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Il primo think tank di studenti di economia
Non arrivarci per contrarietà. Il primo think tank di studenti di economia
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Un salario minimo per l’Italia
Riferimenti per una proposta organica Studio realizzato per Possibile
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Retroterra informativo
I contratti nazionali al 30 dicembre 2016 sono 819. In teoria, dovrebbero coprire quasi tutti i lavoratori dipendenti del settore privato italiano (96% secondo la European Company Survey e 99% secondo la Structure of Earnings Survey). Questo accade perché, sebbene formalmente i contratti nazionali riguardino solo i lavoratori iscritti al sindacato sottoscrivente o quelli che lavorano presso aziende parte di associazioni a loro volta sottoscriventi, i minimi tabellari sono presi come riferimento dai tribunali per la verifica dell’adempimento del comma 1 dell’art.36 della Costituzione da parte delle aziende. “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.” (Art.36, comma 1)
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Retroterra informativo
Garnero et al. (2015), utilizzando un campione di 240 contratti nazionali, stimano che in Italia la percentuale di lavoratori pagati meno dei rilevanti minimi, nel periodo , sia del 13%. Nel successivo paper di Garnero del 2017 invece, limitandosi a circa 90 contratti nazionali, quelli rilevati dall’Istat e considerati i più rappresentativi, si stima che l’11,99% dei lavoratori nel 2015 era pagato meno del salario minimo rilevante, con un deficit medio per lavoratore, inteso come distanza media della paga effettiva dal minimo, di 20,64% del minimo. Considerando solo lavoratori a tempo pieno (circa 82-85% del totale), circa due terzi dei sottopagati viene pagato meno del minimo e un terzo fa straordinari non pagati.
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La platea dei vulnerabili
Settori Tutti i settori mostrano violazioni. I maggiori per estensione sono Agricoltura e Attività Estrattive (31,63% dei lavoratori con deficit medio del 22,48%), Arti e Altre Attività (30,89% con deficit medio del 6,12%), Hotel e Ristoranti (20,66% con deficit medio del 23,58%). La maggior parte dei settori presenta un deficit medio fra il 20% e il 25%, tranne l’Amministrazione Pubblica al 31,24%, le Arti e Altre Attività al 6,12% e l’Educazione al 16,97%. Geografia La percentuale di violazioni è maggiore al sud (soprattutto in Sicilia, Calabria, Puglia, Molise e Campania, fra il 15,8% e il 20,7%), e minore al nord (i più “virtuosi”: Emilia, Lombardia, Veneto, Trentino e Valle d’Aosta, fra il 7,2% e il 9%). Non c’è invece una chiara polarizzazione geografica in termini di deficit medio. Le regioni con deficit più alto sono Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino, Marche e Basilicata (23-27%), quelle con il deficit più basso Molise, Lombardia, Umbria, Toscana e Liguria (17,2-19,2%).
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La platea dei vulnerabili
Dimensione azienda C’è una relazione lineare negativa fra la dimensione dell’azienda e la percentuale di lavoratori sottopagati: si va dal 18,79% (meno di 10 dipendenti) e al 3,99% (250 o più). Il deficit medio è invece omogeneo e si aggira fra il 16% e il 20,5%. Status È più probabile essere pagati sotto il minimo quando si è più giovani dei 30 anni (circa 2 volte rispetto al resto della popolazione), quando si è formalmente meno educati (circa 2 volte rispetto alla controparte educata), quando si è blue collar (da 2 a 4 volte rispetto ai white collar), quando si è lavoratori a tempo determinato (2 volte rispetto alle altre categorie), quando si ha meno anzianità (circa 2 volte di più per qualcuno con meno di un anno di anzianità rispetto a chi ne ha più di cinque). È invece meno probabile essere sottopagato se part-time, probabilmente perché è più difficile che vengano fornite delle prestazioni di lavoro straordinario. Il genere è anche un determinante: essere donna aumenta le probabilità di avere un salario inferiore al minimo (circa 2 volte rispetto alla controparte maschile).
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Tirando le somme I lavoratori non effettivamente coperti da un minimo salariale sono circa il 12% del totale e hanno le seguenti caratteristiche: Circa due terzi vengono pagati effettivamente meno del minimo Circa un terzo fa straordinari non pagati Sono eterogenei per settore (soprattutto in relazione all’entità del deficit) Sono proporzionalmente più presenti nelle regioni del sud e nelle piccole imprese È più probabile farne parte: Per chi è donna Per chi è sotto i 30 anni Per chi ha minore educazione Per un blue collar Per un lavoratore a tempo determinato Per chi ha poca anzianità lavorativa Per chi ha un contratto a tempo pieno
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Allora perché un salario minimo?
