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La valutazione del rischio di credito

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Presentazione sul tema: "La valutazione del rischio di credito"— Transcript della presentazione:

1 La valutazione del rischio di credito
Prof. Francesco Campanella Anno Accademico

2 Argomenti Struttura generale di Basilea II Il patrimonio di vigilanza
Modalità di quantificazione del rischio di credito, del rischio operativo e del rischio di mercato L’Expected Shortfall Confronto tra modelli VAR alternativi Definizione dei rischi del secondo e del terzo pilastro Pregi di Basilea II I riflessi di Basilea II sulle PMI Introduzione a Basilea III Prof. Francesco Campanella

3 I tre pilastri normativi
I Pilastro: Requisiti patrimoniali minimi II Pilastro: Il controllo prudenziale III Pilastro: Disciplina del mercato e trasparenza La nuova normativa mira a garantire una maggiore sensibilità ai rischi e una più raffinata determinazione dei requisiti patrimoniali minimi a fronte dei rischi di credito , di mercato ed operativo. Prof. Francesco Campanella

4 Il primo pilastro La determinazione dei requisiti patrimoniali minimi si basa sulla definizione di patrimonio di vigilanza e di attività ponderate per il rischio (RWA). Gli elementi costitutivi del capitale sono: Patrimonio di base (Tier1) Patrimonio supplementare (Tier2) Debiti subordinati a breve termine a copertura del rischio di mercato (Tier3) Prof. Francesco Campanella

5 Da cosa è composto il patrimonio di vigilanza?
Core Tier 1: ammontare non inferiore all’85% del Tier 1 e almeno pari al 4% delle RWA Tier 1 Hybrid Tier 1: ammontare non superiore al 15% dell’intero Tier 1 Upper Tier 2: obbligazioni di durata superiore ai dieci anni Tier 2 Lower Tier 2: obbligazioni di durata superiore ai cinque anni Tier 3 Composto da obbligazioni della durata superiore ai due anni Prof. Francesco Campanella

6 Il Patrimonio di Vigilanza
Patrimonio di vigilanza: capitale che ogni banca deve detenere per soddisfare i requisiti di vigilanza prudenziale Tale grandezza è utilizzata per vincolare entro determinati parametri quantitativi le attività della Banca, in relazione alla necessità di garantire adeguata copertura dei rischi assunti e fronteggiare le perdite inattese Il concetto di patrimonio di vigilanza si discosta da quello di patrimonio netto contabile ,perché include i vari strumenti di debito emessi dalla banca attraverso i quali può espandere i propri impieghi. Prof. Francesco Campanella

7 Principali voci del patrimonio di vigilanza 1/2
Core tier 1: -Capitale versato/azioni ordinarie -Riserve palesi (es. sovrapprezzo azioni o utili non distribuiti) b) Lower tier : -Strumenti innovativi di capitale (non oltre il 15% del tier 1 ) c)= a + b Patrimonio di base o tier 1 (almeno il 4% delle RWA) d) Upper tier 2 : -Riserve occulte -Riserve di rivalutazione -Accantonamenti a fondi generali per rischi su crediti -Strumenti ibridi di patrimonializzazione e) Lower tier 2: -Prestiti subordinati ordinari ( non oltre il 50% del tier 1) f)= d + e Patrimonio supplementare o tier 2 (non oltre il patrimonio di base) Prof. Francesco Campanella

8 Principali voci del patrimonio di vigilanza 2/2
g) Deduzioni: -Avviamento (dedotto dal tier 1) -Investimenti in banche e simili non consolidati(dedotti dal patrimonio totale) c + f – g = Patrimonio di vigilanza (almeno l’8% delle RWA) H) Tier 3 (valido solo per i rischi di mercato): -Prestiti subordinati a breve scadenza (non oltre il 250% del tier 1 per i rischi di mercato) Fonte: Resti e Sironi,2008 Prof. Francesco Campanella

9 I Pilastro: metodologie di determinazione dei requisiti patrimoniali
Basilea II prevede specifici approcci metodologici per la quantificazione dei capitale assorbito a fronte dei rischi citati: Rischio di credito Rischio operativo Rischio di mercato* •Metodologia standardizzata •Metodologia IRB Foundation Advanced •Metodo di base (BIA) •Metodo standardizzato (TSA) •Metodi avanzati (AMA) •Metodologia standardizzata •Metodologia dei modelli interni *Per quanto concerne il rischio di mercato, ambedue gli approcci metodologici si fondano sul modello VAR Prof. Francesco Campanella

