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PubblicatoBrigida Moroni Modificato 6 anni fa
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IL CREDO CORSO IRC – DIOCESI DI BENEVENTO PROF. DON PAOLO SCARAFONI ASS. prof.SSA FILOMENA RIZZO
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La fede nel suo contenuto e nella professione è patrimonio della Chiesa.
Noi la riceviamo e ne partecipiamo, nella Chiesa, come una grazia, un dono di Dio. La fede è espressa e formulata dalla Chiesa principalmente nel Credo.
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“Credo” si chiama in greco “Symbolon” (“Simbolo”), che significa segno o tessera di riconoscimento (due pezzi che si mettono insieme). Significa anche tutte le verità della fede insieme. E anche la professione condivisa, comune.
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Doppia finalità del Simbolo:
- per essere battezzati (si chiede di accettare il Credo, la fede); - per mantenere l’unità della fede, specialmente di fronte alle eresie. Il Credo è stato introdotto nella liturgia, specialmente nella celebrazione della Messa, fin dal IV secolo.
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Fin dal Nuovo Testamento troviamo formule della professione della fede, che identificano i cristiani, i seguaci di Gesù Cristo: Atti 8,37;
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1 Cor 15,3-5: (“A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioèche Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che 4fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici”; Ef 1,15-23; 1Tm 3,16; Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria. 2 Tm 2,1-13; Tt 1,9-11; Tt 3,4-7;
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Matteo 28,19-20: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
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La formulazione del Credo è molto antica
La formulazione del Credo è molto antica. Ci sono due formule ufficiali del Credo: il Credo degli Apostoli; Credo Niceno Costantinopolitano.
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Il Credo degli Apostoli è più antica
Il Credo degli Apostoli è più antica. Risale al dopo Cristo, subito dopo il tempo degli apostoli. La tradizione riferisce che i dodici apostoli prima di partire per il mondo intero a predicare il Vangelo si sono riuniti e messi d’accordo su che cosa dovevano predicare.
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Hanno formulato 12 affermazioni che tutti condividevano come fede autentica. Nel tempo questo Credo è stato adottato nella liturgia romana, e le affermazioni sono diventate 14 con due aggiunte (secolo VII). La formula ufficiale definitiva è stata fissata nel Concilio di Trento (1545).
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La formula del Credo Niceno Costantinopolitano è frutto di due concili ecumenici, che hanno fissato la fede dei cristiani, di fronte alle eresie, specialmente l’arianesimo: il Concilio di Nicea (325 d.C.) e il Concilio di Costantinopoli (381 d.C.). Anche questo Credo è entrato nella liturgia e nella messa.
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Attualmente il primo si usa soprattutto nei tempi forti: Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua. L’altro si usa di solito nel Tempo Ordinario, nelle feste e nelle solennità. Presentiamo ora una visione delle due formule a confronto
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CREDO IN DIO – CREDO IN UN SOLO DIO
La fede in Dio caratterizza i Cristiani in un doppio senso: Credono che soltanto Dio rivelato da Gesù Cristo è Dio, è veramente Dio Scelgono, amano e adorano soltanto Lui, respingendo gli idoli, e tutto quello che prende il suo posto.
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Questa fede è comandata da Dio nei primi tre comandamenti del decalogo: Io sono il Signore tuo Dio, non avrai altri dei al di fuori di me Non nominare il nome di Dio invano Rendi culto a Dio e soltanto a Lui.
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Anche Gesù ribadisce questa fede quando respinge le tre tentazioni: della carne, della avarizia e del potere e della superbia, con le quali si mettono al posto di Dio il mondo, le ricchezze, se stessi, il demonio. La risposta di Gesù è “Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai”.
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La riflessione dei cristiani ha chiarito che Dio non può essere che uno soltanto, perché è trascendente, cioè non è una creatura, non fa parte della creazione. Egli è l’origine e la causa della creazione, non ne fa parte, la trascende. Non ha inizio nel tempo, non è temporale. Non è numerabile e non è finito.
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Egli è il creatore della creazione
Egli è il creatore della creazione. Essa è frutto della sua onnipotenza (nel Credo si confessa: Dio, Padre onnipotente, creatore di tutto, del cielo e della terra). L’atto divino di creare si definisce: “fare dal nulla”.
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L’effetto nella creatura: Dio dà l’essere e la creatura lo riceve veramente; la creatura ha una relazione permanente con il suo Creatore. Dio è onnipresente nella creazione: per presenza, per potenza per essenza
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La creatura libera riceve l’essere in grado elevato, e maggiore è la sua autonomia; la collaborazione con Dio è cosciente e libera. Riceve la legge espressa, rivelata, e riconosce quella impressa nella natura. L’uomo risponde a Dio mediante l’obbedienza. È chiamato all’amore, grado sommo di collaborazione con Lui.
