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PARTE PRIMA Pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione Sezione I-Fondamenti di pedagogia generale, storia dei processi formativi e delle.

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1 PARTE PRIMA Pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione Sezione I-Fondamenti di pedagogia generale, storia dei processi formativi e delle istituzioni scolastiche

2 La pedagogia dagli albori al 1600 Capitolo I

3 1.1 Agostino Esponente della filosofia cristiana,la visione dell’uomo come essere intelligente che si serve appunto dell’intelletto per comprendere ciò che lo circonda, tuttavia deve essere illuminato da Dio per comprendere i significati più profondi. l’educatore deve favorire l’apprendimento, non solo con le parole, ma facendo in modo che il discepolo conosca sul campo e in maniera diretta le cose. Inoltre, deve favorire la ricerca interiore e la crescita intellettuale del discepolo.

4 1.2 Tommaso D’aquino Tommaso d’Aquino è considerato uno dei maggiori esponenti della Scolastica, la filosofia medievale che cerca di conciliare la dottrina cristiana con l’impianto razionale della filosofia dell’antica Grecia. Nelle sue opere, Tommaso tratta numerose questioni, tra le quali anche il rapporto tra Fede e Ragione. Quale dottore della Chiesa, egli afferma che la Fede ha il primato sulla Ragione, tuttavia, a quest’ultima viene riconosciuta una propria autonomia rispetto alla prima. Essendo entrambe derivate da Dio, non possono essere in contrasto tra loro.

5 1.3 Comenio Considerato tra i maggiori pedagogisti dell’età moderna, Il ’600 è il secolo del Metodo: si rammenti il metodo di Galilei, alla base delle scienze sperimentali, oppure il metodo matematico, che Cartesio introduce nel suo Discorso sul Metodo. Allo stesso modo, Comenio propone un metodo con il quale attuare l’insegnamento, che contempli anche la costruzione degli obiettivi che si vogliono perseguire con l’educazione.

6 1.3 Comenio La Pansofia L’ideale pansofico è alla base della concezione pedagogica di Comenio. La Pansofia può essere intesa come una sintesi unitaria delle diverse forme di sapere. Nell’ideale pansofico trova quindi spazio la Pampèdia, ossia l’idea di un’Educazione Universale, che riguardi qualsiasi ambito del sapere e che possa essere rivolta a tutti. In tal senso, si nota quanto sia rivoluzionario il pensiero di Comenio, tra i primi a concepire una scuola universale, aperta a chiunque, senza distinzione di sesso o ceto sociale, che possa insegnare tutto il sapere.

7 1.3 Comenio La Pansofia Tutti gli uomini devono avere la possibilità di mettere a frutto le loro potenzialità; ciascuno deve poter aspirare alla propria piena realizzazione e formazione. A tutti si può insegnare tutto.

8 1.3 Comenio Il metodo Il metodo di insegnamento è proposto nell’opera Didactica Magna (1633-1638). Comenio parla di un metodo che avvicini all’apprendimento gli studenti senza creare in loro idiosincrasia o demotivazione e che, allo stesso tempo, risulti stimolante anche per gli insegnanti. La didattica non deve avvenire solo attraverso i libri di testo, ma deve anche essere pratica, i discenti devono poter osservare in natura quello che studiano, compiendo esperienze dirette. Le immagini hanno grande valore e supportano in modo determinante l’uso delle parole.

9 1.3 Comenio Il metodo L’importanza delle immagini e della sperimentazione diretta delle conoscenze traspare anche da un’altra opera rivoluzionaria di Comenio: l’Orbis sensualium pictus (“Il mondo visibile in immagini”), del 1658, che rappresenta il primo testo scolastico in cui si utilizzano le immagini a scopo didattico, al fine di associare in modo diretto l’immagine alla parola. Non si tratta soltanto del primo libro illustrato per bambini, ma di una vera e propria enciclopedia rivolta ai fanciulli. Il maestro ha il compito di promuovere una convivenza armobiosa tra gli allievi, e rispetto reciproco tra gli allievi e tra loro e il maestro.

10 1.3 Comenio I gradi scolastici L’attenzione a una didattica che sia calibrata sulle reali capacità del fanciullo e la visione di una scuola che sia accessibile a tutte le classi sociali portano Comenio ad una formulazione organica della struttura di un sistema scolastico che possa assolvere a tali compiti.

11 1.3 Comenio I gradi scolastici La schola materna è diretta ai bambini di età fino ai 6 anni, In questa scuola, una particolare attenzione è rivolta ai sensi, come modalità di contatto con il mondo circostante, e all’intuizione, come prima occasione di apprendimento del fanciullo. Una particolare novità, per l’epoca, consiste nel fatto che questa scuola non deve causare il distacco completo dalla madre: il bambino, infatti, deve avvicinarsi alla conoscenza senza abbandonare i naturali affetti familiari.

12 1.3 Comenio I gradi scolastici La schola vernacula è concepita per gli alunni dai 6 ai 12 anni (il periodo della puerizia o fanciullezza). Si tratta della scuola dove si impara la lingua nazionale (quella, appunto, vernacolare). In essa l’insegnante cura gli aspetti intellettivi legati alla memoria e all’immaginazione, sviluppando pertanto capacità simboliche e linguistiche.

13 1.3 Comenio I gradi scolastici La schola latina è rivolta agli alunni dai 12 ai 18 anni (il periodo dell’adolescenza). Questa scuola permette un accesso al sapere più dettagliato e approfondito, in quanto in essa si studiano le lingue classiche (greco, ebraico, latino) che rappresentano il maggiore veicolo di conoscenza formale. Allo studio delle lingue si affianca quello delle arti e della fisica il tutto si svolge in una profonda ottica religiosa.

14 1.3 Comenio I gradi scolastici L’accademia è frequentata dai ragazzi dai 18 ai 24 anni. In questa scuola si approfondiscono campi specifici del sapere e, nel periodo finale, si ha la possibilità di viaggiare per ampliare le proprie conoscenze e i propri orizzonti. Comenio immagina anche una formazione successiva all’accademia, destinata alla preparazione dei futuri insegnanti: si tratta della schola scholarum (FIT).

15 La pedagogia e l’illuminismo Capitolo II

16 2.1 il modello educativo illuminista Il ’700 è caratterizzato dall’Illuminismo. Il termine “Illuminismo” fa riferimento al “lume della ragione” che deve appunto illuminare l’intelletto, affinché l’uomo possa raggiungere la sua piena realizzazione. Il secolo dell’Illuminismo vede profondi cambiamenti sociali, segnati dalla rivoluzione industriale e dall’ascesa di una nuova classe sociale, la borghesia, che ha costruito la propria ricchezza e la propria affermazione con enormi sforzi, ottenendo il controllo e il potere economico degli stati europei. Per tale motivo, reclama l’uguaglianza di tutti gli individui a fronte dei privilegi di cui godono ancora le classi nobiliari e clericali.

17 2.1 il modello educativo illuminista L’Illuminismo trova una propria espressione anche sul piano culturale e influenza, per tale motivo, il modello educativo dell’epoca. L’istruzione deve partire dallo studio della realtà, al fine di descrivere i meccanismi e le leggi che la regolano, e deve essere fornita al maggior numero possibile di persone: a tal proposito si parla per la prima volta di istruzione universale, che, deve essere gratuita e obbligatoria. Difatti, sebbene l’Illuminismo promuova un’uguaglianza di fondo tra tutti gli esseri umani, appare evidente che la sola borghesia, possa trarre beneficio dalla diffusione di questi ideali. Il proletariato, costituito in buona parte da famiglie di operai, resta comunque relegato ad un ruolo soccombente e marginale.

18 2.1 il modello educativo illuminista Jhon Locke Importante esponente illuminista afferma che la conoscenza deriva soprattutto dall’esperienza, la mente è una tabula rasa che viene scritta dalle esperienze svolte. L’educazione deve curare sia il profilo morale che quello intellettuale, il rapporto tra docente e discente deve essere autoritario ma si devono evitare le punizioni e atteggiamenti repressivi, per far avvicinare l’allievo alla conoscenza nel modo a lui congeniale. La finalità dell’educazione è quella di formare un uomo virtuoso, che possa fornire il suo apporto alla società raggiungendo la propria autorealizzazione e accettando in primo luogo se stesso.

19 2.1 il modello educativo illuminista Jhon Locke Per comprendere quali siano le caratteristiche dell’uomo virtuoso, occorre evidenziare che, per Locke, l’intelletto fa dell’uomo una creatura razionale. Pertanto, la virtù consta della capacità dell’uomo di agire razionalmente, di valutare in circostanze diverse quale possa essere la scelta migliore, di governare se stesso, le proprie opinioni e le proprie azioni, dimostrando di avere self-control, ossia capacità di autocontrollo. Per le classi proletarie e poco facoltose, Locke propone le Working schools, delle scuole che possano avviare le nuove generazioni alla vita lavorativa e che abbiano come obiettivo primario quello di prevenire la delinquenza.

20 2.1 il modello educativo illuminista Etienne Bonot de Condillac Secondo i principi pedagogici di Condillac, Il discente deve giovarsi di un’educazione che sia soprattutto di tipo pratico e operativo, nella quale le esperienze dirette abbiano un’importanza marcata. L’approccio alle varie branche del sapere deve avvenire progressivamente e in modo sempre più completo ed approfondito. L’educazione deve essere sottratta ai religiosi.

21 2.1 il modello educativo illuminista Nicolas De condorcet l’istruzione deve essere universale e accessibile a tutti, comprese le donne e le classi meno abbienti; l’istruzione deve essere gratuita: solo in questo modo è possibile garantire la sua universalità. Lo Stato deve garantire un’istruzione oggettiva, basata sui fatti, che tralasci orientamenti religiosi o morali, che spettano alla sfera delle scelte familiari; l’istruzione deve essere efficace e specialistica, legata, cioè, alle reali esigenze della società produttiva del paese.

22 2.1 il modello educativo illuminista Giambattista Vico.....

23 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau Nel Discorso sulle scienze e sulle arti (1750), Rousseau introduce il concetto di stato naturale e sostiene come il progressivo avanzare della cultura abbia distaccato l’uomo da questa situazione idilliaca, senza dare alcun reale giovamento alla condizione umana.

24 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau La cultura e l’avanzamento delle scienze hanno scatenato nell’uomo gli aspetti più brutali e dannosi. Rousseau parte dall’affermazione che la natura è una creazione di Dio, pertanto essa è perfetta e incontaminata; l’uomo, in quanto essere naturale, è anch’egli puro e incontaminato.

25 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau Tuttavia, una volta creato da Dio, si è progressivamente distaccato dal suo stato naturale, perdendo la sua originale bontà e purezza. La supersitizione ha determinato la nascita dell’astronomia, il deisderio del possesso quello della geometria per suddividere terreni e proprietà. Il pensiero di Rousseau è quindi divergente rispetto all’illuminismo che esalta il progresso scientifico e la civiltà. Lo stato naturale corrisponde ad un ritorno dell’uomo ai bisogni primari, allontanandosi dal lusso, dalle guerre, si ristabiliscono le uguaglianze tra gli uomini, così come era all’inizio della creazione di Dio.

26 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau Va chiarito che Rousseau non professa una rinuncia completa a quanto la scienza e la tecnica producono per migliorare la condizione umana, è anzi consapevole che i passi in avanti compiuti in questi campi non possono essere cancellati. Il suo obiettivo è quello di partire dalle condizioni attuali e di conciliarle con uno sviluppo naturale dell’uomo.

27 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau Nel Contratto Sociale (1762), l’autore suggerisce la sua soluzione politica e sociale. Il ritorno allo stato naturale dell’uomo è un’operazione anacronistica; il progresso rappresenta un elemento irreversibile della società odierna. Pertanto occorre modificare le attuali strutture sociali e la cultura che hanno contaminato l’originale purezza dell’uomo.

28 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau Il contratto sociale è quella forma di contratto che precede qualsiasi tipo di legge e di organizzazione dello Stato. Si tratta di un insieme di regole secondo le quali ciascun uomo deve mettersi a disposizione di tutti gli altri per migliorare la loro vita e a sua volta ricevere disponibilità da parte di questi per migliorare la propria. Sono delle regole fondamentali sulle quali si deve basare qualsiasi altro successivo atto normativo. L’uomo deve riavvicinarsi all’originaria purezza dello stato naturale privo di sovrastrutture culturali e sociali.