10 Modalità di quantificazione del rischio di credito
Per la quantificazione del rischio di credito è necessario determinare il c.d. “Attivo ponderato”(RWA). A tale scopo Basilea II prevede due metodologie alternative tra di loro. Approccio Standard Approccio basato sui rating interni Prof. Francesco Campanella

11 Modalità di quantificazione del rischio di credito
Il Metodo Standard propone che alle attività sia assegnato un fattore di ponderazione stimato da agenzie esterne (rating). Il giudizio di quest’ultime è di rilievo per l’accesso al credito. Mentre l’Accordo di Basilea I pondera l’attivo della banca in base alla sua destinazione, Basilea II tiene in considerazione l’effettiva rischiosità della controparte . Schematicamente il metodo Standard funziona nel seguente modo: ESPOSIZIONE X COEFFICIENTE DA RATING ESTERNO X 8% = REQUISITO PATRIMONIALE Prof. Francesco Campanella

12 Modalità di quantificazione del rischio di credito
Coefficienti di ponderazione prefissati correlati al rating affidato alle imprese da agenzie esterne (ECAI) VULNERABILITA’ SICUREZZA RISCHIOSITA’ STANDARD-POOR’S AAA fino ad AA- A+ fino ad A- BBB+ fino a BBB- <𝒂 𝑩− Privi di rating PONDERAZIONE 20% 50% 100% 150% PONDERAZIONE UNICA PER LE PMI % Prof. Francesco Campanella

13 Modalità di quantificazione del rischio di credito
Approccio Basilea I per il calcolo della ponderazione: Approccio Basilea II per il calcolo della ponderazione: Impresa affidata Coefficiente di ponderazione per le imprese 100% Impresa affidata Coefficiente di ponderazione in funzione del rating esterno Prof. Francesco Campanella

14 Modalità di quantificazione del rischio di credito
Il nuovo approccio comporta una migliore selezione delle imprese ed una migliore allocazione del credito. Nel sistema Standard vi sono elementi di standardizzazione causati dall’imposizione da parte dell’autorità di vigilanza di un mapping che associa alla scala di rating dei coefficienti di ponderazione prefissati. Per cui , il Comitato di Basilea ha previsto sistemi avanzati di misurazione del rischio, gli Internal Rating Based (IRB). Prof. Francesco Campanella

15 Il Modello Internal Rating Based
Esso è basato sulla stima del rischio di credito mediante stime interne dei parametri di rischio; in particolare si distinguono due metodologie, foundation e advanced, in relazione al numero di parametri di rischio per i quali le banche utilizzano proprie stime interne. La misurazione del merito creditizio viene effettuata attraverso la stima delle variabili PD, LGD, EAD e M delle controparti. L’utilizzo di modelli di rating interni richiede, quale vincolo imprescindibile, la preventiva autorizzazione della Banca d’Italia. Prof. Francesco Campanella

16 Il Modello Internal Rating Based
Credit rating system Dati input (PD,LGD,EAD,M) Funzione Coefficiente di ponderazione Prof. Francesco Campanella

17 Approccio Standard ≠ Approccio IRB
COEFFICIENTE DI PONDERAZIONE REQUISITO PATRIMONIALE ESPOSIZIONE 8% * * = Approccio IRB EAD f(PD,EAD,LGD,M) REQUISITO PATRIMONIALE 8% * * = Prof. Francesco Campanella

18 Il sistema IRB: foundation e advanced
La differenza dei sistemi IRB consiste nel fatto che l’approccio di base determina al proprio interno solo la PD, invece nell’approccio avanzato l’istituto di credito è chiamato a sviluppare tutti i parametri di rischio. PD LGD EAD M Stimata dalla banca …e forniti dall’Autorità di Vigilanza nell’IRB foundation Nell’IRB advanced tutti i parametri sono stimati internamente dalla banca Prof. Francesco Campanella