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La creazione non è compiuta e perfetta. Dio la conduce a perfezione
La creazione non è compiuta e perfetta. Dio la conduce a perfezione. Il motore di questo movimento è quello proprio dell’atto divino di creare: l’amore. Dio promette la realizzazione definitiva; per farlo vuole la collaborazione dell’uomo; manda il suo Figlio nel mondo per questo scopo che non ha mai abbandonato, neanche oggi. Il fine ultimo di tutta la creazione è Dio. Il compimento della creazione è un dono divino.
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La provvidenza divina significa che Dio dispone tutte le cose perché si aiutino fra di loro per raggiungere il fine di bene, e il fine ultimo, la comunione con Lui, la vita insieme a Lui. Il male è causato dalle creature libere che non compiono la volontà di Dio. Il superamento del male è mediante la limitazione del male e mediante l’aggiunta di bene, cioè mediante un amore più grande, la misericordia.
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L’amore più grande che Dio pone è la kenosi del Figlio, che si dona a noi, mediante l’incarnazione, la redenzione e la risurrezione. L’onnipotenza più grande di Dio si mostra nell’amore: “trae il bene da tutte le forme di male, esistenti nel mondo e nell’uomo” (Dives in misericordia, 6).
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La creazione mette in evidenza la Trinità (Gv 1,1)
La creazione mette in evidenza la Trinità (Gv 1,1). Tutto è stato creato da Dio Padre per mezzo del Figlio, con la forza dello Spirito Santo. Il Mediatore è il Figlio, Verbo del Padre
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La specificità del Dio rivelato da Gesù Cristo, è che Dio è Trinità: un solo Dio in tre persone in relazione perfetta fra loro, Padre, Figlio e Spirito Santo. La Trinità è rivelata dalle “missioni divine”: l’invio del Figlio nel mondo, e l’invio dello Spirito Santo nel mondo.
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Le persone in Dio sono: “essere per l’altro”; “essere nell’altro”. Non esistono e non vivono ciascuno per sé, ma per l’altro e nell’altro. In questo modo sono uno
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Così veramente Dio è Amore
Così veramente Dio è Amore. Dio ci fa vedere come anche noi siamo persone destinate a compiere questa piena fusione con Lui e con gli altri uomini nella relazione, nell’amore.
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La fede nella creazione divina non è in contraddizione con quello che chiamiamo evoluzione e avvenimento casuale. Il caso non indica una incapacità del creatore. Ma una abbondanza di soluzioni. Allo stadio più alto delle creature spirituali, la scelta fra tante possibilità è quella libera dettata dall’amore. La scelta che va contro Dio e contro l’amore è quella dettata dall’egoismo, la cui conseguenza è il ritorno verso la mancanza di libertà.
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CREDO IN GESU’ CRISTO SUO UNICO FIGLIO NOSTRO SIGNORE CREDO IN UN SOLO SIGNORE GESU’ CRISTO, …
La fede permette di conoscere l’identità di Gesù Cristo, la sua radicale novità nel mondo. Tante volte si è tentato di ridurre Cristo ad una realtà per noi comprensibile, spiegabile, mediante metodi scientifici e filosofici, deformando però quanto abbiamo ricevuto dalla rivelazione.
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Con la fede sappiamo che Gesù compie una grande promessa che ha fatto Dio a noi: che ci avrebbe salvato, ci avrebbe donato la vita vera insieme a Lui. Per fare questo, dopo tanti tentativi, fatti con la rivelazione della Legge e attraverso i profeti, Dio è stato fedele alla sua promessa inviando il suo stesso Figlio (Mt 21,33-44).
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Gesù è il Figlio di Dio, inviato nel mondo per la nostra salvezza.
Papa Francesco ci spinge a ripartire anche oggi dall’annuncio fondamentale della fede (kerigma): Gesù Cristo è il nostro salvatore, cioè “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”(EvangeliiGaudium 164).
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La conoscenza di Gesù inizia dalla fede, e nella
sua maturazione resta sempre nella fede, aumenta la fede. La conoscenza di Gesù è progressiva, sempre in aumento. Grazie alla esperienza reale di carità nella Chiesa, e grazie alla celebrazione liturgica.
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La vita di Gesù raccontata nei Vangeli.
