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PubblicatoVittorio Mosca Modificato 6 anni fa
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L’INCONTRO DELLE PARALLELE: LA SORPRESA DELLE GEOMETRIE
Silvia Benvenuti Scuola di Scienze e Tecnologie Università di Camerino Parleremo di geometria (o meglio, come vedete in questo falso refuso, di geometrie), ma non solo: Cosa fa un matematico tutto il giorno Bellezza I matematici risolvono problemi Idee, protagonisti, proposte didattiche Siracusa, 2 ottobre 2016
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Quello che ci hanno sempre insegnato …
Teorema di pitagora 2) non è nemmeno un teorema, è “verità”
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Quello che ci hanno sempre insegnato …
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa Teorema di pitagora 2) non è nemmeno un teorema, è “verità”
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Quello che ci hanno sempre insegnato …
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P Teorema di pitagora 2) non è nemmeno un teorema, è “verità”
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Quello che ci hanno sempre insegnato …
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180° Teorema di pitagora 2) non è nemmeno un teorema, è “verità”
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Quello che ci hanno sempre insegnato …
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180° Teorema di pitagora 2) non è nemmeno un teorema, è “verità” Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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… dimentichiamolo per oggi!
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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… dimentichiamolo per oggi!
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è minore del quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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… dimentichiamolo per oggi!
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è maggiore del quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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La somma dei quadrati costruiti sui cateti è maggiore del quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste più di una parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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La somma dei quadrati costruiti sui cateti è maggiore del quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, non esiste nessuna parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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La somma dei quadrati costruiti sui cateti è maggiore del quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, non esiste nessuna parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è minore di 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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La somma dei quadrati costruiti sui cateti è maggiore del quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, non esiste nessuna parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (omotetia)
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… dimentichiamolo per oggi!
La somma dei quadrati costruiti sui cateti è maggiore del quadrato costruito sull’ipotenusa Dati una retta r e un punto P fuori da essa, non esiste nessuna parallela ad r passante per P La somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di 180° La storia che raccontiamo stamani è quella di una geometria in cui non è vero che la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (può essere maggiore, oppure se vuole può essere minore), in cui non è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° (ci sono triangoli gonfi e anche triangoli sgonfi), non è vero che Dati una retta r e un punto P fuori da essa, esiste una e una sola parallela ad r passante per P (ce ne può essere più di una ma può no essercene neanche una), e dove non è vero che Dato un triangolo, è sempre possibile costruirne uno simile ma più grande (cioè dove, udite udite, non si possono fare omotetie!!!) Se due triangoli hanno gli stessi angoli interni, allora hanno la stessa area
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Se siete perplessi, consolatevi pensando che quando questa nuova geometria di cui parliamo oggi fu inrodotta, cosa che successe relativamente di recente, attorno al 1850, i primo che hanno parlato di tutto ciò sono stati bollati come pazzi. Si è detto di loro, quando è andata bene, che si trattava di «racconti di fate», di geo da manicomio. A qualche matematico un po’ più famoso, che aveva osato raccontare i suoi lavori sul tema, venne detto che le sue non erano altro che «elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania», e per finire i ministri dell’istruzione dei primo del 900 (le gelmini di allora) affermavano veementemente che «la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità». Insomma state attenti perché stamattina facciamo qualcosa di altamente sovversivo, perche “i geometri non euclidei (come me!) hanno una comprensione oscura e menti ingannevoli, e l’insegnamento della geometria non euclidea in università e scuole darebbe origine a una razza di studenti che potrebbe compromettere la società” Questa la percezione delle geometrie non euclidee al momento della loro introduzione, cosa che è avvenuta in epoca piuttosto recente (non dovete pensare a “la matematica” o “la geometria” come qualcosa di fisso e immutabile, stabilito una volta per tutti da chi..da un matematico dell’età della pietra, o da mosè, o da dio), bensì …no, la storia dela geometria è una storia molto recente, anzi di più mlto attuale..
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racconti di fate Se siete perplessi, consolatevi pensando che quando questa nuova geometria di cui parliamo oggi fu inrodotta, cosa che successe relativamente di recente, attorno al 1850, i primo che hanno parlato di tutto ciò sono stati bollati come pazzi. Si è detto di loro, quando è andata bene, che si trattava di «racconti di fate», di geo da manicomio. A qualche matematico un po’ più famoso, che aveva osato raccontare i suoi lavori sul tema, venne detto che le sue non erano altro che «elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania», e per finire i ministri dell’istruzione dei primo del 900 (le gelmini di allora) affermavano veementemente che «la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità». Insomma state attenti perché stamattina facciamo qualcosa di altamente sovversivo, perche “i geometri non euclidei (come me!) hanno una comprensione oscura e menti ingannevoli, e l’insegnamento della geometria non euclidea in università e scuole darebbe origine a una razza di studenti che potrebbe compromettere la società” Questa la percezione delle geometrie non euclidee al momento della loro introduzione, cosa che è avvenuta in epoca piuttosto recente (non dovete pensare a “la matematica” o “la geometria” come qualcosa di fisso e immutabile, stabilito una volta per tutti da chi..da un matematico dell’età della pietra, o da mosè, o da dio), bensì …no, la storia dela geometria è una storia molto recente, anzi di più mlto attuale..
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geometrie da manicomio
racconti di fate geometrie da manicomio Se siete perplessi, consolatevi pensando che quando questa nuova geometria di cui parliamo oggi fu inrodotta, cosa che successe relativamente di recente, attorno al 1850, i primo che hanno parlato di tutto ciò sono stati bollati come pazzi. Si è detto di loro, quando è andata bene, che si trattava di «racconti di fate», di geo da manicomio. A qualche matematico un po’ più famoso, che aveva osato raccontare i suoi lavori sul tema, venne detto che le sue non erano altro che «elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania», e per finire i ministri dell’istruzione dei primo del 900 (le gelmini di allora) affermavano veementemente che «la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità». Insomma state attenti perché stamattina facciamo qualcosa di altamente sovversivo, perche “i geometri non euclidei (come me!) hanno una comprensione oscura e menti ingannevoli, e l’insegnamento della geometria non euclidea in università e scuole darebbe origine a una razza di studenti che potrebbe compromettere la società” Questa la percezione delle geometrie non euclidee al momento della loro introduzione, cosa che è avvenuta in epoca piuttosto recente (non dovete pensare a “la matematica” o “la geometria” come qualcosa di fisso e immutabile, stabilito una volta per tutti da chi..da un matematico dell’età della pietra, o da mosè, o da dio), bensì …no, la storia dela geometria è una storia molto recente, anzi di più mlto attuale..
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geometrie da manicomio
racconti di fate geometrie da manicomio elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania Se siete perplessi, consolatevi pensando che quando questa nuova geometria di cui parliamo oggi fu inrodotta, cosa che successe relativamente di recente, attorno al 1850, i primo che hanno parlato di tutto ciò sono stati bollati come pazzi. Si è detto di loro, quando è andata bene, che si trattava di «racconti di fate», di geo da manicomio. A qualche matematico un po’ più famoso, che aveva osato raccontare i suoi lavori sul tema, venne detto che le sue non erano altro che «elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania», e per finire i ministri dell’istruzione dei primo del 900 (le gelmini di allora) affermavano veementemente che «la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità». Insomma state attenti perché stamattina facciamo qualcosa di altamente sovversivo, perche “i geometri non euclidei (come me!) hanno una comprensione oscura e menti ingannevoli, e l’insegnamento della geometria non euclidea in università e scuole darebbe origine a una razza di studenti che potrebbe compromettere la società” Questa la percezione delle geometrie non euclidee al momento della loro introduzione, cosa che è avvenuta in epoca piuttosto recente (non dovete pensare a “la matematica” o “la geometria” come qualcosa di fisso e immutabile, stabilito una volta per tutti da chi..da un matematico dell’età della pietra, o da mosè, o da dio), bensì …no, la storia dela geometria è una storia molto recente, anzi di più mlto attuale..
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geometrie da manicomio
racconti di fate geometrie da manicomio la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania Se siete perplessi, consolatevi pensando che quando questa nuova geometria di cui parliamo oggi fu inrodotta, cosa che successe relativamente di recente, attorno al 1850, i primo che hanno parlato di tutto ciò sono stati bollati come pazzi. Si è detto di loro, quando è andata bene, che si trattava di «racconti di fate», di geo da manicomio. A qualche matematico un po’ più famoso, che aveva osato raccontare i suoi lavori sul tema, venne detto che le sue non erano altro che «elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania», e per finire i ministri dell’istruzione dei primo del 900 (le gelmini di allora) affermavano veementemente che «la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità». Insomma state attenti perché stamattina facciamo qualcosa di altamente sovversivo, perche “i geometri non euclidei (come me!) hanno una comprensione oscura e menti ingannevoli, e l’insegnamento della geometria non euclidea in università e scuole darebbe origine a una razza di studenti che potrebbe compromettere la società” Questa la percezione delle geometrie non euclidee al momento della loro introduzione, cosa che è avvenuta in epoca piuttosto recente (non dovete pensare a “la matematica” o “la geometria” come qualcosa di fisso e immutabile, stabilito una volta per tutti da chi..da un matematico dell’età della pietra, o da mosè, o da dio), bensì …no, la storia dela geometria è una storia molto recente, anzi di più mlto attuale..
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geometrie da manicomio
racconti di fate geometrie da manicomio la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania Se siete perplessi, consolatevi pensando che quando questa nuova geometria di cui parliamo oggi fu inrodotta, cosa che successe relativamente di recente, attorno al 1850, i primo che hanno parlato di tutto ciò sono stati bollati come pazzi. Si è detto di loro, quando è andata bene, che si trattava di «racconti di fate», di geo da manicomio. A qualche matematico un po’ più famoso, che aveva osato raccontare i suoi lavori sul tema, venne detto che le sue non erano altro che «elucubrazioni deliranti di un professore universitario elevate al rango di nuove verità sovrumane, per merito della sua megalomania», e per finire i ministri dell’istruzione dei primo del 900 (le gelmini di allora) affermavano veementemente che «la geometria non euclidea non può procurare agli studenti altro che stanchezza, vuotezza, arroganza e stupidità». Insomma state attenti perché stamattina facciamo qualcosa di altamente sovversivo, perche “i geometri non euclidei (come me!) hanno una comprensione oscura e menti ingannevoli, e l’insegnamento della geometria non euclidea in università e scuole darebbe origine a una razza di studenti che potrebbe compromettere la società” Questa la percezione delle geometrie non euclidee al momento della loro introduzione, cosa che è avvenuta in epoca piuttosto recente (non dovete pensare a “la matematica” o “la geometria” come qualcosa di fisso e immutabile, stabilito una volta per tutti da chi..da un matematico dell’età della pietra, o da mosè, o da dio), bensì …no, la storia dela geometria è una storia molto recente, anzi di più mlto attuale.. i geometri non euclidei hanno una comprensione oscura e menti ingannevoli, e l’insegnamento della geometria non euclidea in università e scuole darebbe origine a una razza di studenti che potrebbe compromettere la società
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Kant … e i Munduruku Immanuel Kant (1724-1804)
Seduto nella tua stanza, indossi un paio di occhiali dalle lenti azzurre e ti guardi intorno: da cosa dipende quello che vedi? Sicuramente dagli oggetti che stai guardando, ma non solo. Il modo, infatti, in cui li vedi, dipende dal fatto che stai indossando degli occhiali azzurri: tu vedi tutto azzurro, mentre un’altra persona, nella stanza, che stesse guardando gli stessi oggetti con occhiali dalle lenti rosse, li vedrebbe diversamente. Né tu né l’altra persona, inoltre, sareste in grado di dire di che colore siano effettivamente il copriletto, la scrivania o il quadro appeso alla parete. Gli occhiali che indossi, cioè, influenzano il modo in cui percepisci la realtà esterna: non potrai mai dire come questa sia «in sé», ma solo come ti «si mostra». Kant afferma che quello che possiamo conoscere del mondo ha origine da esperienze sensoriali; dall’altra, però, osserva che il modo in cui lo comprendiamo dipende da certe condizioni a priori, presenti nel nostro intelletto (gli occhiali). Per Kant, tutti noi siamo dotati di occhiali identici, ovvero abbiamo nel nostro intelletto le stesse predisposizioni, che influenzano tutte le nostre esperienze. Ci portano, in particolare, a percepire ogni cosa come un fenomeno nel tempo e nello spazio, le due «intuizioni a priori» che costituiscono le lenti attraverso le quali guardiamo il mondo. E, secondo Kant, la nostra intuizione a priori dello spazio è governata dalla geometria euclidea. I postulati euclidei, dunque, essendo a priori (cioè non mediati dall’esperienza), sono universali e necessari: la conoscenza che producono è dunque sicura, infallibile e indiscutibile, perché appunto non mediata dall’esperienza. Studi antropologici recenti hanno verificato che i Mundurukù, indios d’Amazzonia che vivono isolati nei loro villaggi alla foce del fiume Curucu, conoscono la differenza tra una curva e una retta, riconoscono due rette parallele e distinguono un triangolo rettangolo tra altri che non lo sono. Conoscono, cioè, i fondamenti della geometria euclidea. Le loro performances crollano però quando si fanno domande agli adulti, su argomenti che presuppongono lo studio della geometria. Il risultato dell’esperimento è una prova a favore di Kant, che ci dice che la geometria euclidea è in noi come un a priori e ci fornisce la chiave di lettura del mondo? O non è altro che l’ovvia conseguenza del fatto che il mondo, sulla nostra scala, è oggettivamente euclideo? E che quindi l’unica geometria che si può conoscere senza studiare, essendo la geo-metria, quella che deriva dalle osservazioni di ogni giorno, è per forza quella euclidea?
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La rivoluzione non euclidea: libertà!
Non vi sto a raccontare la storia, pur interessante, dell’introduzione delle geo non euclidee (ci penseranno, eventualmente, i vostri insegnanti). Sappiate solo che è storia recente (dal 1850 in poi), e che fu enormemente travagliata, che l’idea delle geo non euclidee fu violentemente avversata dal mondo accademico (mate-filo) tanto da essere battezzata rivoluzione copernicana della matematica (resistenze forti perché kant). Sentimenti parimente forti, ma positivi, si ebbero invece dal mondo degli artisti, che videro nel messaggio della geometria non euclidea un messaggio di libertà: ci hanno sempre detto che due parallele non si incontrano mai? Ebbene, ribaltiamo il punto di vista, costruendo mondi nuovi in cui due rette, comunque prese, si incontrano sempre, oppure in cui per un punto ci sono infinite parallele ad una retta data…libertà di costruire nuovi mondi…potete immaginare come gente tipo i cubisti (picasso), i surrealisti (dalì) i dadaisti ci siano andati a nozze. Per dirla con le parole di Imre Toth: No! Libertà e verità creazione e negazione. Toth sottolinea come la genesi della geometria non euclidea sia radicalmente diversa da quella delle scienze naturali e della geometria euclidea, nata e sviluppata progressivamente nella geo-metria, cioè nell’analisi e misura della Terra stessa. Non si tratta, infatti, del punto di arrivo di un accumulo, lento e graduale, di conoscenze. Al contrario, «il complesso dei teoremi non euclidei scaturì d’un tratto da una sola e pura sorgente: la negazione». Negazione che, invece di essere distruttiva, si rivela creativa: non si distrugge il sistema euclideo, né si dimostra l’impossibilità di un sistema a esso alternativo. Possiamo accettare simultaneamente entrambi, in quanto domini conoscitivi opposti e autonomi: alle due geometrie si possono riconoscere gli stessi diritti di esistenza e verità.