29 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau Dal racconto fatto nell’Emilio emergono tutti i concetti fondamentali della pedagogia di Rousseau. Innanzitutto, si parla di educazione naturale, in quanto l’autore evidenzia la contrapposizione tra stato naturale dell’uomo e civiltà. L’educazione non deve tenere conto di quanto la società stabilisce o dichiara, ma deve essere orientata verso il soggetto che è il protagonista dell’apprendimento, risvegliando in lui quelle attitudini e quelle facoltà che gli appartenevano già nello stato naturale e che la società ha col tempo corrotto.

30 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau In particolare, viene introdotto il concetto di educazione negativa che vede l’educatore come uno strumento di rimozione degli elementi potenzialmente dannosi alla formazione del discente. Non è essenziale progettare minuziosamente lezioni o interventi formativi; è più efficace rispettare le tappe dello sviluppo del discente ed accompagnarlo nella sua crescita. Più nello specifico, il compito del precettore è quello di mettere il fanciullo nelle condizioni di compiere esperienze, piuttosto che intervenire direttamente nella formazione dello stesso proponendo la propria esperienza e conoscenza.

31 2.1 il modello educativo illuminista Jean Jaques Rousseau L’apprendimento deve derivare dal contatto diretto con il mondo circostante: dalle sue esperienze personali, il discente deve trarre delle conclusioni ed essere in grado di realizzare al massimo le sue capacità. L’educazione e l’apprendimento devono avvenire in modo del tutto naturale; sarà la natura stessa del ragazzo a decidere quali traguardi potrà raggiungere. L’educazione deve essere progressiva, cioè connessa con le reali capacità del discente e deve tenere conto dei suoi interessi

32 La pedagogia nell’età romantica Capitolo III

33 3. il Romanticismo Nel 1800, la pedagogia risente degli influssi del movimento romantico che, partendo dall’Inghilterra, si diffonde in tutta Europa ed ha il suo apice in Germania. Alla razionalità e alla scientificità dell’Illuminismo, il Romanticismo contrappone l’irrazionale, il sentimento, l’intuizione. L’interiorità dell’essere umano viene rivalutata; vi è una nuova predisposizione verso il sentimento religioso.

34 3. il Romanticismo Johann Heinrich Pestalozzi Pedagogista svizzero che riprende l’idea dello stato naturale di Rousseau. Per Pestalozzi l’educazione deve risvegliare gli aspetti morali della natura umana. L’uomo morale è colui che si lascia guidare dall’amore e dalla fiducia, che riesce ad anteporre il prossimo a se stesso e che ha una profonda fede religiosa. Il compito dell’educazione è quello di risvegliare l’uomo morale e sopire gli istinti brutali: per raggiungere questo scopo, l’educatore deve essere in prima persona un esempio per il bambino.

35 3. il Romanticismo Johann Heinrich Pestalozzi Per avere un’ educazione morale si deve procedere attraverso 3 fasi: la prima naturale, poi sociale ed infine morale. Secondo Pestalozzi l’educazione deve avvenire attraverso quello che lui chiama metodo elementare che tiene conto delle 3 forze che il bambino possiede: sentimento, pensiero e volontà, rappresentate dai tre organi: cuore, mente e mano. Soprattutto in relazione allo sviluppo della mente, P. Elabora il metodo intuitivo che si basa su un processo di acquisizione della conoscenza attraverso l’osservazione e l’esperienza diretta.

36 3 il Romanticismo Friedrich August Frobel Pedagogista tedesco che adotta un metodo basato su gioco e attività. Si concentra su 3 aree evolutive del bambino: le forze fisiche, la forza morale, la forza intellettiva. L’educatore deve vigilare affinchè queste 3 forze rimangano in equilibrio, ad esempio un eccesso di sviluppo della forza fisica può causare un indole prepotente. Ciascun gioco può favorire lo svlipppo verso una precisa area.

37 3 il Romanticismo Friedrich August Frobel Fröbel organizza le attività didattiche basate sui giochi in quattro gruppi: giochi atletici accompagnati dal canto, che fortificano il corpo del fanciullo e sviluppano il senso musicale e la coordinazione; conversazioni, poesie e canti, che sviluppano il senso religioso e la morale del fanciullo;

38 3 il Romanticismo Friedrich August Frobel attività manuali, che favoriscono appunto la manualità e introducono le nozioni di materia, forma e numero; attività nel giardino, che avvicinano il fanciullo allo studio della natura.

39 3 il Romanticismo Johann Friedrich herbart Considera la pedagogia una scienza autonoma basata sulla psicologia e sull’etica.

40 Le scuole nuove e l’attivismo Capitolo 4

41 4. l’attivismo Il funzionalismo Il padre del funzionalismo è lo psicologo americano William James. La mente è caratterizzata da un susseguirsi di esperienze, tali esperienze causano degli incessanti mutamenti nella mente, per cui non ha senso definire delle rappresentazioni statiche della stessa e scomporla in elementi fondamentali o isolati. Più che chiedersi quale sia la natura della mente e quali possano essere i suoi costituenti fondamentali, ha senso chiedersi quale sia la finalità dei processi psichici e come essi avvengano: in tal senso si parla di funzionalismo, ossia di studio della funzione del pensiero umano.

42 4. L’attivismo Strutturalismo In base a questo approccio, il funzionalismo si contrappone allo strutturalismo, che è nato e si è diffuso in Europa. Per lo strutturalismo è importante scomporre l’esperienza in una serie di elementi fondamentali, quali le sensazioni, le immagini mentali e gli stati affettivi, per poi studiare le relazioni che intercorrono tra gli stessi. Pertanto, si può affermare che il funzionalismo ha una visione olistica, di insieme, delle attività della mente, e si contrappone allo strutturalismo che ha ad una visione analitica dei processi mentali.

43 4. L’attivismo Il funzionalismo Il funzionalismo attinge dall’evoluzionismo di Darwin, le attività mentali permetto all’uomo di sopravvivere e continuare la specie, le funzioni mentali sono un adattamento dell’uomo all’ambiente. Esponenti del funzionalismo sono il pedagogista americano John Dewey, e svizzero Claparéde. Per i quali motivazione, curiosità sono elementi essenziali per apprendere.

44 4. L’attivismo Le scuole nuove e le scuola attive A fine 1800 primi novecento si diffondono le scuole nuove (New schools) la base di queste scuole è che L’alunno non deve avere un atteggiamento passivo e assorbire in modo acritico tutte le nozioni che il docente propone; egli deve, in prima persona, sperimentare e comprendere, mediante l’esperienza e l’attività pratica. Molta attenzione è posta all’istruzione di tipo scientifico, attraverso lo studio della realtà circostante e con attività che stimolano l’interesse degli allievi. Insomma sono scuole destinate a formare la nuova classw dirigente.

45 4. L’attivismo Le scuole nuove e le scuola attive Nel 1917 il pedagogista Bovet conia il termine scuole attive per riferirsi alle scuole nuove. Nella scuola attiva l’allievo ha un ruolo attivo nel processo di apprendimento, i bisogni e gli interessi degli allievi vanno assecondati, è favorita la cooperazione, e la coeducazione (entrambi i sessi presenti nella stessa aula), l’ambiente di apprendimento deve essere efficace, l’apprendimento deve avvenire per scoperta progressiva, e gli alunni sono stimolati ad una responsabilità individuale.

46 4. L’attivismo Le scuole nuove e le scuola attive I maggiori esponenti delle scuole attive sono: Decroly, Crapalede, Montessori, Dewey.

47 4. L’attivismo Crapalede Gli elementi fondamentali alla luce dei quali è possibile leggere il pensiero pedagogico di Claparède sono i seguenti: il funzionalismo psicologico. L’obiettivo della psicologia è chiedersi quali siano le finalità delle attività mentali, più che lo studio dei loro elementi costitutivi; l’evoluzionismo darwiniano. Le funzioni della mente, la curiosità, il bisogno di conoscenza sono le caratteristiche che hanno permesso all’uomo di sopravvivere e di evolversi;

48 4. L’attivismo Crapalede il metodo scientifico. Claparède si propone di descrivere le pratiche pedagogiche mediante un approccio scientifico, segnando una rottura con i precedenti pedagogisti che facevano leva sull’intuito, sul buon senso e sulle opinioni personali prive di prove scientifiche.

49 4. L’attivismo Crapalede Secondo Claparede il gioco e l’imitazione sono due attività che attraggono l’interesse del bambino in modo naturale. Il gioco è una vita simulata o semplificata, in cui il bambino fa esperienza e si prepara alla vita vera. Il gioco soddisfa un bisogno profondo, quello di fare esperienze e diventare adulti. L’imitazione permette al bambino di evolvere e accorciare i tempi di apprendimento rispetto ad una indagine che dovrebbe compiere in prima persona, questo è permesso perchè riesce a valorizzare le esperienze degli altri.

50 4. L’attivismo Crapalede il profilo della scuola attiva così come viene concepita da Claparède: Promuove la centralità dell’alunno, adattando le attività alle fasi evolutive dell’alunno stesso; un apprendimento basato sui bisogni e sugli interessi dell’alunno, facendo in modo che questi si accosti in modo naturale e non forzato alle attività che gli vengono proposte; un apprendimento basato sull’esperienza, sull’esplorazione dell’ambiente circostante, sul gioco, sulla scoperta.

51 4. L’attivismo Crapalede Claparède nota che ogni discente ha una propria capacità cognitiva, una personale motivazione e interessi propri. Pertanto, la scuola non può attuare le medesime strategie educative per tutti gli alunni, come se si rivolgesse ad un ipotetico studente medio che esiste solo in teoria, ma è lontano da ogni realtà.

52 4. L’attivismo Crapalede Per questa discrasia Claparède individua le seguenti soluzioni: Le classi parallele ed omogenee. All’interno di una classe si verificano spesso delle disomogeneità nell’apprendimento, pertanto può essere utile formare un gruppo omogeneo di studenti, che ha necessità di svolgere attività di recupero, ed un secondo gruppo omogeno di studenti più dotati, che può svolgere attività di approfondimento. In questo caso è necessario distinguere i percorsi e gli obiettivi educativi dei due gruppi.

53 4. L’attivismo Crapalede Le classi mobili. Si tratta di classi che non sono composte sempre dagli stessi alunni. Viste le diverse attitudini di ciascuno, non è detto che alunni della stessa età debbano seguire lo stesso programma di una specifica disciplina. Il ragazzo che ha una particolare attitudine per una disciplina può seguire le lezioni con gli alunni più grandi di lui. Analogamente, un fanciullo che abbia difficoltà in una specifica disciplina potrà soffermarsi su lezioni più elementari e meno impegnative rispetto a quelle previste per la sua età.

54 4. L’attivismo Crapalede Le sezioni parallele. Sono dei percorsi che danno particolare risalto ad alcune attività o discipline: tra di essi l’alunno può scegliere in base alle sue attitudini e ai suoi interessi

55 4. L’attivismo Decroly Per impostare il suo impianto pedagogico, Decroly parte dai bisogni del fanciullo, con un approccio che riprende il funzionalismo. Il programma educativo deve riuscire a soddisfare tali bisogni, che possono essere suddivisi in: esigenze soggettivo-psicologiche, legate alle necessità del fanciullo; esigenze oggettivo-sociali, legate alla realtà che circonda il fanciullo.

56 4. L’attivismo Decroly Secondo Decroly, il programma educativo deve soddisfare i bisogni degli allievi. Decroly sfrutta quelli che chiama centri di interesse, ad esempio dal bisogno della fame nasce l’interesse per il cibo, dal bisogno di proteggersi dal freddo nasce l’interesse per la casa. Attorno al centro di interesse si attinge alle nozioni pertinenti. Le attività non vengono suddivise in base alle discipline ma in base ai centri di interesse. In questo modo l’alunno non deve imparare a memoria concetti astratti e deconstestualizzati.

57 4. L’attivismo Decroly L’ambiente è l’altro elemento essenziale della didattica di Decroly ed è strettamente connesso ai bisogni oggettivo- sociali. Particolare attenzione è posta all’interazione tra gli allievi e tra questi e l’insegnante.

58 4. L’attivismo Decroly Il centro di interesse ha un carattere globale, piuttosto che particolare o specifico: il suo valore didattico risiede proprio in questa caratteristica, che lo rende corrispondente alla modalità con la quale gli alunni percepiscono la realtà. Gli oggetti o i fenomeni si presentano ai fanciulli nella loro complessità e globalità, senza essere artificialmente decomposti mediante processi analitici.

