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L’approccio clinico nella formazione degli educatori

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Presentazione sul tema: "L’approccio clinico nella formazione degli educatori"— Transcript della presentazione:

1 L’approccio clinico nella formazione degli educatori
II parte

2 Nel caso del sistema mente-cervello, la chiave di lettura caotico-intenzionale trae origine dal presupposto che il comportamento volontario è l’esito dell’attivazione di circuiti neuronali preferenziali, gradualmente costruiti a partire dall’esperienza, ma non è riducibile ad essi dal momento che riflette “sia una possibilità di scelta di alcuni circuiti rispetto ad altri (con una variazione del contenuto d’informazione del sistema) e sia una tendenza a una successiva stabilizzazione della scelta.

3 All’interazione con l’ambiente e alla valutazione segue prima la scelta (o selezione) delle strutture che si dimostrano più efficienti, o più adatte, e poi la loro stabilizzazione e il loro rinforzo, cioè la produzione di altre strutture simili, ma ancora più efficienti e in maggior numero. Aumenta così nel sistema la quantità di strutture dotate di maggiore efficienza funzionale Nel caso del sistema mente-cervello la variabilità e l’instabilità sono legate alla fluidità delle connessioni sinaptiche all’interno delle reti neuronali, una fluidità che provoca una continua interruzione e riformazione delle connessioni.

4 Il sistema mente-cervello può essere visto, pertanto, come una rete estremamente fluida di migliaia di miliardi di connessioni sinaptiche, soggetta a una continua riorganizzazione e autoorganizzazione, in seguito alle esperienze del vissuto, sia parallelamente allo svolgimento dei compiti funzionali e sia anche indipendentemente da tale svolgimento.” (Azzali)

5 la specifica delle connessioni che si formano tra i neuroni non è contenuta nei geni, ma è la risultante dell’interazione casuale con l’ambiente. La permanenza delle connessioni è tuttavia garantita dai geni stessi fintanto che queste sono “ritenute utili” e dunque è la risultante di un processo di natura causale

6 Le attività della mente, dunque, possono considerarsi l’esito di processi caotico-intenzionali, ove con il termine caos non si intende l’assenza di cause oggettive, ma l’incapacità di identificarle con precisione nel senso casual-lineare in riferimento a fenomeni complessi, come l’educazione.

7 L’intenzionalità, trovando espressione nell’assunzione di modelli di azione volontaria, non si può considerare come qualcosa di insito nell’essere umano, né il risultato della semplice interazione con l’ambiente

8 è l’esito di processi relazionali che rendono possibile o inibiscono l’emancipazione dalla duplice prigionia dell’imprinting naturale - connesso alla costruzione della struttura neuronale sulla base delle esperienze - e culturale - esito delle imposizioni culturali

9 Imposizioni culturali/memi
Dawkins definisce le imposizioni culturali memi, replicatori della cultura analoghi ai geni, ai quali è connessa la nostra “conoscenza disposizionale” esito della trasmissione di alcuni comportamenti da una generazione all’altra.

10 A partire da questa trasmissione si genera il cosiddetto “senso comune”, ovvero “l’insieme di ciò che ognuno considera ovvio, all’interno di una certa comunità, e in un dato momento della storia”, una conoscenza pratica che si manifesta nelle azioni irriflesse della vita quotidiana e nelle interpretazioni immediate della realtà e delle persone che ci circondano

11 Senso comune I suoi contenuti sono “definiti dalla tradizione esistente entro i confini di una comunità data” e “trasmessi da una generazione all’altra”, i presupposti sono dati per scontati in quanto coincide con “quello che ciascuno pensa che tutti gli altri pensano”.

12 Il senso comune generato dai memi è, dunque, una sorta di routine cognitiva, un’abitudine socialmente condivisa, un automatismo derivante su un accordo circa gli aspetti rilevanti in una data situazione, “e dunque di intendere il significato che è consono a un contesto.”

13 Specularità Nel confrontarsi con una nuova situazione l’essere umano inoltre non costruisce modelli solo in funzione di ciò che osserva e di ciò che esperisce, ma anche in funzione del modo in cui pensa che l’altro modellizzerebbe nella stessa situazione.