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La rivoluzione non euclidea: libertà!
Non vi sto a raccontare la storia, pur interessante, dell’introduzione delle geo non euclidee (ci penseranno, eventualmente, i vostri insegnanti). Sappiate solo che è storia recente (dal 1850 in poi), e che fu enormemente travagliata, che l’idea delle geo non euclidee fu violentemente avversata dal mondo accademico (mate-filo) tanto da essere battezzata rivoluzione copernicana della matematica (resistenze forti perché kant). Sentimenti parimente forti, ma positivi, si ebbero invece dal mondo degli artisti, che videro nel messaggio della geometria non euclidea un messaggio di libertà: ci hanno sempre detto che due parallele non si incontrano mai? Ebbene, ribaltiamo il punto di vista, costruendo mondi nuovi in cui due rette, comunque prese, si incontrano sempre, oppure in cui per un punto ci sono infinite parallele ad una retta data…libertà di costruire nuovi mondi…potete immaginare come gente tipo i cubisti (picasso), i surrealisti (dalì) i dadaisti ci siano andati a nozze. Per dirla con le parole di Imre Toth: No! Libertà e verità creazione e negazione. Toth sottolinea come la genesi della geometria non euclidea sia radicalmente diversa da quella delle scienze naturali e della geometria euclidea, nata e sviluppata progressivamente nella geo-metria, cioè nell’analisi e misura della Terra stessa. Non si tratta, infatti, del punto di arrivo di un accumulo, lento e graduale, di conoscenze. Al contrario, «il complesso dei teoremi non euclidei scaturì d’un tratto da una sola e pura sorgente: la negazione». Negazione che, invece di essere distruttiva, si rivela creativa: non si distrugge il sistema euclideo, né si dimostra l’impossibilità di un sistema a esso alternativo. Possiamo accettare simultaneamente entrambi, in quanto domini conoscitivi opposti e autonomi: alle due geometrie si possono riconoscere gli stessi diritti di esistenza e verità.
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Libertà: l’influenza sull’arte moderna
«se si desiderasse collegare lo spazio dei pittori a qualche geometria, bisognerebbe fare riferimento ai sapienti non euclidei, meditare su certi [loro] teoremi» Du cubisme (1912), A. Gleizes e J. Metzinger «Lobačevskij ha fatto esplodere l’assolutismo di Euclide. Con Gauss e Riemann egli ha distrutto il rigido spazio euclideo. Tutti gli oggetti matematici che essi hanno stabilito sono inimmaginabili e inaccessibili alla sensazione. Lo schiudersi della nuova epoca, annunciata dalla costruzione di nuovi mondi matematici, portava con sé una tentazione, e gli artisti non hanno saputo resistere alla sua forza seduttrice. […] Noi abbiamo deciso di accettare come evidenti e necessarie le concezioni che i nostri predecessori hanno considerato come inconcepibili e che, in effetti, essi erano incapaci di concepire» E. El Lissitzky ( ) «Un quadro è l’arte di far incontrare due linee, di cui si constata geometricamente il parallelismo, su una tela, davanti ai nostri occhi, nella realtà di un mondo trasfigurato che segua nuove condizioni e possibilità» T. Tzara ( ) Ponte tra i due mondi: Herman von Helmoltz, i cui articoli, pubblicati tra il 1860 e il 1870 in Germania, Inghilterra, Francia e Stati Uniti, attrassero enormemente l’attenzione del pubblico non specialistico cui erano rivolti. Così stimolato, il dibattito si sviluppò sul terreno francese attraverso la Revue philosophique e la Revue de métaphisique et de morale, rendendo le idee della geometria non euclidea un soggetto quotidiano di interesse per gli intellettuali di tutta Europa. Fu infine un altro matematico, Henri Poincaré, con numerosi articoli apparsi a partire dal 1890, a imporre l’idea degli assiomi come convenzioni arbitrarie e libere da ogni riferimento alla realtà esterna, fecondando in questo modo l’ambiente artistico in cui egli aveva moltissimi amici: tramite questo percorso la geometria non euclidea divenne, per molti artisti del primo novecento, sinonimo di una nuova libertà dalla tirannia della tradizione. I cubisti percepivano la loro vicenda artistica come parallela a quella matematica dei non euclidei: la prospettiva rinascimentale e la tradizione figurativa classica erano accostate alla matematica euclidea, mentre il cubismo era accomunato alla geometria non euclidea in quanto rappresentante di nuove convenzioni, legittime quanto le precedenti. El lissitzky, come esempio di una tale «arte divenuta libera», cita il Quadrato di Kasimir Malevic, esposto a San Pietroburgo nel 1914. Dada (fondatore tzara): Nato come protesta contro la società borghese e il conservatorismo, il movimento Dada era naturalmente in sintonia con lo spirito sovversivo delle nuove geometrie, che ispirarono non solo il poeta Tzara ma anche pittori come Francis Picabia (1879) e, a cavallo tra Dada e Surrealismo, Marcel Duchamp ( ). Surrealismo: L’incontro delle parallele (1935) di Yves Tanguy, Ragazzo affascinato dal volo di una mosca non euclidea (1942) di Max Ernst o La persistenza della memoria (1931) di Salvator Dalì. Quest’ultimo, in particolare, si basa sull’idea di uno spazio che non è né euclideo né iperbolico né ellittico, bensì una “mescolanza” dei tre, codificata con il concetto, che analizzeremo nel capitolo 6, di curvatura non costante, che dà vita a figure, come gli orologi del dipinto, che “colano” spostandosi nello spazio. Letteratura: Pelham Grenville Wodehouse, Herbert George Wells, Oscar Wilde, Joseph Conrad, Ford Madox Ford, Marcel Proust e Gertrude Stein Musica: Alexander Scriabin, Edgar Varèse e George Antheil. Pelham Grenville Wodehouse, Herbert George Wells, Oscar Wilde, Joseph Conrad, Ford Madox Ford, Marcel Proust, Gertrude Stein Alexander Scriabin, Edgar Varèse, George Antheil
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La rivoluzione non euclidea: libertà!
Cerchio limite IV, M. C. Escher (1969) Non vi sto a raccontare la storia, pur interessante, dell’introduzione delle geo non euclidee (ci penseranno, eventualmente, i vostri insegnanti). Sappiate solo che è storia recente (dal 1850 in poi), e che fu enormemente travagliata, che l’idea delle geo non euclidee fu violentemente avversata dal mondo accademico (mate-filo) tanto da essere battezzata rivoluzione copernicana della matematica (resistenze forti perché kant). Sentimenti parimente forti, ma positivi, si ebbero invece dal mondo degli artisti, che videro nel messaggio della geometria non euclidea un messaggio di libertà: ci hanno sempre detto che due parallele non si incontrano mai? Ebbene, ribaltiamo il punto di vista, costruendo mondi nuovi in cui due rette, comunque prese, si incontrano sempre, oppure in cui per un punto ci sono infinite parallele ad una retta data…libertà di costruire nuovi mondi…potete immaginare come gente tipo i cubisti (picasso), i surrealisti (dalì) i dadaisti ci siano andati a nozze. Per dirla con le parole di Imre Toth: No! Libertà e verità creazione e negazione. Toth sottolinea come la genesi della geometria non euclidea sia radicalmente diversa da quella delle scienze naturali e della geometria euclidea, nata e sviluppata progressivamente nella geo-metria, cioè nell’analisi e misura della Terra stessa. Non si tratta, infatti, del punto di arrivo di un accumulo, lento e graduale, di conoscenze. Al contrario, «il complesso dei teoremi non euclidei scaturì d’un tratto da una sola e pura sorgente: la negazione». Negazione che, invece di essere distruttiva, si rivela creativa: non si distrugge il sistema euclideo, né si dimostra l’impossibilità di un sistema a esso alternativo. Possiamo accettare simultaneamente entrambi, in quanto domini conoscitivi opposti e autonomi: alle due geometrie si possono riconoscere gli stessi diritti di esistenza e verità. Ragazzo affascinato dal volo di una mosca non euclidea, Max Ernst (1942)
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La rivoluzione non euclidea: libertà!
Cerchio limite IV, M. C. Escher (1969) «La matematica è la scienza della libertà: la geometria non euclidea è nata non per misurazioni, ma sulla base della libera scelta umana di negare in maniera non distruttiva» Imre Toth Non vi sto a raccontare la storia, pur interessante, dell’introduzione delle geo non euclidee (ci penseranno, eventualmente, i vostri insegnanti). Sappiate solo che è storia recente (dal 1850 in poi), e che fu enormemente travagliata, che l’idea delle geo non euclidee fu violentemente avversata dal mondo accademico (mate-filo) tanto da essere battezzata rivoluzione copernicana della matematica (resistenze forti perché kant). Sentimenti parimente forti, ma positivi, si ebbero invece dal mondo degli artisti, che videro nel messaggio della geometria non euclidea un messaggio di libertà: ci hanno sempre detto che due parallele non si incontrano mai? Ebbene, ribaltiamo il punto di vista, costruendo mondi nuovi in cui due rette, comunque prese, si incontrano sempre, oppure in cui per un punto ci sono infinite parallele ad una retta data…libertà di costruire nuovi mondi…potete immaginare come gente tipo i cubisti (picasso), i surrealisti (dalì) i dadaisti ci siano andati a nozze. Per dirla con le parole di Imre Toth: No! Libertà e verità creazione e negazione. Toth sottolinea come la genesi della geometria non euclidea sia radicalmente diversa da quella delle scienze naturali e della geometria euclidea, nata e sviluppata progressivamente nella geo-metria, cioè nell’analisi e misura della Terra stessa. Non si tratta, infatti, del punto di arrivo di un accumulo, lento e graduale, di conoscenze. Al contrario, «il complesso dei teoremi non euclidei scaturì d’un tratto da una sola e pura sorgente: la negazione». Negazione che, invece di essere distruttiva, si rivela creativa: non si distrugge il sistema euclideo, né si dimostra l’impossibilità di un sistema a esso alternativo. Possiamo accettare simultaneamente entrambi, in quanto domini conoscitivi opposti e autonomi: alle due geometrie si possono riconoscere gli stessi diritti di esistenza e verità. Ragazzo affascinato dal volo di una mosca non euclidea, Max Ernst (1942)
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A pensarci bene … Artisti coi piedi sulla terra
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Geometria del mappamondo
Di fatto la geometria della sfera ci è molto familiare, per ovvie ragioni…
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Geometria del mappamondo
Di fatto la geometria della sfera ci è molto familiare, per ovvie ragioni…
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Geometria del mappamondo
Cosa vuol dire “andare a diritto” sul mappamondo?! Di fatto la geometria della sfera ci è molto familiare, per ovvie ragioni…
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Geometria del mappamondo
Cosa vuol dire “andare a diritto” sul mappamondo?! Di fatto la geometria della sfera ci dovrebbe molto familiare, per ovvie ragioni…
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Geometria del mappamondo
Cosa vuol dire “andare a diritto” sul mappamondo?! Di fatto la geometria della sfera ci dovrebbe molto familiare, per ovvie ragioni… Segmento AB = il più breve tra tutti i percorsi che congiungono A e B
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Geometria del mappamondo
Cosa vuol dire “andare a diritto” sul mappamondo?! Di fatto la geometria della sfera ci dovrebbe molto familiare, per ovvie ragioni… Segmento AB = il più breve tra tutti i percorsi che congiungono A e B
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Segmenti e rette del mappamondo
Cerchiamo di capire chi sono le rette su una superficie sferica, ovvero le rette di un mappamondo: mettiamo di fissare due punti sul mappamondo, per esempio in corrispondenza di diciamo Napoli e NY, e ci chiediamo qual è il cammino più breve, sul mappamondo, per andare da una città all’altra: un modo per determinarlo è piantare un chiodo in corrispondenza di Napoli, uno in corrispondenza di NY e poi fissare un elastico ai due chiodi. L’elastico, se in lieve tensione, si disporrà naturalmente lungo la curva di lunghezza minore: facendo l’esperimento verificheremmo che tale curva è un arco di quel che si dice una circonferenza massima, dove … Caso 2 New York: 40°44' N, 74°0'W Napoli: 40°50'N, 14°15'E Distanza (geodetica): 7100 km Distanza lungo parallelo: 7540 km chiodi dividono la circonferenza massima passante per le due città. Osserviamo inoltre che tale circonferenza massima è univocamente determinata, ovvero che ce n’è una sola, sul mappamondo, passante per NA e NY. Il risultato è analogo se scegliamo qualunque altra coppia di città, con l’avvertenza che se le due città si trovano esattamente agli antipodi, avremo infinite circonferenze massime che le congiungono e quindi infiniti cammini tra loro, tutti della stessa lunghezza. Una tale situazione, corrispondente al fatto che un tunnel congiungente le due città passi per il centro della terra, si esprime dicendo che le due città occupano punti, per l’appunto, antipodali (o diametralmente opposti) sulla superficie sferica del mappamondo.
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Le rette del mappamondo
Cerchiamo di capire chi sono le rette su una superficie sferica, ovvero le rette di un mappamondo: mettiamo di fissare due punti sul mappamondo, per esempio in corrispondenza di diciamo Napoli e NY, e ci chiediamo qual è il cammino più breve, sul mappamondo, per andare da una città all’altra: un modo per determinarlo è piantare un chiodo in corrispondenza di Napoli, uno in corrispondenza di NY e poi fissare un elastico ai due chiodi. L’elastico, se in lieve tensione, si disporrà naturalmente lungo la curva di lunghezza minore: facendo l’esperimento verificheremmo che tale curva è un arco di quel che si dice una circonferenza massima, dove … Caso 2 New York: 40°44' N, 74°0'W Napoli: 40°50'N, 14°15'E Distanza (geodetica): 7100 km Distanza lungo parallelo: 7540 km chiodi dividono la circonferenza massima passante per le due città. Osserviamo inoltre che tale circonferenza massima è univocamente determinata, ovvero che ce n’è una sola, sul mappamondo, passante per NA e NY. Il risultato è analogo se scegliamo qualunque altra coppia di città, con l’avvertenza che se le due città si trovano esattamente agli antipodi, avremo infinite circonferenze massime che le congiungono e quindi infiniti cammini tra loro, tutti della stessa lunghezza. Una tale situazione, corrispondente al fatto che un tunnel congiungente le due città passi per il centro della terra, si esprime dicendo che le due città occupano punti, per l’appunto, antipodali (o diametralmente opposti) sulla superficie sferica del mappamondo.