59 4. L’attivismo Decroly Pertanto, il presentare la conoscenza nelle sue componenti essenziali, che non trovano un diretto riscontro nella realtà, disorienta i bambini, li demotiva e li allontana dallo studio. Decroly è convinto che i concetti e le idee vadano presentati in modo globale, rispecchiando la complessità con la quale un fenomeno o un oggetto si presenta al fanciullo nella realtà.

60 4. L’attivismo Maria Montessori Le convinzioni pedagogiche della Montessori trovano le proprie radici:  nel positivismo, secondo cui occorre utilizzare un approccio scientifico allo studio del bambino; nel funzionalismo, che prevede di assecondare i bisogni del bambino; nelle convinzioni pedagogiche di Rousseau e Fröbel circa l’atteggiamento che il maestro deve assumere durante lo svolgimento delle attività didattiche.

61 4. L’attivismo Maria Montessori Il bambino deve esprimersi e svilupparsi cognitivamente mediante attività che reputa stimolanti e per le quali avverte interesse o bisogno. A tal proposito, è necessario accompagnare queste attività con materiali appositamente studiati, in un ambiente che funga da stimolo per il bambino e che risulti accogliente. Il discente può scegliere in modo autonomo le attività da svolgere, a partire da un insieme di attività che il maestro propone.

62 4. L’attivismo Maria Montessori Le lezioni devono prevedere per il discente un ruolo attivo, cioè devono essere costruite intorno al bambino stesso (puerocentrismo), che così verrà costantemente coinvolto senza subirle passivamente. Il bambino deve svolgere le attività in prima persona, sia singolarmente, sia in collaborazione con altri alunni; a tale scopo le classi non devono essere necessariamente composte di alunni della stessa età, perché lo scambio di esperienze tra quelli più grandi ed esperti e quelli più piccoli e meno esperti favorisce l’apprendimento degli uni e degli altri.

63 4. L’attivismo Maria Montessori Il maestro assume un ruolo di osservatore e deve guidare gli alunni verso nuovi apprendimenti

64 4. L’attivismo Metodo Montessori Le convinzioni pedagogiche della Montessori si concretizzano in un metodo, che presto viene definito metodo Montessori. Esso nasce inizialmente per ragazzi in difficoltà, in seguito, la Montessori estenderà l’applicazione del metodo a ragazzi che non presentano particolari aspetti problematici. La montessori fonda la casa dei bambini, il suo metodo inizialmente pensato per le scuole dell’infanzia verrà utilizzato anche per i gradi di insegnamento superiori.

65 4. L’attivismo Metodo Montessori Secondo il metodo Montessori è necessario agire su quattro specifici rami di cultura (come li definisce la stessa Montessori): il disegno, che abitua al riconoscimento di forme e colori, oltre che all’acquisizione di una certa manualità. l’aritmetica, che sviluppa abilità relative alla valutazione delle dimensioni, dei rapporti di quantità.

66 4. L’attivismo Maria Montessori la scrittura, che coinvolge sia abilità manuali più complesse e fini, sia l’abilità visiva di seguire i contorni, sia quella uditiva di ascoltare le parole che vengono dettate; la lettura, che aiuta ad arricchire il proprio linguaggio mediante l’accesso a documenti e scritti di altre persone.

67 4. L’attivismo Maria Montessori -L’ambiente scolastico- L’ambiente deve essere a misura di bambino che lo vive in modo autonomo e attivo, i mobili possono essere facilmente spostati per ricreare ambienti nuovi e funzionali alle attività da svolgere.

68 4. L’attivismo Maria Montessori -Materiali didattici- I materiali utilizzati sono fondamentali al fine di motivare l’apprendimento, di incuriosire emotivare il ragazzo. Ad esempio, per isolare il senso tattile, al bambino possono essere fornite delle tavolette di diversi materiali. Il bambino, ad occhi chiusi, deve notare con il solo tatto le differenze tra le varie tavolette. Per il senso termico si possono dare all’alunno scodelle contenenti acqua con diversa temperatura. Il senso del colore può essere messo in evidenza con varie tavolette che hanno tutte la stessa forma e lo stesso peso, ma che presentano gradazioni dello stesso colore più o meno intense.

69 4. L’attivismo Maria Montessori –La figura del maestro- La maestra raramente svolge una lezione frontale nella quale i bambini sono passivi e si limitano ad ascoltare le sue parole. la maestra, più che insegnare, deve svolgere il ruolo di direttrice: in pratica, deve dirigere le attività degli alunni, assicurandosi che le svolgano secondo le regole prestabilite. Chi non lo fa è invitato in silenzio a seguire il compagno che svolge l’attività correttamente.

70 4. L’attivismo Maria Montessori –Lo sviluppo del bambino- Un bambino non ha raccolto molte esperienze nel corso della sua breve esistenza, pertanto ogni esperienza nuova può destare in lui una certa curiosità: è facile suscitare in lui interessi e motivazioni, così come è facile che una persona affamata desideri mangiare. È come se la mente del bambino, essendo relativamente a digiuno, avesse fame di esperienze e fosse naturalmente predisposta a immagazzinarle e custodirle gelosamente.

71 4. L’attivismo Maria Montessori –Lo sviluppo del bambino- La mente del bambino tende più di altre ad assorbire, anche inconsapevolmente, le sensazioni che gli provengono dall’ambiente, imparando così anche in modo non volontario. A tal proposito, la Montessori parla di mente assorbente che, tra le altre cose, è dotata sia di capacità selettiva – nel senso che recepisce e trattiene solo le informazioni che ritiene importanti – sia di capacità organizzativa, ossia è in grado di organizzare il sapere.

72 4. L’attivismo Maria Montessori –Lo sviluppo del bambino- La Montessori parla di una realtà che inizialmente è per il bambino come una nebulosa spaziale (la nebula), ossia è confusa e indistinta. Così come dalla nebulosa si formano gradualmente, in modo distinto, astri e pianeti, analogamente, le esperienze e la mente assorbente aiutano a definire e ordinare le conoscenze del bambino. L’acquisizione del linguaggio è l’esempio più evidente di mente assorbente.

73 4. L’attivismo Maria Montessori –Lo sviluppo del bambino- Entro i tre anni, il bambino è capace di acquisire l’uso della lingua, senza imparare le regole grammaticali e dei costrutti. Il bambino acquisisce la lingua senza delle vere e proprie lezioni, ma ascoltando, ripetendo, assimilando e nuovamente ascoltando. La mente assorbente è caratteristica di un periodo che va da 0 a 3 anni, ed è naturalmente prediposta all’acquisizione del linguaggio, acquisire una lingua da adulti è molto più difficile proprio perchè la mente è cambiata. Successivamente da 3 ai 6 anni c’è uno sviluppo conscio.

74 4. L’attivismo Maria Montessori –Lo sviluppo del bambino- Le caratteristiche della mente assorbente quindi dai 3 anni si affianca a quella della mente cosciente.

75 4. L’attivismo John Dewey Dewey declina in cinque articoli fondamentali la propria idea pedagogica, legata alle scuole nuove. Art. 1 – L’educazione è un processo che permette all’individuo di giungere gradualmente a contatto con le risorse intellettuali e morali che l’umanità ha conquistato e di divenire il depositario di un capitale, quello delle conoscenze della civiltà.

76 4. L’attivismo John Dewey Art. 2 – La scuola è una comunità in cui tutti i mezzi sono destinati a rendere il fanciullo capace di partecipare attivamente alla vita sociale. Art. 3 – I contenuti dell’educazione, delle varie discipline, sono mediati e fusi attraverso le attività sociali del fanciullo. L’educazione deve essere attuata mediante l’esperienza che è il mezzo per educare, ma è anche la finalità verso la quale essa stessa tende.

77 4. L’attivismo John Dewey Art. 4 – Il metodo educativo deve tenere conto della natura del fanciullo. Art. 5 – Il progresso sociale è garantito innanzitutto dalla scuola e dalla sua azione educativa.

78 4. L’attivismo John Dewey –Il compito della scuola- La scuola, nel preparare alla vita, deve essere essa stessa vita: solo in questo modo può svolgere al meglio il suo compito. Per contribuire effettivamente alla crescita sociale, la scuola deve partire dai bisogni, dagli impulsi e dagli interessi degli alunni.

79 4. L’attivismo John Dewey –Il compito della scuola- Il contesto scolastico deve riprodurre quello di una piccola comunità nella quale si sperimentano le dinamiche (semplificate e modellizzate) della vera vita sociale. Alla base delle attività vi è l’esperienza, realizzata mediante un’azione pratica. L’aspetto conoscitivo puramente teorico e astratto resta svilito se non è corroborato dall’esperienza: anzi, è proprio dall’esperienza che occorre partire, perché quest’ultima riesce ad attribuire significati a tutto ciò che si conosce teoricamente.

80 4. L’attivismo John Dewey -Learning by doing- Learning by doing, ossia “imparare facendo”. Partendo dal concetto di esperienza e di scuola attiva, Dewey sostiene che l’apprendimento attraverso il fare aiuta il fanciullo ad organizzare la sua conoscenza e non si può sostituire con lezioni frontali o con l’apprendimento da un testo. Ovviamente i libri sono uno strumento utile per apprendere, ma l’esperienza deve essere affiancata ai testi, in quanto favorisce la vocazione attiva del bambino.

81 4. L’attivismo John Dewey –Esperienza ed educazione progressiva- Dewey individua due tipologie di scuole: le scuole tradizionali, che hanno programmi statici e immutabili, lontani dall’esperienza e caratterizzati da un’impostazione teorica e formale, appresa soprattutto dai libri. Si tratta di un approccio standardizzato che può essere spesso distante dalle esigenze di ogni singolo alunno.

82 4. L’attivismo John Dewey –Esperienza ed educazione progressiva-  Le scuole attive, in cui si applica un’educazione progressiva, che segue, cioè, in modo specifico lo sviluppo cognitivo di ciascuno studente. Sono scuole calibrate sulle esigenze dei singoli allievi. Il punto di partenza è l’esperienza, lo studio di una situazione reale, che deve essere effettuato attraverso il metodo scientifico; solo in seguito si giunge, compiendo un ulteriore percorso di scoperta, ad una formulazione teorica. In queste scuole il discente è attivo.

83 4. L’attivismo John Dewey –Esperienza ed educazione progressiva- Il ruolo del docente nella scuola attiva è quello di conoscere i propri allievi al fine di conoscere i loro bisogni e interessi per progettare esperienze.

84 4. L’attivismo John Dewey –Esperienza ed educazione progressiva- Affinchè le esperienze siano positive è necessario rispettare alcuni principi: Principio di continuità. Le esperienze devono essere fatte in continuità l’una rispetto all’altra, vale a dire che un’esperienza deve attingere da quelle precedenti. Principio di crescita. L’esperienza educativa ha un suo valore se permette di accrescere le abilità e le conoscenze del discente.

85 4. L’attivismo John Dewey –Esperienza ed educazione progressiva- Principio di interazione. Tutte le esperienze sono il frutto di due ordini di fattori. I fattori esterni (oggettivi) sono quelli legati all’ambiente, dove avviene l’esperienza: in generale, si tratta dell’ambiente scolastico, che può essere controllato dal docente. I fattori interni (soggettivi) sono invece specifici del discente.

86 Il comportamentismo Capitolo 5

87 5. Il comportamentismo Generalità Il comportamentismo è una teoria dell’apprendimento che si è sviluppata nell’ambito della psicologia, viene anche definito behaviourismo,. Tra i principali esponenti del comportamentismo classico citiamo Pavlov, Watson, Thorndike e Skinner. Il modello comportamentista parte dall’idea che l’apprendimento avviene mediante degli stimoli S che pervengono al soggetto dall’ambiente esterno. Raggiunto dagli stimoli, questi fornisce delle risposte R, ossia determinati comportamenti.

88 5. Il comportamentismo Generalità Ciò che avviene nella mente e che determina la risposta R a un dato stimolo S non è oggetto di studio: a tal proposito si parla di una scatola nera (black box) che non desta l’attenzione degli studiosi comportamentisti.

89 5. Il comportamentismo Pavlov

90 5. Il comportamentismo Pavlov Lo psicologo russo è famoso per i suoi studi sullo stimolo e sul riflesso condizionato. Analizzando il comportamento di alcuni cani, egli nota che, alla presenza del cibo, i cani iniziano a produrre un quantitativo maggiore di saliva. Il cibo rappresenta lo stimolo incondizionato, mentre la bava è la risposta incondizionata del soggetto (il cane) allo stimolo precedente. Questa connessione tra stimolo e risposta è innata, come se fosse frutto dell’evoluzione della stessa. Per Pavlov, non si può affermare che questo comportamento sia realmente appreso dal soggetto.