14 Tale capacità trova riscontro nell’attivazione di specifici circuiti di neuroni, i neuroni specchio, i quali, quando i soggetti interagiscono con gli altri, consentono, a livello elementare, di correlare i movimenti osservati a quelli propri e di riconoscerne il significato, a livello più complesso, di comprendere le intenzioni e le emozioni dell’altro a partire dal nostro patrimonio motorio

15 mentre in un ambiente culturale “chiuso” i modelli formativi (memi) a cui guardare in maniera speculare e sui quali riflettere criticamente sono riconducibili ad un’unica matrice teorica, nel momento in cui ci si trova in un contesto culturale connotato da una pluralità di punti di vista e prese di posizione, il rischio è quello di favorire operazioni di tipo sincretistico tra posizioni contrastanti, dando vita ad interventi disorganizzati e poco coerenti.

16 A partire da queste riflessioni si può affermare che incidono in maniera determinante sulla pedagogia implicita del formatore non tanto e soltanto le esperienze di vita, le quali generano una graduale costruzione di circuiti neuronali preferenziali che rappresentano il fondamento biologico della generazione dei comportamenti volontari, ma soprattutto i modelli di formazione fruiti nell’ambito dei percorsi formativi formali, ai quali guardare in maniera speculare nella costruzione di strategie per l’azione.

17 Se la libertà associata ai valori consiste nella possibilità di esercitare scelte responsabili tra una pluralità di possibilità, è necessario che il sistema mente-cervello costruisca una pluralità di percorsi di scelta possibili nella costruzione di una azione

18 A questo proposito Daniel C
A questo proposito Daniel C. Dennett in L’evoluzione della libertà mette in guardia dal pericolo che i processi educativi si traducano in una “ingegneria dei valori” che “aggira la capacità della gente di controllare le proprie attività mentali”

19 Si tratta, in altri termini, di fornire ai formatori strumenti scientificamente fondati di revisione del proprio “agire educativo spontaneo” piuttosto che fornire quadri teorico-pratici prescrittivi e direttivi

20 3. suggestioni teoriche ed operative offerte dalla lettura neurofenomenologica dell’intenzionalità
rilettura dei processi formativi in chiave storica e culturale oltre che biologica parziale rinuncia ad un’indagine che, prescindendo dai singoli contesti relazionali, sia in grado di fornire “dati certi” e generalizzabili in sede di formulazione di modelli di formazione nella loro valenza teorico/pratica consapevolezza che l’idea guida di tale formulazione debba esplicitamente discendere dai “fini” oltre che dai “dati”.

21 3. suggestioni teoriche ed operative offerte dalla lettura neurofenomenologica dell’intenzionalità
necessità di un passaggio definitivo da una concezione della formazione intesa in termini di strategia sociale, finalizzata al raggiungimento di un equilibrio “stabilmente ottimizzato” dell’individuo con la società, ad una concezione che la intenda, piuttosto, in termini di strategia relazionale (e non di ammortizzatore sociale), indispensabile per prendere parte al processo evolutivo permanente e perturbante dell’ambiente.

22 3. suggestioni teoriche ed operative offerte dalla lettura neurofenomenologica dell’intenzionalità
ripensamento della funzione progettuale e persuasiva, e dunque formativo/formale, oltre che euristica, del sapere pedagogico Per molto tempo il processo formativo è stato interpretato in termini di ottimizzazione stabile del rapporto individuo/ambiente sociale, attraverso l’utilizzo di strategie eteronome o autonome.

23 3. suggestioni teoriche ed operative offerte dalla lettura neurofenomenologica dell’intenzionalità
I formatori, nel corso dei propri incontri con i “saperi” peculiari della cultura di appartenenza, si confrontano con modelli di interpretazione del processo di formazione di diversa matrice teorica, con modelli che presentano talvolta ricadute operative contrastanti a seconda del punto di vista adottato nel corso della loro formulazione. Sono tali modelli che, integrandosi con la pedagogia implicita, costituiranno i punti di riferimento del futuro formatore, ai quali guardare in maniera speculare nella costruzione di strategie per l’azione.