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Le rette del mappamondo
Cerchiamo di capire chi sono le rette su una superficie sferica, ovvero le rette di un mappamondo: mettiamo di fissare due punti sul mappamondo, per esempio in corrispondenza di diciamo Napoli e NY, e ci chiediamo qual è il cammino più breve, sul mappamondo, per andare da una città all’altra: un modo per determinarlo è piantare un chiodo in corrispondenza di Napoli, uno in corrispondenza di NY e poi fissare un elastico ai due chiodi. L’elastico, se in lieve tensione, si disporrà naturalmente lungo la curva di lunghezza minore: facendo l’esperimento verificheremmo che tale curva è un arco di quel che si dice una circonferenza massima, dove … Caso 2 New York: 40°44' N, 74°0'W Napoli: 40°50'N, 14°15'E Distanza (geodetica): 7100 km Distanza lungo parallelo: 7540 km chiodi dividono la circonferenza massima passante per le due città. Osserviamo inoltre che tale circonferenza massima è univocamente determinata, ovvero che ce n’è una sola, sul mappamondo, passante per NA e NY. Il risultato è analogo se scegliamo qualunque altra coppia di città, con l’avvertenza che se le due città si trovano esattamente agli antipodi, avremo infinite circonferenze massime che le congiungono e quindi infiniti cammini tra loro, tutti della stessa lunghezza. Una tale situazione, corrispondente al fatto che un tunnel congiungente le due città passi per il centro della terra, si esprime dicendo che le due città occupano punti, per l’appunto, antipodali (o diametralmente opposti) sulla superficie sferica del mappamondo.
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Le rette del mappamondo
Cerchiamo di capire chi sono le rette su una superficie sferica, ovvero le rette di un mappamondo: mettiamo di fissare due punti sul mappamondo, per esempio in corrispondenza di diciamo Napoli e NY, e ci chiediamo qual è il cammino più breve, sul mappamondo, per andare da una città all’altra: un modo per determinarlo è piantare un chiodo in corrispondenza di Napoli, uno in corrispondenza di NY e poi fissare un elastico ai due chiodi. L’elastico, se in lieve tensione, si disporrà naturalmente lungo la curva di lunghezza minore: facendo l’esperimento verificheremmo che tale curva è un arco di quel che si dice una circonferenza massima, dove … Caso 2 New York: 40°44' N, 74°0'W Napoli: 40°50'N, 14°15'E Distanza (geodetica): 7100 km Distanza lungo parallelo: 7540 km chiodi dividono la circonferenza massima passante per le due città. Osserviamo inoltre che tale circonferenza massima è univocamente determinata, ovvero che ce n’è una sola, sul mappamondo, passante per NA e NY. Il risultato è analogo se scegliamo qualunque altra coppia di città, con l’avvertenza che se le due città si trovano esattamente agli antipodi, avremo infinite circonferenze massime che le congiungono e quindi infiniti cammini tra loro, tutti della stessa lunghezza. Una tale situazione, corrispondente al fatto che un tunnel congiungente le due città passi per il centro della terra, si esprime dicendo che le due città occupano punti, per l’appunto, antipodali (o diametralmente opposti) sulla superficie sferica del mappamondo.
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Le rette del mappamondo
da Southampton a New York, via Cherbourg e Queenstown
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Fare geometria sul mappamondo (S2)
Quanto detto finora, dipendendo esclusivamente dalla forma della superficie su cui lavoriamo, vale per il mappamondo come per un pallone, per una boccia come per la buccia di un’anguria (purché sia un po’ transgenica, bella tonda, liscia e regolare!): astraendo, che è il vero lavoro del matematico, abbiamo descritto il funzionamento della geometria sulla superficie sferica (o semplicemente sfera – quando non c’è possibilità di confusione tra le dimensioni), l’oggetto, denotato con il simbolo S^2 , descritto rigorosamente come l’insieme dei punti dello spazio equidistanti da un punto fissato detto centro (e per semplicità supponiamo sempre che il raggio sia 1) . Torniamo quindi al problema degli assiomi. L’analisi del comportamento delle rette sul mappamondo ci consente immediatamente di verificare che: 1. per due punti non antipodali di passa sempre una e una sola retta, mentre per due punti antipodali passano infinite rette; 2. su S^2 non esistono rette parallele, perché due rette qualunque hanno sempre due punti in comune; 3. le rette di sono curve chiuse e hanno tutte le stessa lunghezza finita. In particolare, quindi, nella geometria di valgono il postulato N2 e il primo postulato euclideo, mentre non vale il secondo, che prescrive a una retta di avere lunghezza infinita. Si può inoltre verificare la validità dei postulati euclidei III e IV: in conclusione, dunque, è il secondo postulato l’intruso di cui parlavamo all’inizio! Rimuovendolo, abbiamo costruito una geometria perfettamente coerente di tipo ellittico, su cui vale, cioè, l’assioma ellittico N2. Una tale geometria si dice geometria sferica o, come sinonimo, geometria ellittica doppia, enfatizzando in questo modo il fatto che due sue rette hanno sempre due punti in comune.
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Fare geometria sul mappamondo (S2)
Per due punti non antipodali di S2 passa sempre una e una sola retta, mentre per due punti antipodali passano infinite rette; Quanto detto finora, dipendendo esclusivamente dalla forma della superficie su cui lavoriamo, vale per il mappamondo come per un pallone, per una boccia come per la buccia di un’anguria (purché sia un po’ transgenica, bella tonda, liscia e regolare!): astraendo, che è il vero lavoro del matematico, abbiamo descritto il funzionamento della geometria sulla superficie sferica (o semplicemente sfera – quando non c’è possibilità di confusione tra le dimensioni), l’oggetto, denotato con il simbolo S^2 , descritto rigorosamente come l’insieme dei punti dello spazio equidistanti da un punto fissato detto centro (e per semplicità supponiamo sempre che il raggio sia 1) . Torniamo quindi al problema degli assiomi. L’analisi del comportamento delle rette sul mappamondo ci consente immediatamente di verificare che: 1. per due punti non antipodali di passa sempre una e una sola retta, mentre per due punti antipodali passano infinite rette; 2. su S^2 non esistono rette parallele, perché due rette qualunque hanno sempre due punti in comune; 3. le rette di sono curve chiuse e hanno tutte le stessa lunghezza finita. In particolare, quindi, nella geometria di valgono il postulato N2 e il primo postulato euclideo, mentre non vale il secondo, che prescrive a una retta di avere lunghezza infinita. Si può inoltre verificare la validità dei postulati euclidei III e IV: in conclusione, dunque, è il secondo postulato l’intruso di cui parlavamo all’inizio! Rimuovendolo, abbiamo costruito una geometria perfettamente coerente di tipo ellittico, su cui vale, cioè, l’assioma ellittico N2. Una tale geometria si dice geometria sferica o, come sinonimo, geometria ellittica doppia, enfatizzando in questo modo il fatto che due sue rette hanno sempre due punti in comune.
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Fare geometria sul mappamondo (S2)
Per due punti non antipodali di S2 passa sempre una e una sola retta, mentre per due punti antipodali passano infinite rette; Su S2 non esistono rette parallele, perché due rette qualunque hanno sempre due punti in comune; Quanto detto finora, dipendendo esclusivamente dalla forma della superficie su cui lavoriamo, vale per il mappamondo come per un pallone, per una boccia come per la buccia di un’anguria (purché sia un po’ transgenica, bella tonda, liscia e regolare!): astraendo, che è il vero lavoro del matematico, abbiamo descritto il funzionamento della geometria sulla superficie sferica (o semplicemente sfera – quando non c’è possibilità di confusione tra le dimensioni), l’oggetto, denotato con il simbolo S^2 , descritto rigorosamente come l’insieme dei punti dello spazio equidistanti da un punto fissato detto centro (e per semplicità supponiamo sempre che il raggio sia 1) . Torniamo quindi al problema degli assiomi. L’analisi del comportamento delle rette sul mappamondo ci consente immediatamente di verificare che: 1. per due punti non antipodali di passa sempre una e una sola retta, mentre per due punti antipodali passano infinite rette; 2. su S^2 non esistono rette parallele, perché due rette qualunque hanno sempre due punti in comune; 3. le rette di sono curve chiuse e hanno tutte le stessa lunghezza finita. In particolare, quindi, nella geometria di valgono il postulato N2 e il primo postulato euclideo, mentre non vale il secondo, che prescrive a una retta di avere lunghezza infinita. Si può inoltre verificare la validità dei postulati euclidei III e IV: in conclusione, dunque, è il secondo postulato l’intruso di cui parlavamo all’inizio! Rimuovendolo, abbiamo costruito una geometria perfettamente coerente di tipo ellittico, su cui vale, cioè, l’assioma ellittico N2. Una tale geometria si dice geometria sferica o, come sinonimo, geometria ellittica doppia, enfatizzando in questo modo il fatto che due sue rette hanno sempre due punti in comune.
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Fare geometria sul mappamondo (S2)
Per due punti non antipodali di S2 passa sempre una e una sola retta, mentre per due punti antipodali passano infinite rette; Su S2 non esistono rette parallele, perché due rette qualunque hanno sempre due punti in comune; Le rette di S2 sono curve chiuse e hanno tutte la stessa lunghezza finita. Quanto detto finora, dipendendo esclusivamente dalla forma della superficie su cui lavoriamo, vale per il mappamondo come per un pallone, per una boccia come per la buccia di un’anguria (purché sia un po’ transgenica, bella tonda, liscia e regolare!): astraendo, che è il vero lavoro del matematico, abbiamo descritto il funzionamento della geometria sulla superficie sferica (o semplicemente sfera – quando non c’è possibilità di confusione tra le dimensioni), l’oggetto, denotato con il simbolo S^2 , descritto rigorosamente come l’insieme dei punti dello spazio equidistanti da un punto fissato detto centro (e per semplicità supponiamo sempre che il raggio sia 1) . Torniamo quindi al problema degli assiomi. L’analisi del comportamento delle rette sul mappamondo ci consente immediatamente di verificare che: 1. per due punti non antipodali di passa sempre una e una sola retta, mentre per due punti antipodali passano infinite rette; 2. su S^2 non esistono rette parallele, perché due rette qualunque hanno sempre due punti in comune; 3. le rette di sono curve chiuse e hanno tutte le stessa lunghezza finita. In particolare, quindi, nella geometria di valgono il postulato N2 e il primo postulato euclideo, mentre non vale il secondo, che prescrive a una retta di avere lunghezza infinita. Si può inoltre verificare la validità dei postulati euclidei III e IV: in conclusione, dunque, è il secondo postulato l’intruso di cui parlavamo all’inizio! Rimuovendolo, abbiamo costruito una geometria perfettamente coerente di tipo ellittico, su cui vale, cioè, l’assioma ellittico N2. Una tale geometria si dice geometria sferica o, come sinonimo, geometria ellittica doppia, enfatizzando in questo modo il fatto che due sue rette hanno sempre due punti in comune.
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Geometria dello sputo Come gli avvocati delle geometrie iperboliche, anche Riemann, supporter della geometria ellittica, suscitò pareri discordanti. La sua idea di retta chiusa, in particolare, rimane particolarmente indigesta: se da una parte c’è chi, come il matematico inglese William K. Clifford ( ), trova confortante sapere che “vi è uno spazio nel quale, seguendo la traiettoria d’una linea perfettamente diritta e dopo aver percorso una certa distanza, poniamo ventimila volte maggiore dell’orbita terrestre, si torna al punto di partenza” dall’altra c’è chi, come il filosofo tedesco Eugen Dühring ( ), afferma decisamente che
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Geometria dello sputo Fra le mostruosità più grandi che questo matematico minore che fu Riemann ha messo al mondo, quella di una linea perfettamente diritta e chiusa in sé è forse la più spassosa. […] Una delle conseguenze peggiori di questa geometria è il pericolo che si corre se si sputa in linea retta davanti a sé: si rischia infatti che lo sputo vi ricada addosso! Eugen Dühring ( ) Come gli avvocati delle geometrie iperboliche, anche Riemann, supporter della geometria ellittica, suscitò pareri discordanti. La sua idea di retta chiusa, in particolare, rimane particolarmente indigesta: se da una parte c’è chi, come il matematico inglese William K. Clifford ( ), trova confortante sapere che “vi è uno spazio nel quale, seguendo la traiettoria d’una linea perfettamente diritta e dopo aver percorso una certa distanza, poniamo ventimila volte maggiore dell’orbita terrestre, si torna al punto di partenza” dall’altra c’è chi, come il filosofo tedesco Eugen Dühring ( ), afferma decisamente che
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Triangoli gonfi Il modello della sfera ci fornisce immediatamente la conferma del fatto che i triangoli, se vale il postulato N2, hanno la bizzarra forma “gonfiata” che abbiamo visto all’inizio. Dati su una superficie tre punti A, B e C, possiamo definire triangolo di vertici A, B e C la porzione (finita) di superficie individuata dai tre segmenti AB, BC e CA. Se la superficie è quella sferica, la figura risultante ha la forma prevista.
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Triangoli gonfi Consideriamo adesso un triangolo con due vertici su una retta s e il terzo in uno dei suoi due poli: Come abbiamo osservato poco fa, i due segmenti AB e AP sono perpendicolari alla retta s, ovvero gli angoli alla base del triangolo ABP sono entrambi retti. Di conseguenza, la somma degli angoli del triangolo ABP sarà più grande di 180° di una quantità pari alla misura del terzo angolo, . Osserviamo inoltre che se i punti B e P si allontanano tra loro, sempre rimanendo sulla retta s, l’ampiezza dell’angolo cresce, e di conseguenza aumenta la somma degli angoli interni del triangolo. Tali proprietà valgono più in generale per ogni triangolo sferico: nel mondo sferico, cioè, la somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di 180° e tale somma non è costante, come in geometria euclidea, ma varia al variare del triangolo.
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La somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di 180°
Triangoli gonfi Consideriamo adesso un triangolo con due vertici su una retta s e il terzo in uno dei suoi due poli: Come abbiamo osservato poco fa, i due segmenti AB e AP sono perpendicolari alla retta s, ovvero gli angoli alla base del triangolo ABP sono entrambi retti. Di conseguenza, la somma degli angoli del triangolo ABP sarà più grande di 180° di una quantità pari alla misura del terzo angolo, . Osserviamo inoltre che se i punti B e P si allontanano tra loro, sempre rimanendo sulla retta s, l’ampiezza dell’angolo cresce, e di conseguenza aumenta la somma degli angoli interni del triangolo. Tali proprietà valgono più in generale per ogni triangolo sferico: nel mondo sferico, cioè, la somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di 180° e tale somma non è costante, come in geometria euclidea, ma varia al variare del triangolo. La somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di 180° e
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Triangoli gonfi Consideriamo adesso un triangolo con due vertici su una retta s e il terzo in uno dei suoi due poli: Come abbiamo osservato poco fa, i due segmenti AB e AP sono perpendicolari alla retta s, ovvero gli angoli alla base del triangolo ABP sono entrambi retti. Di conseguenza, la somma degli angoli del triangolo ABP sarà più grande di 180° di una quantità pari alla misura del terzo angolo, . Osserviamo inoltre che se i punti B e P si allontanano tra loro, sempre rimanendo sulla retta s, l’ampiezza dell’angolo cresce, e di conseguenza aumenta la somma degli angoli interni del triangolo. Tali proprietà valgono più in generale per ogni triangolo sferico: nel mondo sferico, cioè, la somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di 180° e tale somma non è costante, come in geometria euclidea, ma varia al variare del triangolo. La somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di 180° e Tale somma non è costante, come in geometria euclidea, ma varia al variare del triangolo
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Base ∙ altezza : 2 ??? Base per altezza diviso due: è una delle formule più facili, quella dell’area del triangolo. Dimentichiamola, però: se il triangolo in esame non è euclideo, tale formula non vale più, e l’area si trova invece calcolando la somma degli angoli interni! Nel caso dei triangoli gonfiati della sfera, infatti, il teorema dell’eccesso di Gauss assicura che: L’eccesso che dà il nome al teorema è quello angolare: abbiamo visto nei paragrafi precedenti che la somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di π, e il teorema ci dice che l’area del triangolo è misurata esattamente da tale eccedenza. Un’importante conseguenza di questo fatto è l’impossibilità, nella geometria sferica, di costruire triangoli simili arbitrariamente grandi: fissare gli angoli di un triangolo sferico ne fissa infatti inequivocabilmente la taglia, rendendo impossibili le omotetie tanto familiari nella geometria di Euclide! Questo è vero anche in geometria iperbolica, dove l’area di un triangolo è data dal difetto angolare, secondo la formula: Anche qui, dal momento che l’ampiezza degli angoli determina l’area, non sarà possibile costruire due triangoli con angoli uguali ma grandezza diversa: la similitudine, quindi, è un’operazione che in geometria non euclidea perde di significato.
