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Dott. Simone Pitto «La Giurisprudenza Costituzionale in Tema di

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1 Dott. Simone Pitto «La Giurisprudenza Costituzionale in Tema di
Eguaglianza e Ragionevolezza»

2 INDICE Introduzione teorica; Profili definitori: ragionevolezza, razionalità, arbitrarietà della legge; L’art. 3 Cost.: Il Principio di Uguaglianza come fondamento costituzionale del giudizio di ragionevolezza delle leggi; Ragionevolezza e Pluralismo: il Principio di Proporzionalità e il Giudizio di bilanciamento dei diritti;

3 LEGISLATORE INTRODUZIONE: IL GIUDIZIO DI UGUAGLIANZA E RAGIONEVOLEZZA
Margine della discrezionalità limitata dal rispetto della Costituzione LEGISLATORE Articolo 3 della Costituzione I. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. II. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

4 PROFILI DEFINITORI: RAGIONEVOLEZZA, RAZIONALITA’ E ARBITRARIETA’DELLA LEGGE
IRRAZIONALITA’ E IRRAGIONEVOLEZZA DELLA LEGGE Sentenza C. Cost. 172/1996 “Ancora più marcata è la violazione dell'art. 3 Cost. sotto il profilo del principio di razionalità, sia nel senso di razionalità formale, cioè del principio logico di non contraddizione, sia nel senso di razionalità pratica, ovvero di ragionevolezza”. «La razionalità ci offre un criterio formale: la non contraddizione. La ragionevolezza indica un criterio materiale. La virtù della razionalità è la coerenza. La virtù della ragionevolezza è la prudenza». Gustavo Zagrebelsky

5 ART 3 DELLA COSTITUZIONE
IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA COME FONDAMENTO COSTITUZIONALE DEL GIUDIZIO DI RAGIONEVOLEZZA DELLE LEGGI Prima fase ( ) - il giudizio di ragionevolezza si manifesta nell’ambito del giudizio di uguaglianza e dello scrutinio sulle discriminazioni legislative; Seconda fase (1980 – 1990) il giudizio di uguaglianza – ragionevolezza inizia a svilupparsi nella tradizionale forma del giudizio ternario con la comparsa del tertium comparationis; Terza fase (fine anni 80 – oggi) si registra l’acquisizione di maggior autonomia del giudizio di ragionevolezza dal precetto costituzionale dell’art. 3 Cost., specie per quanto riguarda il giudizio di razionalità formale (o ragionevolezza intrinseca della legislazione);

6 VIOLAZIONE ARTICOLO 3 COST.
PRIMA FASE situazioni equivalenti DISCIPLINE DIFFERENTI VIOLAZIONE ARTICOLO 3 COST. situazioni diverse DISCIPLINA UGUALE Sentenza C. Cost. n. 3/1957. il principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge di cui all’art. 3.1 Cost. “non va inteso nel senso, che il legislatore non possa dettare norme diverse per regolare situazioni che esso ritiene diverse, adeguando così la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita sociale. Ma lo stesso principio deve assicurare ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione. La valutazione della rilevanza delle diversità di situazioni in cui si trovano i soggetti dei rapporti da regolare non può non essere riservata alla discrezionalità del legislatore, salva l'osservanza dei limiti stabiliti nel primo comma del citato art. 3

7 REGOLE INTERPRETATIVE
PRIMA FASE – ANNI 60 REGOLE INTERPRETATIVE Situazioni equivalenti vanno trattate in modo eguale; Situazioni differenti non devono essere trattate in modo eguale; Situazioni diverse devono subire un trattamento ragionevolmente differenziato; Sentenza C. Cost. 15/1960: “Non basta accertare che la norma in esame non sia in contrasto con i precetti inderogabili posti nel primo comma dell'art. 3. La giurisprudenza di questa Corte é costante nel senso che il principio di eguaglianza é violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni”.

8 STRUTTURA TERNARIA DEL GIUDIZIO – COMPARSA DEL TERTIUM COMPARATIONIS
SECONDA FASE – ANNI 80 STRUTTURA TERNARIA DEL GIUDIZIO – COMPARSA DEL TERTIUM COMPARATIONIS Corte Cost., 05/02/1986, n. 33: «Non è fondata, in riferimento all'art. 3 cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 202 comma 2 c.p.p., là dove prescrive alla parte che impugna per i soli interessi civili di far notificare, a pena di decadenza, la dichiarazione di gravame alle altre parti "entro tre giorni", anziché entro il più lungo termine di trenta giorni concesso dall'art-bis c.p.p. al pubblico ministero per la notificazione della dichiarazione di gravame ivi prevista. A parte il fatto che le situazioni poste a confronto non sono omogenee, l'art. 199-bis, addotto dai giudici "a quibus" come "tertium comparationis", riguarda esclusivamente l'impugnazione del p.m. sempre e comunque attinente al rapporto processuale penale e non trova invece applicazione nel caso in cui il p.m. abbia proposto la sola impugnazione contro i capi della sentenza di condanna riguardanti le istanze proposte a norma dell'art. 105 c.p.p.» Corte Cost., 17/12/1985, n. 349: «Com'è noto, però, l'invocato principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, presuppone che le situazioni poste a raffronto siano identiche ovvero, quanto meno, omogenee; mentre nell'ipotesi qui esaminata risulta evidente l'intrinseca eterogeneità, sia sotto il profilo sociale che sotto quello strettamente economico, delle due categorie di soggetti (titolari di una pensione minima oppure superiore al minimo), sicché non può considerarsi irrazionale una diversa disciplina di perequazione per ciascuna di esse».