91 5. Il comportamentismo Pavlov

92 5. Il comportamentismo Pavlov

93 5. Il comportamentismo Pavlov Almeno in questa fase iniziale, il suono di una campanella rappresenta uno stimolo neutro, che non induce alcuna risposta. Dopo che la somministrazione del cibo è avvenuta più volte, contestualmente al suono della cmpanella, Pavlov nota che anche il semplice suono della campanella (senza cibo) induce nel cane la produzione di bava. Il suono della cmapanella ora produce una risposta ed è diventato uno stimolo condizionato che evoca la salivazione cioè una risposta condizionata.

94 5. Il comportamentismo Pavlov Lo stimolo condizionato e la conseguente risposta sono importanti, in quanto rappresentano un apprendimento. Il cane ha imparato che quando vede un camice oppure avverte il suono del campanello, probabilmente gli verrà somministrato del cibo. Questo viene definito riflesso condizionato.

95 5. Il comportamentismo Pavlov Nell’ambito del riflesso condizionato avvego dei fenomeni caratteristici: L’estinzione: la scomparsa della risposta se lo stimolo condizionato non accompagna più quello incondizionato. Il recupero spontaneo: il riapparire della risposta se lo stimolo condizionato comincia a riaccompagnare quello incondizionato. La generalizzazione: la tendenza a produrre la risposta condizionata quando uno stimolo è vicino a quello condizionato.

96 5. Il comportamentismo Pavlov Nell’ambito del riflesso condizionato avvego dei fenomeni caratteristici: La discriminazione: cioè quando stimoli simili non provocano la risposta.

97 5. Il comportamentismo Watson

98 5. Il comportamentismo Watson Secondo Watson l’esistenza di un ambiente circostante attivo è capace di influenzare un soggetto passivo, il quale apprende solo se viene stimolato. Lo psicologo statunitense afferma che esistono delle connessioni stimolo-risposta che sono ereditarie e altre che si generano mediante processi di condizionamento, come quelli operati da Pavlov: questi ultimi si possono configurare come processi di apprendimento.

99 5. Il comportamentismo Watson L’interesse di Watson si concentra proprio su di essi. Egli constata sperimentalmente che, spesso, la presenza del medesimo stimolo genera nel soggetto delle risposte differenti. Pertanto, si interroga su quale di queste risposte sia la più probabile ripetendo lo stimolo con il passare del tempo. Da questo studio scaturiscono due leggi: la legge della frequenza la legge della recenza

100 5. Il comportamentismo Watson La legge della frequenza, secondo la quale la probabilità di una risposta è direttamente proporzionale al numero di volte in cui tale risposta si verifica in seguito allo stimolo (afferma il classico legame tra frequenza e probabilità). La legge della recenza, secondo cui la risposta più recente è quella maggiormente probabile, pertanto, nel prevedere una risposta ad uno stimolo, occorre osservare quante volte e quanto di recente tale risposta sia stata data.

101 5. Il comportamentismo Watson Famoso l’esperimento del piccolo Albert, un bambino di nove mesi che ama giocare con un topolino bianco e che viene spaventato con rumori violenti proprio mentre gioca con la bestiola: uno stimolo incondizionato (il rumore violento) provoca una risposta incondizionata (la paura). Allo stimolo incondizionato il bambino associa lo stimolo neutro (il topolino), per cui, dopo una serie di somministrazioni dei due stimoli congiuntamente, Albert finisce per avere paura anche del topolino.

102 5. Il comportamentismo Watson Egli mostra una risposta condizionata (la paura) in presenza dello stimolo che era neutro e che ora è diventato condizionato (il topolino). Pertanto, una risposta connaturata nel bambino (la paura) viene estesa anche a nuovi stimoli e situazioni (il topolino).

103 5. Il comportamentismo Watson Grazie ai suoi esperimenti, Watson assume una posizione decisa sull’educazione dei bambini, sostenendo che non vi deve essere alcun permissivismo e che i genitori devono mantenere sempre un certo distacco emotivo dal fanciullo, per il bene della sua educazione.

104 5. Il comportamentismo Watson Mediante il condizionamento e la realizzazione di un ambiente circostante appropriato, è possibile cambiare radicalmente i comportamenti dei soggetti. Lo psicologo afferma di essere in grado di creare da un bambino, privo di deficit cognitivi, un medico, un artista, un ladro.

105 5. Il comportamentismo Thorndike

106 5. Il comportamentismo Thorndike Psicologo Americano, noto per i suoi studi sulla Puzzle box dove un gatto affamato viene rinchiuso nella gabbia, mentre può osservare a vista del cibo che si trova esternamente ad essa: l’animale adotta determinati comportamenti per uscire dalla gabbia, alcuni dei quali non danno risultato, come il graffiare le pareti, il saltare contro il tetto o il mordere le sbarre. Nella gabbia, però, vi sono dei dispositivi che ne permettono l’apertura, come la pressione di una leva o il sollevamento di un gancio. Può succedere che il gatto azioni la leva o il gancio e riesca, così, ad aprire la gabbia, raggiungendo il cibo.

107 5. Il comportamentismo Thorndike Thorndike definisce questo apprendimento per prove ed errori. Il comportamento non è altro che una connessione stimolo-risposta.

108 5. Il comportamentismo Thorndike I comportamenti superflui si tendono ad eliminare e si fissano in modo sempre più deciso quelli che favoriscono l’uscita dalla gabbia. Per tale motivo Thorndike formula leseguenti leggi dell’apprendimento: la legge dell’effetto. Se un comportamento porta il soggetto ad uno stato di soddisfazione, tale associazione tenderà a verificarsi sempre più spesso, ossia ad essere un comportamento adottato di frequente. Se l’associazione porta ad uno stato di disagio, allora essa tenderà ad essere rimossa.

109 5. Il comportamentismo Thorndike Legge dell’esercizio. Se un’associazione viene ripetuta spesso, essa tende a rinsaldarsi, mentre se non viene ripetuta tende a scomparire. Legge della prontezza. Un soggetto trova stimolante compiere una certa associazione quando è pronto, ossia è sufficientemente maturo, per compiere quell’associazione. Se non è nello stato di poterla compiere, il fatto di metterla in atto lo porta ad un disagio. In modo analogo, l’essere pronti a svolgere una certa associazione e non essere messi in condizione di farlo crea uno stato di disagio.

110 5. Il comportamentismo Thorndike In seguito a tali esperimenti, nello psicologo statunitense si rinsalda la convinzione che per l’apprendimento sia necessario un rinforzo positivo. Dalla semplice dinamica stimolo-risposta si determina una nuova dinamica stimolo-risposta-rinforzo, ossia, dato un determinato stimolo, la risposta che viene attuata (e appresa) è quella che conduce ad una ricompensa, ad un rinforzo che genera uno stato di soddisfazione.

111 5. Il comportamentismo Skinner Introduce il concetto di condizionamento operante

112 5. Il comportamentismo Skinner Introduce il concetto di condizionamento operante, Skinner delinea due tipologie di risposte: -Il comportamento rispondente che è innato ed è di natura passiva, è la risposta Pavloviana. -Il comportamento operante che è una risposta attiva del soggetto

113 5. Il comportamentismo Skinner Skinner delinea il comportamento operante attraverso un esperimento, la skinner box che può risultare simile alla puzzle box di Thornidike ma differisce da questa perchè all’animale non viene proposto nessuno stimolo, cioè non c’è una visione del cibo, ossia non c’è uno stimolo esterno che induce un comportamento. All’initerno della gabbia ci sono delle leve, una di queste approvvigiona del cibo (rinforzo positivo), dopo averla azionata casualmente un po’ di volte il topo inizia ad azionare tale leva intenzionalmete cioè in modo operante.

114 5. Il comportamentismo Skinner In un altro esperimento il topo è posto in una gabbia dove scorre della corrente, azionando una leva questa corrente si interrompe, in questo caso vi è un rinforzo negativo, ossia la sottrazione del soggetto ad una situazione di disagio.

115 5. Il comportamentismo Skinner Skinner definisce lo shaping o modellamento: cioè delle catene di connessioni, cioè dei comportamenti complessi, tramite appropriati rinforzi, allo scopo di giungere, per approssimazioni successive, ad un comportamento finale che si ritiene desiderabile.

116 5. Il comportamentismo Skinner Il concetto di rinforzo è stato introdotto da Thorndike ed è approfondito ulteriormente da Skinner. Il rinforzo è uno stimolo successivo ad un determinato comportamento.

117 5. Il comportamentismo Skinner I rinforzi inducono il manifestarsi di un comportamento. Rinforzi positivi: assegno una conseguenza positiva ad un comportamento favorevole, ad es. Il bimbo piange (comportamento) la mamma lo prende in braccio (rinforzo). Rinforzi negativi: rimuovo una conseguenza negativa ad un comportamento sfavorevole. Ad es. Il bimbo ha mal di pancia (comportamento) lo lascio a casa da scuola (rinforzo).

118 5. Il comportamentismo Skinner Le punizioni servono per eliminare un comportamento: Punizioni positive: assegno una conseguenza negativa ad un comportamento positivo. Ad es. Il bimbo mette in disordine (comportamento) e io gli faccio mettere a posto (punizione). Punizioni negative: rimuovo una conseguenza positiva ad uno stimolo positivo. Ad es. il ragazzo va male a scuola (comportamento) non lo faccio uscire al sabato sera (punizione).

119 5. Il comportamentismo Skinner È importante che il rinforzo avvenga vicino temporalmente alla manifestazione del comportamento e che sia significativo. I rinforzi possono essere primari, quando sono legati a bisogni primari come cibo o acqua. I rinforzi secondari soddisfano bisogni secondari come lodi sociali (compimenti), rinforzi tangibili (denaro, premi).

120 5. Il comportamentismo Skinner Quando una risposta è stabilizzata, dopo una fase iniziale di rinforzo, occorre adottare strategie di rinforzo per mantenere vivo il comportamento ottenuto. I rinforzi possono essere continui cioè quando vengono erogati ogni volta che si manifesta un comportamento, sono efficaci nelle fasi iniziali di apprendimento, oppure discontinui quando vengono erogati in modo intermittente, sono più efficaci nel mantenere un comportamento

121 5. Il comportamentismo Skinner L’estinzione di un comportamento operante avviene quando in prensenza di un comportamento non viene più erogato il rinforzo e il comportamento scompare. Il recupero spontaneo avviene quando viene nuovamente erogato il rinforzo e il comportamento quindi riappare. Come per il condizionamento classico anche il condizionamento operante è soggetto alla discriminazione e generalizzazione.

122 5. Il comportamentismo Skinner È meglio rinforzare e favorire fin dalla tenera età comportamenti desiderabili, piuttosto che controllare e reprimere tardivamente i comportamenti disdicevoli, tramite censure e punizioni.

123 5. Il comportamentismo Skinner –Istruzione programmata- L’istruzione programmata: si propone come metodologia alternativa a quella tradizionalmente adoperata nelle scuole: Il rinforzo sostituisce la sanzione o la punizione; il rinforzo è fornito ai soggetti nei tempi giusti il percorso di apprendimento è progressivo e si muove di contenuto in contenuto. Il percorso prevede una somministrazione ragionata dei rinforzi. Il percorso di apprendimento è personalizzato per ogni singolo alunno.

124 5. Il comportamentismo Skinner

125 5. Il comportamentismo Skinner-Le macchine per insegnare- l’struzione programmata può essere agevolmente attuata mediante l’utilizzo delle macchine per insegnare che rappresentano uno strumento che, in modo automatico, propone dei test composti da domande organizzate accuratamente in maniera sequenziale. Per ciascuna domanda la macchina dà automaticamente e immediatamente un feedback sulla correttezza della risposta, in caso di riposta positiva si procede con la domanda successiva.

126 5. Il comportamentismo Skinner-Le macchine per insegnare- Queste apparecchiature possono organizzare le domande in modo da creare sequenze di apprendimento che mirino all’acquisizione di specifiche conoscenze. Possono modificare il loro comportamento in base alle risposte dello studente, ossia possono cambiare la sequenza di domande in una più semplice se registrano molte risposte errate o passare a sequenze più difficili se le risposte esatte sono prevalenti. Lo studente ha un feedback immediato e continuo, l’apprendimento è però svolto in maniera solitaria.

