La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Chimica e fisica dell’incendio

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Chimica e fisica dell’incendio"— Transcript della presentazione:

1 Chimica e fisica dell’incendio
Ing. Michele Saracino CNVVF 18/09/2018 Chimica e fisica dell’incendio

2 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
PREMESSA LA MATERIA Ci sono alcuni concetti fondamentali nelle scienze fisiche la cui definizione è veramente ardua, come per esempio quelli di tempo, spazio, energia e materia. Il loro significato viene chiarito dal loro uso, dal contesto delle loro applicazioni e dalla loro associazione ai principi fondamentali della fisica e della chimica. I termini materia, materiale, sostanza e elemento indicano una gradualità dal generale al particolare. Ogni sostanza ha attributi caratteristici chiamati proprietà che possono essere distinte in proprietà fisiche (aspetto, punto di fusione e di ebollizione, conducibilità elettrica e termica, lo stato di aggregazione, la densità, ecc.) e chimiche (numero atomico, peso atomico, combustibilità, reattività, stabilità, proprietà basiche o acide, ecc.). La materia esiste sotto tre stati di aggregazione: gassoso, liquido e solido. Lo stato fisico di una sostanza dipende dalle condizioni di temperatura e pressione. Chimica e fisica dell’incendio

3 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
A pressione costante, con l’aumento della temperatura, una sostanza inizialmente allo stato solido subisce il processo di fusione quando la temperatura supera la temperatura di fusione, quindi, quando tutta la massa è diventata liquida, incrementando la temperatura si ha il processo di evaporazione quando viene superata la temperatura di ebollizione. Inversamente, partendo da una sostanza gassosa, diminuendo la temperatura si ha il processo di condensazione quando questa diventa inferiore al punto di rugiada (coincidente con la temperatura di ebollizione) e continuando il raffreddamento si ha la solidificazione, quando la temperatura diviene inferiore a quella di fusione. In alcune condizioni esistono cambiamenti di stato direttamente dallo stato solido a quello gassoso mediante il processo detto di sublimazione e viceversa da quello gassoso a quello solido con il processo di brinamento. Chimica e fisica dell’incendio

4 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Tutta la materia è costituita da una combinazione di elementi detti atomi. La più piccola particella che possiede le proprietà di quella sostanza è la molecola. Gli elementi (103) sono ordinati nella tavola periodica in funzione del loro numero atomico. Chimica e fisica dell’incendio

5 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it

6 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
L’atomo può essere schematicamente rappresentato da un nucleo centrale formato da protoni e neutroni, intorno al quale ruotano, su traiettorie dette orbitali atomici, gli elettroni. Il numero dei protoni (o degli elettroni) determina il numero atomico che distingue i diversi elementi. Il numero dei protoni più quello dei neutroni determina il peso atomico o numero di massa. Chimica e fisica dell’incendio

7 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
REAZIONE CHIMICA Una reazione chimica consiste nella ridistribuzione degli atomi in molecole o aggregati diversi da quelli esistenti precedentemente e quindi nella formazione di sostanze nuove, costituite dagli stessi elementi di quelli da cui hanno preso origine. Queste trasformazioni comportano solitamente la rottura di alcuni legami e la formazione di altri, che andranno a caratterizzare i prodotti. Tutte le reazioni chimiche possono essere rappresentate attraverso equazioni chimiche nelle quali a sinistra vengono indicati i reagenti, a destra tutti i prodotti e fra essi è indicata una freccia (che generalmente punta verso i prodotti) che indica il verso della reazione. REAGENTI PRODOTTI Chimica e fisica dell’incendio

8 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
L’incendio può essere identificato generalmente come una rapida combustione con sviluppo di calore, fiamme e gas ad elevata temperatura che avviene in un luogo non predisposto a contenerli e che perciò spesso sfugge al controllo dell’uomo. L’incendio si sviluppa se sussiste contemporaneamente la concomitanza di tre condizioni (triangolo della combustione): COMBUSTIBILE COMBURENTE INNESCO Chimica e fisica dell’incendio

9 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it

10 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Analogamente un incendio in atto si combatte agendo sempre sui tre fattori, mediante: ESAURIMENTO o SOTTRAZIONE del combustibile (allontanamento o separazione delle sostanze combustibili dal focolaio d’incendio) SOFFOCAMENTO (separazione del comburente dal combustibile o riduzione della concentrazione del comburente) RAFFREDDAMENTO (sottrazione di calore fino ad ottenere una temperatura inferiore a quella di attivazione ovvero a quella necessaria al mantenimento della combustione) Normalmente per lo spegnimento degli incendi si utilizzano tecniche basate su combinazioni delle operazioni di esaurimento o sottrazione del combustibile, di soffocamento e di raffreddamento. Chimica e fisica dell’incendio

11 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it

12 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
L’incendio viene suddiviso schematicamente in tre fasi (o secondo altre schematizzazioni in quattro fasi): inizio o fase dello sviluppo (fase di ignizione e propagazione) Fase di combustione attiva (incendio generalizzato) Fase di esaurimento o regressione (estinzione) Chimica e fisica dell’incendio

13 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Nella ricerca delle cause d’incendio, sia a livello preventivo che a livello di accertamento, è fondamentale individuare tutte le possibili fonti di innesco che possiamo in linea di massima ricondurre a: ACCENSIONE DIRETTA ACCENSIONE INDIRETTA ATTRITO CAUSE ELETTRICHE AUTOCOMBUSTIONE o RISCALDAMENTO SPONTANEO Chimica e fisica dell’incendio

14 TRASMISSIONE DEL CALORE
CONDUZIONE: è caratteristica dei solidi, anche se non esclusiva; essa avviene per propagazione diretta dell’energia termica da uno strato di materiale al contiguo col quale è in contatto. Il calore quindi si trasferisce da un corpo più caldo ad uno più freddo per contatto diretto. La quantità di calore che viene trasferita dipende dal coefficiente di conduttività termica tipico di ciascun materiale, dalla superficie di contatto e dal tempo durante il quale il contatto si protrae: Q = k A (T2 – T1) t l Chimica e fisica dell’incendio

15 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
CONVEZIONE: è caratteristica del contatto tra solidi e fluidi, in quanto il materiale fluido che subisce variazioni di temperatura cambia densità e, per effetto della gravità, tende a muoversi spostando masse di fluido caldo verso zone dove sono presenti masse più fredde (a maggiore densità) e viceversa. Il calore quindi viene trasmesso per interposizione di un fluido vettore, gas o liquido, ovvero la trasmissione del calore è associata a movimento di materia. L’espressione che si utilizza correntemente è: x = h S (T1 – T2) dove x = flusso termico (dq/dt) Chimica e fisica dell’incendio

16 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
IRRAGGIAMENTO: è caratteristico (ancorché non esclusivamente) del vuoto, in quanto corrisponde allo scambio diretto di energia tra superfici e tra corpi attraverso un mezzo interposto trasparente; tale scambio avviene per effetto della temperatura del corpo emittente e non è influenzato dalla presenza o meno di altri corpi. Il calore quindi si trasferisce da un corpo all’altro attraverso lo spazio. Ogni corpo è caratterizzato da un coefficiente di riflessione o assorbimento, per definizione il corpo nero ha coefficiente di assorbimento = 1. Il calore ricevuto da un oggetto per irraggiamento è tanto più basso quanto più è distante la fonte di emissione. La quantità di calore scambiata dipende dalla differenza di temperatura dei due corpi ed è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Il fenomeno dell’irraggiamento è piuttosto complesso, così come la sua definizione quantitativa, infatti l’energia è trasportata nello spazio fra un corpo e l’altro mediante onde elettromagnetiche, dette radiazioni. Questo processo di trasmissione implica la trasformazione dell’energia termica di un corpo in energia raggiante. La teoria che determina gli studi delle radiazioni rientrano nell’ambito della meccanica quantistica di Plank: E = hn Chimica e fisica dell’incendio

17 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
COMBUSTIONE Dal punto di vista chimico per combustione si intende qualunque processo esotermico – con sviluppo di gas – che parte da una sostanza ossidabile e da un ossidante, con rilevante sviluppo di calore e spesso di luce. SOSTANZE OSSIDABILI COMBUSTIBILI OSSIDANTE COMBURENTE Chimicamente una combustione è una reazione di ossidazione. Chimica e fisica dell’incendio

18 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Perché ciò avvenga è necessario fornire al sistema una certa energia, indipendentemente dal fatto che, nel suo svolgersi, la generica reazione sia endo o esotermica. A questa energia si dà il nome di ENERGIA DI ATTIVAZIONE. L’equazione, dedotta da Arrhenius dall’espressione di Van’t Hoff relativa alla dipendenza della costante di equilibrio dalla temperatura, esprime la variazione della velocità di reazione con la temperatura ed assume la forma: d ln K / d T = E / RT2 Chimica e fisica dell’incendio

19 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
L’energia di attivazione [E] è l’energia minima necessaria ad una molecola (o ad una coppia di molecole) per reagire. Al crescere della temperatura [T] cresce la frazione di molecole reagenti con energia sufficiente a superare l’energia di attivazione; quindi la velocità di reazione cresce. La relazione tra temperatura e velocità di reazione è data dall’equazione di Arrhenius: k = A e –E/RT Chimica e fisica dell’incendio

20 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La combustione quindi è un fenomeno estremamente complesso e, in alcuni casi, non ancora perfettamente chiarito per il gran numero di processi chimici e fisici, strettamente connessi tra loro, che intervengono. Se consideriamo ad esempio: 2 H2 + O2 2 H2O gli stadi possono essere: H H+ + H+ H O OH- + O- OH H H2 O + H+ Chimica e fisica dell’incendio

21 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
H2O H [ + O2 + H2 ] OH [+ H2] H [+ O2 + H2] OH- _ _ _ che rappresenta una reazione a catena. Chimica e fisica dell’incendio

22 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
A seconda di come si presenta la “catena di radicali” possiamo avere un processo di combustione lento, veloce o addirittura esplosivo: Processo “lento” Chimica e fisica dell’incendio

23 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Processo “esplosivo” Chimica e fisica dell’incendio

24 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La velocità di ossidazione costituisce l’elemento determinante e caratterizzante del fenomeno poiché da essa dipendono: - velocità di decomposizione o di vaporizzazione del combustibile; - la successiva combinazione dei prodotti ottenuti con il comburente; - quantità di calore sviluppato. Le reazioni a catena di cui sopra possono arrestarsi per distruzione o disattivazione delle specie attive (TERMINAZIONE). Nelle reazioni “lente” si ha equilibrio tra l’inizio e la terminazione dei trasportatori di catena. Nei processi “esplosivi” la velocità di terminazione è inferiore a quella di formazione. Chimica e fisica dell’incendio

25 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Si possono quindi avere: una combustione ordinaria, quando il processo di ossidazione non è molto rapido; una deflagrazione, quando l’ossidazione procede velocemente (con velocità del fronte di propagazione della fiamma di alcune decine di m/s, comunque inferiore a quella del suono); una detonazione, se il processo è praticamente istantaneo (con velocità del fronte di propagazione della fiamma di alcune migliaia di m/s, superiore a quella del suono); Chimica e fisica dell’incendio