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Base ∙ altezza : 2 ??? Area ( ) = α + β + γ - π
Base per altezza diviso due: è una delle formule più facili, quella dell’area del triangolo. Dimentichiamola, però: se il triangolo in esame non è euclideo, tale formula non vale più, e l’area si trova invece calcolando la somma degli angoli interni! Nel caso dei triangoli gonfiati della sfera, infatti, il teorema dell’eccesso di Gauss assicura che: L’eccesso che dà il nome al teorema è quello angolare: abbiamo visto nei paragrafi precedenti che la somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di π, e il teorema ci dice che l’area del triangolo è misurata esattamente da tale eccedenza. Un’importante conseguenza di questo fatto è l’impossibilità, nella geometria sferica, di costruire triangoli simili arbitrariamente grandi: fissare gli angoli di un triangolo sferico ne fissa infatti inequivocabilmente la taglia, rendendo impossibili le omotetie tanto familiari nella geometria di Euclide! Questo è vero anche in geometria iperbolica, dove l’area di un triangolo è data dal difetto angolare, secondo la formula: Anche qui, dal momento che l’ampiezza degli angoli determina l’area, non sarà possibile costruire due triangoli con angoli uguali ma grandezza diversa: la similitudine, quindi, è un’operazione che in geometria non euclidea perde di significato.
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Base ∙ altezza : 2 ??? Teorema dell’eccesso di Gauss:
Area ( ) = α + β + γ - π Base per altezza diviso due: è una delle formule più facili, quella dell’area del triangolo. Dimentichiamola, però: se il triangolo in esame non è euclideo, tale formula non vale più, e l’area si trova invece calcolando la somma degli angoli interni! Nel caso dei triangoli gonfiati della sfera, infatti, il teorema dell’eccesso di Gauss assicura che: L’eccesso che dà il nome al teorema è quello angolare: abbiamo visto nei paragrafi precedenti che la somma degli angoli di un triangolo sferico è maggiore di π, e il teorema ci dice che l’area del triangolo è misurata esattamente da tale eccedenza. Un’importante conseguenza di questo fatto è l’impossibilità, nella geometria sferica, di costruire triangoli simili arbitrariamente grandi: fissare gli angoli di un triangolo sferico ne fissa infatti inequivocabilmente la taglia, rendendo impossibili le omotetie tanto familiari nella geometria di Euclide! Questo è vero anche in geometria iperbolica, dove l’area di un triangolo è data dal difetto angolare, secondo la formula: Anche qui, dal momento che l’ampiezza degli angoli determina l’area, non sarà possibile costruire due triangoli con angoli uguali ma grandezza diversa: la similitudine, quindi, è un’operazione che in geometria non euclidea perde di significato.
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Niente omotetie! Teorema dell’eccesso di Gauss:
Area ( ) = α + β + γ - π Un’importante conseguenza di questo fatto è l’impossibilità, nella geometria sferica, di costruire triangoli simili arbitrariamente grandi: fissare gli angoli di un triangolo sferico ne fissa infatti inequivocabilmente la taglia, rendendo impossibili le omotetie tanto familiari nella geometria di Euclide! Questo è vero anche in geometria iperbolica, dove l’area di un triangolo è data dal difetto angolare, secondo la formula: Anche qui, dal momento che l’ampiezza degli angoli determina l’area, non sarà possibile costruire due triangoli con angoli uguali ma grandezza diversa: la similitudine, quindi, è un’operazione che in geometria non euclidea perde di significato.
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E Pitagora? La quintessenza della banalità. Poco più complesso, nell’immaginario collettivo, del classico 2 più 2 fa 4, il teorema di Pitagora viene spesso menzionato come esempio di conoscenza terra terra, che chiunque deve possedere: in un qualunque triangolo rettangolo, la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa. Ebbene: tale verità, così familiare e rassicurante, si rivela nella geometria sferica assolutamente falsa! E la dimostrazione della sua falsità non richiede nemmeno un conto: basta guardare un disegno, quello del triangolo trirettangolo. Con questo nome un po’ cacofonico indichiamo il triangolo sferico con due vertici su una retta s, a distanza ¼ di circonferenza, e l’altro vertice in un polo di s. Tale triangolo è rettangolo ed equilatero: senza neppure sapere quanto misurino i cateti e ipotenusa (chi è chi, tra l’altro?), è quindi evidente che per un tale triangolo il teorema di Pitagora è ben lungi dall’essere verificato! La somma dei quadrati dei cateti, comunque decidiamo di sceglierli, sarà invece sempre maggiore del quadrato dell’ipotenusa. Il teorema di Pitagora, per ragioni analoghe, non vale neppure in geometria iperbolica: in tal caso, la somma dei quadrati dei cateti è infatti sempre minore del quadrato dell’ipotenusa. :
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E Pitagora? La quintessenza della banalità. Poco più complesso, nell’immaginario collettivo, del classico 2 più 2 fa 4, il teorema di Pitagora viene spesso menzionato come esempio di conoscenza terra terra, che chiunque deve possedere: in un qualunque triangolo rettangolo, la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa. Ebbene: tale verità, così familiare e rassicurante, si rivela nella geometria sferica assolutamente falsa! E la dimostrazione della sua falsità non richiede nemmeno un conto: basta guardare un disegno, quello del triangolo trirettangolo. Con questo nome un po’ cacofonico indichiamo il triangolo sferico con due vertici su una retta s, a distanza ¼ di circonferenza, e l’altro vertice in un polo di s. Tale triangolo è rettangolo ed equilatero: senza neppure sapere quanto misurino i cateti e ipotenusa (chi è chi, tra l’altro?), è quindi evidente che per un tale triangolo il teorema di Pitagora è ben lungi dall’essere verificato! La somma dei quadrati dei cateti, comunque decidiamo di sceglierli, sarà invece sempre maggiore del quadrato dell’ipotenusa. Il teorema di Pitagora, per ragioni analoghe, non vale neppure in geometria iperbolica: in tal caso, la somma dei quadrati dei cateti è infatti sempre minore del quadrato dell’ipotenusa. :
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Formalizziamo? Da quanto abbiamo visto nella nostra esperienza di sempre, e dall’esempio della sfera, possiamo trarre che la “geometria” funziona in maniera diversa a seconda della superficie su cui cerchiamo di studiarla. C’è un concetto generale, che è quello di retta, e altri concetti correlati (triangolo, poligono, cerchio,…), ma queste rette, triangoli, ecc… hanno forme e comportamenti diversi a seconda della superficie su cui sono tracciati. Detto così, sembra un po’ un casino…e quindi formalizziamo, cercando di definire, proprio come fecero i nostri geometri predecessori, cosa vuol dire “costruire una geometria”
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La costruzione di una geometria
Supponiamo che vi si chieda di spiegare cos’è il gioco della pallavolo: dovrete innanzitutto specificare gli oggetti coinvolti (la palla, la rete, i giocatori ecc.), e poi le regole (il numero di giocatori, le dimensioni del campo, l’altezza della rete ecc.). A questo punto, potrete definire il gioco della pallavolo come quel complesso di azioni che derivano dal combinare gli oggetti nel rispetto delle regole. La costruzione di una geometria può essere vista come qualcosa di analogo: bisogna fissare in primo luogo gli oggetti (enti primitivi) e poi le regole di base (assiomi e postulati). La geometria che ne deriva sarà il complesso di deduzioni logiche (proposizioni e teoremi) che si possono ottenere da tali oggetti e tali regole.
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La costruzione di una geometria
Supponiamo che vi si chieda di spiegare cos’è il gioco della pallavolo: dovrete innanzitutto specificare gli oggetti coinvolti (la palla, la rete, i giocatori ecc.), e poi le regole (il numero di giocatori, le dimensioni del campo, l’altezza della rete ecc.). A questo punto, potrete definire il gioco della pallavolo come quel complesso di azioni che derivano dal combinare gli oggetti nel rispetto delle regole. La costruzione di una geometria può essere vista come qualcosa di analogo: bisogna fissare in primo luogo gli oggetti (enti primitivi) e poi le regole di base (assiomi e postulati). La geometria che ne deriva sarà il complesso di deduzioni logiche (proposizioni e teoremi) che si possono ottenere da tali oggetti e tali regole.
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La costruzione di una geometria
Oggetti (termini, enti primitivi) Supponiamo che vi si chieda di spiegare cos’è il gioco della pallavolo: dovrete innanzitutto specificare gli oggetti coinvolti (la palla, la rete, i giocatori ecc.), e poi le regole (il numero di giocatori, le dimensioni del campo, l’altezza della rete ecc.). A questo punto, potrete definire il gioco della pallavolo come quel complesso di azioni che derivano dal combinare gli oggetti nel rispetto delle regole. La costruzione di una geometria può essere vista come qualcosa di analogo: bisogna fissare in primo luogo gli oggetti (enti primitivi) e poi le regole di base (assiomi e postulati). La geometria che ne deriva sarà il complesso di deduzioni logiche (proposizioni e teoremi) che si possono ottenere da tali oggetti e tali regole.
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La costruzione di una geometria
Oggetti (termini, enti primitivi) Regole di base (assiomi, postulati) Supponiamo che vi si chieda di spiegare cos’è il gioco della pallavolo: dovrete innanzitutto specificare gli oggetti coinvolti (la palla, la rete, i giocatori ecc.), e poi le regole (il numero di giocatori, le dimensioni del campo, l’altezza della rete ecc.). A questo punto, potrete definire il gioco della pallavolo come quel complesso di azioni che derivano dal combinare gli oggetti nel rispetto delle regole. La costruzione di una geometria può essere vista come qualcosa di analogo: bisogna fissare in primo luogo gli oggetti (enti primitivi) e poi le regole di base (assiomi e postulati). La geometria che ne deriva sarà il complesso di deduzioni logiche (proposizioni e teoremi) che si possono ottenere da tali oggetti e tali regole.
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La costruzione di una geometria
Oggetti (termini, enti primitivi) Regole di base (assiomi, postulati) Geometria = tutte le affermazioni, riguardanti gli oggetti, che si possono ottenere tramite deduzioni logiche a partire dalle regole di base (proposizioni, teoremi) Supponiamo che vi si chieda di spiegare cos’è il gioco della pallavolo: dovrete innanzitutto specificare gli oggetti coinvolti (la palla, la rete, i giocatori ecc.), e poi le regole (il numero di giocatori, le dimensioni del campo, l’altezza della rete ecc.). A questo punto, potrete definire il gioco della pallavolo come quel complesso di azioni che derivano dal combinare gli oggetti nel rispetto delle regole. La costruzione di una geometria può essere vista come qualcosa di analogo: bisogna fissare in primo luogo gli oggetti (enti primitivi) e poi le regole di base (assiomi e postulati). La geometria che ne deriva sarà il complesso di deduzioni logiche (proposizioni e teoremi) che si possono ottenere da tali oggetti e tali regole.
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Molte geometrie Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria
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Molte geometrie Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria
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Molte geometrie Geometria euclidea
Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria
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Molte geometrie Geometria euclidea Geometria neutrale
Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria
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Molte geometrie Geometria euclidea Geometria neutrale
Geometria iperbolica Geometria ellittica Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria
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Molte geometrie Geometria euclidea Geometria neutrale
Geometria iperbolica Geometria ellittica Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria Geometria proiettiva
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Molte geometrie Geometria euclidea Geometria neutrale
Geometria iperbolica Geometria ellittica Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria Geometria proiettiva Geometria della gomma
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Molte geometrie Geometria euclidea Geometria neutrale
Geometria iperbolica Geometria ellittica Tornando alla pallavolo: considerate la regola «ogni squadra è composta da 6 giocatori, che giocano in un campo di parquet». Cambiare tale regola in «ogni squadra è composta da 2 giocatori, che giocano in un campo di sabbia», è perfettamente lecito. Semplicemente, cambierà il gioco e, in modo che tutti capiscano, cambierà anche il nome, da pallavolo a beach volley. Allo stesso modo, costruita una geometria, (con un suo set di regole di base), nulla vieta di costruire altre geometrie usando solo alcuni dei postulati, o sostituendo un postulato con un altro, magari in contrasto col precedente: cambieranno alcune delle conseguenze, e la geometria che otterremo sarà denotata con un nome diverso, in modo da non creare nessuna confusione. La geometria euclidea ha come regole i quattro assiomi e i cinque postulati fissati da Euclide in Gli elementi (e che vedrete meglio con le vostre insegnanti nel laboratorio). Se ci liberiamo dell’imbarazzante quinto postulato, cosa che storicamente fu fatta appena possibile, otteniamo la geometria detta assoluta o neutrale. Modificando ulteriormente l’insieme delle regole di base otteniamo molti altri tipi di geometria, .. Geometria della gomme ed elastico per capelli, da riprendere alla fine, se si riesce a dare la definizione di klein di geometria Geometria proiettiva Geometria della gomma …
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La matematica è un’opinione???
Cosa vi sto venendo a insegnare, che La matematica è un’opinione? In un certo senso si! Nella concezione moderna, formalizzata dal matematico David Hilbert ( ) nei suoi Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della geometria), gli assiomi alla base di una qualunque geometria non sono dunque altro che convenzioni: si sceglie un insieme di regole e se ne derivano tutte le conseguenze logiche, costruendo un sistema coerente. Dal momento che non ci interessa, almeno in una prima fase, descrivere situazioni reali, agli assiomi non si richiede di essere “veri”, né “verosimili” e neppure “probabili”. Qualunque insieme di regole è lecito, purché non dia luogo a contraddizioni. Per questo, accanto alla geometria cui siamo abituati, in cui come ricordavamo all’inizio vale pitagora, i triangoli …, si possono fare omotetie, possiamo ipotizzare che sia possibile fare un diverso tipo di geometria, i cui queste cose non sono più vere, e ne sono invece vere delle altre.
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La matematica è un’opinione???
La domanda: la geometria euclidea è vera? Non ha assolutamente senso. Possiamo chiederci allora se il sistema metrico decimale è vero e i vecchi sistemi di pesi e misure sono falsi; se le coordinate cartesiane sono vere e quelle polari sono false. Una geometria non può essere più vera di un’altra, può soltanto essere più comoda. Cosa vi sto venendo a insegnare, che La matematica è un’opinione? In un certo senso si! Nella concezione moderna, formalizzata dal matematico David Hilbert ( ) nei suoi Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della geometria), gli assiomi alla base di una qualunque geometria non sono dunque altro che convenzioni: si sceglie un insieme di regole e se ne derivano tutte le conseguenze logiche, costruendo un sistema coerente. Dal momento che non ci interessa, almeno in una prima fase, descrivere situazioni reali, agli assiomi non si richiede di essere “veri”, né “verosimili” e neppure “probabili”. Qualunque insieme di regole è lecito, purché non dia luogo a contraddizioni. Per questo, accanto alla geometria cui siamo abituati, in cui come ricordavamo all’inizio vale pitagora, i triangoli …, si possono fare omotetie, possiamo ipotizzare che sia possibile fare un diverso tipo di geometria, i cui queste cose non sono più vere, e ne sono invece vere delle altre.