127 5. Il comportamentismo Skinner-Le macchine per insegnare- Questo tipo di apparecchiature ha trovato la massima espressione e realizzazione nei moderni software di Computer Based Training (CBT, ossia “allenamento basato sul computer”) e di Computer Assisted Instruction (CAI, ossia “istruzione assistita dal computer”).

128 5. Il comportamentismo Skinner-Le macchine per insegnare-

129 5. Il comportamentismo Skinner-Le macchine per insegnare- Da wiki: Per ovvi motivi, si tratta di un approccio particolarmente efficace per insegnare l'uso di applicazioni software; quasi tutte le applicazioni moderne sono dotate di un tutorial in linea che si può considerare un esempio di software per il CBT. Sono tuttavia diffusi anche programmi per lo studio delle lingue o di altre materia non informatiche.

130 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo Skinner ha introdotto un elemento di novità nel comportamentismo classico, definendo il comportamento operante. Tuttavia, il modello neocomportamentista, delineato principalmente da Tolman e Hull, segna un punto di reale rottura e discontinuità con il comportamentismo classico. Rappresenta un ponte per le teorie cognitiviste. Comportamentismo (Pavlolv, Thorndike, Skinner, Bandura, Bloom) Neocompartamentis mo (tolman, Hull) Cognitivismo (piaget...ecc..)

131 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo I neocomportamentisti si soffermano su concetti nuovi, come memoria e scopo, prendendo in cinsiderazione quello che c’è tra stimolo e risposta, cioè il soggetto. La risposta allo stimolo sarà mediata dalla percezione, dallo scopo, dalla memoria. Il nuovo paradigma quindi secondo i neocomposrtamentisti è stimolo-organismo-risposta.

132 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo

133 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman-

134 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman- Se i comportamentisti si erano dedicati allo studio del comportamento molecolare, cioè stimolo-risposte, Tolman prende in considerazione il comportomanto come globale, si parla cioè di comportamento molare. Pertanto, nell’osservare come i ratti si muovono all’interno di un labirinto, non è opportuno soffermarsi sulle singole azioni (gira a destra, torna indietro, gira a sinistra), ma sul risultato complessivo di uscita dal labirinto.

135 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman- Tre gruppi di topi (A, B e C) sono rinchiusi in tre labirinti identici per osservarne il comportamento che li porta ad uscire da essi. Il gruppo A all’uscita trova cibo (il rinforzo) e impara velocemente ad uscire dal labirinto. Il gruppo B non trova cibo e apprende meno velocemente ad uscire dal labirinto, nel senso che per raggiungere l’uscita compie molti più errori del gruppo A (la velocità di uscita viene misurata in numero di errori). Si può quindi affermare che il gruppo B stia apprendendo meno velocemente del gruppo A, oppure che apprenda di meno. labirinto:

136 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman- Fino a questo punto, il paradigma del comportamentismo classico sembra perfettamente rispettato. Il gruppo C non trova cibo, come il gruppo B, e per esso si nota un comportamento non difforme da quello messo in atto dal gruppo B, fino al decimo giorno dell’esperimento. Dall’undicesimo giorno in poi, il gruppo C trova del cibo all’uscita del labirinto, e in circa 2 giorni trovano l’uscita dal labirinto con gli stessi tempi del gruppo A.

137 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman- L’apprendimento può avvenire anche senza rinforzo. Difatti, è necessario ammettere che il gruppo C, per portarsi subito al livello del gruppo A, dopo la somministrazione del rinforzo, deve necessariamente aver imparato come uscire dal labirinto anche durante i primi dieci giorni nei quali non riceveva rinforzo.

138 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman- L’apprendimento può avvenire anche se non si manifesta alcuna variazione del comportamento. Prima dell’esperimento di Tolman, l’idea prevalente era che l’apprendimento si manifestasse necessariamente sotto forma di una variazione del comportamento. In realtà, i topi del gruppo C, durante i primi dieci giorni, anche se stanno apprendendo, non modificano il loro comportamento e continuano a comportarsi come il gruppo B. In base a questa osservazione, Tolman introduce il concetto di apprendimento latente: i topi del gruppo C apprendono, anche se non manifestano il loro apprendimento.

139 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman- Occorre distinguere tra apprendimento e performance. Nell’esperimento la comparsa del rinforzo non determina l’apprendimento nei topi del gruppo C, ma solo la loro maggiore velocità di uscita dal labirinto, ossia la loro performance. Il rinforzo, quindi, non favorisce l’apprendimento, ma semplicemente la performance.

140 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman-

141 5. Il comportamentismo Neocomportamentismo-Tolman- Le evidenze sperimentali mostrano che i ratti hanno una sorta di memoria di quanto appreso: i loro apprendimenti, cioè, emergono dalla memoria quando sono necessari ad ottenere un rinforzo. Inoltre, si nota che il comportamento viene adottato per ottenere uno scopo.

142 5. Il comportamentismo Bandura Psicologo canadese formula la teoria dell’apprendimento sociale di stampo comportamentista.

143 5. Il comportamentismo Bandura Bandura è famoso per il suo studio con la bambola Bobo in cui un gruppo di bambini viene diviso in tre gruppi. Un primo gruppo viene condotto in una stanza nella quale vi sono dei giocattoli che è possibile utilizzare. In un angolo della stanza si trova un adulto, che funge da modello e che ha a disposizione altri giocattoli: di carattere non aggressivo (delle costruzioni) e i restanti che possono essere adoperati in modo aggressivo. In particolare, il modello ha a disposizione un martello e una bambola chiamata BoBo, del tipo cado sempre in piedi.

144 5. Il comportamentismo Bandura L’adulto inizia a prendere a pugni la bambola, si siede su di essa e continua a picchiarla, poi la solleva e la lancia in aria, la prende a calci e infine la picchia con un martello. Il secondo gruppo è analogo al primo con la differenza che il modello gioca normalmente. Il terzo gruppo è di controllo e non ha nessun modello.

145 5. Il comportamentismo Bandura Di seguito i 3 gruppi vengono portati in una stanza con dei giocattoli, il gruppo che ha osservato il modello aggressivo risulta in media più aggressivo degli altri due. I maschi risultano più aggressivi delle femmine dal punto di vista fisico, mentre dal punto di vista verbale il livello di aggressività è identico sia nei maschi che nelle femmine. Anche un modello positivo, come quello non aggressivo, tende ad essere imitato dai bambini, sebbene in tono minore rispetto al modello aggressivo. Difatti, il gruppo che ha visto il modello non aggressivo, mostra in media minore aggressività dello stesso gruppo di controllo.

146 5. Il comportamentismo Bandura

147 5. Il comportamentismo Bandura Questo tipo di apprendimento prende il nome di apprendimento osservativo.

148 5. Il comportamentismo Bandura In un altro esperimento analogo, questa volta vine fatto visionare un filmato, in quello del primo gruppo il modello che ha picchiato la bambola viene ricompensato e lodato da un adulto per aver compiuto quei gesti aggressivi; il filmato del secondo gruppo prosegue con una sequenza nella quale il modello che ha picchiato la bambola viene biasimato aspramente e minacciato di non comportarsi mai più in quel modo,infine, il filmato del terzo senza che venga espresso alcun giudizio sul comportamento del modello.

149 5. Il comportamentismo Bandura Il gruppo che ha visto lodare l’aggressività si comporta in modo più aggressivo degli altri due, mentre il gruppo che ha visto redarguire la violenza si comporta in modo meno aggressivo rispetto agli altri due. Da questa osservazione Bandura deduce il concetto di rinforzo vicario, ossia il fatto che un opportuno rinforzo dato al modello che svolge l’azione influenza il futuro comportamento di chi osserva.

150 5. Il comportamentismo Bandura Inoltre tutti e tre i gruppi riescono a riprodurre mediamente nello stesso modo le azioni osservate. Questo vuol dire che i bambini in realtà hanno appreso, ma non mettono in atto ciò che hanno appreso perché fanno delle valutazioni.

151 5. Il comportamentismo Bandura Quindi secondo la teoria dell’apprendimento osservativo di bandura non si apprende solo tramite il paradigma stimolo- risposta-rinforzo o tramite la dinamica delle prove ed errori. Un’altra modalità di apprendimento, ancora più efficace, è l’osservazione di un modello di comportamento. Per tale modalità di apprendimento Bandura usa l’espressione apprendimento osservativo o apprendimento vicario.

152 5. Il comportamentismo Bandura L’apprendimento osservativo o vicario è sicuramente il punto centrale della teoria dell’apprendimento sociale: Bandura afferma che questo tipo di apprendimento è più efficace di un addestramento per prove ed errori. Difatti, volendo far replicare ad un soggetto un determinato comportamento, piuttosto che condurlo per tentativi e successive approssimazioni verso il comportamento desiderato, risulta più immediato fargli apprendere il comportamento dall’osservazione di qualche altro soggetto che lo mette in atto.

153 5. Il comportamentismo Bandura Bandura chiama questa procedura modeling, termine inglese che possiamo tradurre con “modellamento” e che si riferisce proprio all’azione di osservare un modello di comportamento e di conformarsi ad esso.

154 5. Il comportamentismo Bandura L’apprendimento sociale può avvenire sia per osservazione diretta, che attraverso filamto o immagini, sia per descrizione verbale di un comportamento (ad esempio le istruzioni di un manuale).

155 5. Il comportamentismo Bloom

156 5. Il comportamentismo Bloom Lo psicologo e pedagogista statunitense Benjamin Samuel Bloom (1913 -1999) ha dato importanti contributi alle teorie dell’apprendimento: in particolare, la sua Tassonomia degli obiettivi cognitivi ha riscosso un notevole successo nel mondo dell’istruzione. Una buon successo ha ottenuto anche la procedura di apprendimento da lui codificata e denominata Mastery learning, espressione che può essere tradotta come “apprendimento per padronanza”.

157 5. Il comportamentismo Bloom Un rapporto frustrante con l’apprendimento, maturato fin dai primi giorni dell’istruzione formale, può incidere negativamente sulla vita lavorativa di molti soggetti. Bloom afferma che è possibile determinare situazioni di apprendimento nelle quali fino al 90% degli studenti può padroneggiare ciò che viene loro insegnato.

158 5. Il comportamentismo Bloom

159 5. Il comportamentismo Bloom Secondo Bloom ci sono 2 problemi legati all’apprendimento e lla valutazione: In primis il successo o il fallimento non dipendono da un confronto con uno standard generale e oggettivo, ma dal confronto con il gruppo di apprendenti. Ad esempio, in un gruppo molto capace, con numerose prestazioni eccellenti, uno studente con una prestazione media verrà collocato tra gli ultimi e sarà penalizzato nella votazione, per via di un confronto con gli altri.

160 5. Il comportamentismo Bloom Lo stesso studente, con la stessa prestazione, valutato nell’ambito di un gruppo con performance mediocri, si vedrebbe tra i primi, venendo premiato eccessivamente nella votazione, sempre in base al confronto con gli altri.

161 5. Il comportamentismo Bloom In secondo luogo partire da una curva normale di attitudine, per giungere a una curva normale dei risultati, sottolinea come il processo di insegnamento non abbia inciso sull’apprendimento del ragazzo. Il processo di istruzione ha semplicemente traslato quell’attitudine verso un voto finale che è in diretta connessione (si direbbe quasi “in diretta proporzionalità”) con l’attitudine di partenza. È probabile che gli alunni con attitudine bassa si trovino tra quelli con valutazione bassa, quelli con attitudine media raggiungano una valutazione media e così via.

162 5. Il comportamentismo Bloom

163 5. Il comportamentismo Bloom Sarebbe, invece, possibile portare la maggior parte degli studenti ad un livello di padronanza, se si attuassero strategie di insegnamento-apprendimento che fornissero un feedback personalizzato e costante a ciascuno studente, come avviene nel Mastery learning. In tal caso la curva dei risultati non sarebbe più normale e simmetrica intorno ai risultati intermedi, ma avrebbe il picco dei risultati verso il massimo della valutazione, con una coda che decresce velocemente verso i risultati inferiori.

164 5. Il comportamentismo Bloom

165 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning 1) L’attitudine è definita come l’ammontare di tempo richiesto dallo studente per raggiungere la padronanza di un apprendimento. Questa definizione, non definisce l’attitudine in termini di complessità dell’apprendimento che uno studente può padroneggiare. Non è vero che uno studente con attitudine inferiore può cimentarsi solo nell’apprendere contenuti semplici e basilari. L’attitudine è, invece, espressa in termini di tempo necessario per apprendere un qualsiasi contenuto, complesso o basilare che sia.