26 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Se una reazione esotermica avviene in uno spazio delimitato, spesso il calore svolto non può essere dissipato. Come conseguenza la temperatura aumenta, la velocità di reazione cresce e ciò determina un ulteriore aumento di produzione del calore. La velocità di reazione cresce ed il risultato finale è chiamato esplosione, caratterizzato da aumento repentino di pressione a cui può seguire un’ onda d’urto e in taluni casi un riflusso (effetti meccanici). Le esplosioni generalmente si distinguono in: Deflagrazioni: quando il fronte di fiamma si propaga a velocità sub-sonica e si sviluppa con pressioni fino a 8 atm; Detonazioni: quando il fronte si propaga a velocità supersonica (> 340 m/min) e sviluppa pressioni fino a 40 atm; Scoppi: quando la reazione si sviluppa in un ambiente confinato o per la rottura violenta di un contenitore a seguito di un eccesso di pressione all’interno di esso. Chimica e fisica dell’incendio

27 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
TONALITA’ TERMICA In generale per quanto attiene l’incendio, più che alla cinetica chimica e ai meccanismi delle reazioni si preferisce affrontare le problematiche in senso globale. Il calore di combustione riferito all’unità molecolare di combustibile (MOLE) è definita TONALITA’ TERMICA della reazione ed è espressa in Kcal/mole. Ad esempio si prenderanno in considerazione reazioni “globali” del tipo: C + O2 CO Kcal/mole H2 + ½ O2 H2O vap “ CO + ½ O2 CO “ CH O2 CO H2O vap “ S + O2 SO “ Chimica e fisica dell’incendio

28 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Per grammo molecola o mole di una sostanza chimica si intende un numero di grammi di quella sostanza pari al suo peso molecolare. Per chilogrammo molecola o Chilomole di una sostanza chimica si intende un numero di chilogrammi di quella sostanza pari al suo peso molecolare. Una mole di qualunque gas occupa in condizioni normali un volume molto vicino a 22.4 lt. Analogamente, una Chilomole di gas in condizioni normali occuperà un volume di circa 22.4 m3 . Chimica e fisica dell’incendio

29 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Le tonalità termiche, come abbiamo visto, sono espresse in kCal/mole e ciò non consente un facile confronto fra i diversi combustibili, infatti ogni sostanza ha un proprio peso: 1 mole di C vale 12 g 1 “ “ H2 “ 2 g 1 “ “ CO “ 28 g 1 “ “ CH4 “ 16 g 1 “ “ S “ 32 g E’ quindi più utile, per gli scopi ingegneristici, riferirsi al potere calorifico Chimica e fisica dell’incendio

30 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
POTERE CALORIFICO QUANTITA’ DI CALORE PRODOTTA BRUCIANDO COMPLETAMENTE UNA QUANTITA’ UNITARIA DI COMBUSTIBILE ( 1 kg se solido o liquido, 1 Nm3 se gas). Nella pratica, poiché i combustibili non sono mai puri, sono composti da varie sostanze la cui percentuale nella composizione può variare entro certi limiti, si preferisce effettuare la determinazione del potere calorifico per via sperimentale con apposite apparecchiature: per i combustibili solidi e liquidi vengono utilizzati il calorimetro adiabatico o il calorimetro di Berthelot-Mahler e Bomba di Mahler, mentre per i combustibili gassosi si utilizza il calorimetro di Junkers. Chimica e fisica dell’incendio

31 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Si devono distinguere due poteri calorifici: - POTERE CALORIFICO SUPERIORE - POTERE CALORIFICO INFERIORE Si ha il potere calorifico superiore quando l’acqua presente al termine della combustione (somma di quella già eventualmente presente nel combustibile più quella prodotta nella combustione stessa) si trova allo stato liquido (ciò significa che i prodotti della combustione vengono raccolti a temperatura ambiente e pertanto se tra di essi vi è acqua, questa si troverà allo stato liquido, quindi al sistema di misura saranno state cedute anche le calorie di condensazione). Si ha il potere calorifico inferiore quando l’acqua si trova allo stato gassoso. Questo è il caso più comune. Chimica e fisica dell’incendio

32 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La differenza fra i due poteri calorifici è evidentemente uguale al calore di vaporizzazione dell’acqua prodotta: QS = Qi + n 600 n = quantità espressa in kg di acqua presente tra i prodotti della combustione 600 = numero di kCal necessarie per vaporizzare 1 kg di acqua Chimica e fisica dell’incendio

33 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Bomba di Mahler QS = D T (P + A) . 1 P DT = aumento della temperatura [°C] P = quantità di acqua utilizzata nel calorimetro [kg] A = equivalente in acqua del calorimetro [kg] 1 = calore specifico dell’acqua [kCal/kg °C] p = quantità di combustibile utilizzato [kg] D T T t Chimica e fisica dell’incendio

34 Il calorimetro di Junkers
QS = G(T2 – T1) .1 VN Chimica e fisica dell’incendio

35 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Il metodo per la determinazione del potere calorifico per i materiali da costruzione è definita dalla norma ISO 1716 e UNI 7557 – “Determinazione del potere calorifico”. La conoscenza del potere calorifico delle sostanze è determinante per la valutazione del carico d’incendio di un compartimento (espresso in MJ/m2 ) MATERIALI POTERE CALORIFICO [MJ/kg] ABITI ACETILENE 48 ALCOOL ETILICO 25 BENZINA 42 BUTANO GASOLIO 42 IDROGENO 143 LEGNO STANDARD METANO 56 POLIURETANO 26 PROPANO 46 ZOLFO 9 ZUCCHERO 17 Chimica e fisica dell’incendio

36 TASSO DI COMBUSTIONE (Burning rate)
Quando un combustibile liquido o solido bruciano si ha una contemporanea perdita di massa per evaporazione o pirolisi. Questa perdita di massa spesso viene identificata con il tasso di combustione. In effetti questa è un’inesattezza perché, in genere, non tutto il combustibile vaporizzato viene bruciato. Esiste infatti il cosiddetto “rapporto di equivalenza” che misura quanto la reazione di combustione è stechiometrica, cioè se esiste sovrabbondanza di vapori di combustibile o di ossigeno: Se Φ < 1 la combustione è povera di combustibile; Se Φ >1 la combustione è ricca di combustibile. In linea di massima l’equivalenza “perdita di massa = tasso di combustione” può considerarsi accettabile. Chimica e fisica dell’incendio

37 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Dove: 1/A (dU/dt) Variazione dell’energia disponibile per unità di area Variazione, per unità di area, dell’energia necessaria alla vaporizzazione A Area L Calore di massificazione e si trova tabellato per diversi materiali. Per materiali solidi è un parametro derivato sperimentalmente, mentre per i liquidi coincide col calore di evaporazione ed è una proprietà derivata da altri parametri termodinamici. Chimica e fisica dell’incendio

38 TASSO DI RILASCIO TERMICO (Rate Heat Release)
Il potere calorifico non dà indicazioni circa la “portata termica” che viene rilasciata durante un incendio. Infatti la portata termica, intesa come rilascio di energia nel tempo, dipende da diversi fattori quali, ad esempio, il regime di ventilazione e la forma del combustibile. In ogni caso è questo tasso di rilascio termico a descrivere, in termini energetici e quindi di pericolo, l’evoluzione di un incendio. La conoscenza del tasso di combustione, unitamente al calore di combustione (potere calorifico), ci permette di calcolare il tasso di rilascio termico Se si assume però che l’incendio è controllato dalla ventilazione (fase post-flashover) e che tutta l’aria che entra nel compartimento partecipa alla combustione all’interno di esso, allora il tasso di rilascio termico può ricavarsi dall’entalpia della massa d’aria La massa d’aria entrante, con buona approssimazione, può essere definita Chimica e fisica dell’incendio

39 Le curve di rilascio termico (HRR)
Una combustione rilascia nell’ambiente del calore per irraggiamento e per convezione (si trascura il calore perso per conduzione). Ai fini della previsione dell’evoluzione di un incendio in un ambiente, il dato di maggiore interesse relativo al materiale che brucia è quello della POTENZA TERMICA RILASCIATA. La potenza, di solito espressa in kw, varia istante per istante. L’insieme dei dati che per un materiale o un prodotto connotano il rilascio di calore nell’ambiente è riassunto nelle curve di rilascio termico, definite nella letteratura anglosassone come heat release rate (HRR). Chimica e fisica dell’incendio

40 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Peak fire size HRR (kw) 800 600 400 200 Time (min) Esempio di curva HRR. Nel caso raffigurato è illustrato il risultato di una prova su una poltrona. Chimica e fisica dell’incendio

41 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
il tasso di rilascio termico è il parametro che bisogna calcolare per capire l’evoluzione delle temperature nel compartimento Fase (1): curva crescente con legge quadratica (fase di ignizione, sviluppo e fase di flashover) Fase (2): tratto stazionario-rettilineo (fase post flashover) Fase (3): tratto discendente lineare dopo che il carico d’incendio è bruciato al 70% circa. Chimica e fisica dell’incendio

42 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Le curve HRR della maggior parte dei materiali ha mostrato un andamento nella fase di crescita di tipo quadratico in funzione del tempo. Tale andamento è espresso dalla relazione a t2 Con riferimento a questi materiali è stato possibile fornire una prima classificazione dei fuochi, nella quale si suddividono i fuochi in rapporto al tempo necessario per raggiungere il valore di 1055 kw. I materiali possono essere classificati nelle quattro categorie evidenziate, in base alla velocità con cui aumenta la potenza termica rilasciata nella fase di crescita dell’incendio ed al tempo necessario per raggiungere 1055 kw (valore corrispondente a 1000 Btu/s). Chimica e fisica dell’incendio

43 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it

44 Valore di picco di HRR [kw] Tempo per il flashover [s]
Nella fase di pre-flashover dell’incendio è possibile calcolare l’energia rilasciata necessaria per giungere alle condizioni di incendio generalizzato. Questo è possibile perché il valore della potenza di flashover può essere dedotta integrando l’espressione della potenza termica: t flashover Eflashover = 0 ∫ a t = 1/3 a tflashover3 La tabella seguente riporta alcuni valori di picco di RHR e il tempo necessario per il flashover, relativi ad alcuni materiali. Si noti la differenza di comportamento tra i materiali presi ad esempio, indipendentemente dal potere calorifico. Materiale Valore di picco di HRR [kw] Tempo per il flashover [s] Pannelli di abete 1330 131 Compensato spesso cm 5.6 1700 195 Compensato spesso cm 12.8 1900 140 Schiuma rigida poliuretanica 5950 8 Trasparenti in acrilico 1920 618 Schiuma polistirolo 4200 71 Chimica e fisica dell’incendio