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La matematica è un’opinione???
La domanda: la geometria euclidea è vera? Non ha assolutamente senso. Possiamo chiederci allora se il sistema metrico decimale è vero e i vecchi sistemi di pesi e misure sono falsi; se le coordinate cartesiane sono vere e quelle polari sono false. Una geometria non può essere più vera di un’altra, può soltanto essere più comoda. Cosa vi sto venendo a insegnare, che La matematica è un’opinione? In un certo senso si! Nella concezione moderna, formalizzata dal matematico David Hilbert ( ) nei suoi Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della geometria), gli assiomi alla base di una qualunque geometria non sono dunque altro che convenzioni: si sceglie un insieme di regole e se ne derivano tutte le conseguenze logiche, costruendo un sistema coerente. Dal momento che non ci interessa, almeno in una prima fase, descrivere situazioni reali, agli assiomi non si richiede di essere “veri”, né “verosimili” e neppure “probabili”. Qualunque insieme di regole è lecito, purché non dia luogo a contraddizioni. Per questo, accanto alla geometria cui siamo abituati, in cui come ricordavamo all’inizio vale pitagora, i triangoli …, si possono fare omotetie, possiamo ipotizzare che sia possibile fare un diverso tipo di geometria, i cui queste cose non sono più vere, e ne sono invece vere delle altre. «La matematica è la scienza della libertà: la geometria non euclidea è nata non per misurazioni, ma sulla base della libera scelta umana di negare in maniera non distruttiva».
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La geometria euclidea (dimensione 2)
Euclidea perché chi la formalizzò è euclide, un signore vissuto (???) ad Alessandria nel 300 a.c. (no inventore ma formalizzatore) Secondo quanto abbiamo detto, per formalizzare la geometria euclidea dobbiamo dire chi sono gli oggetti di cui tratta, e quali sono le regole di base Limitiamoci alla geometria piana: oggetti sono le figure piane (punto, piano, superficie, e poi quelle definibili a partire da loro, cioè , Att: retta/segmento
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La geometria euclidea (dimensione 2)
Oggetti: Regole di base: Euclidea perché chi la formalizzò è euclide, un signore vissuto (???) ad Alessandria nel 300 a.c. (no inventore ma formalizzatore) Secondo quanto abbiamo detto, per formalizzare la geometria euclidea dobbiamo dire chi sono gli oggetti di cui tratta, e quali sono le regole di base Limitiamoci alla geometria piana: oggetti sono le figure piane (punto, piano, superficie, e poi quelle definibili a partire da loro, cioè , Att: retta/segmento
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La geometria euclidea (dimensione 2)
Oggetti: punto, linea, superficie, Regole di base: Euclidea perché chi la formalizzò è euclide, un signore vissuto (???) ad Alessandria nel 300 a.c. (no inventore ma formalizzatore) Secondo quanto abbiamo detto, per formalizzare la geometria euclidea dobbiamo dire chi sono gli oggetti di cui tratta, e quali sono le regole di base Limitiamoci alla geometria piana: oggetti sono le figure piane (punto, piano, superficie, e poi quelle definibili a partire da loro, cioè , Att: retta/segmento
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La geometria euclidea (dimensione 2)
Oggetti: punto, linea, superficie, retta, angolo, triangolo, quadrilatero, circonferenza, … Regole di base: Euclidea perché chi la formalizzò è euclide, un signore vissuto (???) ad Alessandria nel 300 a.c. (no inventore ma formalizzatore) Secondo quanto abbiamo detto, per formalizzare la geometria euclidea dobbiamo dire chi sono gli oggetti di cui tratta, e quali sono le regole di base Limitiamoci alla geometria piana: oggetti sono le figure piane (punto, piano, superficie, e poi quelle definibili a partire da loro, cioè , Att: retta/segmento
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La geometria euclidea (dimensione 2)
Oggetti: punto, linea, superficie, retta, angolo, triangolo, quadrilatero, circonferenza, … Regole di base: Che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto a ogni altro punto; E che una retta terminata (=finita) si possa prolungare continuamente in linea retta; E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza; E che gli angoli retti siano uguali fra loro; Euclidea perché chi la formalizzò è euclide, un signore vissuto (???) ad Alessandria nel 300 a.c. (no inventore ma formalizzatore) Secondo quanto abbiamo detto, per formalizzare la geometria euclidea dobbiamo dire chi sono gli oggetti di cui tratta, e quali sono le regole di base Limitiamoci alla geometria piana: oggetti sono le figure piane (punto, piano, superficie, e poi quelle definibili a partire da loro, cioè , Att: retta/segmento
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La geometria euclidea (dimensione 2)
Oggetti: punto, linea, superficie, retta, angolo, triangolo, quadrilatero, circonferenza, … Regole di base: Che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto a ogni altro punto; E che una retta terminata (=finita) si possa prolungare continuamente in linea retta; E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza; E che gli angoli retti siano uguali fra loro; Euclidea perché chi la formalizzò è euclide, un signore vissuto (???) ad Alessandria nel 300 a.c. (no inventore ma formalizzatore) Secondo quanto abbiamo detto, per formalizzare la geometria euclidea dobbiamo dire chi sono gli oggetti di cui tratta, e quali sono le regole di base Limitiamoci alla geometria piana: oggetti sono le figure piane (punto, piano, superficie, e poi quelle definibili a partire da loro, cioè , Att: retta/segmento +
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La geometria euclidea (dimensione 2)
Oggetti: punto, linea, superficie, retta, angolo, triangolo, quadrilatero, circonferenza, … Regole di base: Che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto a ogni altro punto; E che una retta terminata (=finita) si possa prolungare continuamente in linea retta; E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza; E che gli angoli retti siano uguali fra loro; Euclidea perché chi la formalizzò è euclide, un signore vissuto (???) ad Alessandria nel 300 a.c. (no inventore ma formalizzatore) Secondo quanto abbiamo detto, per formalizzare la geometria euclidea dobbiamo dire chi sono gli oggetti di cui tratta, e quali sono le regole di base Limitiamoci alla geometria piana: oggetti sono le figure piane (punto, piano, superficie, e poi quelle definibili a partire da loro, cioè , Att: retta/segmento + Dati una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste una e una sola retta passante per P e parallela ad r
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Le geometrie non euclidee
Oggetti gli stessi, regole le prime 4 invariate + una quinte, che sia la negazione della V regola di euclide E adesso vediamo di capire perché si parla, al plurale, di geo non euclidee: quante sono? Saranno tante quanti sono i modi di negare il V postulato. Dunque:
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Le geometrie non euclidee
Oggetti: Regole di base: Oggetti gli stessi, regole le prime 4 invariate + una quinte, che sia la negazione della V regola di euclide E adesso vediamo di capire perché si parla, al plurale, di geo non euclidee: quante sono? Saranno tante quanti sono i modi di negare il V postulato. Dunque:
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Le geometrie non euclidee
Oggetti: gli stessi della geometria euclidea (punto, linea, …) Regole di base: Oggetti gli stessi, regole le prime 4 invariate + una quinte, che sia la negazione della V regola di euclide E adesso vediamo di capire perché si parla, al plurale, di geo non euclidee: quante sono? Saranno tante quanti sono i modi di negare il V postulato. Dunque:
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Le geometrie non euclidee
Oggetti: gli stessi della geometria euclidea (punto, linea, …) Regole di base: Che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto a ogni altro punto; E che una retta terminata (=finita) si possa prolungare continuamente in linea retta; E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza; E che gli angoli retti siano uguali fra loro; Oggetti gli stessi, regole le prime 4 invariate + una quinte, che sia la negazione della V regola di euclide E adesso vediamo di capire perché si parla, al plurale, di geo non euclidee: quante sono? Saranno tante quanti sono i modi di negare il V postulato. Dunque:
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Le geometrie non euclidee
Oggetti: gli stessi della geometria euclidea (punto, linea, …) Regole di base: Che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto a ogni altro punto; E che una retta terminata (=finita) si possa prolungare continuamente in linea retta; E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza; E che gli angoli retti siano uguali fra loro; Oggetti gli stessi, regole le prime 4 invariate + una quinte, che sia la negazione della V regola di euclide E adesso vediamo di capire perché si parla, al plurale, di geo non euclidee: quante sono? Saranno tante quanti sono i modi di negare il V postulato. Dunque: +
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Le geometrie non euclidee
Oggetti: gli stessi della geometria euclidea (punto, linea, …) Regole di base: Che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto a ogni altro punto; E che una retta terminata (=finita) si possa prolungare continuamente in linea retta; E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza; E che gli angoli retti siano uguali fra loro; Oggetti gli stessi, regole le prime 4 invariate + una quinte, che sia la negazione della V regola di euclide E adesso vediamo di capire perché si parla, al plurale, di geo non euclidee: quante sono? Saranno tante quanti sono i modi di negare il V postulato. Dunque: + un postulato che neghi il V postulato euclideo
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Dati una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste una e una sola retta passante per P e parallela ad r Playfair Gli aggettivi iperbolica ed ellittica derivano entrambi dal greco: nella geometria in cui vale N1 c’è un eccesso di parallele rispetto a quella euclidea, e dunque la diremo iperbolica (attributo), dal greco hyperbolikós, che vuol dire eccesso. Viceversa, la geometria in cui vale N2 è caratterizzata da un difetto di parallele, e verrà dunque chiamata ellittica, dal greco elleiptikós che vuol dire difetto.
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Dati una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste una e una sola retta passante per P e parallela ad r Playfair N1 Data una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste più di una retta passante per P e parallela ad r Gli aggettivi iperbolica ed ellittica derivano entrambi dal greco: nella geometria in cui vale N1 c’è un eccesso di parallele rispetto a quella euclidea, e dunque la diremo iperbolica (attributo), dal greco hyperbolikós, che vuol dire eccesso. Viceversa, la geometria in cui vale N2 è caratterizzata da un difetto di parallele, e verrà dunque chiamata ellittica, dal greco elleiptikós che vuol dire difetto.
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Dati una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste una e una sola retta passante per P e parallela ad r Playfair N1 N2 Data una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste più di una retta passante per P e parallela ad r Data una retta r e un punto P non appartenente ad r, non esiste nessuna retta passante per P e parallela ad r Gli aggettivi iperbolica ed ellittica derivano entrambi dal greco: nella geometria in cui vale N1 c’è un eccesso di parallele rispetto a quella euclidea, e dunque la diremo iperbolica (attributo), dal greco hyperbolikós, che vuol dire eccesso. Viceversa, la geometria in cui vale N2 è caratterizzata da un difetto di parallele, e verrà dunque chiamata ellittica, dal greco elleiptikós che vuol dire difetto.
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Dati una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste una e una sola retta passante per P e parallela ad r Playfair N1 N2 Data una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste più di una retta passante per P e parallela ad r Data una retta r e un punto P non appartenente ad r, non esiste nessuna retta passante per P e parallela ad r Gli aggettivi iperbolica ed ellittica derivano entrambi dal greco: nella geometria in cui vale N1 c’è un eccesso di parallele rispetto a quella euclidea, e dunque la diremo iperbolica (attributo), dal greco hyperbolikós, che vuol dire eccesso. Viceversa, la geometria in cui vale N2 è caratterizzata da un difetto di parallele, e verrà dunque chiamata ellittica, dal greco elleiptikós che vuol dire difetto. hyperbolikós
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Dati una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste una e una sola retta passante per P e parallela ad r Playfair N1 N2 Data una retta r e un punto P non appartenente ad r, esiste più di una retta passante per P e parallela ad r Data una retta r e un punto P non appartenente ad r, non esiste nessuna retta passante per P e parallela ad r Gli aggettivi iperbolica ed ellittica derivano entrambi dal greco: nella geometria in cui vale N1 c’è un eccesso di parallele rispetto a quella euclidea, e dunque la diremo iperbolica (attributo), dal greco hyperbolikós, che vuol dire eccesso. Viceversa, la geometria in cui vale N2 è caratterizzata da un difetto di parallele, e verrà dunque chiamata ellittica, dal greco elleiptikós che vuol dire difetto. hyperbolikós elleiptikós
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Geometria iperbolica: l’omino e il suo mondo di gas
Consideriamo un cerchio euclideo di raggio 1, che denotiamo con Ω, e supponiamo che Ω sia abitato da una popolazione di esseri bidimensionali, che vivono immersi in uno strano gas, capace di provocarne il restringimento man mano che si allontanano dal centro. Immaginiamo, cioè, uno di questi omini in piedi nel centro del disco con una riga lunga un metro in mano, che si appresta a camminare lungo un raggio. A mano a mano che si allontana dal centro, la riga che ha in mano diventa sempre più corta, secondo la regola Lunghezza della riga a distanza r = 1- r^2 L’omino, però, non si accorge di nulla, perché anche lui è immerso nel gas, e quindi camminando dal centro verso il bordo diventa anche lui sempre più piccolo, accorciandosi ed affilandosi secondo la stessa regola, proporzionalmente alla sua riga. Nel frattempo, noi osserviamo la scena dall’esterno del disco: I raggi di luce che si propagano tra due punti interni al disco seguiranno sempre il percorso più breve: se i due punti si trovano su un diametro del disco, il raggio di luce descriverà il diametro stesso. Altrimenti, la densità del gas farà incurvare il raggio di luce e dal di fuori lo vedremo descrivere un arco di circonferenza con la “gobba” rivolta verso il centro, che taglia il bordo del disco perpendicolarmente. Uno di questi omini, un po’ matematico e un po’ esploratore, si mette in testa di capire come è fatto il mondo in cui vive: novello Euclide, intende cioè occuparsi di geo-metria. Innanzi tutto il suo universo gli sembrerà infinitamente esteso: camminando chilometri e chilometri a partire dal centro, non arriverà mai, infatti, al bordo del disco, perché a mano a mano che si allontana dal centro il suo metro si accorcia sempre di più, e lui diventa sempre più piccolo. Non si accorgerà, quindi, di vivere in un disco, ed avrà invece l’impressione di trovarsi in un piano, esteso all’infinito in tutte le direzioni. Vorrà poi definire gli oggetti geometrici fondamentali: il punto e la retta. Per quanto riguarda il punto ... La retta: cosa c’è di più diritto di un raggio di luce, si dirà! La retta, quindi, la definirà come «il percorso seguito da un raggio di luce», o, cosa che gli sembrerà perfettamente analoga, come «il cammino più breve tra due punti». Con questa definizione, si renderà presto conto che dati due punti c’è sempre una retta che li congiunge, e che tutti i segmenti si possono prolungare in rette che non finiscono mai, rette che a noi, dal di fuori, sembreranno diametri e archi di circonferenza ortogonali al bordo. Fissato un punto, imparerà a tracciare circonferenze di centro quel punto e raggio arbitrario: lo farà piantando un palo nel punto dato, ruotando attorno al palo con un cordino di lunghezza pari al raggio. Circonferenze che a noi, che lo osserviamo dal di fuori, sembreranno un po’ bizzarre, col centro tanto più “scentrato” quanto più il palo è piantato vicino al bordo del disco. Definirà poi parallele due rette che non si incontrano mai, e sarà in grado, fissata una retta r e un punto P che non le appartiene, di tracciare infinite parallele ad r passanti per P. Insomma, il geometra di questo strano mondo accetterà tutti i postulati di Euclide tranne il V, che sostituirà tranquillamente con la sua negazione N1: la geometria che descrive il suo mondo è quella iperbolica, che lui accetterà come perfettamente naturale!