24 3. suggestioni teoriche ed operative offerte dalla lettura neurofenomenologica dell’intenzionalità
Di qui la necessità di strategie operative che consentano ai formatori di divenire attivi co-costruttori di quei presupposti teorici a partire dai quali interpretare la personale esperienza formativa e quella proposta agli altri, emancipandoli da monolitici quadri interpretativi esterni, già dati ed altrove elaborati, e creando le condizioni per un agire autenticamente libero

25 4. Sperimentazione condotta nella formazione universitaria (I laboratori di epistemologia e pratiche dell’educazione) Ipotesi guida: Uno studio in chiave comparativa dei modelli contemporanei di formazione apre alla possibilità di una scelta consapevole non solo del modello di riferimento, ma anche degli strumenti operativi più adeguati, consentendo una più attenta revisione degli stessi attraverso l’attivazione di dispositivi di autoriflessione.

26 Metodologia a. Studio comparativo (diacronico e sincronico) dei modelli della formazione caratterizzato da tre tappe: 1. Pluralita’ di punti di vista = pluralita’ di modelli di riferimento = disordine (soggettivo); 2. comparazione = ordine (soggettivo); 3. scelta = capacita’ di gestire il disordine = conoscenza SOGGETTIVA= modello soggettivo provvisorio)

27 Metodologia b) momento laboratoriale nel corso del quale, una volta individuato il modello di riferimento a seguito della comparazione, lo studente ricostruisce il percorso culturale a partire dal quale ha operato la scelta, tenendo conto del fatto che essa è stata orientata oltre che dalla sua storia di vita quotidiana (primo livello), anche dalla selezione degli input culturali ricevuti nel corso della formazione formale (secondo livello)

28 I laboratori di epistemologia e pratiche dell’educazione
La costruzione di un ipertesto consente di esplicitare l’intrecciarsi dei molteplici percorsi attraverso i quali si è andato costruendo il personale modello di interpretazione del modello di formazione, avendo al contempo sempre presenti i collegamenti ineludibili tra contributi afferti dai canali formali, non formali ed informali.

29 I laboratori di epistemologia e pratiche dell’educazione

30 Attraverso lo strumento ipertestuale, ed in particolare attraverso i collegamenti tra le tre sezioni dell’ipertesto, lo studente ha la possibilità di cogliere come alla radice dei propri processi di modellizzazione dell’azione non risieda un processo lineare che va dall’informale al formale, ma processi circolari a partire dai quali tra input formale ed input informale si viene a costituire un rapporto di reciproca regolazione.

31 L’ipertesto, dunque, sfuggendo alla logica rigidamente lineare e sequenziale, peculiare al classico testo narrativo scritto, consente di mettere in risalto la rete di interconnessioni sottesa ai processi di modellizzazione dell’azione.

32 Quanto al principio dell’enazione, è stato necessario individuare una struttura ipertestuale di base che consentisse di esplicitare e comprendere metacognitivamente, riproducendola anche visivamente, facendola dunque esperire percettivamente, la rete che sottende i processi mentali, simulandone la costruzione attraverso i collegamenti tra conoscenze formali, non formali ed informali che implicitamente guidano i processi di modellizzazione dell’azione educativa.

33 L’approccio visivo, cioè il messaggio retinico che si fa strada nella coscienza interiore, è organicamente compreso tra due dimensioni strutturate: la percezione globale immediata della struttura dell’ipertesto nella sua totalità e la percezione analitica dettagliata dell’informazione delle singole parti

34 il modello elaborato in forma ipertestuale ha la caratteristica di configurazione transitoria la quale viene interiorizzata dallo studente che riconosce l’incompletezza del proprio lavoro e il nesso esistente tra i suoi singoli elementi: lo spostamento, l’inserimento o l’eliminazione di un singolo elemento comporta ad una profonda revisione del proprio lavoro.

35 La dinamica reticolare del processo di costruzione ipertestuale funge dunque da modello della analoga dinamica sottesa ai processi di modellizzazione dell’azione: ne deriva la consapevolezza che un elemento esplicitato, sopraggiunto all’interno del “sistema” di conoscenze esplicite, modifica significativamente il senso di tutti gli altri sottosistemi dando vita ad una nuova configurazione

36 La prima versione del mio ipertesto era completamente diversa, ma ora non è rimasta alcuna traccia del lavoro originario. In effetti questo è stato un lungo e tortuoso lavoro di meditazione, di ripensamento che mi ha permesso di scoprire cose sempre nuove del mio mondo interiore. E' stato un lavoro estenuante che mi ha assorbito completamente, ogni tanto spuntava un pensiero o un ricordo che ho inseguito, collegato e spesso abbandonato; ma niente è stato inutile, ho scoperto in me pensieri, sentimenti, motivazioni che non sapevo di avere. Non so come questa esperienza mi ha cambiato perché c'è ancora tanta attività nella mia mente ma posso dire senz'altro che torno al mondo un po' più consapevole.