45 ARIA TEORICA DI COMBUSTIONE e VOLUME E COMPOSIZIONE DEI FUMI
PER ARIA TEORICA DI COMBUSTIONE SI INTENDE LA QUANTITA’ DI ARIA NECESSARIA AFFINCHE’ UNA SOSTANZA POSSA BRUCIARE COMPLETAMENTE Il volume di aria teorico richiesto per la combustione dell’unità di massa o di volume di un combustibile è detto POTERE COMBURIVORO. Chimica e fisica dell’incendio

46 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Poiché la composizione dell’aria è data da: 78 % N2 ; 21 % O2 ; 1 % altri gas si ha: N2 / O2 = (1) Siamo in grado di calcolare la quantità di aria teorica necessaria per la combustione di alcune sostanze: Chimica e fisica dell’incendio

47 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Combustibili gassosi: Metano CH O2 CO H2O Poiché come corollario del principio di Avogadro, nel caso di gas esiste in prima approssimazione una proporzionalità diretta fra numero di moli e volume: Per bruciare 1 m3 di CH4 sono necessari 2 m3 di O2 ; poiché il rapporto nell’aria N2 / O2 = 3.8, si ha che nella combustione di 1 Nm3 di CH4 sono coinvolti 2 x 3.8 = 7.6 Nm3 di N2 . La reazione di combustione del metano in aria può conseguentemente essere scritta: CH O N CO H2O N2 Per bruciare 1 Nm3 di CH4 occorreranno 2 Nm3 di O2 e Nm3 di N2 , complessivamente 9.6 Nm3 di aria. Dalla stessa reazione possiamo anche dedurre la natura e i valori rispettivi dei prodotti gassosi di combustione che, nella terminologia della combustione, vengono definiti col nome di fumi. Bruciando 1 Nm3 di CH4 col quantitativo teorico di aria, i fumi sono costituiti da 1 Nm3 di CO2, 7.6 Nm3 di N2 e 2 Nm3 di acqua allo stato vapore. Chimica e fisica dell’incendio

48 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La composizione del combustibile è: 80 % C; 4.5 % H2 ; 8.5 % O2 ; 1.5 % N2 ; % S; % Ceneri Le reazioni di combustione sono: C + O CO2 (1) Per ogni chilomole (12 kg) di C sono necessari 1 chilomole di O2 (cioè 22,4 Nm3), poiché in 1 kg di combustibile è presente 0.8 kg di C, si imposta la proporzione: 12 : = 0.8 : x x = 1.49 Nm3 di O2 2 H2 + O H2O (2) si imposta la proporzione: 4 : = : y y = 0.25 Nm3 di O2 S + O2 SO2 (3) 32 : = : z z = Nm3 di O2 Tenendo conto che nel combustibile è contenuto l’ 8.5 % di O2 32 : = : u u = 0.06 Nm3 di O2 Il quantitativo totale di O2 richiesto per la combustione completa sarà: x + y + z – u = – 0.06 = 1.69 Nm3 di O2. Chimica e fisica dell’incendio

49 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Il quantitativo di N2 associato nell’aria è: 1.69 x 3.8 = 6.42 Nm3 a questo va aggiunto il contributo della trasformazione in N2 elementare dell’azoto presente nel combustibile, ricavato dalla proporzione: 28 : = : t t = 0.01 Nm3 di N2 Il quantitativo di N2 in totale sarà: = Nm3 (4) Pertanto l’aria teorica di combustione è data da: = 8.12 Nm3 Possiamo impostare più generalmente il calcolo ora effettuato con la formula: VO2 = ( % C + % H2 + % S - % O2 ) = 1.87 ( % C) ( % H2 ) (% S) (% O2 ) Indicando per semplicità con C, H, S e O rispettivamente la % C, % H2 , % S e % di O2 , si ottiene la formula generale: VO2 = C H S O Varia = VO2 = 8.9 C H S O Chimica e fisica dell’incendio

50 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La composizione dei fumi: - Volume di CO2 = volume di O2 - Volume di H2O = volumi di O2 - Volume di SO2 = volume di O2 Pertanto dalla combustione di 1 kg di combustibile in esame si hanno: 1.49 Nm3 O2 [derivanti dalla reazione (1)] “ H2O [= (2 x 0.25) derivanti dalla reazione (2)] “ SO2 [derivanti dalla reazione (3)] “ N2 [derivanti dalla calcolo (4)] ____ 8.43 Nm3 Volume teorico dei fumi Chimica e fisica dell’incendio

51 COMBUSTIONE IN ECCESSO D’ARIA
Nel caso di combustibili solidi, specie quando vengano bruciati su griglia, per avere una combustione completa è necessario in pratica fare uso di un notevole eccesso di aria rispetto al teorico. L’aria in eccesso non brucia e passa di conseguenza inalterata fra i prodotti di combustione. Chimica e fisica dell’incendio

52 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Consideriamo l’esempio precedente relativo alla combustione di un litantrace e supponiamo di condurre la combustione con un eccesso di aria al 40%. In tal caso il quantitativo di aria sarebbe: x = = Nm3 I fumi di combustione saranno composti da: 1.49 Nm3 CO2 “ H2O “ SO2 “ N2 “ N2 [quota derivante dall’eccesso di aria] “ O2 [quota derivante dall’eccesso di aria] _____ 11.67 Nm3 Volume dei fumi Il volume di CO2 prodotto dalla combustione completa è lo stesso in assenza o in presenza di un eccesso di aria comburente. Diversa è nei due casi la percentuale in volume di CO2 nei fumi: Chimica e fisica dell’incendio

53 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Si definisce: % CO2 (teorico) = VCO ; VFumi teorici % CO2 (effettivo) = VCO VFumi effettivi Da cui % CO2 (teorico) = VFumi effettivi % CO2 (effettivo) VFumi teorici La determinazione sperimentale della percentuale di anidride carbonica effettiva nei fumi ed il suo confronto con la percentuale teorica, ottenibile dal calcolo, una volta conosciuta l’analisi elementare del combustibile, permettono di determinare con continuità l’eccesso di aria effettivamente impiegato, dato di fondamentale importanza per il controllo della combustione. Di contro tali parametri possono essere presi a riferimento per il calcolo del “rendimento” dei bruciatori. Chimica e fisica dell’incendio

54 TEMPERATURA TEORICA DI COMBUSTIONE
Per temperatura teorica di combustione o temperatura di fiamma si intende la massima temperatura che potrebbe essere raggiunta nel corso di una combustione se tutto il calore sviluppato fosse speso unicamente per riscaldare i prodotti della combustione stessa. La temperatura teorica di combustione si intende relativa alla combustione eseguita col quantitativo teorico di aria, infatti la temperatura di combustione varia in funzione della quantità di aria e della conseguente composizione dei fumi. ad esempio: H2 + ½ O2 H2O vap TF = °C H2 + ½ O N H2O vap N2 TF = °C Chimica e fisica dell’incendio

55 GRADO DI DISSOCIAZIONE TERMICA
Quando le temperature superano determinati valori (all’incirca i 2000 °C) bisogna tener conto di un altro fenomeno e cioè quello della decomposizione chimica di alcuni dei possibili prodotti di combustione: l’anidride carbonica e l’acqua. 2 CO CO O Cal 2 H2 O 2 H O Cal Le reazioni sono endotermiche e avvengono entrambe con aumento di volume. Chimica e fisica dell’incendio

56 a = n° di molecole che hanno subito dissociazione
Il GRADO DI DISSOCIAZIONE teorica a è così definito: a = n° di molecole che hanno subito dissociazione n° di molecole inizialmente presenti La dissociazione è tanto più spinta quanto più alta è la temperatura e più bassa è la pressione, a temperatura costante a varia in maniera inversa alla pressione. Per la CO2 abbiamo la seguente relazione: Kp = a p (1 - a )2 ( a ) Poiché Kp varia con la temperatura secondo la legge: d(ln Kp ) = - Q/ RT2 dt che integrata assume la ben nota forma: kp = A e -(Q/RT) Chimica e fisica dell’incendio

57 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it

58 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
TEMPERATURA DI IGNIZIONE TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’ LIMITI DI INFIAMMABILITA’ PER TEMPERATURA DI IGNIZIONE O DI ACCENSIONE SI INTENDE LA TEMPERATURA MINIMA ALLA QUALE DEVE ESSERE PORTATA LA MISCELA COMBUSTIBILE-COMBURENTE PERCHE’ INIZI A BRUCIARE SPONTANEAMENTE ED IN MODO CONTINUO, SENZA ULTERIORE APPORTO DI CALORE O DI ENERGIA DALL’ESTERNO. PER I COMBUSTIBILI LIQUIDI SI DEFINISCE TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’ QUELLA TEMPERATURA ALLA QUALE IL COMBUSTIBILE PRODUCE UNA QUANTITA’ DI VAPORI SUFFICIENTE A FORMARE CON L’ARIA UNA MISCELA INFIAMMABILE. Chimica e fisica dell’incendio

59 TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’ [°C] TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE [°C]
COMBUSTIBILE TEMPERATURA DI INFIAMMABILITA’ [°C] TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE [°C] Etere di petrolio - 56 288 n-pentano - 49 285 Benzina - 43 n-esano -22 233 n-ottano 13 220 Acqua ragia minerale 38 232 cherosene 38-74 227 I combustibili possono essere conservati a temperatura ambiente in contatto con aria, senza che avvengono modificazioni apprezzabili. Se però innalziamo la temperatura in un punto del combustibile fino ad innescare la reazione di ossidazione, la velocità di questa può assumere valori elevati e la combustione procede massivamente e si manifestano i caratteristici fenomeni termici e luminosi. Chimica e fisica dell’incendio

60 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La temperatura minima oltre la quale la reazione procede spontaneamente, indipendentemente cioè dalla fornitura di calore, prende il nome di TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE (a volte indicata come temperatura di autoaccensione o accensione spontanea). La temperatura di accensione varia con lo stato fisico del combustibile e del rapporto tra combustibile e comburente. Chimica e fisica dell’incendio

61 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
In vaso chiuso la temperatura di infiammabilità viene determinata con l’apparecchio di Abel-Pensky per i prodotti a punto di infiammabilità < 50 °C e quello di Pensky-Martens per quelli con punto di infiammabilità più elevato. In vaso aperto è utilizzato l’apparecchio di Marcusson. Chimica e fisica dell’incendio

62 CATEGORIE DI LIQUIDI INFIAMMABILI
In funzione della temperatura o punto di infiammabilità i combustibili liquidi sono suddivisi in tre categorie: A punto di infiammabilità < 21°C (benzine) B “ tra 21 °C e 65 °C (kerosene) C “ > 65 °C (oli combustibili) Chimica e fisica dell’incendio

63 LIMITI DI INFIAMMABILITA’
Affinchè i vapori di combustibile possano bruciare è necessario che le loro concentrazioni in aria si trovino entro determinati valori detti LIMITI DI INFIAMMABILITA’. LIMITE INFERIORE DI INFIAMMABILITA’: È la più bassa concentrazione in volume di vapore della miscela al di sotto della quale non si ha accensione in presenza di innesco. LIMITE SUPERIORE DI INFIAMMABILITA’: È la più alta concentrazione di vapore della miscela al di sopra della quale non si ha innesco per eccesso di combustibile (o carenza di comburente) Chimica e fisica dell’incendio