19 Il rischio operativo I quattro fattori di rischio indicati dal Comitato di Basilea possono essere descritti come segue. Risorse umane – si tratta di eventi come errori, frodi, violazioni di regole e procedure interne, problemi di incompetenza e negligenza(esempio di UBS Warburg nel dicembre 2001 subì una perdita di 50 milioni di dollari sul suo portafoglio azionario giapponese a causa di un errore di inserimento dei dati, relativo al numero di azioni negoziate). Sistemi informatici – questo fattore include aspetti tecnologici, come guasti nell’hardware e nel software, ingressi non autorizzati di estranei nei sistemi informatici e presenza di virus, guasti alle telecomunicazioni. Prof. Francesco Campanella

20 Il rischio operativo Processi – questo fattore include procedure e controlli interni difettosi o inadeguati . Eventi esterni – includono tutte le perdite cagionate da cause esterne, non direttamente controllabili dal management della banca (per esempio, modifiche nel quadro politico, regolarmente o legale che comportino nuovi costi o una riduzione dei ricavi aziendali, atti criminali come furti , rapine terremoti e altre catastrofi naturali). Prof. Francesco Campanella

21 Modalità di quantificazione del rischio operativo
Il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio operativo proposto dal Comitato di Basilea si fonda su tre approcci alternativi. Basic Indicator Approach ( 𝐾 𝐵𝐼𝐴 ); Standardized Approach (𝐾 𝑆𝐴 ); Advanced Measurement Approach (𝐾 𝐴𝑀𝐴 ). Approcci semplificati Approccio avanzato Prof. Francesco Campanella

22 L’approccio dell’indicatore di base
Negli approcci semplificati(BIA)si presuppone una correlazione positiva tra il reddito lordo(Gross Income) ed il rischio operativo ; si considera , infatti , che la crescita del reddito lordo sia connessa ad una maggiore attività e, in ultima analisi , ad un più alto rischio operativo. α= coefficiente fisso stimato dall’Istituzione di Vigilanza bancaria MID= Margine di intermediazione calcolato come media degli ultimi 3 anni. 𝐾 𝐵𝐼𝐴 = α x MID Prof. Francesco Campanella

23 L’approccio standardizzato
Lo Standardised Approach prevede una più precisa valutazione del rischio operativo suddividendo l’attività bancaria in otto business line. Il requisito patrimoniale è misurato separatamente per le principali linee di attività , moltiplicando il loro MID per uno specifico coefficiente di rischiosità, diverso per le singole business line. Prof. Francesco Campanella

24 L’approccio standardizzato
Tale approccio coglie-almeno in parte- la diversa rischiosità delle diverse aree di affari in cui una banca opera. Di conseguenza , esso conduce a un requisito patrimoniale maggiore per le banche che operano in settori più rischiosi. 𝐾 𝑆𝐴 = sommatoria 𝑀𝐼𝐷 1−8 x β 1−8 𝑀𝐼𝐷 1−8 = Valore medio calcolato su 3 anni del margine di intermediazione per ogni business line; β 1−8 = coefficiente fisso diversificato per ognuna delle 8 business line. Prof. Francesco Campanella

25 L’approccio standardizzato
Fonte : Basel Committee on Banking Supervision,2006 Prof. Francesco Campanella

26 L’approccio standardizzato
Questo approccio richiede il rispetto ,da parte delle banche, di alcuni qualifying criteria: L’implementazione di un efficiente sistema di risk management; La banca deve dimostrare che il suo consiglio di amministrazione e il top management siano attivamente coinvolti nella supervisione delle metodologie di gestione del rischio operativo; La disponibilità di risorse quali-quantitative adeguate per la gestione ed il controllo dello SA; Se la banca è attiva in modo significativo su scala internazionale, deve comunque investire adeguatamente in sistemi interni di misura del rischio operativo. Prof. Francesco Campanella

27 L’approccio di misurazione avanzato
Quattro fasi di implementazione sequenziali: La definizione del rischio operativo; L’identificazione degli aspetti organizzativi critici; L’identificazione della genesi del rischio operativo; La valutazione quali-quantitativa del rischio operativo. Prof. Francesco Campanella