166 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning Pertanto, la padronanza di una disciplina può essere raggiunta se si concedono allo studente dei tempi adeguati alla sua attitudine per consentirne l’apprendimento. Per padroneggiare un argomento, studenti con un’attitudine minore hanno bisogno di tempo maggiore, rispetto al tempo necessario agli studenti con attitudine maggiore.

167 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning Il Mastery learning ha lo scopo di trovare il modo di ridurre la quantità di tempo richiesta dallo studente più lento per apprendere in maniera soddisfacente un argomento. Questa quantità deve ridursi a un tempo ragionevole: vi sono evidenze che tale tempo possa diminuire fornendo un ambiente appropriato ed esperienze di apprendimento efficaci.

168 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning 2) La qualità dell’istruzione si esprime in termini di livello con il quale la presentazione, la spiegazione e l’organizzazione degli elementi di apprendimento si avvicinano alla condizione ottimale per uno studente. Pertanto, la qualità non è espressa in termini di buoni o cattivi docenti o di materiali di apprendimento o libri di testo soddisfacenti o scarsi: ciascuno studente può trovare un particolare docente, un libro di testo o un materiale di studio adeguato al proprio stile di apprendimento.

169 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning Lo stesso docente e gli stessi materiali possono essere giudicati incomprensibili e poco comunicativi da un altro studente che abbia abitudini diverse. Alcuni studenti preferiscono esempi pratici, altri hanno bisogno di esere incoraggiati, altri hanno bisogno di continui feedback.

170 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning 3) L’abilità nel comprendere l’istruzione può essere definita come l’abilità di un apprendente di comprendere la natura del compito assegnato e le procedure che deve svolgere per assolverlo. Se il docente riesce ad adeguare l’istruzione ai bisogni dei singoli studenti, allora le loro abilità nell’apprendere possono essere messe in risalto. Per fare questo il docente può usare diverse metodologie e strumenti: i gruppi di studio, i tutor, materiale audiovisivo e esperienze di laboratorio.

171 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning - I gruppi di studio, formati da due o tre studenti, che rendono il processo di apprendimento più efficace mediante la cooperazione e l’aiuto, rinunciando alla competizione. Gli studenti più capaci traggono vantaggio dal prestare aiuto agli altri, avendo l’occasione di ripetere e analizzare in modo critico i concetti di cui sono a conoscenza.

172 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning - Il tutor è una fogura distinta dall’insegnante che cura lo sviluppo del discente.

173 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning - Il libro di testo non sempre aiuta lo studente nell’apprendimento, quindi può essere affiancato da altri libri.

174 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning - Quaderni di lavoro, schede esercitative e software di istruzione programmata possono aiutarte studenti che hanno bisogno di continui feedback.

175 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning - Materiale audiovisivo ed esperienze laboratoriali sono utili per studenti che necessitano di un approccio concreto.

176 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning 4) La perseveranza è intesa come il tempo che il discente è disposto a spendere per apprendere un determinato argomento: si tratta di un parametro cruciale. Se la perseveranza (come tempo) è inferiore all’attitudine (come tempo), il discente non potrà raggiungere la padronanza dell’apprendimento.

177 5. Il comportamentismo Bloom- Le varibili del Mastery Learning 5) Il tempo a disposizione per l’apprendimento è l’ultima variabile critica del Mastery learning. Nel progettare un percorso di istruzione, ciascun docente prevede un certo tempo a disposizione per presentare e spiegare alcuni contenuti, includendo anche il tempo necessario agli alunni per la comprensione.

178 5. Il comportamentismo Bloom –strategie per attuare il Mastery Learning- I tre punti essenziali della strategia di Mastery learning sono le precondizioni, le procedure operative e i risultati.

179 5. Il comportamentismo Bloom –strategie per attuare il Mastery Learning- -Precondizioni: I processi di insegnamento-apprendimento e il processo di valutazione finale, detto anche valutazione sommativa, devono essere distinti, in quanto il primo serve a preparare lo studente in un’area della conoscenza, mentre il secondo valuta la conoscenza acquisita. La valutazione deve essere non competitiva in modo che lo studente non abbia un segnale di aprendimento dalla sua valutazione all’interno del gruppo di apprendenti.

180 5. Il comportamentismo Bloom –strategie per attuare il Mastery Learning- -Procedure operative: La procedura del Mastery learning prevede che un corso di studi di una disciplina sia frammentato in piccole unità di apprendimento. Al termine di ciascuna unità, vi deve essere una valutazione formativa che viene attuata in itinere, la valutazione formativa dà un segnale allo studente del livello di apprendimento, gli conferisce un rinforzo, e restituisce all’insegnante un indizio della sua azione didattica. L’esito di una valutazione formativa non deve essere una votazione, in quanto lo scopo di questo processo diagnostico è di indicare se sia stata raggiunta o meno la padronanza.

181 5. Il comportamentismo Bloom –strategie per attuare il Mastery Learning- -Procedure operative: Nel caso in cui ciò non accada, la valutazione formativa deve indicare quali sono i punti critici, gli elementi che mancano per il raggiungimento della padronanza.

182 5. Il comportamentismo Bloom –strategie per attuare il Mastery Learning- -I risultati: possono essere di carattere cognitivo, oppure di carattere affettivo inteso come senso di padronanza della materia.

183 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia- Bloom propone una tassonomia, cioè una classificazione di obiettivi educativi che distingue in 2 domini: -Dominio cognitivo: conoscenze, abilità intellettive... -Dominio affettivo: interessi, deisderi, attitudini...

184 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia- Il dominio cognitivo è uno strumento di supporto ai docenti al fine di fare una valutazione oggettiva. Gli obbiettivi da raggiungere sono espressi come competenze, partendo da quelle più elementari e arrivando a quelle più complesse. Nella Tabella 1 sono riportati sei obiettivi cognitivi di carattere generale (conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi e valutazione) che vengono ordinati in base al loro livello di complessità. Ciascuno di questi obiettivi si articola in più sotto-obiettivi.

185 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia- Il dominio affettivo: è relativo al lato emotivo, agli stati motivazionali e ai valori che accompagnano l’individuo nel suo percorso d’apprendimento, e viene suddiviso nei seguenti obiettivi: ricettività, risposta, valutazione, organizzazione, caratterizzazione.

186 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia- La tassonomia di Bloom risulta importante nella valutazione e verifica a posteriori dei risultati degli interventi formativi nonché nella scelta a priori delle metodologie didattiche più opportune in relazione all’area di apprendimento specifica.

187 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia-

188 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia-

189 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia-

190 5. Il comportamentismo Bloom –Tassonomia-

191 Il cognitivismo Capitolo 6

192 6. Il cognitivismo Generalità Il neocomportamentismo di Tolman e Hull e gli studi di Bandura hanno pian piano aperto la scatola nera della mente, distanziandosi progressivamente dalla concezione dei comportamentisti classici, approdando allo studio della mente e dei suoi processi.

193 6. Il cognitivismo Gestalt- sensazione e percezione- La sensazione è tutto ciò che viene avvertito dagli organi di senso proveniente sia dall’esterno che dall’interno del corpo. La percezione è un processo cognitivo che elabora le sensazioni.

194 6. Il cognitivismo Gestalt- sensazione e percezione-

195 6. Il cognitivismo Gestalt- empirismo e sensazionismo L’empirismo è una corrente filosofica che nasce nel 1600, uno degli esponenti è Locke ed afferma che la conoscenza avviene tramite l’esperienza. L’empirismo si riconduce all’associazionismo in ambito psicologico, per l’associazionismo la conoscenza si forma dall’esperienza. Ad esempio, nella nostra rappresentazione mentale della “mela” vengono convogliate la sensazione visiva del colore rosso, della forma pressappoco sferica, la sensazione tattile della buccia liscia, il gusto e l’odore del frutto

196 6. Il cognitivismo Gestalt- empirismo e sensazionismo La caratteristica essenziale dell’associazionismo è la scomposizione della rappresentazione mentale in elementi essenziali e fondamentali, piuttosto che una visione globale e unitaria della rappresentazione. Si noti che anche il comportamentismo classico ha un approccio associazionista, in quanto tende a studiare l’apprendimento tramite comportamenti molecolari, costituiti da semplici associazioni di stimolo e risposta. Mediante opportuni rinforzi, questi comportamenti molecolari sono poi associati in sequenza in un comportamento globale che costituisce l’apprendimento.

197 6. Il cognitivismo Gestalt- la visione globale- La psicologia della Gestalt o psicologia della forma nasce in germania nel 1900, si oppone all’empirismo e al comportamentismo affermando che la rappresentazione mentale generata dalle sensazioni va vista nella sua configurazione totale (da cui il termine Gestalt), in modo unitario, e non va ridotta analiticamente ad una serie di associazioni elementari.

198 6. Il cognitivismo Gestalt- la visione globale- Secondo la gestalt l’apprendimento non è una successione di tentativi (prove ed errori), ma un processo cognitivo globale, che va oltre lo studio del comportamento.

199 6. Il cognitivismo Gestalt- kohler- L’Insight

200 6. Il cognitivismo Gestalt- kohler- I suoi primi studi sono stati compiuti con Max Wertheimer intorno al 1910, periodo in cui Köhler e Koffka erano assistenti di Wertheimer. L’esperimento famoso di Kohler è sugli scimpanzè che non riescono ad accedere ad una banana posta in alto, gli scimpanzè hanno a disposizione di versi oggetti tra cui cassette di legno che provano ad utilizzare per raggiungere la banan, ad un certo punto uno degli scimpanzè usa le cassette di legno creando una struttura che gli permette di raggiungere al banana.

201 6. Il cognitivismo Gestalt- kohler-

202 6. Il cognitivismo Gestalt- kohler- Köhler chiama insight (intuizione) l’illuminazione improvvisa che permette a qualcuna delle scimmie chiuse in gabbia di risolvere il problema. Mediante l’insight, ad un certo momento, lo scimpanzé assegna un nuovo significato alle cassette; da attrezzi per contenere oggetti, le fa diventare gradini con cui raggiungere la banana. In pratica, ristruttura alcuni concetti in suo possesso, modificandoli e rivedendoli in una prospettiva diversa e originale. Ha una visione globale del problema e mette in rapporto gli elementi che sono a sua disposizione.

203 6. Il cognitivismo Gestalt- kohler- Questo porta Köhler a criticare il comportamentismo che afferma che gli animali imparano per prove ed errori e progressivamente si avvicinano all’obiettivo. In contrapposizione, Köhler nota che, soprattutto i mammiferi più vicini all’uomo dal punto di vista evolutivo, come le scimmie antropomorfe, possono imparare in un modo diverso, tramite un’illuminazione improvvisa, che consiste nell’osservare in maniera globale il problema che si presenta. Grazie all’insight, gli animali compiono quel gesto risolutivo che pochi minuti prima sembrava lontano dall’accadere.

204 6. Il cognitivismo Gestalt- kohler- Kohler afferma che la gestalt studia i processi psichici che non possono essere scomposti nelle loro singole parti, ma solo con una visione d’insieme del fenomeno.

205 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-

206 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer- Il suo lavoro sul movimento stroboscopico, ha contribuito alla nascita della psicologia della forma, i suoi studi sulla percezione, hanno tentato di descrivere in profondità questo processo cognitivo, e l’idea di pensiero produttivo.

207 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il movimento stroboscopico In un suo esperimento Wetheimer proietta su di un muro scuro, velocemente, una dopo l’altra, due luci identiche ad una distanza minima. Da un punto di vista strettamente sensoriale si avvertono due luci fisse che si susseguono temporalmente a breve distanza l’una dall’altra, ma in realtà ciò che viene percepito è un’unica luce in movimento. Si tratta, quindi, di un movimento stroboscopico o apparente (effetto Phi). Questo fenomento è quello del cinematografo, già conosciuto ma Wertheimer gli da un significato psicologico.

208 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- È una naturale attitudine dell’essere umano di elaborare il fenomeno nella sua totalità. Nel processo di percezione, la rappresentazione globale prevale sui singoli elementi costitutivi. È per tale motivo che osserviamo un’immagine in movimento (un fenomeno globale) piuttosto che due distinte immagini (una decomposizione nelle parti fondamentali da un punto di vista sensoriale). Ciò che conta è la forma, la rappresentazione complessiva. Un discorso analogo si può fare con le note che compongono una melodia.