64 CAMPO DI INFIAMMABILITA’
SOSTANZE CAMPO DI INFIAMMABILITA’ % IN VOLUME) LIMITE INFERIORE LIMITE SUPERIORE Acetone 2.5 13 Ammoniaca 15 18 benzina 1 6.5 gasolio 0.6 idrogeno 4 75.6 metano 5 Anche i gas sono infiammabili entro una zona definita da due limiti di infiammabilità che si esprimono anch’essi in percentuale in volume di gas combustibile nella miscela totale combustibile + comburente. L’ampiezza del campo di infiammabilità dipende da: pressione temperatura direzione dell’accensione (fronte di fiamma) dimensioni e forma del contenitore presenza di gas inerti e vapor d’acqua. Chimica e fisica dell’incendio

65 AUTOCOMBUSTIONE O COMBUSTIONE SPONTANEA
AVVIENE TUTTE LE VOLTE CHE IL PROCESSO DI COMBUSTIONE NON VIENE INNESCATO DA UNA SORGENTE DI ENERGIA ESTERNA AL MATERIALE CONBUSTIBILE, BENSI’ DAL CALORE PRODOTTO DALLO STESSO COMBUSTIBILE. I materiali che, ammassati in gran quantità sono più suscettibili di poter bruciare per autocombustione sono: carbone di legna vernici all’olio o pitture contenenti essiccativi erba medica e fieno farina di pesce oli vegetali oli di pesce stracci impregnati di oli e vernici cacao in grani carta da macero umida cuoio e cascami feltri e cartoni catramati fertilizzanti organici Chimica e fisica dell’incendio

66 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
I COMBUSTIBILI La classificazione più razionale e logica dei combustibili è quella basata sul loro stato di aggregazione: combustibili SOLIDI combustibili LIQUIDI combustibili GASSOSI In seno ad ognuno di questi gruppi si effettua un’altra distinzione in: combustibili NATURALI (si trovano già preformati in natura) combustibili ARTIFICIALI (derivano dai precedenti attraverso una serie di trasformazioni di natura fisica e chimica) Chimica e fisica dell’incendio

67 COMBUSTIBILI SOLIDI NATURALI
Sono rappresentati dal legno e dai suoi derivati: torba, lignite, litantrace e antracite. LEGNO: È costituito da sostanze organiche, minerali e acqua. Quest’ultima può essere contenuta nel legno fresco in quantità molto variabili dal 20 al 60 %. La parte organica risulta essere essenzialmente costituita da cellulosa (il componente fondamentale), lignina, oltre ad amido glucosio, esteri, alcoli, chetoni, ecc. La cellulosa può essere rappresentata con la formula bruta: (C6 H10O5 )n con n variabile da 100 a 1000 Tutti i tipi di legno hanno praticamente la stessa composizione chimica: C : 50 – 52 %; H : 6 –6.6 %; O : 40 – 44 %; N : 0.5 – 1 % Varia invece la porosità, donde le forti differenze di porosità apparente. Il potere calorifico superiore del legno secco è circa 4400 kCal/kg. Chimica e fisica dell’incendio

68 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
COMBUSTIBILI FOSSILI Rappresentano i prodotti della trasformazione del legno per azione combinata di più fattori: temperatura, tempo, pressione, batteri, ecc. Il processo detto di carbogenesi o carbonizzazione ha portato ad una graduale perdita di ossigeno, azoto ed idrogeno, con conseguente aumento del tenore di carbonio. I combustibili fossili costituiscono una serie continua nella quale per gradi si passa da un tipo all’altro. E’ possibile, peraltro, suddividere i combustibili fossili in quattro gruppi fondamentali: Torbe Ligniti Litantraci Antraciti Chimica e fisica dell’incendio

69 COMBUSTIBILI SOLIDI ARTIFICIALI
CARBONE DI LEGNA: Si ottiene dalla legna verde per riscaldamento fuori dal contatto con aria. COKE: Si ottiene dai carboni fossili (in genere litantraci) per “distillazione secca”, processo consistente nel riscaldamento a temperatura elevata (1000 °C) fuori dal contatto con l’aria. Le caratteristiche del coke sono: C : 85 – 92 %; Ceneri : 5 – 10 %; Umidità: 2 – 3 %; Sostanze volatili: 0.5 – 1 % Potere calorifico superiore: 6800 – 7300 kCal/kg. Chimica e fisica dell’incendio

70 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
COMBUSTIBILI LIQUIDI NATURALI Se si esclude l’impiego, peraltro molto limitato, di piccole quantità di prodotti ottenuti per fermentazione o per sintesi, quali gli alcoli etilico, metilico ecc. i combustibili liquidi sono nella quasi totalità costituiti da derivati del petrolio. Il petrolio è costituito essenzialmente da idrocarburi (composti a catena di C e H), uniti a composti ossigenati (CO e CO2), solforati (H2S) e azotati, a composti metallorganici e a sostanze complesse (asfalti) ed un certo numero di elementi come Fe, Ca, Mg, V. L’analisi chimica è all’incirca: C : 83 – 87 %; H : 11 – 12 %; S : – 3 %; O: – 3 %; N: – 1 % A seconda del tipo di idrocarburi prevalenti, i petroli si suddividono in paraffinici, aromatici e naftenici. Chimica e fisica dell’incendio

71 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Per ottenere dal petrolio grezzo la gamma di prodotti derivati si esegue una serie di operazioni che vanno sotto il nome generico di raffinazione. Data l’enorme complessità della miscela, non è possibile né tecnicamente necessario separare per distillazione i costituenti allo stato puro, ma ci si limita ad un’operazione di frazionamento intesa a suddividere inizialmente il grezzo nelle seguenti frazioni: frazione gassosa (idrocarburi fino a C4) oli leggeri: distillano fino a °C (gas di petrolio, benzine) oli lampanti: distillano fra °C (kerosene, petrolio solvente) oli medi: distillano fra °C (gasolio per diesel) oli pesanti: distillano oltre 320 °C (oli pesanti, oli lubrificanti). Chimica e fisica dell’incendio

72 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it

73 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
SERBATOI A TETTO FISSO Chimica e fisica dell’incendio

74 SERBATOI A TETTO GALLEGGIANTE
Chimica e fisica dell’incendio

75 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
COMBUSTIBILI GASSOSI I combustibili gassosi presentano rispetto ai combustibili solidi e liquidi una serie di vantaggi: sono più facilmente esenti da impurezze, bruciano con facilità e completamente con il quantitativo di aria teorica o con piccolissimo eccesso. Bruciano in modo completo senza lasciare ceneri o incombusti. Sono facilmente trasportabili e i dispositivi di combustione sono semplici. Si prestano egregiamente a preriscaldamenti e ricuperi consentono rendimenti di combustione molto alti ed elevate temperature di fiamma. Chimica e fisica dell’incendio

76 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
L’immagazzinamento dei combustibili gassosi viene generalmente realizzato con: Chimica e fisica dell’incendio

77 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
gasometri: generalmente costituiti da una campana o da sistema a telescopio che ricevendo il gas prodotto sale riempiendosi, mentre nella fase di discesa immette lo stesso gas nella rete di distribuzione. Hanno lo svantaggio del grande ingombro connesso col fatto di lavorare sempre a pressioni modeste. Chimica e fisica dell’incendio

78 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
serbatoi: sono contenitori di gas a media pressione (5-20 bar) per cui hanno possibilità di immagazzinamento notevole senza richiedere grande spazio. Sono di forma sferica o cilindrica e per il fatto di dover sopportare pressioni piuttosto elevate non sono costituiti da parti mobili , ma da un tutto unico. Chimica e fisica dell’incendio

79 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
serbatoi naturali: sono costituiti da cavità sotterranee impermeabili ricavate per esempio da miniere di salgemma già sfruttate o giacimenti o pozzi esauriti di gas naturale. Questi ultimi possono fungere da polmoni di deposito, infatti il gas naturale viene immagazzinato d’estate quando il fabbisogno inferiore ed estratto d’inverno quando la richiesta è maggiore. Chimica e fisica dell’incendio

80 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
GAS NATURALE Si reperisce in natura per emanazione spontanea o per trivellazione. Per gas combustibili naturali si intendono, in senso lato, tutti i gas combustibili di origine naturale, cioè oltre a quelli fossili, anche i gas prodotti naturalmente in epoca attuale come i gas di palude, i gas vulcanici e i gas di miniera. La composizione è molto variabile, anche se in massima parte è costituito da metano Chimica e fisica dell’incendio

81 COMBUSTIBILI GASSOSI ARTIFICIALI
Sono i combustibili gassosi derivati da processi chimico-fisici a cui vengono sottoposti altri tipi di combustibili, generalmente solidi e liquidi. a) Gassificazione di combustibili solidi; b) Gas combustibili artificiali da combustibili liquidi in combinazione con gas di carbone; c) Gas prodotto direttamente per distillazione o pirolisi di oli minerali; d) Gas combustibili artificiali per conversione di altri gas. Gas combustibili naturali o prodotti; e) Gas combustibili artificiali di origine attuale. Chimica e fisica dell’incendio

82 GAS DI PETROLIO LIQUEFATTO (G.P.L.)
Sono miscele di idrocarburi costituite essenzialmente da propano e butano. Nelle ordinarie condizioni di temperatura e pressione si trovano allo stato gassoso, mentre passano facilmente allo stato liquido per compressione a temperatura ambiente. La facilità di liquefazione per compressione e la possibilità di ricondurli per semplice distensione allo stato gassoso, li rendono utilissimi come combustibili domestici e industriali, specie nelle zone sprovviste di reti di distribuzione di gas di città o di gas naturale. Chimica e fisica dell’incendio

83 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
I G.P.L. possono essere ricavati dal gas naturale (per degasolinaggio) o dal petrolio greggio (per distillazione), come pure possono provenire dalla demolizione o conversione di altri idrocarburi in vari processi di raffineria. Le percentuali di propano e butano conferiscono alle miscele diverse caratteristiche. Il propano è più leggero, gassifica a temperatura inferiore e possiede un potere calorifico riferito a Nm3 più basso del butano. I componenti saturi, propano e butano, rispetto ai corrispondenti non saturi, propilene e butileni, presentano caratteristiche migliori in fatto di potere calorifico, stabilità termica e chimica e regolarità di combustione. I composti non saturi tendono col tempo a polimerizzare, intaccando più facilmente le gomme delle guarnizioni e dei tubi e sono inoltre dotati di odore pungente e fastidioso. Chimica e fisica dell’incendio

84 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
CONSERVAZIONE DEI GAS - GAS COMPRESSI: Sono quelli conservati allo stato gassoso sotto pressione alla temperatura ambiente in appositi recipienti (bombole). Tali recipienti vengono riempiti di gas fino al raggiungimento di una data pressione di carica, che è funzione della resistenza della bombola stessa. GAS LIQUEFATTI: Sono quelli (come il G.P.L., ammoniaca, cloro) che a temperatura ambiente sono conservati in appositi recipienti allo stato liquido sotto una pressione relativamente bassa (intorno a bar). I gas liquefatti sono molto più concentrati di quelli compressi (1 dm3 di gas liquefatto può sviluppare nel passaggio di fase fino a 800 dm3 di gas). Chimica e fisica dell’incendio