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Rette iperboliche In particolare, visto che in questo modello si vedono perfettamente gli angoli, possiamo verificare come la somma degli angoli interni di un triangolo sia sempre minore di 180°: mi dite quanto misura la somma degli angoli interni del triangolo TRS? ed assuma valori più vicini a tale limite superiore per i triangoli i cui vertici siano relativamente vicini al centro del disco, tendendo poi a zero a mano a mano che i vertici si avvicinano al bordo. Il triangolo TRS della figura seguente, i cui vertici stanno tutti sul bordo di Ω, ha somma degli angoli pari a 0, il minimo possibile! Un tale triangolo si chiama triangolo ideale.
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Rette iperboliche r In particolare, visto che in questo modello si vedono perfettamente gli angoli, possiamo verificare come la somma degli angoli interni di un triangolo sia sempre minore di 180°: mi dite quanto misura la somma degli angoli interni del triangolo TRS? ed assuma valori più vicini a tale limite superiore per i triangoli i cui vertici siano relativamente vicini al centro del disco, tendendo poi a zero a mano a mano che i vertici si avvicinano al bordo. Il triangolo TRS della figura seguente, i cui vertici stanno tutti sul bordo di Ω, ha somma degli angoli pari a 0, il minimo possibile! Un tale triangolo si chiama triangolo ideale.
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Rette iperboliche r P In particolare, visto che in questo modello si vedono perfettamente gli angoli, possiamo verificare come la somma degli angoli interni di un triangolo sia sempre minore di 180°: mi dite quanto misura la somma degli angoli interni del triangolo TRS? ed assuma valori più vicini a tale limite superiore per i triangoli i cui vertici siano relativamente vicini al centro del disco, tendendo poi a zero a mano a mano che i vertici si avvicinano al bordo. Il triangolo TRS della figura seguente, i cui vertici stanno tutti sul bordo di Ω, ha somma degli angoli pari a 0, il minimo possibile! Un tale triangolo si chiama triangolo ideale.
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Triangoli sgonfi In particolare, visto che in questo modello si vedono perfettamente gli angoli, possiamo verificare come la somma degli angoli interni di un triangolo sia sempre minore di 180°: mi dite quanto misura la somma degli angoli interni del triangolo TRS? ed assuma valori più vicini a tale limite superiore per i triangoli i cui vertici siano relativamente vicini al centro del disco, tendendo poi a zero a mano a mano che i vertici si avvicinano al bordo. Il triangolo TRS della figura seguente, i cui vertici stanno tutti sul bordo di Ω, ha somma degli angoli pari a 0, il minimo possibile! Un tale triangolo si chiama triangolo ideale.
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Arte iperbolica: Escher
Per capire meglio il modello del disco, risulta estremamente utile analizzare le opere di un artista, Mauritius Cornelius Escher ( ), cui il mondo degli omini di Poincaré ha ispirato una serie di “panorami”: tra questi, ricordiamo in particolare le incisioni Cerchio limite I, III, IV. ICerchio limite IV (1969), raffigura una popolazione di pesci immersi nel disco di Poincaré, disposti con le spine dorsali lungo le rette del disco, e di dimensione variabile come prescritto dalla metrica del modello stesso. Cerchio limite IV (1969), più conosciuto come Angeli e diavoli o Cielo e inferno, raffigura il disco di poincaré abitato da angeli e diavoli, disposti con le spine dorsali lungo le rette del disco, e di dimensione variabile come prescritto dalla metrica del modello stess0. Sembrano cioè divenire sempre più piccoli a mano a mano che si avvicinano al bordo, e sono invece copie esatte uno dell’altro se li si considera con la vera scala del modello di Poincarè. Escher, perfezionista, riteneva tale lavoro non perfettamente riuscito: «l’ordinamento in generale e nel particolare lasciano a desiderare». Si riferiva al fatto che personaggi con la spina dorsale sulla stessa retta non sono diretti tutti nello stesso verso, invertendolo due a due; inoltre, lo disturbava il fatto che lungo ogni “corrente” ci fossero sia angeli che diavoli, L’opera migliore è Cerchio limite III (1959), una xilografia a 5 colori in cui sono state eliminate tutte le imperfezioni dei tentativi precedenti. Le correnti di traffico seguono ancora una volta le rette del modello, tutti i pesci che nuotano nella stessa corrente vanno nello stesso verso ed hanno lo stesso colore. Coerentemente con quanto prescritto dalla metrica, più i pesci si avvicinano al centro e più sono grossi. Come commenta l’autore, «poiché tutte queste sequenze di pesci balzano fuori come razzi da infinitamente lontano, perpendicolarmente al contorno, e ricadono poi da dove sono venuti, nessuno di loro raggiunge mai il bordo».
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Arte iperbolica: Escher
Per capire meglio il modello del disco, risulta estremamente utile analizzare le opere di un artista, Mauritius Cornelius Escher ( ), cui il mondo degli omini di Poincaré ha ispirato una serie di “panorami”: tra questi, ricordiamo in particolare le incisioni Cerchio limite I, III, IV. ICerchio limite IV (1969), raffigura una popolazione di pesci immersi nel disco di Poincaré, disposti con le spine dorsali lungo le rette del disco, e di dimensione variabile come prescritto dalla metrica del modello stesso. Cerchio limite IV (1969), più conosciuto come Angeli e diavoli o Cielo e inferno, raffigura il disco di poincaré abitato da angeli e diavoli, disposti con le spine dorsali lungo le rette del disco, e di dimensione variabile come prescritto dalla metrica del modello stess0. Sembrano cioè divenire sempre più piccoli a mano a mano che si avvicinano al bordo, e sono invece copie esatte uno dell’altro se li si considera con la vera scala del modello di Poincarè. Escher, perfezionista, riteneva tale lavoro non perfettamente riuscito: «l’ordinamento in generale e nel particolare lasciano a desiderare». Si riferiva al fatto che personaggi con la spina dorsale sulla stessa retta non sono diretti tutti nello stesso verso, invertendolo due a due; inoltre, lo disturbava il fatto che lungo ogni “corrente” ci fossero sia angeli che diavoli, L’opera migliore è Cerchio limite III (1959), una xilografia a 5 colori in cui sono state eliminate tutte le imperfezioni dei tentativi precedenti. Le correnti di traffico seguono ancora una volta le rette del modello, tutti i pesci che nuotano nella stessa corrente vanno nello stesso verso ed hanno lo stesso colore. Coerentemente con quanto prescritto dalla metrica, più i pesci si avvicinano al centro e più sono grossi. Come commenta l’autore, «poiché tutte queste sequenze di pesci balzano fuori come razzi da infinitamente lontano, perpendicolarmente al contorno, e ricadono poi da dove sono venuti, nessuno di loro raggiunge mai il bordo». «poiché tutte queste sequenze di pesci balzano fuori come razzi da infinitamente lontano, perpendicolarmente al contorno, e ricadono poi da dove sono venuti, nessuno di loro raggiunge mai il bordo»
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Fare geometria su superfici diverse dal piano
Di fatto la geometria della sfera ci è molto familiare, per ovvie ragioni…
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Riconoscere punti euclidei, ellittici, iperbolici
In generale in una superficie ci saranno punti in cui si comporta come il piano euclideo, e altri i cui invece…
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cosa succede quando spiaccico!
La curvatura, ovvero … cosa succede quando spiaccico! Curvatura come misura di spiaccicamento
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cosa succede quando spiaccico!
La curvatura, ovvero … cosa succede quando spiaccico! Curvatura come misura di spiaccicamento
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cosa succede quando spiaccico!
La curvatura, ovvero … cosa succede quando spiaccico! Curvatura come misura di spiaccicamento
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A cosa serve tutto ciò??? A cosa serve tutto ciò????
Premesso che a un matematico di solito non interessa più di tanto l’utilità pratica di quello che studia (ma gli interessa che quello che fa sia coerente, bello e divertente), la vostra curiosità è assolutamente lecita. In questa presentazione voglio farvi un esempio, spiegandovi come il fatto di disporre, oltre che della geometria euclidea, anche delle altre due geometrie, possa rivelarsi utile per inquadrare nella giusta prospettiva il problema della forma dell’universo. Se, infatti, la geometria di euclide non è altro che “una” particolare fra le molte possibili, viene da chiedersi QUALE di queste geometrie sia la più adatta a descrivere lo spazio fisico. Probabilmente la risposta esatta è «dipende». La geometria euclidea consente infatti di capire molte cose: se però ci limitiamo a quella, ci sono dei fenomeni, sulla scala macroscopica e su quella microscopica, che non riusciamo a spiegare. È possibile che i nuovi strumenti forniti dalle geometrie non euclidee riescano invece a darne conto, consentendo una comprensione migliore del mondo in cui viviamo?
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A cosa serve tutto ciò??? A cosa serve tutto ciò????
Premesso che a un matematico di solito non interessa più di tanto l’utilità pratica di quello che studia (ma gli interessa che quello che fa sia coerente, bello e divertente), la vostra curiosità è assolutamente lecita. In questa presentazione voglio farvi un esempio, spiegandovi come il fatto di disporre, oltre che della geometria euclidea, anche delle altre due geometrie, possa rivelarsi utile per inquadrare nella giusta prospettiva il problema della forma dell’universo. Se, infatti, la geometria di euclide non è altro che “una” particolare fra le molte possibili, viene da chiedersi QUALE di queste geometrie sia la più adatta a descrivere lo spazio fisico. Probabilmente la risposta esatta è «dipende». La geometria euclidea consente infatti di capire molte cose: se però ci limitiamo a quella, ci sono dei fenomeni, sulla scala macroscopica e su quella microscopica, che non riusciamo a spiegare. È possibile che i nuovi strumenti forniti dalle geometrie non euclidee riescano invece a darne conto, consentendo una comprensione migliore del mondo in cui viviamo?
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Il telescopio mentale Quando per esempio si pensava che i pianeti girassero attorno alla terra, era necessario utilizzare calcoli complicatissimi spiegare i fenomeni osservati. Un semplice cambiamento di punto di vista, che mise al centro il Sole e tutti i pianeti intorno, permise di migliorare moltissimo l’interpretazione dei fatti. Quando poi si riuscì a rinunciare all’idea che le traiettorie fossero circolari ipotizzando che invece fossero ellittiche si riuscì a mettere tutto al suo posto: la matematica, utilizzata per formalizzare senza pregiudizi le osservazioni sperimentali, si rivelò lo strumento giusto per fornire la giustificazione di fatti di cui altrimenti si sarebbe avuta una comprensione solo parziale. Allo stesso modo, i cosmologi usano oggi la matematica come un telescopio mentale, puntato in direzione dei fenomeni di cui ancora non hanno una spiegazione definitiva: disporre di numerose “lenti di ricambio” può, almeno in linea di principio, consentire di immaginare scenari diversi, ottenere interpretazioni feconde, fornire spiegazioni inedite e aumentare così la comprensione dello spazio che ci circonda.
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Perché il problema è così difficile?
n dimensioni obbligatorietà del punto di vista intrinseco Rispetto al problema di determinare la forma della Terra, quello di determinare la forma dell’universo è di un ordine di grandezza più difficile, per tutta una serie di ragioni. In primo luogo la questione dimensionale: studiare forma ed estensione della terra vuol dire studiare una superficie, ovvero occuparsi di questioni bidimensionali. Nel caso dell’universo, le dimensioni sono almeno tre: la nostra esperienza quotidiana ci fornisce infatti l’evidenza di uno spazio in cui la posizione di ogni oggetto è determinata da tre numeri (per esempio latitudine, longitudine, altitudine). Le dimensioni necessarie salgono però a quattro se vogliamo valutarne l’evoluzione nel tempo e addirittura ad undici secondo le teorie cosmologiche più spinte, legate alla teoria delle stringhe. Dal punto di vista matematico, dopo l’introduzione, ad opera di Riemann, del concetto di grandezza n-estesa (o varietà n-dimensionale, come la chiamiamo oggi), questo non costituisce di per sé un grande ostacolo. Resta, certo, una difficoltà di visualizzazione (chi l’ha mai visto uno spazio quadridimensionale?) ed una, più grave, di classificazione, perché mentre nel caso delle superfici conosciamo perfettamente una lista di «modelli» che coprono tutte le possibilità, nel caso degli oggetti di dimensione tre una tale lista è stata molto più difficile da ottenere (tanto che ci si è riusciti - forse! - solo nel 2003, con la dimostrazione della Congettura di Poincarè ad opera di Grigori Perelman), per non parlare degli oggetti di dimensione superiore. Tuttavia la difficoltà più seria non è quella dimensionale, quanto piuttosto quella del punto di vista: nel caso della terra, misure e osservazioni si possono fare “guardandola dal di fuori”, come oggetto bidimensionale immerso in uno spazio ambiente più grande, che lo contiene. L’universo, invece, occupa tutto lo spazio possibile, anzi, di più, l’universo è tutto lo spazio possibile! Non esistono punti di vista esterni e tutti i ragionamenti vanno fatti “dal di dentro”, semplicemente perché un fuori non esiste. Volendo utilizzare una terminologia matematicamente corretta, possiamo dire che lo studio della forma dell’Universo è un problema di natura intrinseca. E questo lo rende altamente non banale: Guardando un pallone dal di fuori, ci accorgiamo immediatamente del fatto che si tratta di una superficie curva. Se tuttavia fossimo gli abitanti bidimensionali di una grossa superficie sferica, riusciremmo a percepire la curvatura del nostro mondo? La domanda è tutt’altro che banale, se pensiamo che noi, in effetti, abitiamo su un mondo di forma sferica e, pur essendo tridimensionali, abbiamo fatto una certa fatica ad accorgercene! Inoltre, siamo giunti a questa conclusione effettuando misurazioni esterne alla superficie terrestre: le prime prove a favore della sfericità derivarono infatti dall’osservazione del cielo notturno. Pur abitando la superficie della Terra, si ragionò cioè come se la si vedesse dal di fuori, immersa nello spazio, riuscendo in questo modo a determinarne la forma.