Tutta la vita di Gesù mostra la sua missione. L’identità stessa di Gesù, quello che è e quello che fa, mostrano che Egli è “per noi e per la nostra salvezza” (Credo niceno costantinopolitano).
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I misteri della vita di Gesù:
Annunciazione e concepimento verginale Nascita da Maria Vergine; Infanzia (Natale, infanzia, la vita nascosta e il ritrovamento nel Tempio); I misteri della vita pubblica: Battesimo di Cristo, le tentazioni nel deserto, la predicazione del Regno, i segni del Regno di Dio (i miracoli), il primato di Pietro e il sacerdozio (le chiavi del Regno), la salita a Gerusalemme e ingresso messianico.
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I misteri della passione di Cristo: Gesù e Isreale, Gesù e la Legge, Gesù e il Tempio, Gesù e la fede d’Israele nel Dio unico e salvatore; il processo a Gesù, il Getsemani o passione interiore di Cristo; la via crucis; Gesù sulla Croce; la morte sulla croce. I misteri della morte di Cristo: Gesù fu sepolto; Gesù discese agli inferi.
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I misteri della resurrezione di Gesù Cristo: avvenimento storico e trascendente; le apparizioni del risorto; lo stato dell’umanità di Cristo risorto. La Risurrezione opera della Trinità; senso e portata salvifica della Risurrezione. I misteri della ascesa al Cielo di Gesù alla destra di Dio Padre Onnipotente. La promessa di ritornare per giudicare i vivi e i morti.
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I NOMI E I TITOLI DI GESÙ (dal Credo)
Cristo Figlio Unigenito di Dio Signore (altri titoli: Verbo, Figlio dell’Uomo, Nazareno, Emanuele, Santo di Dio, Re, Sposo, Agnello, Luce, Porta, Alfa e Omega, Buon Pastore, Primogenito, Via – Verità – Vita, Vite)
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I DOGMI CRISTOLOGICI
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UNIGENITO FIGLIO DI DIO (Concilio di Nicea 325)
Contro Ario il Concilio afferma che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre (consostanziale), generato e non creato (generazione eterna), creatore insieme al Padre; discussione cristologica Contro il docetismo si riafferma che Gesù Cristo è vero uomo e non un’apparenza di uomo.
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GESU’ CRISTO E’ IL FIGLIO DI DIO CONSOSTANZIALE AL PADRE
Il Concilio di Nicea (325) respinge l’arianesimo che considerava Gesù una creatura molto speciale, ma non Dio come il Padre. Si dice che Egli è “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre”.
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VERO DIO E VERO UOMO Concilio di Efeso (431): contro Nestorio che affermava che Gesù è un uomo, una persona umana, unita in comunione alla persona divina del Figlio. Il Concilio con San Cirillo afferma che l’unica persona di Gesù Cristo è quella divina, e l’umanità nella sua interezza è assunta dal Verbo di Dio; quindi Gesù Cristo non è una comunione di due persone, ma in sé è vero Dio e vero Uomo; Maria è la Madre di Dio
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Concilio di Calcedonia (451): Contro Eutiche che diceva che Cristo era soltanto Dio, e quindi non avesse la natura umana. Il Concilio afferma che in Gesù Cristo una persona (quella divina), unico Figlio, e due nature (umana e divina), “perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero Uomo, composto di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità e consostanziale a noi per l’umanità; per noi e per la nostra salvezza nato da Maria Vergine e Madre di Dio secondo l’umanità”. Gesù Cristo è “da riconoscersi in due nature, immutabili, indivise e inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata anzi la proprietà di ciascuna natura”.
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Concilio di Costantinopoli V (553): in Cristo vi è una sola persona, “Uno della Trinità”.
Tutto in Cristo deve essere attribuito alla Persona divina come al suo soggetto proprio.
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Le due nature in Cristo non si escludono, non si annientano
Le due nature in Cristo non si escludono, non si annientano. La natura divina non annienta la natura umana. Sono fra loro intrecciate e armonizzate: “la comunicazione degli idiomi”, ovvero delle identità (San Massimo il Confessore). Questo si vede in modo particolare in alcuni momenti: nella Trasfigurazione; nell’orto degli Ulivi; nella morte in croce; nella Risurrezione.
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La Chiesa ha sostenuto che Cristo aveva un’anima umana e non era stata sostituita dal Verbo di Dio. La sua conoscenza umana era compenetrata e armonizzata con la conoscenza che aveva per la sua identità divina.
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Aveva anche come uomo una conoscenza intima e immediata di Dio (la visione beatifica): il Figlio di Dio fatto uomo conosce anche umanamente il Padre suo. Conosceva i pensieri segreti del cuore degli uomini.