85 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
GAS CRIOGENICI: Sono conservati allo stato liquido in particolari contenitori a temperature e pressioni relativamente basse. Poiché la temperatura dell’ambiente circostante può generare aumenti di pressione, i serbatoi oltre a prevedere idonei sistemi di coibentazione, sono anche dotati di dispositivi di evaporazione che consente di smaltire come calore latente di evaporazione il calore assorbito dall’ambiente esterno. GAS DISCIOLTI: Sono conservati in fase gassosa disciolti in un liquido ad una determinata pressione, e che da questo gradualmente si liberano con l’abbassamento della pressione stessa. Esempi ne sono l’acetilene disciolto in acetone, l’anidride carbonica disciolta in acqua (gassata). Chimica e fisica dell’incendio

86 NORME DI SICUREZZA PER I GAS COMBUSTIBILI
La normativa di sicurezza per l’uso dei gas combustibili nel settore domestico è elaborata dal Comitato Italiano Gas (CIG), ente federato dell’UNI. A queste norme fa riferimento la legge , n. 1083, che precede la pubblicazione del Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato, delle tabelle UNI-CIG. Esistono poi direttive e circolari del Ministero dell’Interno relative all’impiego del gas combustibile sia nel settore civile che industriale. Del settore si occupa pure l’attività normativa del Comitato Termotecnico Italiano, altro ente che, come il CIG, è federato dell’UNI. Infine norme per l’uso o il trasporto di gas combustibile sono oggetto di elaborazione e pubblicazione di direttive comunitarie in ambito CEE. Chimica e fisica dell’incendio

87 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
POLVERI COMBUSTIBILI Quando i solidi combustibili sono finemente polverizzati, ai fini dell’incendiabilità, si comportano in maniera per molti aspetti simile ai sistemi aria/gas infiammabili. Le conseguenze di questi incidenti possono portare all’interruzione dell’attività produttiva per danni agli impianti e infortuni anche molto gravi ai lavoratori. La reattività di un sistema Polvere-Combustibile/aria è influenzata da vari fattori tra i quali si evidenziano: - dimensioni delle particelle - composizione della miscela - natura delle particelle - umidità ambiente Chimica e fisica dell’incendio

88 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Perché si possa verificare un’esplosione da polvere è necessario che in uno spazio ristretto una certa quantità, anche minima, di polvere finemente suddivisa sia dispersa nell’atmosfera in presenza di una sorgente di ignizione (innesco) sufficientemente energetica. Quando avviene l’ignizione la fiamma si propaga attraverso la nube di polvere rilasciando energia, nei prodotti della combustione, sotto forma di calore. Il calore generato dal passaggio del fronte di fiamma provoca l’espansione dei prodotti della combustione gassosi (principalmente CO2 e H2O vap); se l’espansione è impedita da chiusure si genera un aumento di pressione. E’ il rilascio nell’ambiente della pressione generata durante il processo di combustione che provoca il fenomeno detto di esplosione che è un improvviso rilascio di energia immagazzinata capace di produrre effetti di pressione, onde d’urto e proietti. Se il processo di combustione non è ostacolato, esso risulterà semplicemente in un “flash fire” che tuttavia potrà causare gravi ustioni al personale coinvolto nella sua sfera. Chimica e fisica dell’incendio

89 Perché si abbia esplosione deve verificarsi:
le polveri devono essere combustibili; la polvere deve essere dispersa in aria; la polvere deve avere particelle di dimensioni e distribuzione tali da rendere possibile la propagazione della fiamma; la concentrazione della polvere (rispetto all’aria) deve rientrare nel campo della esplodibilità; la nube di polvere deve entrare in contatto con una sorgente di ignizione sufficientemente energetica; la nube di polvere deve essere contenuta in un’atmosfera capace di sostenere la combustione. Chimica e fisica dell’incendio

90 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Le condizioni di cui sopra sono tutte riassunte in senso lato nel “Triangolo del fuoco” e più specificatamente nel “Pentagono dell’esplosione”. Come noto il triangolo del fuoco o della combustione presuppone i seguenti elementi: combustibile comburente (o ossidante) sorgente di ignizione Affinché possa verificarsi un’esplosione sono necessarie altre due condizioni oltre alle precedenti: il combustibile ed il comburente (o l’ossidante) devono essere mescolati assieme nella giusta proporzione la miscela risultante deve essere confinata Chimica e fisica dell’incendio

91 CONCENTRAZIONE DELLA POLVERE
La miscela aria-polvere (miscela non omogenea) deve essere trovarsi entro definite concentrazioni per costituire un rischio di esplosione (range di infiammabilità). Il limite inferiore di infiammabilità (generalmente indicato con la sigla MEC = minima concentrazione esplodibile) varia in funzione dei tipi di polvere (granulometria e sostanza), tuttavia se non sono disponibili dati precisi, si considera il valore di g/m3, benché alcuni materiali hanno valori molto più alti, raggiungendo g/m3. La presenza di gas o vapori infiammabili nella miscela polvere-aria (miscela ibrida) riduce il valore del MEC. La temperatura e la pressione influenzano i limiti di infiammabilità per le polveri in modo simile a quello per i gas e vapori. Per assicurare condizioni operative sicure è consigliabile adottare un valore di 10 g/m3 (25 % MEC). Chimica e fisica dell’incendio

92 DIMENSIONE MEDIA PARTICELLE [mm] CALORE DI COMBUSTIONE [kCal/kg]
POLVERE COMBUSTIBILE DIMENSIONE MEDIA PARTICELLE [mm] CALORE DI COMBUSTIONE [kCal/kg] LIMITE INFERIORE DI INFIAMMABILITA’ [g/m3] Polistirolo 50 9940 27 Poliuretano 75 6330 46 Carbone 8 7700 30 Alluminio 44 7040 45 Magnesio 10 6020 20 Zinco 1280 500 Zolfo 40 2210 Chimica e fisica dell’incendio

93 TEMPERATURA DI IGNIZIONE
E’ la temperatura minima alla quale il sistema polvere/aria risulta reattivo. In effetti la temperatura di ignizione è correlata alla “Minima Energia di Ignizione” che rappresenta il livello minimo di energia della sorgente di innesco, ad una data temperatura, necessario per provocare l’ignizione del sistema. La Minima energia di ignizione si riduce significativamente a temperatura elevata e in presenza di gas/vapori infiammabili, anche al di sotto del Limite Inferiore di Esplodibilità. Chimica e fisica dell’incendio

94 TEMPERATURA DI IGNIZIONE LIMITE INFERIORE DI INFIAMMABILITA’
POLVERE COMBUSTIBILE TEMPERATURA DI IGNIZIONE [°C] LIMITE INFERIORE DI INFIAMMABILITA’ [g/m3] Alluminio 700 40 Ferro 315 120 Magnesio 600 30 Manganese 450 210 Zinco 680 480 Gomma sintetica 320 Polietilene 25 Polistirolo 475 20 Resine poliviniliche Amido 470 45 Grano 100 Legno 440 Riso 490 Zucchero 350 35 Chimica e fisica dell’incendio

95 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
ESPLOSIVI L’esplosivo si può definire come una sostanza o miscuglio (liquido o solido) che per adatto innesco può dar luogo ad una esplosione Qualsiasi sistema formato da una o più sostanze capaci di subire una trasformazione chimica rapida accompagnata da copioso sviluppo di gas o vapori può definirsi sistema esplosivo. La trasformazione è accompagnata da sviluppo di calore, luce, onde sonore e di pressione. Chimica e fisica dell’incendio

96 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La maggior parte di esplosivi contiene ossigeno, idrogeno e carbonio; la loro reazione esplosiva consiste nella demolizione della molecola con liberazione dei singoli elementi costituenti. La velocità delle reazioni è dovuta al fatto che gli esplosivi contengono nelle loro molecole ossigeno sufficiente all’ossidazione totale o parziale dei reagenti. Esistono grandi differenze nella velocità di decomposizione dei vari esplosivi dovute non soltanto alla natura chimica ma anche alla maniera in cui viene provocata l’esplosione ed alle condizioni nelle quali essa avviene. Si chiama bilancio di ossigeno la quantità di ossigeno in eccesso o in difetto contenuto nell’esplosivo rispetto alla quantità necessaria per ossidare tutto il carbonio in anidride carbonica e tutto l’idrogeno in acqua. Rispetto a quest’ultima il bilancio di ossigeno viene indicato percentualmente. E’ indicato col segno + quando l’ossigeno è in eccesso, col segno – quando è in difetto. Quando un esplosivo è formato da un unico composto chimico ed ha un bilancio positivo di ossigeno, l’esplosivo si dice completo. Chimica e fisica dell’incendio

97 Le principali caratteristiche degli esplosivi
- DENSITA’ DI CARICAMENTO: E’ il rapporto tra la massa dell’esplosivo ed il volume della cavità in cui è inizialmente contenuto, si misura in kg/dm3. Per ogni esplosivo è definita una densità limite di caricamento, al di sopra della quale si sviluppa durante l’esplosione una pressione talmente grande per cui viene rotto qualunque tipo di involucro, per quanto resistente esso sia. - SENSIBILITA’: E’ l’attitudine di un esplosivo ad iniziare più o meno facilmente la sua decomposizione sotto l’azione di un impulso esterno. Il grado di sensibilità all’urto o al calore dipende dalla natura chimica dell’esplosivo, ma può essere modificato da altri fattori quali lo stato fisico, la struttura, l’umidità. A seconda della maggiore o minore sensibilità di un esplosivo ne varia il mezzo di innesco. - CALORE DI ESPLOSIONE: E’ il calore liberato dall’unità di massa di un esplosivo all’atto della sua decomposizione. Viene espresso in kJ/kg. Rappresenta il potenziale dell’esplosivo, ovvero il lavoro massimo che si può ottenere dall’esplosione di 1 kg di esso. ESPLOSIVO Calore di esplosione [KJ/kg] Nitroglicerina 6610 Polvere nera 2900 Tritolo Chimica e fisica dell’incendio

98 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
- STABILITA’: E’ l’attitudine che hanno gli esplosivi a mantenersi inalterati più o meno a lungo. Sulla stabilità hanno influenza la struttura chimica, le materie prime utilizzate nella fabbricazione, il modo di conservazione, la presenza di corpi estranei, il calore, la luce, l’umidità. Un esplosivo a bassa stabilità può, decomponendosi lentamente, dar luogo in qualche punto della sua massa ad un aumento di temperatura, che, accelerando la reazione di decomposizione, può trasformarla in esplosione. - PRESSIONE SPECIFICA: La pressione specifica o forza specifica è la caratteristica di maggior interesse pratico. Essa è pari alla pressione in bar che 1 kg di esplosivo è in grado di esercitare quando l’esplosione avviene dentro il volume di 1 litro. Essa viene presa come termine di confronto dell’effetto di un esplosivo. Si determina mediante manometri a schiacciamento. ESPLOSIVO Forza specifica [1 litro x bar] Nitroglicerina Nitrato d’ammonio 5185 Polvere nera 3000 Tritolo Chimica e fisica dell’incendio