28 L’approccio di misurazione avanzato (4 fasi)
1.La definizione del rischio operativo: Il rischio operativo si definisce come la probabilità per una banca di subire una perdita( che può derivare da un’operazione , dal comportamento di dipendenti , dal sistema organizzativo)per il semplice fatto di svolgere un’attività. 2.L’identificazione degli aspetti organizzativi critici: Tale fase è finalizzata ad evidenziare come il rischio operativa dipenda dal sistema organizzativo bancario e sottolinea l’importanza di adottare sistemi capaci di segnalare tempestivamente colui o coloro che , nella linea operativa, si sono discostati dalle indicazioni fornite dal sistema. Prof. Francesco Campanella

29 L’approccio di misurazione avanzato
Rischio interno Rischio esterno Si verifica quando l’agire di un soggetto o di una struttura risulta difforme da quanto atteso dal sistema. Dovrebbe essere sempre possibile individuare i responsabile e recuperare la perdita. Genera una perdita non imputabile al sistema organizzato ed è classificato come rischio d’impresa , senza perdere il carattere di rischio operativo in quanto derivante dall’operatività della banca. NON SI DOVREBBE PARLARE DI EVENTO DANNOSO Prof. Francesco Campanella

30 L’approccio di misurazione avanzato
3.L’identificazione della genesi del rischio operativo: È possibile individuare quattro fasi attraverso cui gli eventi bancari possono tramutarsi in eventi dannosi. Evento rischioso Evento sfavorevole Evento pericoloso Evento dannoso Prof. Francesco Campanella

31 L’approccio di misurazione avanzato
4.La valutazione quali-quantitativa del rischio operativo. Valutazione qualitativa: determinazione della pericolosità degli eventi e di quelli più pericolosi ( cioè che hanno maggiore probabilità di verificarsi). Valutazione quantitativa : imputazione degli Event Type alle Business line della banca. L’uso dell’AMA è soggetto all’approvazione preventiva dell’organo di vigilanza che potrà essere rilasciata dopo un periodo di monitoraggio delle procedure adottate e dei risultati conseguiti. Prof. Francesco Campanella

32 Modalità di quantificazione del rischio di mercato
Il Value at Risk (VaR) riassume in una misura unica gli aspetti legati al rischio di mercato di un portafoglio di attività finanziarie. In pratica indica la perdita peggiore a cui è possibile andare incontro, in condizioni di mercato normali, dato un certo livello di confidenza, in un certo orizzonte temporale. Il termine fu coniato negli anni ’90 dal centro di consulenza J.P. Morgan. Prof. Francesco Campanella

33 Modalità di quantificazione del rischio di mercato
VAR=𝜎 𝑁 −1 (X) Deviazione standard della variazione del valore del portafoglio nell’orizzonte prescelto Inversa della distribuzione normale standardizzata Livello di confidenza Il Comitato di Basilea ha scelto come parametri per il calcolo del VAR un orizzonte temporale di 10 giorni ad un livello di confidenza del 99%. Prof. Francesco Campanella

34 Modalità di quantificazione del rischio di mercato
Le principali metodologie statistiche per il calcolo del VAR sono: Stima matrice varianze-covarianze; Simulazione storica (Handricks,1996); Simulazione Monte Carlo. Il primo approccio è quello più adottato dal sistema creditizio per una serie di motivi (semplicità , tradizione, ampia disponibilità di software applicativi e di track record). Prof. Francesco Campanella

35 Modalità di Stima matrice varianze-covarianze
L’approccio parametrico dei metodi analitici sono basati su una serie di ipotesi, la più importante delle quali vuole che la distribuzione empirica dei rendimenti dei fattori di mercato abbia una determinata forma funzionale, cioè sia una distribuzione normale. Tale ipotesi (chiamata anche “ipotesi di normalità dei rendimenti”) è fortemente contestata dalla dottrina, e costituisce uno dei principali motivi per cui ai metodi analitici si sostituiscono spesso i metodi basati sulle simulazioni. Prof. Francesco Campanella

36 Modalità di Stima matrice varianze-covarianze
Limiti: Ipotesi relative alla forma funzionale Sensibilità delle posizioni in portafoglio al variare dei fattori di mercati Prof. Francesco Campanella

