistemi linguistici gerarchicamente ordinati (diversi livelli di utilizzo) a cambio dal latino al volgare già avvenuto, si parla di bilinguismo, mentre si può parlare di diglossia per un periodo anteriore all'età carolingia il cambiamento linguistico non è stata una mutazione brusca, si tratta di una trasformazione graduale, percepita coscientemente in fasi più avanzate; dopo l'800 il volgare viene coscientemente utilizzato come mezzo di comunicazione Prove di diglossia a livello ufficiale: Concilio di Tours (813); riflessi del ruolo catalizzatore della riforma carolingia
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agiografia merovingia: estratti delle Vite dei santi venivano recitati, in occasioni festive, di fronte a folle di ascoltatori composte anche illitterati e rustici possibilità che il pubblico incolto riuscisse a comprendere narrazioni in latino (la cui forma artistica era evidentemente temperata) il latino merovingio non coincideva con il volgare, ma esso risultava meno incomprensibile alle masse dei fedeli rispetto al latino carolingio alla condizione di diglossia succede la frattura linguistica; il latino perde gli elementi di rusticitas e diventa incomprensibile agli incolti Mentre la lingua parlata si specializza sempre più in funzione pastorale, al polo opposto la lingua letteraria diventa lo strumento di comunicazione di un gruppo ristretto
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Alcuino di York ( ), importante esponente del Rinascimento carolingio, racconta che i monaci del monastero di Saint-Riquier (nord della Francia) usavano un testo merovingio dei miracula per edificare la gente comune, mentre avvertono la necessità di un testo più stilisticamente aggiornato per la vita, destinata a uso interno di lettura la riforma carolingia sancisce la frattura tra un latino (merovingio) comprensibile e uno stilisticamente riformato si libera uno spazio per nuovi strumenti di comunicazione di massa, la tensione bipolare diventa rottura, la diglossia cede al bilinguismo; la riforma linguistica carolingia, accelera la domanda sociale di un nuovo strumento linguistico
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il volgare emerge con testi isolati, «punteggiature», intermittenze
le manifestazioni testuali isolate favoriscono l'errore prospettico di pensare per unità discrete, facendo perdere di vita il flusso continuo del cambiamento linguistico, in cui il sistema linguistico è perennemente instabile la lingua alla base dei primi testi volgari è una lingua mutevole, ibrida e instabile ma funzionale i primi testi volgari vengono scritti utilizzando norme grafiche del latino, subiscono le strutture della scrittura del latino
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I Giuramenti di Strasburgo, lungi dal costituire la registrazione fedele di un discorso pronunciato, sono frutto di una elaborazione scritturale (al limite della ri-latinizzazione) A differenza dei Placiti campani i giuramenti hanno dismesso l'originale valore giuridico per divenire un testo letterario e narrativo sfera della distanza comunicativa, riservata solo al latino; monumento letterario
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La filologia in senso più stretto prende la lingua come oggetto di studio specialmente là dove essa comincia ad essere attestata letterariamente o comunque ad essere l'espressione di un pensiero artistico (con l'inclusione della letteratura popolare, anche orale). La filologia ricerca le fasi anteriori di una lingua non come fine, bensì per ricostruire ed interpretare correttamente i testi di una data cultura. Il filologo, se pure si deve basare sempre sullo studio della lingua,, ha bisogno anche di altre discipline ausiliarie (storia, paleografia ecc.).
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Il metodo filologico scientifico moderno è stato approntato da Karl Lachmann ( ), filologo tedesco, impegnato nello studio di testi classici e germanici. Nelle sue edizioni critiche distingue nettamente due operazioni, la recensio e l'emendatio; inoltre, attraverso lo stemma, si ricostruisce l'archetipo.
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Il Lachmann riteneva che la tradizione manoscritta di ogni autore risalisse a un archetipo: mentre prima si procedeva a editare un testo attraverso un numero ridotto di manoscritti (spesso uno solo) scelti in base a criteri soggettivi, Lachmann propose di classificare, dopo un paziente e minuzioso confronto (recensio), tutti i codici esistenti del testo in questione, stabilendo lo stemma, ossia l'albero genealogico dei manoscritti, che eventualmente discendono da un antenato comune, detto archetipo. Attraverso lo stemma, in base a meccanismi oggettivi, si procede all'emendatio, ossia alla ricostruzione dell'archetipo (che non necessariamente coincide con l'autografo).