99 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
- TEMPERATURA DI ESPLOSIONE: E’ la temperatura che viene raggiunta durante l’esplosione (da non confondere con la temperatura di decomposizione). In tabella sono riportate le temperature teoriche di esplosione di vari esplosivi. In realtà le temperature raggiunte nelle esplosioni sono più basse per le inevitabili dispersioni di calore ed in particolare perduto per conduzione e/o irraggiamento. ESPLOSIVO Temperatura di esplosione [°C] Nitroglicerina 3470 Polvere nera 2770 Tritolo Nitrato d’ammonio 1120 Fulminato di mercurio 3530 - VOLUME SPECIFICO (dei gas prodotti): E’ il volume di gas (ridotti a 20 °C e 1 atm) che 1 kg di esplosivo può sviluppare. Per poter confrontare tra loro i vari esplosivi, ci si riferisce all’unità di massa e non di volume. Ad esempio per la nitrogligerina tale volume è pari a 0.72 m3 a 0°C ed a 11.2 m3 alla temperatura di esplosione di 4000 °C. Pertanto, in prima approssimazione si può considerare che 1 kg di nitroglicerina che esploda in un volume di 1 dm3 genera una pressione all’interno del contenitore volte quella iniziale. Di seguito sono riportati alcuni valori del volume specifico calcolati a pressione atmosferica e a 15 °C. ESPLOSIVO Volume specifico [litri gas/kg] Nitroglicerina 752 Polvere nera 285 Nitrato d’ammonio 3980 Chimica e fisica dell’incendio

100 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
CLASSIFICAZIONE Gli esplosivi possono essere distinti in base alla velocità con la quale la reazione di combustione si propaga nella massa dell’esplosivo stesso, oppure in base alla loro natura chimica. Deflagranti o propellenti: Nelle normali condizioni di impiego danno luogo ad una deflagrazione, bassa velocità di propagazione, sviluppano pressioni specifiche dell’ordine di 2000 – 4000 atm. In pratica la progressione lenta della reazione si traduce in un’azione prevalentemente di spinta, generalmente utilizzata nelle armi da fuoco, nei razzi ed in pirotecnica. Ne è un esempio la polvere nera. Dirompenti: Sono caratterizzati dalla capacità di reagire istantaneamente solo in presenza di una elevata energia di attivazione esterna. La reazione di decomposizione (detonazione) avviene ad elevatissima velocità e l’azione meccanica dei gas prodotti si esplica istantaneamente. L’immediato aumento di pressione prodotto dai gas che si formano durante la reazione produce la rottura violenta dei recipienti nei quali sono contenuti (da cui l’attributo dirompenti). Ne sono un esempio la nitroglicerina e il tritolo. Chimica e fisica dell’incendio

101 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Detonanti o innescanti: Si distinguono nettamente da tutti gli altri esplosivi per la loro grandissima sensibilità. Quando per un’azione esterna (urto, sfregamento, ecc.) inizia la loro decomposizione, anche all’aria libera, la reazione procede a velocità elevatissime, conducendo sempre alla detonazione con alta velocità di propagazione (1 – 10 km/sec) e con sviluppo di pressioni specifiche fino a atm. Si suddividono in: primari o innescanti (fulminato di mercurio, azotidrato di piombo, stifnato di piombo, nitromannite); secondari o da scoppio (nitrocellulosa, pentrite, tritolo, picrato d’ammonio). Chimica e fisica dell’incendio

102 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Dal punto di vista chimico si possono distinguere: Miscugli esplosivi gassosi: Sono formati da più sostanze (che in generale da sole non hanno proprietà esplosive), alcune delle quali agiscono come comburenti ed altre come combustibili. Esplosivi chimici: Si dividono in: inorganici (clorato di potassio) organici (tritolo, nitroglicerina) Quelli organici contengono nella stessa molecola tutti gli elementi necessari per una combustione più o meno completa. Per questa ragione la reazione di esplosione dei composti chimici organici è più violenta che nel caso di miscugli. Chimica e fisica dell’incendio

103 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
CLASSI DI ESPLOSIVI Classe 1 Polveri da sparo (vedasi anche sottoclassi) Classe 2 Miscugli a base di nitrato (nitrato in abbinamento con qualunque sostanza al carbonio) Classe 3 Nitro-composti (composti prodotti per azione chimica dell’acido nitrico con sostanze al carbonio) Classe 4 Miscugli di clorati Classe 5 Fulminati Classe 6 Munizioni (cartucce, ecc.) Classe 7 Fuochi artificiali Chimica e fisica dell’incendio

104 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
ESPLOSIVI DI CLASSE 1 - SOTTOCLASSI - Gli esplosivi di Classe 1 sono suddivisi in sottoclassi in funzione della pericolosità intrinseca e quindi del rischio associato Sottoclasse 1.1 Sostanze e articoli che presentano rischio di esplosione in massa Sottoclasse 1.2 Sostanze e articoli che presentano rischio di proiezioni, ma non di esplosione in massa Sottoclasse 1.3 Sostanze e articoli che presentano rischio di incendio connesso a un minor rischio di esplosione/scoppio, minor rischio di proiezioni ma non rischio di esplosione in massa Sottoclasse 1.4 Sostanze e articoli che non presentano rischi intrinseci significativi (gli effetti sono largamente individuati nell’imballo) Sottoclasse 1.5 Sostanze con scarsa sensibilità all’urto, allo sfregamento, alla fiamma, ma che presentano rischio di esplosione in massa Sottoclasse 1.6 Articoli estremamente insensibili che non hanno un rischio di esplosione in massa Chimica e fisica dell’incendio

105 I DEPOSITI DI ESPLOSIVI
Gli esplosivi, fabbricati in apposite fabbriche mediante processi chimici e meccanici di vario tipo, sono confezionati sotto varie forme (cartucce, pacchi, pezzi rigidi ottenuti per pressione o colata, fusti contenenti prodotti sciolti o liquidi, ecc.) e trasportati in depositi ubicati sul territorio. Nei depositi gli esplosivi sono in genere stoccati separando le varie tipologie in base alla classificazione prevista dalla norma (TULPS). Chimica e fisica dell’incendio

106 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Le norme a cui fare riferimento in merito alla sicurezza dei depositi di esplosivi: le norme generali di sicurezza sul lavoro e prevenzione incendi; norme attinenti la sicurezza pubblica, in particolare il TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) - Il TULPS, principalmente nell’allegato B del regolamento, disciplina le caratteristiche dei depositi di esplosivi e le modalità di vigilanza pubblica operata tramite la Commissione Provinciale Esplosivi. Il Cap. IV “condizioni da soddisfarsi nell’impianto, o adattamento, di un fabbricato ad uso di deposito di materie esplosive” indica le misure di sicurezza da attuarsi nei depositi. La misura di sicurezza più pregnante è l’imposizione di distanze tra il deposito ed una serie di presenze umane, quali abitati, strade pubbliche, ferrovie; la normativa sulle attività a rischio di incidente rilevante, in particolare il D.Lgs 17/8/99, n. 334 Chimica e fisica dell’incendio

107 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
CAUSE E PERICOLI DI INCENDIO PIU’ COMUNI accumulo di rifiuti, carta o altro materiale combustibile che può essere facilmente incendiato (accidentalmente o deliberatamente); deposito o manipolazione non idonea di sostanze infiammabili o combustibili; negligenza nell’uso di fiamme libere e di apparecchi generatori di calore; inadeguata pulizia delle aree di lavoro e scarsa manutenzione delle apparecchiature; impianti elettrici o utilizzatori difettosi, sovraccaricati e non adeguatamente protetti; riparazioni o modifiche di impianti elettrici effettuate da persone non qualificate; apparecchiature elettriche lasciate sotto tensione anche quando inutilizzate; utilizzo non corretto di impianti di riscaldamente portatili; ostruzione della ventilazione di riscaldamento, macchinari, apparecchiature elettriche e di ufficio; fumare in aree dove è proibito o non usare il posacenere; negligenze degli appaltatori o di addetti alla manutenzione; cause diverse. Chimica e fisica dell’incendio

108 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La prevenzione incendi è la materia interdisciplinare che studia ed applica le misure, i provvedimenti, gli accorgimenti e i modi di azione tesi ad evitare l’insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze allo scopo di salvaguardare l’incolumità delle persone e l’integrità dei beni. Per conseguire gli obiettivi della prevenzione incendi si devono affrontare e risolvere molteplici e complessi problemi per i quali è necessaria la conoscenza dei processi che accompagnano gli incendi, che sono connessi a discipline di carattere scientifico, etico, sociale, che rendono impossibili soluzioni univoche. Chimica e fisica dell’incendio

109 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Volendo rappresentare graficamente l’evoluzione di un incendio nel tempo si può ricorrere ad un diagramma che abbia in ascisse il tempo e in ordinate la temperatura raggiunta all’interno del locale, assumendo che in ogni istante essa sia uniforme in ogni punto. Chimica e fisica dell’incendio

110 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Fase di propagazione caratterizzata da: produzione di gas tossici e corrosivi; riduzione di visibilità a causa dei fumi di combustione; aumento della partecipazione alla combustione dei combustibili solidi e liquidi; aumento rapido delle temperature; aumento dell’energia di irraggiamento. Chimica e fisica dell’incendio

111 Incendio generalizzato (flash-over)
caratterizzato da: brusco incremento della temperatura; crescita esponenziale della velocità di combustione; forte aumento di emissioni di gas e di particelle incandescenti, che si espandono e vengono trasportate in senso orizzontale e soprattutto in senso ascensionale; si formano zone di turbolenze visibili; i combustibili vicini al focolaio si autoaccendono, quelli più lontani si riscaldano e raggiungono la loro temperatura di combustione con produzione di gas di distillazione infiammabili. Chimica e fisica dell’incendio

112 Estinzione e raffreddamento
Quando l’incendio ha terminato di interessare tutto il materiale combustibile ha inizio la fase di decremento delle temperature all’interno del locale a causa della progressiva diminuzione dell’apporto termico residuo e della dissipazione di calore attraverso i fumi e di fenomeni di conduzione termica. Chimica e fisica dell’incendio

113 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Nella schematizzazione precedentemente fatta del fenomeno incendio si è accennato a quei fattori che maggiormente lo influenzano e che in pratica fanno sì che nessun incendio sia mai esattamente uguale ad un altro. La variazione nel tempo della temperatura media è infatti funzione di numerosi parametri quali: - compartimentazione - carico d’incendio - ventilazione - velocità di combustione - caratteristiche geometriche del locale - caratteristiche dei materiali costituenti le strutture. Chimica e fisica dell’incendio

