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DEROGHE DELLE DISTANZE E DELLE ALTEZZE
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I) LE NORME art. 2, comma 1: “In deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, ivi compresi i piani ambientali dei parchi regionali”, è consentito l’ampliamento degli edifici esistenti al nei limiti del 20% del volume o della superficie; art. 3, comma 2: “in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, ivi compresi i piani ambientali dei parchi regionali” sono ammessi interventi di demolizione e ricostruzione volti a favorire il rinnovamento edilizio con incrementi del volume o della superficie fino al 70% o 80% se sussistono particolari requisiti di miglioramento qualitativo; art. 6, comma 1: “Le disposizioni della presente legge di carattere straordinario prevalgono sulle norme dei regolamenti degli enti locali e sulle norme tecniche dei piani e regolamenti urbanistici contrastanti con esse”; art. 9, comma 8: “Sono fatte salve le disposizioni in materia di distanze previste dalla normativa statale vigente.”
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II) PRASSI INTERPRETATIVA
In relazione a dette disposizioni si consolida una prassi interpretativa, confermata dalle circolari applicative emanate dalla Regione sulle tre edizioni del Piano Casa e avvallata dalla giurisprudenza del TAR Veneto (sentenze n. 5694/2010, n. 122/2013, n. 1213/2013, n. 835/2013, n. 151/2014, n. 589/2014) e dei Tribunali civili (Tribunale di Treviso n. 2694/2015), secondo cui in sede di applicazioni del Piano Casa devono ritenersi: - derogabili (a sensi degli artt. 2 comma 1, 3 comma 2 e 6 comma 1, LR n. 14/09) i limiti alle distanze dei fabbricati dai confini previsti nei regolamenti locali e nella normativa di attuazione agli strumenti urbanistici; - inderogabili, perchè di fonte statale (a sensi dell’art. 9, comma 8, della LR n. 14/09) le distanze tra costruzioni previste dall’art. 873 c.c. (3 metri) e le distanze tra pareti finestrate fissate dall’art. 9 del D.M. 1444/68 in zone diverse dalla A, che ha la finalità di garantire l’interesse pubblico ad un ordinato sviluppo dell’edilizia e di garantire la salute dei cittadini, evitando il prodursi di intercapedini malsane (10 metri).
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III) LA SVOLTA DEL TAR VENETO (sentenze n. 1329/2015 e n. 1128/2016)
Il TAR Veneto, mutando radicalmente avviso a partire dalla sentenza n. 1329/2015, con la sentenza n. 1128/2016 ribalta questa prassi interpretativa, affermando che per gli interventi ammessi dal Piano Casa sono inderogabili anche le norme sulle distanze (dai confini) previste dai regolamenti comunali. La statuizione poggia su tre premesse: (a) il piano casa reca norme di natura eccezionale e non prevede espressamente una specifica deroga alle distanze; la “valenza eccezionale e derogatoria” delle previsioni del “Piano casa” porta a considerarle “di stretta interpretazione”, quindi riferibili esclusivamente ai “parametri di regolamento o di piano che fissano la quantità di volume o di superficie” (sentenza n. 1329/2015); (b) il rapporto tra le distanze minime dai confini previste dalla disciplina urbanistica comunale e gli artt. 872 e 873 del Codice civile deve essere qualificato, in conformità al consolidato orientamento della Corte di Cassazione, in termini di integrazione; se ne deduce un’attrazione alla fonte statale anche delle distanze previste dai regolamenti comunali, che dovrebbero perciò ritenersi “sostanzialmente richiamate” dall’art. 9, comma 8, della L.R. n. 14 del 2009; di qui la necessità di una lettura costituzionalmente orientata (art. 117, comma 2, lett. l), Cost.) del Piano Casa che, in quanto fonte regionale, non può essere interpretata in modo da invadere la materia “ordinamento civile” riservata alla legislazione esclusiva dello Stato; (c) la derogabilità delle distanze dai confini non risponderebbe a nessuna delle finalità del Piano Casa. Ne è conseguito un sostanziale blocco delle pratiche pendenti all’ottobre 2016 che prevedevano deroghe alle distanze dai confini fissate nei regolamenti comunali.
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IV) LA REGIONE RIMEDIA CON L’INTERPRETAZIONE AUTENTICA
(art. 64 L.R. n. 30/16) Tale situazione di stallo ha indotto la Regione ad emanare una norma di “Interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 1, dell’articolo 6, comma 1 e dell'articolo 9, comma 8, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14” (Art. 64 della L.R.V , n. 30, Collegato alla legge di stabilità regionale 2017) che così dispone: 1. Le norme di deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali di cui all’articolo 2, comma 1, e di prevalenza sulle norme dei regolamenti degli enti locali e sulle norme tecniche dei piani e regolamenti urbanistici di cui all’articolo 6, comma 1, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, devono intendersi nel senso che esse consentono di derogare ai parametri edilizi di superficie, volume, altezza e distanza, anche dai confini, previsti dai regolamenti e dalle norme tecniche di attuazione di strumenti urbanistici e territoriali, fermo restando quanto previsto all’articolo 9, comma 8 della medesima legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 con esclusivo riferimento a disposizioni di emanazione statale. 2. Gli eventuali provvedimenti di rigetto o di annullamento emessi dal comune sulla base di una interpretazione degli articoli 2, comma 1, 6, comma 1, e 9, comma 8, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, diversa da quella indicata al comma 1, sono riesaminati alla luce di quanto previsto dai medesimi.