37 Simulazioni storiche Tale metodologia tenta di predire come i prezzi futuri sulla base dell’analisi degli eventi di mercato passati (full valuation) Le variazioni di valore del portafoglio corrispondente a ciascuna delle oscillazioni storiche di mercato sono ordinate dalla massima perdita al massimo profitto. La distribuzione è empirica. La distribuzione è tagliata al percentile corrispondente al livello di confidenza richiesto. VAR= DIFFERENZA TRA IL PERCENTILE E IL VALORE CORRENTE DEL PORTAFOGLIO. Prof. Francesco Campanella

38 Approccio ibrido L’approccio ibrido, cerca di combinare i pregi dei due approcci, varianze-covarianze e simulazioni storiche Si applicano ponderazioni esponenzialmente decrescenti alla serie dei rendimenti e non viene formulata alcuna ipotesi relativa alla forma funzionale della distribuzione dei rendimenti dei fattori di mercato Si utilizza una serie storica di riferimento relativamente lunga ma viene attribuito un peso più elevato ai dati più vicini nel tempo A ogni osservazione passata viene assegnata una ponderazione tanto maggiore quanto più recente è la stessa osservazione . Prof. Francesco Campanella

39 Approccio ibrido Fonte: Resti e Sironi,2008
Date n osservazioni storiche, da t-1 a t-n : 𝑤 𝑡−1 = λ 𝑖 λ 𝑖 Con 0< λ>1 Ponderazione assegnata a ogni osservazione storica i=1 I singoli rendimenti non contribuiscono alla determinazione del VaR solo in funzione della relativa intensità, ma anche in base relativa lontana/vicinanza temporale. Quanto minore è il valore di lambda, tanto maggiore è la velocità di decrescita della ponderazione . Il VaR viene ottenuto tagliando la distribuzione empirica in corrispondenza del valore a cui è associata una ponderazione cumulata corrispondente al livello di confidenza desiderato Prof. Francesco Campanella

40 Le simulazioni Monte Carlo
L’applicazione di tale metodo ai problemi di risk management risale ai primi anni ‘80 Partendo da una distribuzione parametrizzata, si procede a simulare un numero elevato di volte l’evoluzione di una variabile in diversi scenari. Ad ognuna delle variabili prese in considerazione è associata una distribuzione di probabilità. Prof. Francesco Campanella

41 Le simulazioni Monte Carlo
Gli scenari sono definiti sulla base della distribuzione di probabilità scelta e dei parametri che descrivono la distribuzione. I parametri sono calcolati sulla base dei dati storici raccolti. In corrispondenza di ognuno degli scenari , si calcola il valore di mercato della singola posizione a rischio. Per il calcolo del VAR si segue la logica del percentile. Prof. Francesco Campanella

42 Un confronto tra modelli VAR alternativi 1/2
Fonte : Resti e Sironi,2008 Prof. Francesco Campanella

43 Un confronto tra modelli VAR alternativi 2/2
Fonte:Resti e Sironi,2008 Prof. Francesco Campanella

44 Limiti del VAR- Expected Shortfall
Nessuno dei modelli descritti nella tabella rappresenta una soluzione ottima in assoluto Qualunque sia il modello utilizzato il VAR presenta due criticità: Mancata considerazione della dimensione delle perdite eccedenti il VAR; Violazione della sub-additività : VAR(a + b)> VAR(a)+VAR(b) Expected Shortfall (ES) Valore atteso di tutte le perdite eccedenti il VAR. Prof. Francesco Campanella

45 Limiti del VAR- Expected Shortfall
In simboli: ES= E 𝐿 𝐿>𝑉𝐴𝑅 dove la scrittura significa «tale che» Si tratta quindi di una media condizionata che non considera tutti i possibili valori di L , ma solo quelli superiori al VAR. Se anziché alla perdita si preferisce fare riferimento alla variazione del valore di mercato, la definizione diventa: ES= E −∆𝑉𝑀 −∆𝑉𝑀>𝑉𝐴𝑅 Se il VAR è calcolato con riferimento alla sola perdita inattesa: ES= E 𝐿−𝐸(𝐿) 𝐿−𝐸(𝐿)>𝑉𝐴𝑅 Prof. Francesco Campanella