114 EFFETTI DELL’INCENDIO
L’incendio, essendo per definizione un fenomeno non voluto e spesso non controllato dall’uomo, è causa di danni alle persone e alle cose (beni materiali, strutture, interruzione delle attività produttive, servizi, ecc.). Gli effetti immediati provocati da un incendio sono imputabili ai prodotti della combustione: effetti energetici, gas e fumi. Chimica e fisica dell’incendio

115 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Effetti termici Lo sviluppo di calore e l’azione delle fiamme spesso comportano la distruzione dei beni materiali e conseguenze per le persone che possono essere anche mortali. Oltre alle ustioni provocate dalla temperatura sull’epidermide, infatti, l’organismo umano è soggetto, a causa delle esposizione prolungata al calore, a processi di rapida disidratazione, arresto della respirazione e alterazioni delle funzioni biologiche. E’ stato stimato che il calore costituisce circa il 25% delle cause di decesso in dipendenza di incendio. Chimica e fisica dell’incendio

116 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it

117 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Effetti tossici Secondo le statistiche della National Fire Prevention la più importante causa di decesso, pari al 62,3% è da attribuire all’inalazione dei gas tossici o asfissianti che si sviluppano nel corso della combustione di materiali naturali o sintetici. I gas corrosivi e combustibili prevalentemente producono i loro effetti sui beni sia, ovviamente, per corrosione, sia per la loro partecipazione alla combustione. I fumi infine, oltre a ridurre rapidamente la visibilità e quindi ad impedire o ritardare lo sfollamento delle persone, costrette pertanto ad inalare quantità maggiori o anche letali di gas tossici, in concentrazione già del 4% rendono l’aria irrespirabile. Oltre alla natura e alla concentrazione dei vari gas e prodotti della combustione, sulla mortalità incidono anche le condizioni fisiche delle persone coinvolte nell’incendio, gli sforzi fisici da essi compiuti, l’età, eventualmente il contenuto di alcool o di droghe nel sangue e così via. Chimica e fisica dell’incendio

118 PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE
Fiamme: fenomeno di emissione luminosa che si produce nella combustione dei gas; Calore: energia termica effettivamente liberata durante la combustione reale; Gas: insieme dei prodotti gassosi formatisi a seguito della combustione; Fumi: la sospensione nell’atmosfera di particelle solide incombuste o liquide o condensate (aerosoli) prodottesi in una combustione incompleta, vapore acqueo Chimica e fisica dell’incendio

119 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
I gas di combustione sono quei prodotti che rimangono allo stato gassoso anche quando vengono raffreddati a temperatura ambiente (15 °C). Gli altri gas dipendono, come già detto, dalla composizione chimica del combustibili, dalla quantità di ossigeno disponibile e dalla temperatura raggiunta dalla combustione. Essi sono principalmente costituiti da: Biossido di carbonio - CO2 Monosido di carbonio – CO Solfuro di idrogeno o idrogeno solforato – H2S Anidride solforosa - SO2 Ammoniaca – NH3 Acido cianidrico – HCN Acido cloridrico – HCl Ossidi di azoto – NOX Aldeide acrilica - C H2CHCHO Fosgene - COCl2. Chimica e fisica dell’incendio

120 EFFETTI DELL’INCENDIO SULL’UOMO
ANOSSIA (a causa della riduzione del tasso di ossigeno nell’aria) AZIONE TOSSICA DEI FUMI E GAS RIDUZIONE DELLA VISIBILITA’ AZIONE TERMICA Chimica e fisica dell’incendio

121 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Indici di riferimento Gli indici di riferimento danno l’indicazione dei valori di concentrazione delle sostanze pericolose alle quali la quasi totalità della popolazione esposta (nel caso di luoghi di lavoro si intendono i lavoratori) possa accusare effetti dannosi. Chimica e fisica dell’incendio

122 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
IDLH (Immediately Dangerous to Life and Health) – IMMEDIATAMENTE PERICOLOSO ALLA VITA e/o ALLA SALUTE: concentrazione di sostanza tossica fino alla quale l’individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti, non subisce per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali da impedire l’esecuzione delle appropriate azioni protettive. Corrisponde alla massima concentrazione in aria di una sostanza (ppm e/o mg/m3) tale che un lavoratore sano ha un tempo massimo di 30 minuti per fuggire. Chimica e fisica dell’incendio

123 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Limiti di dose Ai criteri di valutazione delle sostanze tossico-nocive bisogna associare una assegnazione della categoria, cioè del grado di pericolosità di queste sostanze. Si introduce il concetto di “TOSSICITA’ ACUTA” nella cui denominazione sono compresi quegli effetti che sono o possono essere riconducibili ad una unica esposizione (somministrazione). Gli effetti di questo tipo sono caratterizzati mediante la determinazione della DOSE capace di uccidere la metà degli animali da esperimento, del potere irritante per gli occhi e per la pelle, del potere corrosivo, del potere sensibilizzante. Chimica e fisica dell’incendio

124 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
DOSE LETALE (DL50) è la dose singola di una sostanza, valutata statisticamente, che si prevede provochi la morte del 50% delle cavie trattate dopo 14 gg per via orale o cutanea. Chimica e fisica dell’incendio

125 CONCENTRAZIONE LETALE MEDIA (CL50)
è la concentrazione di una sostanza in aria, valutata statisticamente, che si prevede provochi la morte durante l’esposizione o entro un determinato tempo, consecutivo ad una esposizione per via inalatoria, del 50% delle cavie trattate. Il valore di CL50 viene espresso in termini di peso della sostanza in esame per un volume standard di aria (mg/m3). Chimica e fisica dell’incendio

126 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
LOC (Level Of Concern) – LIVELLO DI GUARDIA: concentrazione in aria di sostanza pericolosa in presenza della quale un generico individuo disponga di un tempo massimo di 30 minuti, senza che si producano effetti gravi e irreversibili per la salute o il decesso. Il LOC ha un valore pari a 1/10 di quello dell’IDLH ed è il corrispettivo di questo per la popolazione civile. Chimica e fisica dell’incendio

127 CONCENTRAZIONI TOSSICHE - LIMITI DI SOGLIA -
Negli ambienti di lavoro le concentrazioni pericolose delle sostanze chimiche vengono espresse attraverso i limiti di soglia o TLV. I valori limite di soglia indicano per ognuna delle sostanze tossiche o asfissianti le concentrazioni alle quali si ritiene che la quasi totalità dei lavoratori possa rimanere esposta senza effetti dannosi. Tuttavia a causa della notevole variabilità di suscettibilità individuale, una piccola percentuale di lavoratori può accusare disagio in presenza di alcune sostanze, le cui concentrazioni siano pari o inferiori ai TLV e in una più piccola percentuale di individui si può osservare un effetto più marcato per l’aggravarsi di condizioni preesistenti o l’insorgere di una malattia professionale. Chimica e fisica dell’incendio

128 Tre sono le categorie di TLV:
TLV – TWA valore limite di soglia-media ponderata nel tempo. Concentrazione per una giornata lavorativa di 8 ore o di 40 ore settimanali a cui quasi tutti i lavoratori possono essere esposti ripetutamente, giorno per giorno senza effetti negativi. TLV – STEL valore di soglia – limite per breve tempo di esposizione. Concentrazione massima a cui i lavoratori possono essere esposti fino a un periodo di 15 minuti continuamente senza che sorgano: - irritazione; - alterazione cronica o irreversibile del tessuto; - narcosi di grado sufficiente ad accrescere le probabilità di infortuni, di menomare le capacità di mettersi in salvo o di ridurre materialmente l’efficienza lavorativa, purchè le escursioni non siano più di 4 in un giorno con un intervallo di almeno 60 minuti e il TLV-TWA non venga superato. TLV – C valore limite di soglia Ceiling. Concentrazione che non dovrà mai essere superata neppure istantaneamente. Chimica e fisica dell’incendio

129 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
La tabella che segue riporta alcuni valori, desumibili dalla letteratura, per alcune sostanze che possono essere presenti in un incendio: Sostanza TWA STEL ppm mg/m3 ACIDO CIANIDRICO 10 11 15 16 ACIDO CLORIDRICO 5 7 ACIDO SOLFIDRICO 27 ACIDO SOLFORICO 1 AMMONIACA 25 18 35 ANIDRIDE CARBONICA 5000 9000 15000 18000 ANIDRIDE SOLFOROSA 2 BIOSSIDO DI AZOTO 3 6 BIOSSIDO DI CLORO 0,1 0,3 0,9 CIANURI CLORO 9 FOSGENE 0,4 GPL 1000 1800 1250 2250 OSSIDO DI AZOTO 30 45 OSSIDO DI CARBONIO 50 55 400 440 OZONO 0,2 0,6 Chimica e fisica dell’incendio

130 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
EFFETTI DEL CALORE Il calore è dannoso per l’uomo potendo causare la disidratazione dei tessuti, difficoltà o blocco della respirazione. Una temperatura di circa 60 °C è da ritenere la massima respirabile per breve tempo. L’irraggiamento genera ustioni sull’organismo umano che possono essere classificate, a seconda della loro profondità, in: - Ustioni di I grado: Superficiali Facilmente guaribili - Ustioni di II grado: Formazione di bolle e vescicole Consultazione struttura sanitaria - Ustioni di III grado: Profonde Urgente ospedalizzazione Chimica e fisica dell’incendio

131 Effetti dell’irraggiamento secondo il metodo di Eisemberg
ENERGIA [kw/mq] EFFETTI SULL’UOMO 40 1% di probabilità di sopravvivenza 26 Innesco di incendi di materiale infiammabile 19 50% di probabilità di sopravvivenza 5 Danni per operatori con indumenti di protezione esposti per lungo tempo 2 Scottature di 2° grado 1.8 Scottature di 1° grado 1.4 Limite di sicurezza per persone vestite esposte per lungo tempo Chimica e fisica dell’incendio

132 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
MEZZI ANTINCENDI INCENDI Il Comitato Europeo di Normazione (CEN) ha suddiviso e classificato i fuochi a seconda dei materiali coinvolti nella combustione. Gli incendi vengono distinti in cinque classi, in accordo con la norma UNI EN 2:2005 nella quale sono stati suddivisi i tipi di fuoco dei diversi materiali ed in base alla quale vengono caratterizzati i vari estinguenti. Chimica e fisica dell’incendio

133 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
CLASSE incendi di materiali solidi, combustibili, infiammabili ed incandescenti come legname, carboni, carta, tessuti, trucioli, pelli, gomma e derivati, rifiuti che producono brace ed il cui spegnimento presenta particolari difficoltà. Su questi tipi di incendi l’acqua e la schiuma hanno notevole efficacia. incendi di materiali liquidi per i quali è necessario un effetto di copertura e soffocamento come alcoli, solventi, oli minerali, grassi, eteri, benzine, automezzi, ecc. incendi di materiali gassosi infiammabili come idrogeno, metano, acetilene, butano, etilene, propilene, ecc. incendi di sostanze chimiche spontaneamente combustibili in presensa d’aria, reattive in presenza di acqua o schiuma con formazione di idrogeno e pericolo di esplosione, come i metalli alcalini. fuochi di oli combustibili di natura vegetale e/o animale, quali quelli usati nelle friggitrici. Chimica e fisica dell’incendio