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Generalizzazione del concetto di curvatura per oggetti di dimensione n
Esiste e costituisce lo spartitraffico tra 3 geometrie: ellittica, piatta e iperbolica I prototipi sono tre e generalizzano quelli visti per le superfici: Sn, En, Hn La curvatura è comunque una grandezza intrinseca Rispetto al problema di determinare la forma della Terra, quello di determinare la forma dell’universo è di un ordine di grandezza più difficile, per tutta una serie di ragioni. In primo luogo la questione dimensionale: studiare forma ed estensione della terra vuol dire studiare una superficie, ovvero occuparsi di questioni bidimensionali. Nel caso dell’universo, le dimensioni sono almeno tre: la nostra esperienza quotidiana ci fornisce infatti l’evidenza di uno spazio in cui la posizione di ogni oggetto è determinata da tre numeri (per esempio latitudine, longitudine, altitudine). Le dimensioni necessarie salgono però a quattro se vogliamo valutarne l’evoluzione nel tempo e addirittura ad undici secondo le teorie cosmologiche più spinte, legate alla teoria delle stringhe. Dal punto di vista matematico, dopo l’introduzione, ad opera di Riemann, del concetto di grandezza n-estesa (o varietà n-dimensionale, come la chiamiamo oggi), questo non costituisce di per sé un grande ostacolo. Resta, certo, una difficoltà di visualizzazione (chi l’ha mai visto uno spazio quadridimensionale?) ed una, più grave, di classificazione, perché mentre nel caso delle superfici conosciamo perfettamente una lista di «modelli» che coprono tutte le possibilità, nel caso degli oggetti di dimensione tre una tale lista è stata molto più difficile da ottenere (tanto che ci si è riusciti - forse! - solo nel 2003, con la dimostrazione della Congettura di Poincarè ad opera di Grigori Perelman), per non parlare degli oggetti di dimensione superiore. Tuttavia la difficoltà più seria non è quella dimensionale, quanto piuttosto quella del punto di vista: nel caso della terra, misure e osservazioni si possono fare “guardandola dal di fuori”, come oggetto bidimensionale immerso in uno spazio ambiente più grande, che lo contiene. L’universo, invece, occupa tutto lo spazio possibile, anzi, di più, l’universo è tutto lo spazio possibile! Non esistono punti di vista esterni e tutti i ragionamenti vanno fatti “dal di dentro”, semplicemente perché un fuori non esiste. Volendo utilizzare una terminologia matematicamente corretta, possiamo dire che lo studio della forma dell’Universo è un problema di natura intrinseca. E questo lo rende altamente non banale: Guardando un pallone dal di fuori, ci accorgiamo immediatamente del fatto che si tratta di una superficie curva. Se tuttavia fossimo gli abitanti bidimensionali di una grossa superficie sferica, riusciremmo a percepire la curvatura del nostro mondo? La domanda è tutt’altro che banale, se pensiamo che noi, in effetti, abitiamo su un mondo di forma sferica e, pur essendo tridimensionali, abbiamo fatto una certa fatica ad accorgercene! Inoltre, siamo giunti a questa conclusione effettuando misurazioni esterne alla superficie terrestre: le prime prove a favore della sfericità derivarono infatti dall’osservazione del cielo notturno. Pur abitando la superficie della Terra, si ragionò cioè come se la si vedesse dal di fuori, immersa nello spazio, riuscendo in questo modo a determinarne la forma.
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Einstein: la gravità è geometria
Una delle “predizioni” della teoria della Relatività Generale, elaborata da Albert Einstein ( ) nel 1915, è il fatto che la presenza di massa ed energia curvi lo spazio. Prevede dunque in particolare che i raggi di luce, in presenza di grandi masse, non procedano in linea retta ma seguano traiettorie curve. Questo perché, se la massa curva lo spazio-tempo in cui si propaga la luce, rendendolo non euclideo, i raggi di luce, che dall’ottica sappiamo procedere in linea retta, seguiranno le rette di tale spazio curvo, le quali hanno le forme “piegate” viste nei capitoli precedenti. Pensiamo al movimento di un treno: di suo, il treno può solo andare diritto, non ha uno sterzo che lo metta in grado di girare. Tuttavia, tutti noi abbiamo sperimentato che in effetti i treni le curve le fanno eccome: possono farlo perché sono i binari su cui procedono ad essere curvi! Con la luce succede proprio questo: il fascio di fotoni viaggia in linea retta, incurante dell’eventuale massa, ma questa piega i “binari” dello spazio-tempo, costringendo la luce a deviare di conseguenza. In altri termini, quindi, Einstein sostituisce la forza di gravità con la curvatura dello spazio-tempo: la massa provoca la curvatura e quest’ultima determina la traiettoria dei raggi di luce che passano nelle vicinanze della deformazione dello spazio, che si trovano quindi a procedere lungo le rette della geometria corrispondente. Tale geometria risulta essere ellittica: la geometria non euclidea di curvatura positiva sembra dunque essere la più adatta per descrivere i fenomeni locali previsti nell’ambito della relatività generale. Box (approfondimento): Eddington e la deflessione dei raggi di luce L’esistenza delle deformazioni locali fu confermata nel 1919 da un’osservazione condotta da Arthur Eddington, durante un’eclissi di sole: in tale circostanza si osservò infatti come la massa del Sole fosse effettivamente in grado di deviare i raggi di luce provenienti da una stella posta nella posizione A, in modo tale da farla apparire in una posizione, la B, diversa da quella effettiva. la presenza di massa ed energia curva lo spazio
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Lenti gravitazionali e croci di Einstein
Del resto, l’osservazione di fenomeni di deflessione in presenza di massa al giorno d’oggi è diventata di routine. Guardando sorgenti luminose molto distanti, come ad esempio i cosiddetti oggetti quasi stellari (quasar) può succedere di vederne due o più immagini apparenti: questo si verifica quando tra noi e l’oggetto si interpone una grande massa, per esempio quella di una galassia. La massa curva lo spazio e i raggi di luce provenienti dall’oggetto, inizialmente divergenti, sono costretti a convergere verso di noi, come se attraversassero un’enorme lente che li costringe a concentrarsi. Si parla per questo di lente gravitazionale: il risultato è che invece di vedere solo due oggetti (sorgente e galassia), ne vediamo ben cinque, uno al centro (la galassia) e gli altri ai vertici di un quadrato (le immagini della sorgente), dando luogo ad una configurazione nota come croce di Einstein.
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Forma dell’universo a grande scala: possibili soluzioni delle equazioni della relatività generale
Principio cosmologico: l’universo a grande scala è omogeneo e isotropo tensore energia - impulso = funzioni del tensore di Ricci l’universo non è statico ma si evolve, cambiando le sue dimensioni nel tempo (contraendosi o dilatandosi); Appurato che lo spazio presenta curvature a livello locale, ci si pone il problema di capire quale possa essere la sua forma globale. Innanzi tutto scordiamoci che la nostra possa essere una posizione privilegiata e immaginiamo un universo identico in tutti i punti e in tutte le direzioni: è il cosiddetto principio cosmologico, secondo il quale l’universo a grande scala è omogeneo e isotropo. Con questa premessa, applichiamo la teoria della Relatività Generale all’universo a grande scala, considerato dunque come un sistema di materia distribuita uniformemente, determinando quali forme siano compatibili con le equazioni di Eistein. Queste consistono nell’uguaglianza tra il tensore energia-impulso (una quantità che descrive tutti i tipi di energia coinvolti nella situazione in esame) a funzioni del tensore di Ricci, che invece descrive la curvatura dello spazio. Ne derivano due risultati, entrambi controintuitivi: 1) l’universo non è statico ma si evolve, cambiando le sue dimensioni nel tempo (contraendosi o dilatandosi); 2) la geometria dell’universo a grande scala è generalmente curva e l’usuale geometria euclidea è solo un caso particolare tra le infinite geometrie non euclidee che si ottengono come soluzioni delle equazioni. (cioè, direi, la geometria vera dell’universo può essere euclidea ma può essere anche in infiniti altri modi) la geometria dell’universo a grande scala è curva e l’usuale geometria euclidea è solo un caso particolare tra le ∞ geometrie non euclidee che si ottengono come soluzioni delle equazioni.
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Densità critica, forma e destino dell’universo (con Λ = 0)
geometria prototipo Destino densità universo = densità critica euclidea espansione che rallenta e termina dopo un tempo infinito (cioè mai) < iperbolica espansione infinita > ellittica fine dell’espansione e collasso (big crunch) Precisiamo ulteriormente le conseguenze delle equazioni della relatività generale, così come fece il loro primo risolutore, il matematico russo Aleksandr Fridman nel 1922: dato per buono il fatto che l’universo sia in espansione, la sua geometria risulta dipendere dal suo contenuto in termini di massa ed energia. Lo spazio, quindi, non è un contenitore a geometria fissa e immutabile, indipendente dagli oggetti che contiene: al contrario, il contenuto determina completamente sia la geometria che il destino. Sono possibili, in particolare, tre tipologie di universo, tutte ammissibili come soluzioni delle equazioni della relatività: 1) un universo piatto, cioè obbediente alla geometria euclidea, se la densità ha un valore, detto «critico», per cui la forza di gravità e quella di espansione sono perfettamente in equilibrio; un tale universo è infinito ed è destinato ad espandersi in eterno, con velocità sempre decrescente, fino a diventare zero in un tempo infinito, cioè mai. 2) un universo iperbolico, se la densità è inferiore al valore critico; in questo caso la forza di gravità è minore di quella di espansione e quindi questo universo, anch’esso infinito, si espanderà per sempre; 3) un universo ellittico, se la densità è superiore al valore critico: in tal caso la forza di gravità è maggiore di quella di espansione e quindi l’espansione è destinata a rallentare progressivamente fino a quando, al prevalere della gravità sull’espansione, l’universo comincerà a contrarsi ricadendo su se stesso, in un Big Crunch simmetrico al Big Bang iniziale.
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Il problema dell’inventario
La stima della densità critica non pone particolari problemi: per definizione, si tratta della densità tale da rendere l’energia cinetica dell’espansione uguale all’energia potenziale gravitazionale del volume che si sta espandendo. Fatti i dovuti calcoli spunta fuori il valore… Un valore molto piccolo: corrisponde grossomodo a 6 atomi di idrogeno per metro cubo, un vuoto spinto per gli standard terrestri! controllare (basta pensare che nell’aria a temperatura ambiente e al livello del mare, in un metro cubo ci sono oltre 1025 atomi) Quello che bisogna capire è se la densità media effettiva del nostro universo sia o meno uguale a tale valore: il problema dell’inventario, però, è tutt’altro che semplice, perché di fatto nell’universo ci sono un sacco di cose che non conosciamo. La materia ordinaria è presente nell’universo sotto molte forme: pianeti, stelle, polveri, gas interstellare e intergalattico. Ma la densità di tutta questa materia non costituisce che il 5% di quella critica. Anche la radiazione è presente in grande quantità, ma il suo contributo alla densità di massa-energia è inferiore all’1% della densità critica. Se dunque nell’universo ci fossero solo la materia e l’energia che possiamo “vedere”, sicuramente la sua densità sarebbe inferiore a quella critica e ci troveremmo nel caso iperbolico, in un universo curvato negativamente e destinato ad espandersi per sempre. Tuttavia, sappiamo che nell’universo vive un’altra forma di massa-energia, che non possiamo vedere perché non emette né assorbe luce, ma la cui esistenza è stata provata indirettamente dagli effetti della sua gravità: la materia oscura. Inoltre, pare che esista un quarto contributo possibile alla composizione dell’universo, la cui esistenza potrebbe spiegare perché l’espansione dell’universo stia in questo momento accelerando invece di rallentare: tale fenomeno è incompatibile con il modello di Fridman, ma siamo sicuri che sta avvenendo, grazie a molti esperimenti recenti basati sulla luminosità delle supernove distanti misurata dal redshift. Chiamiamo quest’ultimo contributo energia oscura, perché anche di essa non sappiamo nulla, tranne che sembra agire come una sorta di anti-gravità. Parrebbe dunque di dover modificare lo schema di Fridman per i casi Ω=1 e Ω<1: in entrambi, l’universo sembrerebbe destinato ad espandersi per sempre, rallentando se l’energia oscura non esiste, ma accelerando se questa diventa dominante. Torneremo comunque su questo argomento più avanti. Di sicuro, dunque, l’inventario del contenuto dell’universo che possiamo stilare attualmente è assolutamente insoddisfacente, perché esistono entità di cui non sappiamo praticamente nulla. In particolare, quindi, non siamo assolutamente in grado di calcolare la densità effettiva dell’universo, né di conseguenza di capire se questa sia o meno uguale a quella critica. Per determinare la curvatura, bisogna dunque necessariamente procedere per vie alternative.
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Il problema dell’inventario
Materia oscura Energia oscura La stima della densità critica non pone particolari problemi: per definizione, si tratta della densità tale da rendere l’energia cinetica dell’espansione uguale all’energia potenziale gravitazionale del volume che si sta espandendo. Fatti i dovuti calcoli spunta fuori il valore… Un valore molto piccolo: corrisponde grossomodo a 6 atomi di idrogeno per metro cubo, un vuoto spinto per gli standard terrestri! controllare (basta pensare che nell’aria a temperatura ambiente e al livello del mare, in un metro cubo ci sono oltre 1025 atomi) Quello che bisogna capire è se la densità media effettiva del nostro universo sia o meno uguale a tale valore: il problema dell’inventario, però, è tutt’altro che semplice, perché di fatto nell’universo ci sono un sacco di cose che non conosciamo. La materia ordinaria è presente nell’universo sotto molte forme: pianeti, stelle, polveri, gas interstellare e intergalattico. Ma la densità di tutta questa materia non costituisce che il 5% di quella critica. Anche la radiazione è presente in grande quantità, ma il suo contributo alla densità di massa-energia è inferiore all’1% della densità critica. Se dunque nell’universo ci fossero solo la materia e l’energia che possiamo “vedere”, sicuramente la sua densità sarebbe inferiore a quella critica e ci troveremmo nel caso iperbolico, in un universo curvato negativamente e destinato ad espandersi per sempre. Tuttavia, sappiamo che nell’universo vive un’altra forma di massa-energia, che non possiamo vedere perché non emette né assorbe luce, ma la cui esistenza è stata provata indirettamente dagli effetti della sua gravità: la materia oscura. Inoltre, pare che esista un quarto contributo possibile alla composizione dell’universo, la cui esistenza potrebbe spiegare perché l’espansione dell’universo stia in questo momento accelerando invece di rallentare: tale fenomeno è incompatibile con il modello di Fridman, ma siamo sicuri che sta avvenendo, grazie a molti esperimenti recenti basati sulla luminosità delle supernove distanti misurata dal redshift. Chiamiamo quest’ultimo contributo energia oscura, perché anche di essa non sappiamo nulla, tranne che sembra agire come una sorta di anti-gravità. Parrebbe dunque di dover modificare lo schema di Fridman per i casi Ω=1 e Ω<1: in entrambi, l’universo sembrerebbe destinato ad espandersi per sempre, rallentando se l’energia oscura non esiste, ma accelerando se questa diventa dominante. Torneremo comunque su questo argomento più avanti. Di sicuro, dunque, l’inventario del contenuto dell’universo che possiamo stilare attualmente è assolutamente insoddisfacente, perché esistono entità di cui non sappiamo praticamente nulla. In particolare, quindi, non siamo assolutamente in grado di calcolare la densità effettiva dell’universo, né di conseguenza di capire se questa sia o meno uguale a quella critica. Per determinare la curvatura, bisogna dunque necessariamente procedere per vie alternative.
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Telescopio o macchina del tempo?
