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PubblicatoFabrizio Fiori Modificato 6 anni fa
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Immanuel Kant Critica della Ragion Pratica. La legge morale come imperativo categorico
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È affrontato da Kant in:
Il problema etico È affrontato da Kant in: Fondazione della metafisica dei costumi (1785) Critica della Ragion Pratica (1788) Metafisica dei costumi (1796)
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Critica della ragion pratica
Ragione pratica è quella che determina la volontà e l’agire morale (contrapposta alla speculativa); non compare l’aggettivo “pura”: perché non si mette in discussione l’uso puro della ragione in campo pratico; si vuole anzi che un’indagine critica di tutta la ragion pratica metta in luce che tale uso non solo è legittimo ma è il solo lecito.
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Una situazione capovolta
In ambito speculativo è legittimo l’uso empirico e in discussione quello è puro (= esistono conoscenze che non dipendono dalla esperienza?) In quello pratico è legittimo l’uso puro (= la ragione è in grado di determinare la volontà a priori) e in discussione quello empirico.
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Il presupposto Come nella Critica della Ragion Pura Kant prendeva come presupposto l’esistenza di una scienza dotata dei caratteri dell’universalità e della necessità, così nella Critica della Ragion Pratica si parte dall’esistenza di una legge morale che obbliga tutti gli uomini. La sua esistenza non deve essere dimostrata: è un fatto della ragione.
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“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza.” Critica della ragion pratica
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Necessità naturale e morale
Esiste però una differenza tra le leggi naturali e la legge morale: la legge naturale non può non attuarsi; quella morale sì, perché la volontà umana non è determinata immediatamente dalla ragione, ma può seguire altre inclinazioni. I due tipi di “dovere” sono resi in tedesco da due diversi verbi: müssen e sollen.
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I principi pratici Nella prima critica Kant esamina i vari tipi di giudizio, per determinare quali possano essere scientifici; nella seconda considera i vari tipi di principi pratici (ossia di proposizioni indicanti in che modo determinare la volontà) per determinare quale abbia i caratteri della legge morale.
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Massime e imperativi I principi pratici sono distinguibili in:
massime: valgono solo per i soggetti che se le pongono e in quanto se le pongono; sono soggettive: né universali, né necessarie (es.: “vèndicati delle offese ricevuta”) imperativi: valgono per tutti, esprimono ciò che secondo la ragione occorre necessariamente fare; sono oggettivi, universali e necessari.
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Imperativi ipotetici e categorici
Gli imperativi si distinguono in ipotetici: determinano la volontà, solo a condizione (nell’ipotesi) che si vogliano certi fini (“Se vuoi essere promosso, devi studiare”) categorici: valgono per tutti, incondizionatamente, indipendentemente dagli effetti; non: “se vuoi..., devi...”, ma: “devi perché devi” (“Non devi giurare il falso”).
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Legge morale e imperativi
Solo l’imperativo categorico ha i caratteri della legge morale proprio perché vale incondizionatamente per tutti gli esseri dotati di ragione. Quello ipotetico, invece, non è legge perché impegna solo chi vuole un certo fine (se uno non lo vuole non è più sottomesso all’imperativo) non è pienamente universale e necessario.
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