134 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
ex CLASSE E La norma UNI EN 2:2005 non comprende i fuochi di "Impianti ed attrezzature elettriche sotto tensione“ (vecchia classe E) in quanto, gli incendi di impianti ed attrezzature elettriche sono riconducibili alle classi A o B. Gli estinguenti specifici per questi incendi sono costituiti da polveri dielettriche e CO2, mentre non devono essere usati acqua e schiuma. Nella norma UNI EN 3-7:2008 si richiama l'attenzione sui regolamenti e le prassi nazionali. Gli estintori d'incendio portatili che non sono sottoposti a prova dielettrica, o non soddisfano i requisiti di tale punto, devono riportare la seguente avvertenza: "AVVERTENZA non utilizzare su apparecchiature elettriche sotto tensione“ Gli estintori d'incendio portatili che utilizzano altri agenti e gli estintori a base d'acqua conformi ai requisiti della norma UNI EN 3-7:2008, devono riportare l'indicazione della loro idoneità all'uso su apparecchiature elettriche sotto tensione, per esempio: "adatto all'uso su apparecchiature elettriche sotto tensione fino a 1000v ad una distanza di un metro" Chimica e fisica dell’incendio

135 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Incendi di classe A: generalmente si impiega l’acqua (possibilità di applicazione anche di schiuma, polvere, CO2, idrocarburi alogenati); Incendi di classe B: si impiegano schiuma, polvere e idrocarburi alogenati; Incendi di classe C: si impiega acqua, polvere e idrocarburi alogenati; Incendi di classe D: si impiega polvere speciale; Incendi di classe F: si impiegano estintori in grado di spegnere per azione chimica Tutti gli estintori idonei per l'uso su fuochi di classe F devono essere conformi ai requisiti della prova dielettrica della norma UNI EN 3-7:2008. Incendi ex classe E : si impiega CO2 (o altri gas inerti) e idrocarburi alogenati. Chimica e fisica dell’incendio

136 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
NATURA DELL’INCENDIO SOSTANZA ANTINCENDIO Acqua Schiuma Polvere CO2 (gas inerti) Getto pieno Nebulizzata - vapore Materiali comuni: Carbone, legname, tessuti, carta, paglia SI Liquidi infiammabili più leggeri dell’acqua e non miscibili con essa: Vernici, benzine, oli, lubrificanti NO Liquidi infiammabili più leggeri dell’acqua, miscibili o più pesanti anche non miscibili: Alcoli, acetone, acrilonitrile, dicloroesano Sostanze comburenti: Nitrati, nitriti, permanganati, clorati, perclorati Sostanze reagenti pericolosamente con acqua: Carburo di calcio, sodio, Potassio, Acidi forti, Metalli fusi Gas infiammabili: Etilene, idrogeno, gas liquefatti, acetilene, ossido di carbonio, metano Apparecchiature elettriche: Motori elettrici, cabine elettriche, interruttori, trasformatori Materiali particolari: Apparecchiature delicate, documenti, quadri, tappeti di valore, mobili e oggetti d’arte Chimica e fisica dell’incendio

137 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Le varie sostanze estinguenti nel loro impiego possono mettere in atto quattro effetti fondamentali: effetto di diluizione: diminuzione di concentrazione del combustibile nel campo della reazione. effetto di raffreddamento: capacità di assorbire ed eliminare parte del calore prodotto dalla combustione. effetto di soffocamento: mediante la sottrazione di aria e quindi di comburente, si provoca l’arresto della combustione. effetto anticatalittico: consistente nell’azione di rallentamento della reazione di combustione responsabile della propagazione dell’incendio, è un mezzo di spegnimento chimico caratterizzato dalla neutralizzazione dei prodotti intermedi attivi della reazione di combustione (radicali liberi). Chimica e fisica dell’incendio

138 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
ACQUA E’ l'agente estinguente più economico ed efficace e che perciò viene usato più comunemente nella lotta contro gli incendi è l'acqua. E’ caratterizzata da semplicità di impiego e non tossicità. L’acqua possedendo un calore specifico di 4186 KJ/Kg °C e un calore di vaporizzazione, a 1 atm e 100 °C, di 2270 KJ/Kg viene utilizzata direttamente sia nell'estinzione che nella protezione per raffreddamento di strutture, serbatoi e impianti. Azione estinguente dovuta a: Raffreddamento (in virtù dell’assorbimento del calore prodotto dalla combustione); Soffocamento (per la formazione di vapore sviluppato dalla rapida evaporazione dell’acqua); Emulsione/diluizione (con eventuale presenza di liquidi infiammabili solubili in acqua); Diluizione dei vapori gassosi (acqua frazionata) Chimica e fisica dell’incendio

139 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
SCHIUMA è costituita da una massa di bolle formate da una soluzione di acqua e liquido schiumogeno espansa con aria o gas inerte, racchiuse da pellicola liquida destinata a durare più o meno a lungo; l'emulsione di acqua, liquidi schiumogeni (sostanze proteiniche o sintetiche) e aria determina la formazione della schiuma la quale aderisce alle superfici con cui viene in contatto con l'effetto di soffocare l'incendio; Risulta più leggera della soluzione di acqua da cui deriva e di tutti i liquidi combustibili, pertanto galleggia sulla loro superficie formando una coltre continua, impermeabile ai vapori, che separa il combustibile dal comburente. Azione estinguente dovuta a: Raffreddamento Soffocamento Chimica e fisica dell’incendio

140 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
Le schiume si dividono in due caratteristiche principali: a) schiume chimiche: il gas, generalmente anidride carbonica, è prodotto da una reazione chimica; b) schiume meccaniche: il gas, generalmente aria, viene emulsionato meccanicamente con la soluzione schiumogena Le schiume si classificano in funzione della loro specifica proprietà che è il rapporto di espansione (R.E.), in tre categorie principali: 1) a bassa espansione: rapporto variabile da 1:6 a 1:15 (protezione serbatoi, impiego con monitori, impiego con lance manuali); 2) a media espansione: rapporto variabile da 1:30 a 1:200 (protezione pensiline di carico, aree contenute in genere); 3)ad alta espansione: impiego per magazzini, sala macchine, navi, etc.). Chimica e fisica dell’incendio

141 ANIDRIDE CARBONICA E AZOTO
L’anidride carbonica è un gas inerte capace di ridurre con la sua presenza la concentrazione di ossigeno dell’aria al di sotto del limite oltre il quale non avviene la combustione. I sistemi di protezione contro gli incendi basati su gas inerti, fra cui figurano anche azoto, argon e miscele di questi con l’anidride carbonica, trovano la loro più vasta applicazione della difesa di ambienti chiusi. L’anidride carbonica a temperatura e pressione ambiente è un gas più pesante dell’aria, perfettamente dielettrico e non corrosivo, che non lascia residui. Nei riguardi dell’uomo non è tossica, ma riducendo l’ossigeno dell’aria al di sotto del 15 % in volume, provoca disturbi, perdita di conoscenza ed infine morte per asfissia. Azione estinguente dovuta a: Parziale azione di raffreddamento Soffocamento con azione di spostamento dell'aria dalla zona interessata al fuoco; Chimica e fisica dell’incendio

142 Chimica e fisica dell’incendio michele.saracino@vigilfuoco.it
POLVERE CHIMICA possono essere usate su fuochi che coinvolgono combustibili di varia natura come legno, carta, metalli alcalini; per ogni tipo di combustibile è comunque opportuno impiegare il tipo di polvere più adatto; In genere sono realizzate con miscela di particelle solide finemente suddivise costituite da bicarbonato di sodio o bicarbonato di potassio o solfato di ammonio o fosfato di ammonio, con l’aggiunta di additivi che ne migliorano l’attitudine all’immagazzinamento, la fluidità, l’idrorepellenza e, in alcuni casi, la compatibilità con le schiume. 2 NaHCO3 → Na2CO3 + H2O + CO2 2 KHCO3 → K2CO3 + H2O + CO2 Azione estinguente dovuta a: Soffocamento dovuto all’azione di copertura o stratificazione che effettua la polvere, isolando praticamente il materiale incendiato dal comburente e rende poco attaccabile il materiale non combusto; Sviluppano di anidride carbonica che esplica un’azione di soffocamento spiazzando l’ossigeno presente; parziale azione di raffreddamento dovuto all’abbassamento della temperatura del combustibile al di sotto della temperatura di accensione, sia per effetto del raffreddamento dovuto per assorbimento del calore da parte dell’agente estinguente, che per la suddetta reazione chimica che è una reazione endotermica; catalisi negativa dovuta all’effetto che si ottiene nel momento in cui le sostanze contenute nelle polveri interagiscono con i radicali liberi H+ e OH- Chimica e fisica dell’incendio

143 IDROCARBURI ALOGENATI (HALON)
Sono derivati dal metano con sostituzione totale o parziale degli atomi di idrogeno con atomi di cloro-fluoro-bromo-iodio. A temperatura ordinaria si presenta in forma gassosa, ma per l'uso vengono stoccati in bombole ove vengono compressi e mantenuti allo stato liquido. Sono facilmente vaporizzabili, non lasciano residui, sono dielettrici, non corrosivi, inalterabili e presentano punti di congelamento molto bassi. Azione estinguente dovuta a: catalisi negativa: interagiscono con i radicali liberi sottraendoli al processo di combustione provocando il blocco della catena di reazione; soffocamento: spiazzano il comburente, impedendone il contatto col combustibile. raffreddamento: assorbendo calore nel passaggio dallo stato liquido a quello gassoso, riducono la temperatura del combustibile al di sotto della temperatura di accensione. Chimica e fisica dell’incendio

144 ESTINGUENTI SOSTITUTIVI DEGLI HALON: GAS CHIMICI
Sigla Nome della molecola Formula bruta Denominazione commerciale FC Perfluorobutano C4F10 CEA-410 (3M) HBFC-22B1 Bromodifluorometano CHF2Br Halon 1201 HCFC Blend A Diclorotrifluoroetano HCFC-123 (4,75%) Clorodifluorometano HCFC.22 (82%) Clorotetrafluoroetano HCFC-124 (9,5%) Isopropenil-1-metilcicloesene (3,75%) CHCl2CF3 CHClF2 CHClFCF3 NAF S-III NORTH AMERICA FIRE GUARDIAN TECHNOLOGY (Safety Hi-tech) HCFC-124 FE-241 (DUPONT) HFC-125 Pentafluoroetano CHF2CF3 FE-25 HFC-227ea Eptafluoropropano CF3CHFCF3 FM-200 FIKE (Silvani) HFC-23 Trifluorometano CHF3 PF-23 (Vesta) oppure FE-13 IG-541 Azoto (52%) Argon (40%) Anidride carbonica (8%) N2 Ar CO2 INERGEN ANSUL (Wormald italiana) Chimica e fisica dell’incendio


Scaricare ppt "Chimica e fisica dell’incendio"

Presentazioni simili


Annunci Google