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V) QUANDO LE DISTANZE FISSATE DALL’ART. 9 DEL D. M
V) QUANDO LE DISTANZE FISSATE DALL’ART. 9 DEL D.M. 1444/1968 POSSONO ESSERE LEGITTIMAMENTE DEROGATE DALLE REGIONI SECONDO LA CORTE COSTITUZIONALE La Corte costituzionale, con la sentenza , n. 41 [che ha dichiarato incostituzionale l’art. 8, comma 1, lettera a) della L.R.V. n. 4/2015 in quanto prevede una deroga alle distanze tra pareti finestrate stabilite dal D.M del 1968 per interventi puntuali] ripropone principi dalla stessa ripetutamente espressi (Corte Cost , n. 231; , n. 185; , n. 178; , n. 134; , n. 6): - in materia di distanze, nel delimitare i rispettivi ambiti di competenza legislativa − statale esclusiva in materia di ordinamento civile e concorrente in materia di governo del territorio − il punto di equilibrio è rappresentato dall’ultimo comma dell’art. 9 del d.m. n.1444 del 1968 (secondo cui “Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”), ritenuto inderogabile in quanto richiamato dall’art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 150 (Legge urbanistica);
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- deve perciò ritenersi legittima la previsione regionale di distanze in deroga a quelle stabilite dalla normativa statale, in quanto attratta nella competenza concorrente in materia di governo del territorio, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche; in altri termini le deroghe all’ordinamento civile delle distanze tra edifici sono consentite solo se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio poiché la loro legittimità è strettamente connessa agli assetti urbanistici generali e quindi al governo del territorio, non, invece, ai rapporti tra edifici confinanti isolatamente considerati - l’art. 2-bis del TUE ha sostanzialmente recepito questo orientamento della giurisprudenza costituzionale, inserendo nel testo unico sull’edilizia i principi fondamentali della vincolatività, anche per le Regioni e le Province autonome, delle distanze legali stabilite dal d.m. n.1444 del 1968 e dell’ammissibilità delle deroghe solo a condizione che siano inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio.
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Conclusione: in base alla giurisprudenza costituzionale le disposizioni in materia di distanze non derogabili dalla legge regionale sono solo quelle di diretta fonte statale, ossia l’art. 873 c.c. e l’art. 9 del D.M. n del 1968; quest’ultimo, tuttavia, è derogabile dalle Regioni nella misura in cui la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio, ovvero nei casi in cui la deroga faccia riferimento ad una pluralità di fabbricati (“gruppi di edifici”) e sia fondata su previsioni planovolumetriche che evidenzino una capacità progettuale tale da definire i rapporti spazio-dimensionali e architettonici delle varie costruzioni considerate come fossero un edificio unitario (art. 9, ultimo comma, del d.m. n.1444 del 1968), e non invece a singoli edifici.
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VI) LA DEROGA AI LIMITI DI ALTEZZA DEGLI EDIFICI FISSATI NELL’ART. 8 D.M. N. 1444/1968
La L.R. n. 32/2013 (Piano casa ter) ha introdotto nella L.R. n. 14/09, in attuazione dell’art. 2 bis del TUE, l’art. 9, comma 8 bis, che così disposne: “Al fine di consentire il riordino e la rigenerazione del tessuto edilizio urbano già consolidato ed in coerenza con l’obiettivo prioritario di ridurre o annullare il consumo di suolo, anche mediante la creazione di nuovi spazi liberi, in attuazione dell’articolo 2 bis del DPR n. 380/2001 gli ampliamenti e le ricostruzioni di edifici esistenti situati nelle zone territoriali omogenee di tipo B e C, realizzati ai sensi della presente legge, sono consentiti anche in deroga alle disposizioni in materia di altezze previste dal decreto ministeriale n del 1968 e successive modificazioni, sino ad un massimo del 40 per cento dell'altezza dell’edificio esistente. La circolare interpretativa n. 1 del si è limitata a chiarire che la disposizione ha carattere straordinario e, considerata la sua collocazione nell’ambito dell’art. 9, condivide con le altre disposizioni in esso contenute il limite temporale di applicabilità del 10 maggio 2017.
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Si è formata una prassi applicativa (ad es
Si è formata una prassi applicativa (ad es. Comune di Castelfranco), che stravolgendo la norma, ha considerato come parametro per il limite del 40% di aumento dell’altezza non l’edificio esistente bensì gli edifici circostanti di altezza maggiore. Tale errata interpretazione, in contrasto con il dato letterale e la ratio della norma, è stata definitivamente corretta dalla Regione prima (D.G.R. n. 247 del , di risposata all’interrogazione n. 228) e dal TAR Veneto dopo (sentenza n. 944) hanno chiarito che, anche considerato il carattere eccezionale della deroga, che è quindi di stretta interpretazione, il parametro di riferimento per il calcolo della percentuale massima di aumento del 40 % consentita in deroga ai limiti alle altezze fissate dall’art. 8 del D.M. n. 1444/1968, è l’edificio esistente oggetto dell’intervento (ampliamento o di ricostruzione), come previsto espressamente dalla norma, e non l’edificio più alto circostante.
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