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Conosceva i disegni del Padre, la missione che gli aveva affidato.
La volontà umana di Cristo era armonizzata con la volontà divina del Figlio di Dio, che era identica a quella del Padre. Il caso del Getsemani.
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L’aspetto umano di Cristo essendo vero può essere rappresentato con le immagini (Concilio di Costantinopoli III). L’amore è il centro della persona di Cristo, ed è passato per un cuore umano. Pertanto l’amore di Cristo divino e umano può essere rappresentato attraverso l’immagine del suo cuore.
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LA SALVEZZA PER NOI UOMINI E PER LA NOSTRA SALVEZZA SI E’ INCARNATO, FU CROCIFISSO, E’ RISUSCITATO, E’ SALITO AL CIELO Gesù Cristo è il Salvatore.
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Ci sono due spiegazioni fondamentali tratte dal vangelo ed elaborate nella tradizione cristiana:
La salvezza giunge a noi grazie alla incarnazione, ovvero grazie alla condivisione del Figlio di Dio con la nostra natura: Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo. Possiamo entrare in contatto con il Salvatore perché è come noi. La sua natura umana “nuova”, il suo essere “uomo nuovo” senza peccato, senza decadimento, contagia e rinnova il nostro essere “uomo vecchio”.
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La salvezza è realizzata da Gesù Cristo perché si “sacrifica per noi”, “paga per noi”, “pone quello che noi non possiamo mettere”. Le due spiegazioni hanno alla base il “per noi”, la “pro-esistenza” della identità di Gesù Cristo, della persona divina del Figlio di Dio. Le due spiegazioni sono accentuazioni di una stessa realtà, si compenetrano e si completano. La persona di Cristo è la persona che è maggiormente aperta a tutti, capace di realizzare la relazione con tutti.
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La sofferenza di Cristo “al nostro posto”: “Cristo è per noi”.
E’ motivata dall’amore per noi. Fa quello che noi non possiamo fare, prende su di sé la nostra lontananza, la nostra condizione abominevole per ritornare al Padre. Un ritorno che è per noi. Soltanto Lui è stato capace di fare questo che nessuno di noi è stato capace di fare. Non si tratta di un castigo inflitto dal Padre per avere soddisfazione malevola ed egoistica.
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La sofferenza di Cristo è anche una “condivisione con la nostra sofferenza”: “Cristo è con noi”. Questo si è visto in modo molto evidente nelle grandi tragedie umane del secolo scorso. Si è sviluppata la spiritualità del “Cristo abbandonato”: come ha fatto Cristo, stare fino in fondo con l’altro che soffre, che non vuole amare, che ci respinge, nella speranza certa della vittoria dell’amore, della piena comunione.
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Le due dimensioni del sacrificio di Cristo si compensano.
Mettono in evidenza un aspetto unico della passione di Cristo: la singolarità. Non c’è un altro che sappia e possa dare tanto significato alla sofferenza.
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E DI NUOVO VERRA’ NELLA GLORIA PER GIUDICARE I VIVI E I MORTI E IL SUO REGNO NON AVRA’ FINE
Questa è la promessa di Cristo per quanti credono che Egli è il Salvatore. La fede in questa promessa è la speranza cristiana. Si tratta della partecipazione nostra alla sua resurrezione. La storia è il momento della chiamata alla resurrezione, della raccolta di tutti quelli che sono destinati alla resurrezione. Chiamata e risposta.
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C’è un momento finale della storia.
Sono stati posti dei problemi di tipo sociale e di tipo antropologico: Cristo in realtà ha fallito perché non ha stabilito il suo Regno nuovo. Tutto continua come prima. Il rimando ad un giudizio finale è una elaborazione della Chiesa, scritta dopo nel vangelo, per coprire questo fallimento e salvare in qualche modo l’istituzione.
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Il giudizio finale e la vita eterna come “oppio”, illusione, rispetto alla situazione negativa attuale. La novità di Cristo si mostra nella sua resurrezione che vince la morte, ma nessuno ha mai visto risorgere veramente, con il corpo qualcun altro.
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Se è vero che non possiamo vedere un totale rinnovamento nell’umanità, tuttavia vediamo tanti segni di rinnovamento in tante persone dopo la venuta di Cristo e l’invio dello Spirito Santo e dopo la predicazione della Chiesa. Ci sono tanti santi. Inoltre la predicazione non è ancora conclusa, anzi ogni volta vediamo che ci sono tanti aspetti che dobbiamo evangelizzare nel nostro mondo, e tanti popoli che non conoscono Cristo e che noi non conoscevamo. La Chiesa sente la chiamata ad andare verso tutti i popoli.