209 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- Questo avviene perché il tutto non è solo composto dall’insieme delle parti, ma è anche frutto, a livello percettivo, del modo in cui gli elementi costitutivi sono messi in relazione tra loro. Da tali osservazioni si deduce l’asserto che viene spesso attribuito alla Gestalt, ossia il tutto precede le parti. il tutto precede le parti

210 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- Wertheimer formula alcune leggi sulla percezione della forma. La legge della prossimità afferma che siamo naturalmente predisposti a raggruppare elementi vicini in una struttura (forma) unica. Si osservi la Figura 6.2, costituita da una serie di punti distribuiti orizzontalmente. È quasi immediato vedere nella figura una sequenza di coppie di punti. In pratica, sebbene la sensazione sia composta da una sequenza visiva di punti, noi percepiamo una distribuzione di coppie di punti.

211 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti-

212 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- La legge della similarità afferma che tendiamo a raggruppare elementi che hanno la stessa forma o lo stesso aspetto. Si consideri la Figura 6.3, costituita da una sequenza di punti di forma (colore) differente. Osservando tale figura, siamo portati ad individuare una sequenza di coppie di punti simili, associandoli e percependoli in base al fattore di similarità.

213 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- La legge del destino comune è legata al movimento e sostiene che oggetti che si muovono insieme vengono percepiti come un’unità. Nella Figura 6.4, sono mostrati dei punti. Si supponga che coppie di punti si inizino a muovere verso l’alto, mentre altre si muovano verso il basso. A questo punto, da una linea di punti iniziamo a percepire, delle coppie di punti.

214 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- La legge della pregnanza o buona forma afferma che tendiamo a configurare la realtà che osserviamo secondo forme particolari che riteniamo regolari, In base alla legge della pregnanza, noi siamo portati a ricostruire e a riconoscere forme che tendono ad essere le più semplici e dirette possibili. In A percepiamo coppie di punti, in D una linea di punti, la posizione intermedia B la associamo ad A, mentre l aposizione C la associamo alla D.

215 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti-

216 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- La legge della continuazione afferma che tendiamo a organizzare gli elementi di un campo percettivo lungo delle possibili linee. Percepiamo la linea A-C, e non una linea A-B, cioè A-B non ci sembra una unica forma.

217 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- Analogamente percepiamo la linea d come una continuazione di a, così come c e b.

218 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- La legge della chiusura afferma che siamo portati a organizzare gli elementi di un campo percettivo in figure chiuse. Ad esempio, in Figura 6.8 tendiamo a riconoscere un ovale e un rettangolo in modo naturale. Viene difficile pensare di organizzare il medesimo campo percettivo secondo figure diverse, costituite da linee che in parte appartengono al rettangolo e in parte all’ovale.

219 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti-

220 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il rapporto tra il tutto e le parti- Infine, vi è il fattore delle esperienze passate o dell’abitudine. Esso ci permette di riconoscere particolari forme in un campo percettivo, se con tali forme abbiamo una certa dimestichezza.

221 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il pensiero produttivo- Per pensiero produttivo W. intende quell’attività mentale che produce nuova conoscenza nell’individuo; esso si contrappone al pensiero riproduttivo, che è quello che “meccanicamente” ci porta ad affrontare situazioni già incontrate oppure nuove, con le stesse vecchie soluzioni, senza inquadrare la problematica in modo originale. Un esempio di pensiero produttivo è la risoluzione di Gauss della somma dei numeri da 1 a 100.

222 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il pensiero produttivo-

223 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il pensiero produttivo- Altro esempio, per calcolare l’area della cornice si possono calcolare le aree dei 4 trapezi e sommarle (pensiero riproduttivo), oppure calcolare l’area del quadrato grande e sottrarre a questo l’area del quadrato piccolo (pensiero produttivo).

224 6. Il cognitivismo Gestalt- Wertheimer-il pensiero produttivo-

225 6. Il cognitivismo Piaget Sebbene collocato nell’ambito del cognitivismo, Piaget è anche un lucido precursore di successive teorie dell’apprendimento, in particolare del costruttivismo.

226 6. Il cognitivismo Piaget-Epistemologia genetica- Il punto di partenza dell’approccio teorico di Piaget è il pensiero di Kant circa la conoscenza delle cose. Per il filosofo illuminista noi conosciamo le cose solo attraverso schemi o strutture adoperate dalla nostra mente. Kant distingue il suo pensiero dagli empiristi, affermando che i dati provenienti dall’esperienza sono organizzati dalla mente secondo delle categorie.

227 6. Il cognitivismo Piaget-Epistemologia genetica- Pur partendo dal concetto di categoria di Kant, Piaget se ne differenzia asserendo che questi schemi di funzionamento mentale non sono immutabili, ma evolvono in ciascun soggetto. Altro aspetto importante è che la conoscenza può essere vista come una continua interazione tra ambiente e organismo. L’ambiente influenza in modo determinante gli organismi che vivono in esso; tuttavia, l’organismo a sua volta modifica l’ambiente circostante e agisce su di esso. Tra ambiente e organismo sussiste una dinamica di influenza reciproca.

228 6. Il cognitivismo Piaget-Epistemologia genetica- Questi concetti sono alla base della teoria dell’epistemologia genetica di Piaget, che studia come si origina la conoscenza e come si evolve. I due termini riassumono le caratteristiche stesse della teoria: l’epistemologia è lo studio della conoscenza e delle modalità con cui essa si realizza; l’aggettivo “genetica” indica che tale conoscenza si evolve nel tempo, con la vita biologica.

229 6. Il cognitivismo Piaget-la costruzione della conoscenza- Il concetto di interazione tra organismo e ambiente è il punto di partenza della teoria di Piaget. Questa interazione viene anche detta da Piaget trasformazione, che indica quel processo che porta il soggetto ad una conoscenza, purché questi agisca sull’ambiente in maniera attiva. Pertanto, si introduce un nuovo concetto fondante, che è quello di azione.

230 6. Il cognitivismo Piaget-la costruzione della conoscenza- L’azione può essere di due tipi: - Azione Reale, cioè dotata di una vera e propria realtà fisica: il manipolare un oggetto, il tirarlo, lanciarlo, succhiarlo. Attraverso di esse il bambino agisce sull’ambiente e delinea una propria conoscenza;

231 6. Il cognitivismo Piaget-la costruzione della conoscenza- L’azione può essere di due tipi: -Azione Interiorizzata, cioè un’azione mentale, nel senso che non è prodotta dal corpo, ma dalla mente. Anche questo tipo di azione, sebbene sia di natura intellettuale, si esplica sull’ambiente esterno, producendo, quindi, una conoscenza. Un esempio di azione interiorizzata può essere il catalogare oggetti.

232 6. Il cognitivismo Piaget-la costruzione della conoscenza- In sintesi, la conoscenza viene costruita dal soggetto: e costituisce una rappresentazione della realtà fatta dal soggetto, è frutto di un’azione che il soggetto compie in prima persona. Questo approccio aprirà, in seguito, la strada alle teorie costruttiviste dell’apprendimento, di cui Piaget è considerato un precursore.

233 6. Il cognitivismo Piaget – Gli invarianti funzionali- Gli invarianti funzionali governano tutte le azioni degli individui: -Il principio di organizzazione. L’organismo fisico tende a crescere (evolversi) in modo che le sue strutture siano in armonia coerente tra loro, è cioè la tendenza dell’individuo a coordinare ed organizzare le proprie strutture mentali in modo coerente.

234 6. Il cognitivismo Piaget – Gli invarianti funzionali- -L’adattamento è il risultato dell’equilibrio dinamico tra individuo e ambiente, tramite due processi: Assimilazione:che si ha quando le nuove conoscenze o esperienze vengono assimilate, inglobate nelle strutture stesse. In Accomodamento: che è il processo di adeguamento delle strutture alle niuove conoscenze.

235 6. Il cognitivismo Piaget – Gli invarianti funzionali- L’equilibrio tra assimilazione e accomodamento dà luogo all’adattamento, che per piaget è sinonimo di intelligenza. L’intelligenza costituisce quindi la capacità di adattarsi all’ambiente, di entrare in equilibrio con esso e di determinare la sopravvivenza stessa dell’individuo e della specie.

236 6. Il cognitivismo Piaget – le strutture variabili- Agli invarianti funzionali si contrappongono le strutture variabili, che sono tali proprio perché modificate progressivamente dagli invarianti funzuinali. Lo sviluppo mentale del bambino è descritto proprio in termini delle variazioni che subiscono tali strutture. Le strutture variabili sono quindi dei meccanismi di pensiero, degli schemi secondo i quali il soggetto approccia e determina la conoscenza.

237 6. Il cognitivismo Piaget – le strutture variabili- Le prime strutture cognitive del neonato sono chiamate schemi d’azione e coinvolgono in prevalenza la sensazione, la percezione e la motricità: ad esempio, i primi schemi d’azione sono il riflesso di suzione o di prensione. Questi schemi d’azione basilari si possono combinare tra loro in strutture più complesse chiamate schemi mentali, i quali, a loro volta, si organizzano in modo sempre più complesso, fino a determinare la nascita di strutture mentali vere e proprie.

238 6. Il cognitivismo Piaget –le strutture variabili- Schemi d’azione Schemi mentali Strutture mentali

239 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Piaget individua gli stadi evolutivi dell’uomo, caratterizzati da successive condizioni di equilibrio e da particolari strutture mentali, che sono il frutto dell’adattamento intelligente dell’individuo all’ambiente. La crescita dell’organismo, da un punto di vista strutturale e biologico, determina progressivamente nuovi livelli di maturità, i quali, a loro volta, danno origine a nuovi bisogni e quindi a ulteriori rotture di equilibrio che aprono la strada a nuovi apprendimenti. Ogni stadio è propedeutico al successivo, la sequenza degli stadi è fissa e universale independentemente dalla cultura.

240 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- L’evoluzione è pertanto un processo in parte continuo (sviluppo all’interno dello stadio), in parte discontinuo (passaggio da uno stadio all’altro). Piaget individua 4 stadi: -Stadio senso-motorio: 0-2 anni, composto da 6 sotto-stadi. -Stadio pre-operatorio: 2-7 anni, costituito da 2 sottostadi. -Stadio delle operazioni concrete: 7-12 anni. -Stadio delle operazioni formali: 12-16 anni. Le età indicate non sono categoriche.

241 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: va dagli 0 ai 2 anni si sufìddivide in 6 sotto-stadi caratterizzati da strutture mentali semplici chiamate schemi. Il primo sotto-stadio va da 0 al primo mese ed è caratterizzato da schemi d’azione innati come ad es. La suzione quando si appoggia il dito sul labbro, la prensione della mano quando si appoggia il dito sul palmo

242 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: Il secondo sotto-stadio va da 1-4 mesi, il neonato inizia a connettere tra loro i riflessi, effettuando le prime coordinazione degli schemi dette reazioni circolari primarie (primarie perchè riguardano il bambino). I movimenti prima effettuati per caso ora vengono ripetuti (circolari), quindi possiamo dire che c’è stato apprendimento. Ad es. Portare il dito alla bocca per succhiarlo, se il bambino sente un suono si gira verso di esso. Il bambino fa i primi vocalizzi.

243 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: In questi 2 primi sotto-stadi il bambino è caratterizzato da quello che Piaget chiama egocentrismo radicale, cioè non distingue ancora tra se stesso e l’ambiente circostante. Il bambino non è cosciente del fatto che il braccio che egli muove sia il suo: questo movimento si confonde con quelli dell’ambiente esterno. L’egocentrismo radicale si conclude con la fine di questo stadio, quando il bambino prende coscienza della differenza che esiste tra sé e il mondo esterno.

244 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: Il terzo sotto-stadio va dai 4-8 mesi, compaiono le reazioni circolari secondarie, cioè degli schemi coordinati ripetuti per piacere, definiti secondari perchè hanno effetto sull’ambiente, ad es. Un oggetto viene visto, afferrato e manipolato.

245 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: Il quarto sotto-stadio va dai 8-12 mesi in cui si ha il coordinamento delle rezioni circolari secondarie in schemi ancora più complessi, in cui le azioni hanno uno scopo come ad esempio quello di gattonare verso un oggetto per prenderlo. In questo stadio inizia a manifestarsi il concetto di permanenza dell’oggetto. Dal punto di vista del linguaggio il bambino inizia a pronunciare sequenze sillabiche come mamma o pappa ma che non hanno significato e non sono parole.