Per capire qualcosa di più dell’universo in cui viviamo, la cosa più istintiva che possiamo fare è cercare di guardarci intorno, certo non a occhio nudo, ma con strumenti opportuni, che ci consentano di osservare pianeti e stelle vicine ma anche galassie lontane, spingendoci nell’osservazione fino ai limiti consentiti dalla tecnologia e dalla fisica. Il nostro guardare avanti nello spazio è, a ben vedere, un guardare indietro nel tempo: la luce, infatti, viaggia ad una velocità enorme ma comunque finita, e impiega dunque molto tempo per percorrere le enormi distanze cosmiche. Questo in particolare significa che quando guardiamo una sorgente luminosa lontana, ne vediamo un’immagine “vecchia”, perché la vediamo come era alla partenza della luce e c’è tutto il tempo del viaggio nel mezzo. Il Sole, ad esempio, si trova ad 8 minuti (occhio!) luce: ciò significa che la luce che emette impiega 8 minuti a giungere fino a terra, ragion per cui se guardiamo verso il Sole lo vediamo come era 8 minuti prima. La maggior parte delle stelle visibili ad occhio nudo si trova ad una distanza compresa tra 10 e 100 anni luce: le vediamo, dunque, come erano tra 10 e 100 anni fa. La nostra “vicina di casa”, la galassia Andromeda, ci appare più giovane di circa 2,2 milioni di anni e alcune delle galassie più distanti sono talmente lontane che le vediamo come erano addirittura 10 miliardi di anni fa! Ma fino a che punto possiamo guardare indietro? Volendo chiarire quale sia la curvatura dell’universo, l’ideale sarebbe poter fare un grande salto nel tempo e andare a dare un’occhiata più vicino possibile al Big Bang, quando tutto il suo contenuto era concentrato. La cosa non è così semplice, ma sorprendentemente è possibile: ci si può spingere, addirittura, a circa anni dopo il Big Bang, un’enormità, se pensiamo che da allora, di anni, ne sono passati almeno 14 miliardi. Oltre, invece, non si può andare: la temperatura, infatti, appena dopo il Big Bang, era talmente elevata da mantenere il gas completamente ionizzato e renderlo quindi fortemente opaco e impenetrabile, proprio come succede all’interno del Sole. Per poter vedere qualcosa dobbiamo aspettare che la temperatura scenda attorno ai 3000 gradi, consentendo a protoni ed elettroni di ricombinarsi, generando un gas neutro e come tale trasparente, pronto a farsi fotografare. E quella che vedete nella slide è proprio la prima istantanea dell’universo neonato, scattata il 24 aprile 1992 dal satellite COBE (Cosmic Background Explorer). Un’immagine misteriosa, agli occhi dei profani che se la trovarono in prima pagina su tutti i giornali del mondo. Raffigura, spiegano gli esperti, la radiazione cosmica di fondo, una sorta di calore residuo avanzato dal Big Bang, emessa molto prima che si formassero stelle o galassie. Tale radiazione riempie l’universo, è dappertutto, si può vedere ovunque guardiamo, a patto di farlo con un telescopio a microonde: la radiazione cosmica di fondo, infatti, è adesso molto fredda, attorno a 2.725° sopra lo zero assoluto. Come tale, avendo una frequenza molto bassa, vive nella porzione a microonde dello spettro elettromagnetico, invisibile ad occhio nudo. L’esistenza di una tale radiazione era nota da tempo, avendo fruttato ai suoi scopritori un Nobel per la fisica nel La novità di COBE sta nel fatto che l’immagine riesce ad individuare zone un po’ più calde ed altre un po’ più fredde all’interno di una radiazione che fino a quel momento era apparsa sospettamente uniforme: tali disomogeneità, dette fluttuazioni primordiali, rappresentano i semi da cui hanno avuto origine le strutture che vediamo adesso, stelle e galassie. Purtroppo, però, la foto scattata da Cobe era “troppo sfuocata” per consentire di misurare con chiarezza le dimensioni di questi “semi”, che ci possono fornire informazioni sulla curvatura dell’universo. Era necessario, quindi, costruire “macchine fotografiche” più potenti. Da qualche anno ci siamo riusciti: si chiamano Boomerang, Map, Maxima,
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BOOMERANG, MAP e gli altri: l’universo è piatto?
Ci sono infiniti valori di densità maggiori di quella critica e infiniti minori: c’è una possibilità contro infinite, cioè, che la densità dell’universo sia proprio uguale a quella critica! Eppure…eppure, per quanto sia sorprendente e sembri anche un po’ magico, sembra proprio che le cose stiano così: lo confermano le osservazioni di Boomerang, un esperimento progettato da un team di ricercatori della Sapienza di Roma che fornisce le prove sperimentali della piattezza dell’universo. Prove confermate dall’esperimento Map, un satellite della Nasa e quelle di diversi altri, tra cui Maxima, Dasi e Cbi. L’universo, dunque, sembra essere piatto e la sua densità, conseguentemente, essere esattamente uguale a quella critica.
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E quindi a cosa servono, in questo contesto, le geometrie non euclidee?????
Dunque: i dati sperimentali sembrano dire che la geometria dell’universo è di tipo euclideo. Ma allora, vi ho ingannato dicendovi che le geometrie non euclidee sono fondamentali per affrontare il problema della determinazione della forma dell’universo? Non direi: innanzi tutto, le geometrie non euclidee sono essenziali per capire il comportamento dei raggi di luce in presenza di massa (perché i fotoni devono viaggiare in linea retta, mentre le evidenze sperimentali - tipo lente gravitazionale - dimostrano che non lo fanno...o meglio, poveretti, lo fanno, ma seguono le rette di una geometria non euclidea, quella ellittica). Inoltre, per quanto riguarda il problema a livello globale, senza le geometrie non euclideenon potremmo neppure formalizzare bene il problema (basti pensare che senza di loro ci sarebbero infinite soluzioni delle equazioni della relatività che non sapremmo come interpretare)
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È euclideo … ma che forma ha???
Sapere che l’universo ha geometria euclidea, non ci consente comunque di stabilirne la forma. Per capirlo, facciamo un passo indietro tornando alla geometria di dimensione 2. Sapere che la geometria di una superficie è eulcidea, infatti, non ci consente affatto di concludere che tale superficie sia il piano euclideo: potrebbe, per esempio, essere il cilindro, o una qualunque altra superficie ottenuta dal piano piegando senza deformare ed incollando qua e là se necessario. Lo stesso avviene nel caso tridimensionale: ammesso che l’universo sia euclideo, tenendo conto di altre caratteristiche che riducono il campo delle possibilità, restano in ballo 10 possibili forme, tutte ottenute dallo spazio euclideo tridimensionale piegando senza deformare e incollando secondo un ben preciso schema di istruzioni. Fino a che non riusciremo a determinare lo schema di incollamento dell’universo, pur sapendo quale geometria ne governa gli eventi, non potremo stabilirne la forma.
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Dalle recenti osservazioni sperimentali …
Quindi, per quanto ne sappiamo al momento, l’universo è piatto e la sua densità è pari a quella critica: fatti due conti, dato che la densità delle forme di massa-energia che vediamo è circa il 5% di quella critica, questo dimostra che l’universo è composto, per circa il 95%, di cose di cui non sappiamo nulla. E quindi non solo non siamo al centro dell’universo, ma la materia di cui siamo fatti costituisce una frazione estremamente minuscola di tutto ciò che ci circonda! L’uomo, la terra, i pianeti, il sistema solare, le galassie: ciò che conosciamo è una percentuale minima di ciò che esiste. In particolare, sul comportamento dell’energia oscura abbiamo ben poche previsioni da fare: non la conosciamo, quindi come possiamo immaginare la sua evoluzione? Quello che è certo è che il suo comportamento influisce sul destino del nostro universo: per il momento determina probabilmente l’accelerazione riscontrata nella sua espansione, giocando in qualche senso il ruolo della «forza di repulsione cosmica» prima introdotta e poi ripudiata da Einstein. E, visto che l’espansione accelerata non è prevista dai modelli relativistici di Fridman, ci costringe a modificarli e a costruirne di nuovi, con radici che spaziano dalla meccanica quantistica alla teoria delle stringhe. Inoltre, svincola il destino dell’universo dalla sua geometria: le cose non sono più “semplici” come nei modelli di Fridman, in cui la geometria prescriveva rigidamente il tipo di evoluzione e il destino finale. Se ammettiamo che esista un’energia di cui non sappiamo nulla, tutto diventa possibile: la sua densità, per esempio, potrebbe crescere o diminuire nel tempo. Nel primo caso l’accelerazione cosmica potrebbe aumentare tanto da distruggere in un tempo finito galassie, sistemi planetari pianeti ed atomi. Nel secondo, l’accelerazione potrebbe arrestarsi e magari diventare negativa, fino al collasso dell’universo. Fino a che non si conosce l’origine dell’energia oscura, insomma, nessuna osservazione cosmologica può rivelare il destino dell’universo! Le previsioni della relatività generale cozzano contro le osservazioni sperimentali, rendendo necessaria la costruzione di modelli alternativi. Cosmologi e fisici, siano essi esperti di teoria delle stringhe, meccanica quantistica o particelle elementari, ipotizzano un’ampia gamma di scenari possibili: si va dall’universo a 11 dimensioni (pensato nell’ambito della teoria M, unificazione delle teorie delle stringhe) a quello di due, dipinto su una superficie lontana, che ci appare tridimensionale come un ologramma. Quella della tridimensionalità potrebbe quindi essere un’illusione, o perché ci sono molte altre dimensioni che non riusciamo a vedere, o perché, al contrario, siamo ingannati da un ologramma particolarmente realistico, immagine 3D di una superficie dipinta che è il mondo reale. La gamma di possibilità è estremamente vasta: le teorie si costruiscono, si testano e se necessario si modificano o si scartano, in una grande avventura umana che vuole spingersi ai confini della conoscenza. La matematica viene prima, a dare strumenti e linguaggi, e viene dopo, a suggerire sintesi e semplificazioni, a supporto di teorie molto diverse tra loro, con la speranza, magari, di riuscire ad intravedervi (o costruirvi) ponti e connessioni: la storia dell’universo, in conclusione, è ancora tutta da scrivere.
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Dalle recenti osservazioni sperimentali …
Quindi, per quanto ne sappiamo al momento, l’universo è piatto e la sua densità è pari a quella critica: fatti due conti, dato che la densità delle forme di massa-energia che vediamo è circa il 5% di quella critica, questo dimostra che l’universo è composto, per circa il 95%, di cose di cui non sappiamo nulla. E quindi non solo non siamo al centro dell’universo, ma la materia di cui siamo fatti costituisce una frazione estremamente minuscola di tutto ciò che ci circonda! L’uomo, la terra, i pianeti, il sistema solare, le galassie: ciò che conosciamo è una percentuale minima di ciò che esiste. In particolare, sul comportamento dell’energia oscura abbiamo ben poche previsioni da fare: non la conosciamo, quindi come possiamo immaginare la sua evoluzione? Quello che è certo è che il suo comportamento influisce sul destino del nostro universo: per il momento determina probabilmente l’accelerazione riscontrata nella sua espansione, giocando in qualche senso il ruolo della «forza di repulsione cosmica» prima introdotta e poi ripudiata da Einstein. E, visto che l’espansione accelerata non è prevista dai modelli relativistici di Fridman, ci costringe a modificarli e a costruirne di nuovi, con radici che spaziano dalla meccanica quantistica alla teoria delle stringhe. Inoltre, svincola il destino dell’universo dalla sua geometria: le cose non sono più “semplici” come nei modelli di Fridman, in cui la geometria prescriveva rigidamente il tipo di evoluzione e il destino finale. Se ammettiamo che esista un’energia di cui non sappiamo nulla, tutto diventa possibile: la sua densità, per esempio, potrebbe crescere o diminuire nel tempo. Nel primo caso l’accelerazione cosmica potrebbe aumentare tanto da distruggere in un tempo finito galassie, sistemi planetari pianeti ed atomi. Nel secondo, l’accelerazione potrebbe arrestarsi e magari diventare negativa, fino al collasso dell’universo. Fino a che non si conosce l’origine dell’energia oscura, insomma, nessuna osservazione cosmologica può rivelare il destino dell’universo! Le previsioni della relatività generale cozzano contro le osservazioni sperimentali, rendendo necessaria la costruzione di modelli alternativi. Cosmologi e fisici, siano essi esperti di teoria delle stringhe, meccanica quantistica o particelle elementari, ipotizzano un’ampia gamma di scenari possibili: si va dall’universo a 11 dimensioni (pensato nell’ambito della teoria M, unificazione delle teorie delle stringhe) a quello di due, dipinto su una superficie lontana, che ci appare tridimensionale come un ologramma. Quella della tridimensionalità potrebbe quindi essere un’illusione, o perché ci sono molte altre dimensioni che non riusciamo a vedere, o perché, al contrario, siamo ingannati da un ologramma particolarmente realistico, immagine 3D di una superficie dipinta che è il mondo reale. La gamma di possibilità è estremamente vasta: le teorie si costruiscono, si testano e se necessario si modificano o si scartano, in una grande avventura umana che vuole spingersi ai confini della conoscenza. La matematica viene prima, a dare strumenti e linguaggi, e viene dopo, a suggerire sintesi e semplificazioni, a supporto di teorie molto diverse tra loro, con la speranza, magari, di riuscire ad intravedervi (o costruirvi) ponti e connessioni: la storia dell’universo, in conclusione, è ancora tutta da scrivere.
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Bibliografia GEOMETRIE NON EUCLIDEE, Silvia Benvenuti, Alpha test, Gli Spilli. DIMENTICARE EUCLIDE?, Silvia Benvenuti, Linx Magazine n.08/2011, p LE GNE E LA FORMA DELL’UNIVERSO, Silvia Benvenuti, INSALATE DI MATEMATICA 3. SETTE VARIAZIONI SU ARTE, ARCHITETTURA E DESIGN, Silvia Benvenuti, Sironi. Il TELESCOPIO MENTALE: COSA POSSIAMO DIRE SULLA FORMA DELL’UNIVERSO?, Silvia Benvenuti, in MaTeinItaly. Scopri la matematica del futuro, Egea, 2014. IL GEOMETRICON, Jean-Pierre Petit, Dedalo. La parte cosmologica farla così: Una delle predizioni della teoria della rel gen è che l’universo presenta curvature locali dovute ala presenza di massa. Cioè: la massa curva lo spazio tempo, e quindi la geometria adatta a studiare lo spazio tempo a livello locale in presenza di massa è quella non euclidea Le eq della relativ generale ammettono come sol la euclidea ma anche infinite altre geo non euclidee Quale sia la soluzione giusta dipende dal contenuto dell’universo, cioè dalla sua densità, e precisamente dal rapporto tra densità universo e densità critica Schemi possibil Problema dell’inventario: è un casino, ma con cobe, boomrang ecc si scopre che la densità è proprio uguale a quella critica Quindi, l’universo a grande scala è euclideo, ma questo non vuol dire che sappiamo come è fatto, perché, come vi spiegheranno i vostri docenti, il fatto che un oggetto abbia geometria governata dale regole della geo euclidea non vuol dre che si sappia qual è la sua forma (schema di incolamento) Morale: sappiamo di non sapere POESIA DELL’UNIVERSO. L’ESPLORAZIONE MATEMATICA DEL COSMO, Robert Osserman, Tea. THE FOURTH DIMENSION AND NON-EUCLIDEAN GEOMETRY IN MODERN ART, Linda Henderson, MIT Press. NO! LIBERTÀ E VERITÀ, CREAZIONE E NEGAZIONE, Imre Toth, Bompiani.
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Grazie per l’attenzione!
Spero che vi siate divertiti, e comunque che sia chiaro che davanti a certe cose bisogna essere un po’ critici Perché? -fretta Poche conoscenze -manipolazioni -ignoranza degli strumenti -esperti
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