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Istituzioni di Letteratura Italiana
Prova scritta
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Testo poetico Parafrasi Analisi metrica Analisi retorico-stilistica
Analisi linguistica Contestualizzazione storico-letteraria
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Parafrasi Costruzione della frase secondo l’ordine “naturale”> revisione delle strutture alla latina es. iperbato, anastrofe > riorganizzazione sintattica Revisione ortografica e fonetica es. sincope, aferesi Riscrittura lessicale Scioglimento delle figure retoriche Cfr. riferimenti all’”enciclopedia” del testo (Segre)
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Commento Analisi metrica: estratto/componimento; forma metrica
Analisi retorico-stilistica: identificazione delle figure retoriche per categorie Analisi linguistica: area di appartenenza e componenti lessicali Analisi linguistica: sintassi,registro linguistico Contestualizzazione: periodo di composizione, pubblicazione, edizioni; cenni biografici; appartenenza ad una corrente letteraria
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Il sonetto Il termine deriva dal provenzale sonet Paternità Origine
14 versi in due quartine e due terzine Rime Corona/collana di sonetti; catena; tenzone
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Forme particolari di sonetto
Minore Raddoppiato Doppio: AaBBbA AaBBbA CDdC CDdC Rinterzato:AaBBba AaBBbA CcDdC CcDdC Caudato
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La Scuola Siciliana Il nome I poeti e la nascita della Scuola
Le tematiche Le forme metriche: sonetto, sirventese, planh Poesia per lettura I testimoni manoscritti: Vat. Lat3793 (P),Laurenziano Redi 9 (L), Banco Rari 217(V) Il volgarizzamento in toscano L’impasto lessicale
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Guittone d’Arezzo S’eo tale fosse ch’io potesse stare, senza riprender me, riprenditore, credo fareb[b]i alcun o[m] amendare certo, al mio pare[r], d’u[n] laido er[r]ore: che, quando vuol la sua donna laudare, le dice ched è bella come fiore, e ch’è di gem[m]a over di stella pare, e che ’n viso di grana ave colore. Or tal è pregio per donna avanzare ched a ragione mag[g]io è d’ogni cosa che l’omo pote vedere o toc[c]are? Ché Natura [né] far pote né osa fat[t]ura alcuna né mag[g]ior né pare, for che d’alquanto l’om mag[g]ior si cosa.
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Dante Alighieri Amore e ’l cor gentil sono una cosa, sì come il saggio in suo dittare pone, e così esser l’un sanza l’altro osa com’alma razional sanza ragione. Falli natura quand’è amorosa, Amor per sire e ’l cor per sua magione, dentro la qual dormendo si riposa tal volta poca e tal lunga stagione. Bieltate appare in saggia donna pui, che piace a gli occhi sì, che dentro al core nasce un disio de la cosa piacente; e tanto dura talora in costui, che fa svegliar lo spirito d’Amore. E simil face in donna omo valente.
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Francesco Petrarca Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; e ardo, e sono un ghiaccio; et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra; e nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio. Tal m'à in pregion, che non m'apre né serra, né per suo mi riten né scioglie il laccio; e non m'ancide Amore, et non mi sferra, né mi vuol vivo, né mi trae d'impaccio. Veggio senza occhi, e non ò lingua et grido; et bramo di perire, et chieggio aita; e ò in odio me stesso, et amo altrui. Pascomi di dolor, piangendo rido; egualmente mi spiace morte e vita: in questo stato son, donna, per voi.
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Michelangelo Buonarroti
Giunto è già ’l corso della vita mia, con tempestoso mar, per fragil barca, al comun porto, ov’a render si varca conto e ragion d’ogni opra trista e pia. Onde l’affettüosa fantasia che l’arte mi fece idol e monarca conosco or ben com’era d’error carca e quel c’a mal suo grado ogn’uom desia. Gli amorosi pensier, già vani e lieti, che fien or, s’a duo morte m’avvicino? D’una so ’l certo, e l’altra mi minaccia. Né pinger né scolpir fie più che quieti l’anima, volta a quell’amor divino c’aperse, a prender noi, ’n croce le braccia. …
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Torquato Tasso Era la notte, e sotto il manto adorno
Si nascondeano i pargoletti Amori Né giammai ne l’insidie i nostri cori Ebber più dolce offesa e dolce scorno; E mille vaghi frutti insino al giorno Si ricoprian fra’ tenebrosi orrori, E con mani tremanti e lucidi splendori Mille imagini false errando intorno; Né ‘l seren puro de la bianca luna Nube celava od altro scuro velo, Quando alta donna in lieto coro apparve Ed illustrò con mille raggi il cielo; Ma quelle non sparir con l’aura bruna; Chi vide al sol più fortunate larve?
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Ugo Foscolo Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior de' tuoi gentil anni caduto. La Madre or sol suo dì tardo traendo parla di me col tuo cenere muto, ma io deluse a voi le palme tendo e sol da lunge i miei tetti saluto. Sento gli avversi numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch'io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, almen le ossa rendete allora al petto della madre mesta.
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