Se i CCNL già definiscono un salario minimo legale per (quasi) tutti i settori, quali giustificazioni alla necessità di stabilirne uno nazionale? Gli effetti positivi della definizione di un minimo nazionale possono convivere con la presenza dei contratti nazionali Il salario minimo nazionale costituirebbe un pavimento sotto al quale i CCNL non potrebbero scendere, lasciando comunque loro libertà di determinare retribuzioni superiori dove ritenuto adeguato Tale salario sarebbe il primo riferimento per la verifica dell’adempimento del comma1 dell’art.36 della Costituzione Il salario minimo nazionale non toglie quindi potere ai sindacati, ma adempie da riferimento per una paga più equa con gli effetti positivi che ne conseguono
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I potenziali benefici Riduzione della disuguaglianza salariale:
L'Italia è tra i paesi che registrano le maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, seconda solo al Regno Unito e con livelli di disparità superiori alla media dei paesi Ocse (Gini-Growing inequality impact, 2014). Benefici in termini di compliance: Un minimo salariale nazionale è un sistema semplice e diretto, di facile comunicazione, che impatterebbe in maniera positiva sulla consapevolezza del lavoratore riguardo i propri diritti. «Lightouse effect»: Il livello di salario minimo legale costituirebbe un livello di riferimento per le contrattazioni delle condizioni di lavoro anche al di fuori della legalità, avendo effetti anche sui salari corrisposti per prestazioni in nero. Nel 2014, le stime Istat dei lavoratori dipendenti irregolari in Italia hanno toccato quota 2 milioni e mezzo.
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I potenziali rischi Potenziali effetti negativi sull’occupazione, sull’inflazione, sugli investimenti e sulla sopravvivenza delle imprese più piccole. La sfida risiede nella definizione di un livello che venga convertito in un aumento della produttività totale dei fattori produttivi, attraverso la riorganizzazione, e non la sostituzione, della forza lavoro e la formazione del personale. Sul lato macroeconomico, è vero che salari più elevati possono indurre le imprese ad investire meno, ma questo effetto negativo sulla domanda aggregata può essere (più che) compensato dall’aumento dei consumi dei lavoratori.
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La definizione del livello
Non esiste un gold standard: di solito negoziazione fra governo, sindacati e imprese (esempio del Regno Unito, 1997) Nel corso del tempo sono state elaborate delle formule per la definizione di un salario minimo, date variabili specifiche di un mercato del lavoro Formule hanno valore informativo per le parti sociali, non si sostituiscono al dialogo con esse Formule come punto di riferimento iniziale per la contrattazione Nella pratica le formule per la definizione di un minimo salariale tengono in considerazione due elementi principali: Bisogni del lavoratore (con riferimento al costo della vita sostenuto) Le statistiche riguardanti la distribuzione dei salari
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I bisogni del lavoratore
I bisogni di un lavoratore dipendono principalmente dal costo della vita che egli deve sostenere, ma non vi è consenso su come esso vada calcolato Inoltre, il costo della vita può variare notevolmente anche all’interno dello stesso paese e perciò costituire un criterio disomogeneo se viene applicata la media nazionale Esempi di tre proposte avanzate: Soglia di povertà assoluta nazionale come riferimento per un minimum living wage (ILO) MW = 𝑃𝑜𝑣𝑒𝑟𝑡𝑦 𝑙𝑖𝑛𝑒∗(1+𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑙𝑖𝑎𝑟𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑛𝑜) 𝑁𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑡𝑖 (Ghose, 1997) MW = (𝑃𝑜𝑣𝑒𝑟𝑡𝑦 𝑙𝑖𝑛𝑒∗𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑖 𝑛𝑢𝑐𝑙𝑒𝑜 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑙𝑖𝑎𝑟𝑒) 𝑁𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑓𝑢𝑙𝑙−𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎 (Anker, 2006) Problema! Calcolo che definisce la soglia di povertà a livello nazionale è molto eterogeneo fra paesi
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Le statistiche sui salari
Due valori statistici maggiormente utilizzati come valori di riferimento: media e mediana dei salari nazionali Paesi che utilizzano la media dei salari come valore di riferimento: Israele (47.5%), Montenegro (30%), Bielorussia (33%), Macedonia (39.6%), Estonia (41.5%), Bosnia e Erzegovina (55%) Pochi paesi utilizzano la mediana dei salari come valore di riferimento, ma nella maggior parte dei paesi che si sono dotati di un salario minimo esso è compreso tra il 40% e il 60% del salario mediano Eccezioni: Turchia (70%), Costa Rica (70%), Colombia (86%), USA (36%, minimo federale che gli stati decidono di aumentare o meno) Seguendo questa regola, in Italia potrebbe essere introdotto un salario minimo fra i € 5 e i € 7,50 (40% e 60% del salario mediano, € 12,50)
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Le statistiche sui salari
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Discriminanti di età e status
La soglia ottimale di salario minimo potrebbe variare a seconda dell’età e dello status del lavoratore Queste caratteristiche hanno in genere un impatto sulla produttività del lavoratore Se un salario minimo uguale per tutti viene stabilito ad un livello non sostenibile per lavoratori giovani o dalla poca esperienza, il rischio è di condannarli al lavoro nero Molti paesi prevedono diversi salari minimi a seconda di età, status e anzianità lavorativa: Germania, Australia, Canada, Francia, Belgio, Repubblica Ceca, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia e Regno Unito
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Aggiustamenti del livello : frequenza dell’aggiustamento
La Convention No.131 dell’ILO raccomanda che il salario minimo sia “aggiustato ogni tanto” (Articolo 4), per far fronte agli andamenti del costo della vita e ad altre condizioni economiche rilevanti. La revisione può essere: Discrezionale : permette di aggiustare il livello del salario minimo in libertà non appena viene considerato necessario. Sistematica : avviene in automatico con una frequenza che varia da sei mesi ad ogni due anni. Nel caso di inflazione moderata, la cadenza annuale sembra essere adeguata.