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Metodo del Lachmann Abbozzato a partire dal 1817 nel corso dell'edizione del Nibelungenlied Definito nel corso dell'edizione del Nuovo Testamento (1831) Capolavoro di Lachmann è ritenuta l'edizione di Lucrezio del 1850 Antepone la recensio all'emendatio, rifiutando il textus receptus
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Ecdotica = critica del testo [der. del gr
Ecdotica = critica del testo [der. del gr. ἔκδοσις, corrispondente al lat. editio «pubblicazione», der. di ἐκδίδωμι «dar fuori, pubblicare»] Metodi non lachmanniani Textus receptus (vulgata) Codices plurimi Codex vetustissimus (recensiores non deteriores!) Codex optimus ≠ Testo base
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Edizione diplomatica: esatta e fedele riproduzione a stampa di un esemplare manoscritto, senza che abbia luogo, da parte dell'editore, il benché minimo intervento (eccettuato lo scioglimento delle abbreviazioni). Edizione critica: il fine è la restitutio textus, la ricostruzione di uno stato del testo anteriore a quello dei testimoni conservati. recensio esaustiva e completa di tutte le testimonianze del testo; censimento (raccolta e descrizione) della tradizione diretta e indiretta collatio, il confronto dei testimoni classificazione dei testimoni all'interno di uno schema grafico, lo stemma codicum ossia l'albero genealogico dei mss.
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4. emendatio, la ricostruzione del testo attraverso lo stemma (ope codicum) oppure in base all'ingegno del filologo laddove non sia possibile il ricorso allo stemma (ope ingenii). 5. Ogni edizione critica deve esplicitare i propri principi ecdotici e offrire al lettore un apparato critico con le varianti rigettate e la discussione delle varie lezioni.
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Il compito dell'editore critico è quello di restituirci un determinato testo nella sua veste originale o più prossima all'originale. Problema: cos'è l'originale? È possibile recuperalo in assenza dell'autografo o di copie di pari autorità (idiografi)? Problema: le lezioni dell'originale possono essere autentiche ma non legittime (errori d'autore) Problema: testi in movimento? La stragrande maggioranza dei testi medievali ci è giunta attraverso copie (apografi) che possono derivare dall'autografo o da copie di questo (antigrafi).
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Tradizione dei testi Trasmissione meramente riproduttiva, meccanica, quiescente (scriptoria professionali, rispettosi del testo tràdito, in genere prevalente nella trasmissione dei testi classici) Trasmissione attiva (prevalente nei testi romanzi)
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I manoscritti Lo studio dei testimoni è una tappa fondamentale della recensio. Codice = libro antico manoscritto. Codicologia = studio dei codici Paleografia = studio della scrittura antica Nel Basso Medioevo prevale la scrittura gotica (formatasi in Francia nel XII secolo). Manoscritto = ogni documento vergato a mano su un supporto che permette di scrivere con una certa celerità (papiro; pergamena; carta; non dunque la pietra, per la quale si parla di epigrafi o iscrizioni). Nel Medioevo su usano solo manoscritti membranacei o cartacei.
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Un codice normalmente è costituito da uno o più fascicoli, costituiti da un certo numero di fogli (duerni, trierni, quaderni…) piegati in due e cuciti assieme. La numerazione non avveniva per pagine come nei libri attuali, bensì per carte (abbrev. c. o cc.). [Si usa comunemente anche il termine foglio (abbr. f. o ff.), ma a rigore una carta corrisponde a mezzo foglio.] Ogni carta comprende un recto (abbr. r) e un verso (abbr. v). Le colonne in cui il testo è distribuito nella pagina si siglano con a b c. Esempio c. 3ra = terza carta, recto, prima colonna c. 5vc = quinta carta, verso, terza colonna
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Poiché il testo veniva copiato quando i fascicoli erano ancora slegati, per facilitare il compito del legatore si contrassegnavano i fascicoli con lettere progressive corrispondenti all'ordinamento finale che venivano apposte sul recto della prima carta iniziale. Si aggiungeva inoltre nel margine inferiore destro dell'ultima carta del fascicolo un richiamo, cioè l'anticipazione delle prime parole del fascicolo seguente.