46 Il 2° pilastro: controllo prudenziale
BASILEA II Gli organi di vigilanza devono verificare il modo in cui le banche determinano il proprio fabbisogno di capitale ed intervenire ove necessario Requisiti minimi di capitale Processo di controllo prudenziale Disciplina di mercato e trasparenza Il processo di controllo prudenziale è inteso non solo a garantire che le banche abbiano un capitale adeguato ai rischi assunti, ma anche ad incoraggiarle nell’elaborazione di tecniche di monitoring e di gestione migliori. Il secondo pilastro intende promuove un’attiva interazione tra banche ed autorità di vigilanza. Prof. Francesco Campanella

47 Il 2° pilastro: controllo prudenziale
1.ICAAP(Internal Capital Adequacy Assessment Process). Processo di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale con la quale le banche/gruppi bancari compiono un’autonoma valutazione della propria adeguatezza patrimoniale attuale e prospettiva. 2.SReP (Supervisory Review Process). Processo di revisione e valutazione prudenziale con il quale l’Autorità di Vigilanza riesamina l’ICAAP, formula un giudizio e attiva , ove necessario , misure correttive. Prof. Francesco Campanella

48 Classificazione delle banche ai fini del controllo prudenziale
Classe Caratteristiche Classe 1 Banche e gruppi autorizzati all’utilizzo di sistemi IRB per il calcolo dei requisiti a fronte del rischio di credito o del metodo AMA per il calcolo dei requisiti a fronte del rischio operativo , in altre parole di modelli interni per la quantificazione dei requisiti sui rischi di mercato Classe 2 Gruppi bancari e banche che utilizzano modelli standardizzati , con attivo, rispettivamente , consolidato o individuale > a 3,5 miliardi di euro. Classe 3 Gruppi bancari e banche che utilizzano metodologia standardizzata con attivo, rispettivamente , consolidato o individuale < a 3,5 miliardi di euro. Fonte: Banca d’Italia Prof. Francesco Campanella

49 Il 2° pilastro: i rischi considerati nell’ICAAP
Rischio di concentrazione Rischio di interesse sul banking book Rischio di liquidità Rischio di cartolarizzazione Rischio di reputazione Rischio strategico Rischio residuo Prof. Francesco Campanella

50 Il 3° pilastro : disciplina del mercato e trasparenza
Lo scopo del terzo pilastro è quello di integrare i requisiti patrimoniali minimi e il processo di controllo prudenziale Requisiti minimi di capitale Processo di controllo prudenziale Disciplina di mercato e trasparenza Il Comitato mira far sì che gli operatori del mercato abbiano informazioni fondamentali sull’adeguatezza patrimoniale degli intermediari. Vengono imposti severi criteri di trasparenza (disclosure) Prof. Francesco Campanella

51 Il 3° pilastro : definizione dei rischi
L’informativa fornita dalle banche al pubblico dovrebbe essere coerente con quella utilizzata dall’alta direzione e dal consiglio di amministrazione per valutare e gestione internamente i rischi. Basilea II non considera la rilevanza dei rischi connessi alle asimmetrie informative , causate dall’opacità delle informazioni. Tale situazione genera costi a causa: Dell’attività di monitoring che le controparti devono svolgere Del premio economico aggiuntivo richiesto nelle operazioni finanziarie . Prof. Francesco Campanella

52 Il 3° pilastro : definizione dei rischi
Nonostante gli sforzi compiuti dal Comitato per regolamentare la disciplina di mercato , le norme per ridurre le asimmetrie restano troppo vaghe. Il rischio connesso alla opacità informativa è quello più difficile da gestire e quantificare nel mercato finanziario. Prof. Francesco Campanella

53 Asimmetrie informative
La diversa distribuzione delle informazioni tra intermediari ed imprese ostacolano l’accesso al credito attraverso la formazione di due rischi: Moral Hazard Adverse Selection Un soggetto dispone di maggiori informazioni rispetto ad altri e può utilizzarle per raggiungere obiettivi personali. Deriva da una mancanza di informazioni; la banca sa che un’impresa che richiede il credito ha una PD superiore a quella stimata dal rating Prof. Francesco Campanella

54 Asimmetrie informative
Moral Hazard -L’intermediario è esposto al rischio di comportamenti opportunistici da parte dell’impresa che potrebbero ridurre il valore atteso della attività aziendali Adverse Selection - le banche applicano un premio aggiuntivo per remunerare la potenziale sottostima del rischio. Attività di monitoring Effetto di razionamento del credito Prof. Francesco Campanella