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Revisione discrezionale
Vantaggi Svantaggi Revisioni arbitrarie permettono di aggiustare il livello del salario minimo non appena viene considerato necessario, permettendo di far fronte in tempi brevi a congiunture economiche straordinarie. Potrebbe mancare la volontà politica di fissare nuove quote quando necessario. Incertezza per i lavoratori che non sanno per quanto tempo il loro salario sarà eroso dall’inflazione. Incertezza per le imprese che subiscono improvvisi aumenti del costo del lavoro. Esempi: Nel Regno Unito e in Germania esiste un organo indipendente che propone un aggiustamento basato sulle rilevazioni statistiche più aggiornate. La proposta passa successivamente attraverso il mondo politico, che può decidere liberamente di portare a compimento o meno la revisione suggerita.
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Revisione sistematica
Vantaggi Svantaggi I lavoratori possono anticipare le variazioni del loro salario, beneficiando di un potere d’acquisto minimo costante. Le imprese possono programmare i costi di produzione ed assorbire gli shock derivanti dall’aumento dei salari. Aggiustamenti eccessivi e troppo frequenti possono comportare spirali inflattive, specialmente se il reddito minimo condiziona una parte rilevante dei lavoratori. Difficoltà a gestire congiunture economiche straordinarie (necessità di norme ad hoc). Esempi: Alcuni stati degli Stati Uniti prevedono aggiustamenti automatici basati sul livello di inflazione annuale che sono direttamente applicati al salario minimo. La Francia prevede un sistema di revisione regolare al quale ha associato aggiustamenti ad hoc in presenza di eventi straordinari, ovvero l’innalzamento repentino del salario minimo ogni qualvolta vi sia inflazione superiore al 2% su base annua.
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Aggiustamenti del livello : utilizzo di formule prestabilite
Vantaggi Svantaggi L’aggiustamento automatico dei salari all’inflazione (solitamente misurata con l’Indice dei Prezzi al Consumo) garantirebbe il potere d’acquisto del salario minimo. Questi meccanismi di indicizzazione sono considerati responsabili delle “spirali inflazionistiche”. L’incorporazione dell’inflazione passata nei salari per mezzo dell’indicizzazione può rendere l’inflazione persistente e difficile da controllare. Esempi: Durante gli anni ’80, Danimarca, Austria, Belgio, Italia e Francia hanno modificato o eliminato questo meccanismo. Possibili soluzioni: usare formule che facciano riferimento ad un indicatore economico diverso dall’inflazione al quale agganciare il valore del salario minimo.
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Aggiustamenti del livello : formule più complesse
Al fine di evitare il fenomeno della «spirale inflazionistica» e un salario minimo costante in termini reali anche quando l’economia è in crescita, è opportuno prevedere aggiustamenti basati su altri indicatori economici oltre all’Indice dei Prezzi al Consumo (IPC). Brasile e Costa Rica. La variazione del salario minimo è legata non solo alla variazione dell’ICP ma anche del PIL (in Costa Rica del PIL pro capite). Malesia. Il salario minimo viene determinato sulla base di una media delle seguenti variabili rilevate al livello regionale : reddito alla soglia di povertà, crescita della produttività, variazione dell’IPC e tasso di disoccupazione reale. Francia. L’aggiustamento dipende dalla variazione dell’IPC e dalla variazione della paga oraria dei colletti blu, rilevata trimestralmente. Olanda. La variazione del salario minimo è pari alla variazione della media ponderata dei salari determinati dai contratti nazionali.
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