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Codice Miscellaneo (testi eterogenei) Misto (materiali vari) Composto (più codici rilegati assieme) Adespoto (manca il nome dell'autore) Anepigrafo (privo di intitolazione) Palinsesto (pergamena riutilizzata) Opistografo (scritto inizialmente solo sul recto) Acefalo (privo di una o più carte iniziali) Mutilo o lacunoso (perdita di parti finali o in altra posizione)
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Fenomenologia della copia
Principi di carattere generale Tutti manoscritti sono degni di interesse per il filologo, non vi è distinzione tra codice di pregio e copia dimessa Un manoscritto non è la replica del testo copiato. Ogni manoscritto possiede la sua storia, le sue caratteristiche specifiche. Esso è il prodotto di un o più amanuensi, con le proprie abitudini scrittorie, spesso di lingue e culture differenti (specialmente nel caso del Medioevo volgari). Concetti di scripta e diasistema. «Qui dit copie dit faute» (R. Marichal). La copia è soggetta all'abilità e alla preparazione del copista, alla sua attenzione, alle sue condizioni psicofisiche al momento della scrittura, alla sua conoscenza della lingua del testo o del testo stesso, all'azione del copista nei confronti di eventuali corruttele che individuava nel testo copiato, alla copia individuale o alla dettatura.
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La filologia lachmanniana si fonda sullo studio degli errori nella tradizione manoscritta.
Errore diretto = prodotto nella copia di un testo corretto Err. indiretto = derivato da un altro errore nel testo copiato Err. volontari = innovazioni che un copista introduce per migliorare un testo che ritiene errato o incomprensibile Err. involontari = errori che si introducono per cause disparate (condizioni della copia: psicofisiche, ambientali, culturali)
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La copiatura avviene in quattro fasi
Lettura del modello Ritenzione del testo Dettatura interiore Scrittura Tipologie di errori Inganno della scrittura (grafia) Scripta continua Il contesto del passo in cui si produce l'errore
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Aplografia (omissione di lettere identiche e consecutive)
Polo per popolo; filogia per filologia Dittografia (replica di lettere identiche e consecutive) Se se ne va per se ne va Omeoteleuto o omeoarto (contrazione tra parole che terminano con le stesse lettere; «saut du même au même», pesce) Parenti per parenti contenti Partiti per parenti partiti Il filologo, quando ritiene di trovarsi in presenza di errore, dovrebbe spiegare le cause della corruttela.
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Fasi dell'edizione critica
Censimento dei testimoni; individuazione di tutti i manoscritti utili alla costituzione del testo Descrizione e catalogazione del ms. Segnatura (sigla dello scaffale, della sezione, della collezione) Materia (pergamenaceo o cartaceo) Età di scrittura Misura (in mm) Numerazione delle carte Indicazioni sulla scrittura Indice del contenuto
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Collatio (dal lat. confero)
Il testo di ogni ms. recensito deve essere sottoposto a un esame integrale e comparativo, nei casi ovviamente in cui non si disponga dell'autografo o che la tradizione non si riduca a un unico manoscritto. Sistematico confronto delle varianti, cioè le divergenze di lezione (= modo in cui un passo è registrato in un testimone). Di fronte alla varia lectio, tre possibilità: tutte le lezioni risultano accettabili, sono cioè lezioni adiafore; le varie lezioni sono frutto di errore; una sola è la lezione corretta.
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La metodologia lachmanniana si basa sul presupposto che, essendo gli errori altrettante innovazioni, essi costituiscono l'unico elemento di prova per quel che riguarda i rapporti fra i codici che ci hanno trasmesso una stessa opera. L'errore contrassegna tutti i manoscritti derivati dal codice dove tale deviazione ha avuto luogo, favorendo il raggruppamento in famiglie.