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Possiamo dire che il rinnovamento finale non è ancora realizzato completamente, ma è già cominciato, da Cristo in poi, in modo irreversibile, nella direzione giusta, e dopo l’invio dello Spirito Santo. Continua inesorabilmente, e Cristo e lo Spirito Santo non permettono che prenda direzioni sbagliate, e pertanto rinnovano e purificano da dentro la Chiesa. Questa è l’esperienza forte ed evidente del Concilio Vaticano II e il cammino di purificazione della Chiesa che stiamo ancora vivendo.
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Inoltre ci vuole un atto finale di onnipotenza salvifica, già meritato, già ottenuto da Cristo per noi nel suo sacrificio, insomma già promesso, ma ancora da realizzare in pienezza. Questo è l’evento finale della storia, il giudizio finale.
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La rinnovazione del mondo è dunque irrevocabilmente fissata e in certo modo realmente anticipata nella Chiesa che vive sulla terra. Avendo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi nella speranza di entrare con Cristo al banchetto nuziale, ma prima di regnare con Cristo glorioso, siamo sottomessi al giudizio, e dobbiamo essere vigilanti.
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La seconda “venuta” di Cristo (Parusia), quella del giudizio definitivo, non può essere considerata esattamente uguale alla prima. Nella prima venuta Cristo è sceso dal cielo per stare con noi e cominciare insieme a noi il cammino verso il nuovo Regno. Ma dopo la sua “ascenzione al cielo”, dove siede alla destra del Padre, Egli ci ha preceduto, per poterci trascinare verso di Lui.
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La seconda “venuta” di Cristo (Parusia), quella del giudizio definitivo, non può essere considerata esattamente uguale alla prima. Nella prima venuta Cristo è sceso dal cielo per stare con noi e cominciare insieme a noi il cammino verso il nuovo Regno. Ma dopo la sua “ascensione al cielo”, dove siede alla destra del Padre, Egli ci ha preceduto, per poterci trascinare verso di Lui.
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La seconda venuta è un incontro sulla soglia del Paradiso, là dove Egli aspetta l’approdo della storia, e dove la porta con la sua azione forte e piena di amore attraverso lo Spirito, e la Chiesa, quel popolo chiamato a stare con Cristo e che si prepara per questo incontro
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La morte secondo la rivelazione è la punizione di Dio, il limite che Dio pone al peccato, al dilagare del male nell’uomo e nel mondo. La morte però secondo la rivelazione è stata assunta da Cristo come strumento di salvezza e di vita nuova, il passaggio alla risurrezione.
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Alla morte segue il giudizio, mediante il quale passiamo a stare con Cristo nella vita nuova e siamo completamente trasformati per un atto di onnipotenza salvifica di Cristo che Egli applicherà a noi in pienezza, e non soltanto in germe, come segno (come avviene adesso nel Battesimo).
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Tutti coloro che muoiono in Cristo aspettano la sua venuta finale per risorgere definitivamente con Lui. Ciò avverrà nell’evento definitivo. Ora però è importante che le loro anime siano nella pace di Cristo insieme alla Madonna e a tutti i santi. La resurrezione definitiva con il corpo è stata già concessa soltanto alla Madonna. Nella tradizione della Chiesa si dice che anche a San Giovanni, a San Giuseppe, e forse al ladrone pentito. Non sappiano a quanti
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Ma per l’immensa maggioranza questa resurrezione definitiva avverrà nell’ultimo giorno che aspettiamo con ansia, sia per noi, sia per i nostri cari defunti. Le preghiere per loro sono molto importanti (preghiera di supplica) e le loro preghiere e intercessione per noi sono molto importanti. In questa comunione si realizza la comunione dei santi. I santi canonizzati (esempio e preghiera di intercessione).
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L’esistenza dell’Inferno mostra qualcosa di importante per il Paradiso, per il Regno di Dio: non ci saranno i cattivi, ma soltanto regnerà l’amore e la felicità. I cattivi impenitenti sono confinati a stare con i demoni, che sono cattivi ed impenitenti, lontano da Dio e dai santi, nella sofferenza e nell’infelicità provocata dalla loro stessa cattiveria, dalla impossibilità di aprirsi ad ogni piccolo amore.
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Il Purgatorio è lo stato di preparazione e di purificazione delle anime di coloro che sono morti in attesa del giudizio finale, della venuta di Cristo. Questa purificazione può essere abbreviata, resa più facile e lieve dalla preghiera di tutta la Chiesa.
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