37 Perché Lavori in Corso? In primo luogo perché per un tempo molto lungo questo mio lavoro mi è parso come un cantiere, con la sola differenza che oltre a non sapere quando i suddetti lavori sarebbero giunti al termine, ignoravo anche che cosa alla fine avrebbe visto la luce. Mi è sembrato di posizionare dei pezzi, mattone dopo mattone, ma senza sapere dove mai avrebbe portato la strada che stavo costruendo; e alla fine, ironia della sorte, sebbene il prodotto fosse concluso, quel Lavori in Corso continuava a sembrarmi il titolo più calzante, stavolta non tanto per descrivere il lavoro in sé, ma come indice del senso più profondo che ha per me. Lavori in Corso si addice bene ad una personalità in cantiere, con un'accezione, tuttavia, tendente al negativo oltre che al positivo: o meglio, piuttosto che concentrarmi ottimisticamente sulla qualità di dinamicità, di progressione in avanti, di progettualità, ho evidenziato gli aspetti di complessità e contraddittorietà che necessariamente, a mio avviso, accompagnano uno stato di "work in progress".

38   E' sempre difficile trovare le parole per una conclusione, soprattutto in questo caso, in cui ho l'impressione di avere appena iniziato. In seguito a numerose revisioni mi rendo conto che non posso assolutamente dire che questa sia la versione definitiva, perché il mio percorso di crescita e di esplorazione della mia teoria del processo formativo non è da ritenersi compiuto

39 La cosa più straordinaria di questo mio lavoro su me stessa, di questo mio processo di autoriflessione su ciò che io adesso sono, e di cosa mi abbia aiutato ad essere quello che oggi sono, è riscoprirmi facente parte di un immenso mondo di pensieri, emozioni, vissuti... Non ci sarà mai semplicemente un epilogo a  questo processo della conoscenza, perché non c'è mai fine alla conoscenza di se stessi. E' un continuo navigare tra mondi vissuti e non vissuti... Questo ipertesto fa parte del mio presente, ma di sicuro continuerà a "esserci", con tutta la sua pregnanza anche nel mio domani.

40 Ritengo che la circolarità, sia l'essenza di questo lavoro: se dovessi rappresentarlo graficamente gli darei la forma di una sfera in cui l'inizio e la fine si incontrano e quasi non si distinguono, una circonferenza in cui i singoli punti scompaiono e si fondono e si confondono a favore della totalità della figura. In definitiva sono molto soddisfatta di questo lavoro, perché mi ha consentito di mettermi in gioco, di pormi in maniera critica rispetto ad alcuni cambiamenti fondamentali che hanno condizionato il mio percorso formativo. E' stato un momento di riflessione che mi ha reso più consapevole. E' stato un momento formativo perché riflettere sulla propria formazione, secondo me, è di per sè formativo.  

41 Mi sono resa conto, a lavoro terminato, che aver pensato a questo processo nel corso dei livelli del formale, dell’informale e del non formale, mi ha permesso di mettere a nudo la mia vita, organizzandola nel corso continuo del divenire della mia storia. Il risultato è stato un intreccio di variabili molteplici che danno ragione a quello che io intendo per cambiamento: un processo multidimensionale e complesso. Questa riflessione mi ha dato il modo di comprendere, a distanza di tempo, il significato delle mie esperienze.

42 Lavorare all'ipertesto è stata  un'esperienza nuova e ricca di significato, non mi sembrava possibile trovare collegamenti tra storie, libri, film per me importanti, ma più rileggevo i vari pezzi inseriti e più mi venivano in mente elementi  da aggiungere. La struttura di tre caselle iniziali è diventata un albero ramificato; è stato un bel lavoro perché l'ho costruito da sola, all'inizio ero un pò titubante e, come in tutte le altre cose, non mi sentivo all'altezza del compito, ma poi è diventato lo zoom  dei punti importanti della mia vita.


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