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Non tutti gli errori però sono significativi per la costruzione dello stemma e delle famiglie di testimoni. Errori indipendenti che non permettono di identificare famiglie, limitati a un singolo testimone, mai ripetuti Errori involontari per i quali non si può escludere una causa poligenetica Errori poligenetici (non hanno valore di collegamento certo) Travisamenti grafici comuni lectio facilior (banalizzazione istintiva) Modeste inversioni Brevi omissioni (saut du même au même)
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Gli errori significativi (errori guida, errori direttivi) devono essere riportati a cause monogenetiche, cioè devono essere tali per cui non è possibile che la corruttela si sia verificata in due manoscritti in maniera indipendente. Errori separativi = errore che dimostra l'indipendenza di due manoscritti, cioè errore tale per cui non è possibile ipotizzare che la sua assenza in certi testimoni sia frutto di congettura da parte del copista. Errori congiuntivi = errori che dimostrano la connessione tra due manoscritti contro un terzo, quindi errore comune ai manoscritti dipendenti tra loro e che non può essersi verificato in maniera poligenetica.
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Criteri per l'individuazione di un errore
Porzione di testo illogica o insensata e che non può essere attribuita all'autore Violazione della lingua o delle abitudini prosodiche dell'autore Contraddizione con quanto pensava e scriveva l'autore Lacune che tolgano senso al contesto (purché non in presenza di meccanismi poligenetici) Ripetizioni di parole o porzioni di testo Errori di anticipo Se un errore significativo si ripresenta in tutti i testimoni della tradizione di un testo, si può inferire che tutti i codici rimontano a un comune archetipo.
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Eliminazione dei codici descripti
Un testimone esemplato direttamente ed esclusivamente su una copia ancora conservata, risulta del tutto inutile ai fini della ricostruzione testuale (testimone descriptus). Esso conserva gli errori dell'antigrafo più qualcuno di proprio. Tale manoscritto può essere accantonato nel processo ecdotico. Due manoscritti imparentati possono essere: uno copia dell'altro (il ms. discendente è descriptus) discendenti dal medesimo testimone
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Possibili relazioni tra due testimoni dipendenti
Archetipo segnato con X o con ω Subarchetipi (capostipiti perduti delle famiglie) con α, β, γ… Capostipiti perduti di altri sottogruppi: a1, a2, a3
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Utilizzazione dello stemma
(ricostruzione ope codicum) Stemma bipartito (cioè formato da due famiglie): si sceglie la variante corretta scartando quella considerata erronea; in caso di varianti egualmente accettabili (lezioni adiafore) la scelta spetta al filologo in base a vari criteri (metodo del «bon manuscrit») Stemma tripartito: si applica la legge della maggioranza, scegliendo la lezione conservato dal maggior numero di famiglie (non di manoscritti!). Una famiglia composta da un solo testimone ha eguale peso di un raggruppamento numeroso.
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Emendatio Tipologie di correzioni Delere (individuazione e soppressione di interpolazioni o altre aggiunte) Supplere (integrazione di parti mancanti) Transponere (alterazione dell'ordine con cui le singole parti di un testo sono tramandate Mutare (altri tipi di emendamenti)
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Criteri di edizione Modo di utilizzazione dello stemma laddove non sia applicabile il criterio della maggioranza Norme seguite nella resa grafica Chiarimenti circa l'uso di caratteri tipografici Criteri in base ai quali il testo è stato ordinato (capitoli, paragrafi…)
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Apparato critico Posto solitamente ai piedi del testo editato, ha per scopo di offrire punto per punto il quadro completo delle testimonianze utili alla constitutio textus, l'elenco delle varianti rigettate. Vanno segnalati: lezioni d'archetipo rigettate varianti rifiutate commenti sul proprio operato, giustificazioni delle congetture, discussione delle scelte di editori precedenti, notizie paleografiche, dubbi e ipotesi
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Limiti del metodo lachmanniano
Componenti essenziali del metodo: sistematica precisazione dei rapporti genealogici tra i testimoni (per mezzo degli errori guida); ricostruzione del testo archetipico attraverso la meccanica dello stemma. Primi due limiti: varianti adiafore (specialmente in presenza di stemmi bipartiti) corruttele d'archetipo
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Lo stemma può essere stabilito secondo il rigore lachmanniano soltanto se l'albero può essere costruito in forma completa e sicura, escludendo casi di contaminazione. Contaminazione = la copia di un testo è realizzata attraverso la trascrizione di più esemplari, che possono appartenere tanto alla stessa famiglia quanto ad altre famiglie testuali: ne risulterà un testo ibrido, che combina lezioni dei vari gruppi. Trasmissione orizzontale: segnalata nello stemma da una linea tratteggiata. (Paul Maas: «Contro la contaminazione non è ancora cresciuta alcuna erba») Si parla di recensio aperta quando la lezione dell'archetipo non si può fissare meccanicamente ma soltanto con il iudicium, solo con criteri interni e facendo affidamento all'opinione del filologo.