55 Asimmetrie informative
Alla luce dei fenomeni descritti, la carenza di informazioni nel mercato del credito genera sia un costo per le imprese che per le banche. La consapevolezza dei costi derivanti da asimmetrie informative dovrebbe condurre le imprese e le banche ad unire gli sforzi al fine di migliorare la comunicazione economico-finanziaria. Prof. Francesco Campanella

56 Pregi di Basilea II 1.Rende maggiormente flessibile e sensibile al
rischio il sistema di coefficienti patrimoniali previsti a fronte del rischio di credito, rispetto all’accordo del 1988. Fonte : Resti e Sironi,2008 Prof. Francesco Campanella

57 Pregi di Basilea II 2.Come si nota , rispetto al vecchio requisito «piatto» dell’8%,l’incremento di flessibilità è massimo adottando l’approccio dei rating interni. La figura riporta solo l’approccio foundation ipotizzando che M,LGD,EAD siano fisse e pari a 2,5 anni, un euro e 45%. Nell’approccio advanced, la flessibilità sarebbe ancora maggiore. Fonte : Resti e Sironi,2008 Prof. Francesco Campanella

58 Pregi di Basilea II 3.Basilea II non si limita a riformare i requisiti patrimoniali , ma estende ruolo e compiti delle autorità di vigilanza e del mercato . 4.Approccio evolutivo in materia di rischio di credito Si passa da un vincolo di patrimonializzazione esogeno al riconoscimento parziale dei parametri di rischio stimati internamente .Le banche sono incentivate a passare dagli approcci più semplici a quelli più sofisticati . Prof. Francesco Campanella

59 L’Accordo di Basilea II e le PMI
Secondo numerosi studiosi, la standardizzazione e l’approccio molto quantitativo alla concessione del credito proposta da Basilea II potrebbe condurre al credit crunch delle PMI. Il nuovo Accordo è anche stato criticato per la repentina richiesta alle PMI di una maggiore capitalizzazione ed una maggiore capacità di analisi economico-finanziaria per migliorare il rating aziendale. Il sistema imprenditoriale non è stato informato in tempo della profonda rivoluzione nel rapporto tra sistema creditizio e imprese. Prof. Francesco Campanella

60 L’Accordo di Basilea II e le PMI
Gli effetti combinati della standardizzazione dei processi valutativi e del ritardo informativo del sistema bancario hanno generato un’iniziale contrazione del credito nei confronti delle PMI. Tuttavia non sarà possibile esprime un giudizio sugli effetti di Basilea II in quanto ,dopo pochi mesi dalla sua entrata in vigore , è iniziata una delle più gravi crisi economiche del dopoguerra. Prof. Francesco Campanella

61 Da Basilea II a Basilea III
La crisi iniziata nel 2007 ha , quindi, reso indispensabile una profonda riflessione sull’assetto regolamentare e sulla supervisione del settore finanziario. Il Comitato di Basilea è pervenuto alla definizione di un nuovo assetto di provvedimenti, Basilea III. L’obiettivo che si persegue con questa riforma è rafforzare i requisiti patrimoniali ed integrarli con una sana e trasparente gestione della liquidità. Prof. Francesco Campanella

62 Introduzione a Basilea III
Basilea III è un insieme articolato di provvedimenti di riforma , miranti a: migliorare la capacità del settore bancario di assorbire shock derivanti da tensioni economiche e finanziarie, indipendentemente dalla loro origine; migliorare la gestione del rischio e la governance; rafforzare la trasparenza e l'informativa delle banche. Prof. Francesco Campanella

63 Introduzione a Basilea III
Le riforme sono di due ordini: Microprudenziali , ossia concernenti la regolamentazione a livello di singole banche; queste riforme intendono rafforzare la resistenza dei singoli istituti bancari alle fasi di stress; Macroprudenziali , ossia concernenti i rischi a livello di sistema che possono accumularsi nel settore bancario, nonché l'amplificazione prociclica di tali rischi nel tempo. L'approccio microprudenziale e quello macroprudenziale sono complementari, poiché una migliore tenuta a livello di singole banche riduce il rischio di shock sistemici. Prof. Francesco Campanella


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