9 SCHEMA BINARIO Es. Corte. cost. n. 239/1984
Oggetto: norma che impone l’appartenenza obbligatoria alle Comunità israelitiche (associazioni a carattere religioso) di tutti gli i membri israeliti sul territorio della comunità stessa. Parametro: art. 18 Cost. La libertà di associazione tutela anche la libertà di non associarsi  la norma è costituzionalmente illegittima per violazione del parametro dell’art. 18 Cost. OGGETTO PARAMETRO

10 SCHEMA TERNARIO PARAMETRO - ART 3 COST RATIO LEGIS TERTIUM OGGETTO

11 UN ESEMPIO: C. COST. 249/2010 Q.L.COST. art. 61 n. 11 bis codice penale – circostanza aggravante per «avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale» Indebita e irragionevole assimilazione fra il trattamento di soggetti responsabili d’una mera infrazione amministrativa (tale essendo ancora considerata la violazione delle norme in materia di immigrazione all’epoca dell’ordinanza di rimessione) ed il trattamento di soggetti che abbiano già commesso reati in precedenza (recidiva - art. 99 cod. pen.), o siano già stati individuati come pericolosi mediante un provvedimento giudiziale (art. 61, numero 6, cod. pen.- latitanza).

12 UN ESEMPIO: C. COST. 249/2010 La Corte considera come:
La norma prevede una presunzione assoluta di maggiore pericolosità dell’immigrato irregolare rispetto al cittadino italiano e dell’UE; Tale presunzione sorge dalla semplice violazione delle norme in materia di immigrazione che costituivano all’epoca semplice illecito amministrativo (automatismo); La differenza di trattamento non è ragionevole laddove: Nel caso delle aggravanti prese a paragone vi è una maggior pericolosità data dalla presenza di un provvedimento giurisdizionale di limitazione della libertà (latitanza) e dalla commissione di un delitto a seguito della commissione di altro delitto doloso (recidiva) e vi è in ogni caso un accertamento in concreto del giudice; La ratio perseguita dall’art. 61 non è meritevole di tutela ove frutto di un presupposto erroneo: l’automatismo tra violazione di norme in materia di immigrazione e maggiore pericolosità sociale del reo; la norma è dunque incostituzionale per violazione dell’art. 3.1 Cost.

13 TERZA FASE: ANNI 80 - OGGI Sentenza 43/1997: Non vi è ragionevolezza laddove “la legge manca il suo obiettivo e tradisce la sua ratio” Sentenza 1130/1988: “il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti”. Il legislatore incorre in violazione del principio di ragionevolezza nel senso di razionalità formale – coerenza quando le misure poste in essere dalla legge sono incompatibili con le esigenze perseguite, con ratio della norma; anche in questo senso, dunque, come per il giudizio sulla ragionevolezza delle discriminazioni legislative, si tratta di un giudizio sulla finalità perseguita dal legislatore; La verifica deve essere effettuata non in astratto ma in concreto alla luce delle circostanze del caso;

14 TERZA FASE: ANNI 80 - OGGI Sentenza Corte Cost. n. 313/1995 “Perché sia dunque possibile operare uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte sanzionatorie operate dal legislatore, è pertanto necessario che l'opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura per così dire sintomatica di "eccesso di potere" e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l'ordinamento assegna alla funzione legislativa”.

15 TEST INTERPRETATIVO IN 4 FASI
RAGIONEVOLEZZA E PLURALISMO: IL GIUDIZIO DI BILANCIAMENTO DEI DIRITTI E IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ TEST INTERPRETATIVO IN 4 FASI LEGITTIMITÀ – perseguimento scopo legittimo; CONNESSIONE RAZIONALE - tra mezzi utilizzati e scopo perseguito; NECESSITÀ – «least rectrective means»; PROPORZIONALITÀ IN SENSO STRETTO – bilanciamento in concreto;

16 IL GIUDIZIO DI BILANCIAMENTO DEI DIRITTI
CORTE COST. n° 85/ IL CASO ILVA DI TARANTO «La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. La qualificazione come “primari” dei valori dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato – dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale» «tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona»;


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