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Rimaneggiamento = casi di trasmissione attiva in cui il copista interviene sul testo in copia con più o meno profonde modifiche, in base a gusto personale, volontà di arricchire o accorciare il testo; il copista può avere una certa competenza poetica e comporre egli stesso nuove parti, magari sulla scorta della conoscenza delle tecniche dei generi più popolari. (per esempio, le chansons de geste, genere epico fondato sulla reiterazione di formule e motivi da testo a testo, possono essere rimaneggiate attraverso l'impiego da parte del copista di formule, motivi, episodi di larga diffusione). Paul Zumthor parla di mouvance per descrivere tale mobilità e variazione del testo.
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Joseph Bédier (in «La tradition manuscrite du Lai de l’Ombre
Joseph Bédier (in «La tradition manuscrite du Lai de l’Ombre. Réflexions sur l’art d’éditer les anciens textes (deuxième article)», Romania, 54 (1928), pp ) muove serie obiezioni al metodo del Lachmann. Egli passa in rassegna le edizioni critiche di diversi testi latini, italiani, francesi. Nota che nel caso dei testi francesi su 110 stemmi proposti dagli editori, ben 105 sono bipartiti. «Nella flora filologica non vi sono che alberi d’un solo tipo: sempre il tronco si divide in due rami principali, sempre due solamente». Bédier ritiene che la spiegazione di questo paradosso andrebbe cercata nell’inconscio del filologo: in caso di stemma tripartito, lo studioso deve rassegnarsi a scegliere passivamente le lezioni corrette affidandosi al meccanismo dello stemma (il criterio di maggioranza si applica facilmente); al contrario il filologo preferirà inconsciamente sempre stemmi bipartiti, che gli permetteranno un’attiva partecipazione nella ricostruzione del testo.
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Poiché, secondo Bédier, di uno stesso testo si possono costruire stemmi differenti di pari validità e la scelta dipende dalla prospettiva del filologo (solo i piani bassi sono ricostruibili), non resta che adottare un sistema differente e tornare a privilegiare l’edizione di un bon manuscrit, di un codex optimus, pubblicando un testo realmente esistito, modificato solo laddove necessario, anziché ricostruire un testo (l’archetipo) che rischia di essere un’astrazione. Per esempio Bédier editò la Chanson de Roland conservando rigorosamente il testo del ms. O (Oxford, Bodleian Library, Digby 23). Al contrario, Cesare Segre propose una edizione basata sullo stesso O collocato però all’interno di uno stemma con i manoscritti dell’altra famiglia (β): O risulta più vicino all’archetipo ma anche migliorabile grazie all’ausilio degli altri codici.
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Arrigo Castellani ha riflettuto sulle modalità di trasmissione dei testi medievali (A. Castellani, «Bédier, avait-il raison? La méthode de Lachmann dans les éditions de textes du Moyen Age, in Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza ( ), Roma, Salerno, 1980, t. III, pp ). Castellani descrive un plausibile modello di massima produzione manoscritta in uno scriptorium: a partire dall’originale (ω), si traeva una copia (A); per accelerare la produzione, si traevano nuove copie non solo da ω ma anche da A; le copie tratte saranno a loro volta antigrafi di altre copie.
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Osservazioni: fino alla settima copia lo stemma rimane bipartito le copie più tarde tratte dall’originale (cioè spostandosi sempre più a destra nello stemma) costituiscono famiglie con pochi esemplari, per cui è più probabile la perdita di interi rami trattandosi di un originale o di un archetipo prezioso, è possibile che venisse tolto presto dalle operazioni di copia (l’autore poteva richiedere indietro il proprio manoscritto), limitando di molto la proliferazione dei rami dell’albero In sostanza, secondo questo modello, è possibile che nel Medioevo le dinamiche di copia producessero pochi rami a partire dall’archetipo.
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Nozioni generali sulla letteratura medievale
importanza assoluta dell’oralità nella civiltà medievale il concetto di letteratura è improprio per una società che utilizza in ambiti assai limitati le litterae e la lettura per molto tempo non esiste una tradizione letteraria (fatta di tessuti e sistemi letterari) ma soltanto testi isolati fortemente condizionati dall’oralità e destinati alla declamazione, al canto, alla recitazione, alla predicazione sino a tutto il XIII secolo la maggior parte dei testi scritti in volgare era destinata ad essere non letta individualmente, ma ascoltata i primi generi volgari, come l’epica e la lirica, sono poi generi che hanno corrispettivi nella tradizione popolare, nella quale non esiste scrittura
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il rapporto tra autore (e testo) e pubblico non è mediato dalla lettura individuale, ma da declamatori, giullari, che agiscono in contesti pubblici, di fronte a gruppi più o meno ampi di ascoltatori bisogna però distinguere varie forme di comunicazione non scritta, distinguere tra parlato e oralità: nel primo caso si intende la comunicazione corrente non formalizzata, nel secondo una forma di comunicazione orale controllata e strutturata le modalità di diffusione dei testi determinano anche le modalità di composizione e scrittura dei testi. Esempio: composizione, diffusione e trasmissione delle chansons de geste per l’età medievale, si può definire letteratura l’insieme delle forme scritte che costituiscono in tradizione scritta la cultura d’una società (definizione più ampia rispetto a quella valida per epoche più recenti)
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ogni scritto medievale può contenere una minima componente di «letterarietà», proprio perché chi scrive ha imparato a farlo in latino, attraverso lo studio di testi letterari, retorici, formalizzati gran parte dei generi letterari volgari si deve concepire affiancata da una produzione orale non arrivata fino a noi. Anziché di «letteratura medievale» sarebbe più corretto parlare in questo caso di «poetica medievale», in cui le forme scritte devono essere inserite nel più ampio panorama dell’arte verbale concezione che privilegi la poiesis del testo, il suo carattere di costruzione a partire da forme prestabilite dalla tradizione (concezione artigianale del testo letterario) dimensione «rituale», che irrigidisce le forme della cultura in schemi, motivi, formule, ripetibili e patrimonio collettivo
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la letteratura medievale è dunque una letteratura fortemente condizionata dalla tradizione, domina un’estetica della ripetizione, della tipologia il riconoscimento della qualità letteraria passa attraverso la messa in opera nel testo, da parte di autore e pubblico, di una serie di parametri formali: lingua, genere, stile, metrica, costruzione del racconto, personaggi, sono stabiliti da convenzioni tradizionali, da modelli prestigiosi o seguiti per abitudine
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Concetto di autore nel Medioevo
auctor (lat. AUGEO, «produrre, accrescere») l’auctor, nel mondo antico è medievale, non è un generico compositore di testi, ma colui la cui opera fornisce un modello di eccellenza (nello stile, nel sapere, ecc.) da studiare e seguire (ciò vale almeno per la cultura ufficiale) nel Medioevo, agli auctores è attribuita anche autorevolezza, autorità in determinati campi per il dominio letterario volgare, il concetto di autore e di paternità autoriale si afferma solo progressivamente, quando si formano generi privi di radici popolari e tradizionali (il romanzo) o generi adottati dalla tradizione latina (la storiografia)
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i primi nomi di autori della letteratura volgare sono quelli dei trovatori provenzali, in quanto la lirica, più di altri generi, si fonda sul (o sulla finzione di un) canto individuale; soggetto lirico Elemento di discussione: l’ultimo verso del ms. O della Chanson de Roland («Ci falt la geste que Turoldus declinet») quando la letteratura si distingue dalle altre arti verbali del patrimonio tradizionale, emergono anche gli individui che compongono testi; prima di allora predomina l’anonimato dell’autore
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Trasmissione dei testi
i testi sono tramandati da copie non di qualità ed esattezza non garantita mancano autografi la tradizione manoscritta è attiva e caratterizzante i copisti, proprio per la natura tradizionale dei testi letterari volgari e la loro vicinanza al patrimonio collettivo, intervengono liberamente sui testi che copiano, talvolta diventano essi stessi compositori di nuovi testi attraverso il rimaneggiamento dei testi da tramandare
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