246 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: Nei tre primi sotto-stadi il bambino concepisce l’esistenza di un oggetto solo se esso è visibile e se viene percepito. Se quell’oggetto scompare dal suo campo di azione, allora esso non esiste più e il bambino non tende a cercarlo. Il concetto di permanenza dell’oggetto fa sì che il bambino inizi a considerare gli oggetti come permanenti, ossia esistenti anche se scompaiono dal suo campo di azione.

247 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: Il quinto sotto-stadio va dai 12 ai 18 mesi, è caratterizzato dalle reazioni circolari terziarie, in cui affina le azioni che ha imparato a svolgere, ad esempio lascia cadere gli oggetti per sentire il suono e osservarne le traiettorie. Il linguaggio è olofrastico cioè pronuncia le prime parole che però hanno significato di intere frasi, come ad esempio pappa può voler dire voglio la pappa.

248 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: Il sesto sotto-stadio va dai 18 ai 24 mesi, in questo periodo emerge la funzione simbolica, cioè il bambino sviluppa rappresentazioni mentali di oggetti che non sono presenti e azioni che ha compiuto, può prefigurare l’effetto di una sua azione perche l’ha prima riprodotta mentalmente. Ad esempio nel tentativo di aprire la porta con entrambe le mani occupate appoggia uno dei due giochi e poi la apre.

249 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio senso motorio: Il sesto sotto-stadio Lo sviluppo del linguaggio gli permette di riferirsi a situazioni passate o immaginarie, si riferisce ad oggetti non presenti, di cui ha acquisito immagini mentali (Edo con l’aereo).

250 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio va dai 2 ai 7 anni e si suddivide in due sotto-stadi o fasi, che evidenziano strutture mentali sempre più complesse. Tuttavia, questo stadio si caratterizza principalmente per compiti o operazioni che il bambino non riesce ancora a svolgere con successo. Difatti, egli non è approdato ancora ad un tipo di ragionamento che coinvolga operazioni logiche (da cui il termine preoperatorio).

251 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Il primo sotto-stadio è costituito dalla fase preconcettuale o del pensiero simbolico e va dai 2 ai 4 anni. In essa si afferma definitivamente la funzione simbolica che consente uno sviluppo notevole del linguaggio il bambino compie giochi di finzione sempre più complessi e riproduce azioni che ha visto fare. In questo stadio se il bambino vede 2 lumache in una squenza temporale pensano che siano le stesse.

252 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Il secondo sotto-stadio è costituito dalla fase del pensiero intuitivoe va dai 4 ai 7 anni. In questa fase il bambino usa un ragionamento di tipo intuitivo, basato sulla percezione dei fatti osservati senza avvalersi di un ragionamento fondato.

253 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio L’assenza del pensiero logico comporta una difficoltà nell’effettuare le classificazionidegli oggetti, ossia nel raggruppare gli stessi in modo coerente in base a Caratteristiche. Analogamente, vi è una difficoltà nella seriazione, ossia nell’abilità di ordinare oggetti secondo una data qualità. Si noti che la seriazione comporta l’acquisizione della proprietà transitiva: se A>B e B>C allora A>C.

254 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 1: dell’egocentrismo del pensiero o egocentrismo intellettuale. Ad esempio, osservando il Sole muoversi in cielo, il bambino associa il movimento dell’astro ad uno dei movimenti che egli stesso compie. Pertanto, anche il Sole, come il bambino, si sforza quando si muove, oppure si muove perché ha una qualche particolare intenzione o finalità. L’aspetto egocentrico del bambino consiste nell’attribuire al Sole una natura analoga alla propria.

255 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 1: dell’egocentrismo del pensiero o egocentrismo intellettuale. Ad esempio, osservando il Sole muoversi in cielo, il bambino associa il movimento dell’astro ad uno dei movimenti che egli stesso compie. Pertanto, anche il Sole, come il bambino, si sforza quando si muove, oppure si muove perché ha una qualche particolare intenzione o finalità. L’aspetto egocentrico del bambino consiste nell’attribuire al Sole una natura analoga alla propria.

256 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 1: animismo, ossia il fatto che il bambino attribuisca la vita (un’anima) agli oggetti. Il Sole si stanca quando si muove e vive perché ha uno scopo; la Luna ci segue quando facciamo una passeggiata.

257 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 1: artificialismo, ossia la tendenza a pensare che gli elementi naturali siano frutto della fabbricazione dell’uomo o siano creati da una realtà divina. Ad esempio, il Sole è stato acceso con un fiammifero, il lago è stato creato versando tanta acqua dai rubinetti fatti dagli uomini;

258 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 1: finalismo, ossia la credenza che qualsiasi fenomeno, oggetto o azione abbia uno scopo preciso; in particolare, tutto è sempre fatto per gli uomini o per i bambini. Ad esempio, la Luna esiste perché deve illuminare la notte, l’erba cresce perchè quando il bambino cade non si fa male.

259 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 1: l’egocentrismo è messo in evidenza dall’esperimento delle 3 montagne, in cui il bambino non riesce a concepire il punto di vista della bambola dalla parte opposta.

260 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 2: irreversibilità, cioè dopo aver rappresentato mentalmente un’azione che modifica una situazione di partenza, il bambino non riesce a prefigurarsi l’azione opposta che riporta la situazione modificata indietro a quella iniziale.

261 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 2: ad esempio l’irreversibilità emerge in un esperimento della non conservazione della quantità di liquido. Se egli fosse in grado mentalmente di prefigurare mentalmente l’azione inversa a quella svolta versando il contenuto di B in C, porterebbe il liquido di C di nuovo in B e dedurrebbe che la quantità di liquido in C è ancora uguale alla quantità di liquido in A. L’irreversibilità dell’azione lo ha ingannato.

262 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio

263 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 2: ad esempio l’irreversibilità emerge in un esperimento della non conservazione della quantità di liquido. Se egli fosse in grado mentalmente di prefigurare mentalmente l’azione inversa a quella svolta versando il contenuto di B in C, porterebbe il liquido di C di nuovo in B e dedurrebbe che la quantità di liquido in C è ancora uguale alla quantità di liquido in A. L’irreversibilità dell’azione lo ha ingannato.

264 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 2: il bambino come detto prima si affida alle sole percezioni, osserva un livello più alto e percepisce una quantità maggiore. Non è in grado di effettuare ragionamenti logici, ma solo intuitivi.

265 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 2: un altro esperimento effettuato con le 2 file di moneteo in cui è chiesto di indicare quale fila contiene più monete: la risposta è la fila 2. Il motivo è la maggiore lunghezza della fila. Anche in questo caso, vi è l’incapacità, ancora più evidente del caso precedente, di compiere l’azione inversa, cioè di spostare le monete nella loro posizione Originale.

266 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio

267 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Lo stadio preoperatorio è caratterizzato da 2 limiti: -Limite 2: in un altro esperimento si dimostra la non conservazione della sostanza (di un solido): si parte da due palline di plastilina uguali, di cui una viene deformata in un ellissoide. Un altro esempio mostra il limite del concetto del tutto e di una sua parte: es. Collana di perle di legno. Anche in questo caso il bambino non riconosce la conservazione della quantità di sostanza.

268 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio

269 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio pre-operatorio Sebbene si osservino i limiti visti in precedenza, lo stadio preoperatorio vede la conquista di due importanti concetti. Il primo è il concetto di identità, cioè, se un liquido viene travasato da un bicchiere ad un altro di forma diversa, il bambino fino ai 4 anni dice che non si tratta più dello stesso liquido, ma di altro liquido, oppure se un fil di ferro diritto viene curvato, esso non è lo stesso di prima, ma è un altro fil di ferro. Dai 5 anni in poi, il bambino invece sostiene che si tratta ancora della stessa acqua e dello stesso filo.

270 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio delle operazioni concrete Va dai 7 ai 12 anni, il bambino abbandona il pensiero intuitivo per approdare ad u pensiero logico. Ad esempio riesce a fare operazioni di classificazione ad esempio se si uniscono le classi di perle nere e bianche si costituisce la classe delle perle di legno, qusta operazioni di somma delle classi implica anche la sottrazione cioè dalle perle di legno sottraendo le perle bianche ottengo le perle nere, quindi risece a fare operazioni di reversibilità.

271 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio delle operazioni concrete Riesce inoltre a moltiplicare le classi, cioè può raggruppare oggetti con 2 caratteristiche differenti costituendo una nuova classe, ad esempio trinagoli verdi. Riescono inoltre a fare operazioni di seriazione, cioè se A A.

272 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio delle operazioni concrete Avviene inoltre la progressiva scomparsa dell’egocentrismo,

273 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio delle operazioni formali. Avviene inoltre la progressiva scomparsa dell’egocentrismo, Lo stadio delle operazioni formali va dai 12 ai 16 anni. In questo periodo, l’adolescente continua a svolgere operazioni di classificazione (additiva e moltiplicativa) e di seriazione (additiva e moltiplicativa), ma è in grado di farlo anche su idee e conoscenze astratte: “Edith è più bionda di Susan che è più castana (scura) di Lilli. Quale delle tre è più scura?”

274 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio delle operazioni formali. Nello stadio delle operazioni concrete l’uso di termini complementari (biondo, castano) e la relativa astrazione del problema (Edith, Susan e Lilli non sono fisicamente presenti) impediscono al bambino di risolvere correttamente il problema. Ciò, invece, non accade nella fase delle operazioni formali: in questo stadio, infatti, il bambino riesce ad applicare le operazioni di classificazione e seriazione anche su cose non visibili che non sono di fronte a lui.

275 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio delle operazioni formali. Un esempio è l’esperimento di Piaget sul pendolo. Si chiede a un adolescente nello stadio delle operazioni formali di svolgere un esperimento con un pendolo. Gli adolescenti nel periodo formale affrontano il problema in modo sistematico e organizzato, bloccando di volta in volta tutte le grandezze tranne una e osservando, in corrispondenza di variazioni di quella grandezza, se il periodo del pendolo varia. Questo vuol dire ragionare in modo formale.

276 6. Il cognitivismo Piaget –lo sviluppo come equilibrio: gli stadi di sviluppo- Stadio delle operazioni formali.

277 6. Il cognitivismo Piaget –la pedagogia- Piaget si è occupato pazialmente degli aspetti pedagogici delle sue teorie psicologiche. Tuttavia, l’approccio suggerito è sperimentale e scientifico. La teoria psicologica da lui elaborata dovrebbe aiutare l’educatore a proporre al bambino attività che siano per lui significative in base allo sviluppo biologico e intellettivo raggiunto. Pertanto, i problemi di classificazione e seriazione concreta vanno proposti ad una certa età, per poi lasciare spazio a quelli di tipo astratto. Questi problemi possono dare all’educatore anche un feedback importante sul livello cognitivo raggiunto dall’alunno.

278 6. Il cognitivismo Piaget –la pedagogia- Piaget afferma che gli insegnanti dovrebbero avere una formazione adeguata di carattere psicologico per valorizzare le teorie evolutive nella loro pratica pedagogica. Sottolinea inoltre che è importante una collaborazione di gruppo e tra il gruppo e l’insegnante.

279 6. Il cognitivismo Vigotskij È considerato il massimo esponente della scuola storico- culturale, secondo la quale lo sviluppo delle facoltà psichiche non è solo influenzato da fattori biologici, ma anche da fattori storici, sociali e culturali. Nella sua breve vita, Vygotskij ha avuto modo di apportare contributi determinanti allo studio delle modalità con le quali linguaggio e simboli sviluppano le funzioni cognitive. Inoltre, ha fornito spunti interessanti sulla validità pedagogica del gioco e ha introdotto il concetto di zona di sviluppo prossimale.

280 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Vygotskij parte dagli esperimenti sull’insight di Kohler. Prima che si sviluppi il linguaggio, l’uso che i bambini fanno degli strumenti è simile a quello delle scimmie di Kohler, cioè di fronte ad un compito da svolgere o ad un problema da risolvere con uno strumento fanno tentativi confusi e caotici; con l’insorgere del linguaggio, ossia di uno strumento simbolico, questi atteggiamenti sembrano svanire gradualmente.

281 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Il linguaggio interiore: Un bambino per risolvere un compito con utilizzo di strumenti parla mentre esegue il compito. Questo parlare sempbr auna necessità, egli descrive le azioni che sta eseguendo esembra che azioni e azioni siano correlate, se si impedisce al bambino di oarlare con una scusa, anche le azioni si bloccano. Più il compito è complesso maggiore è la tendenza del bambino a parlare. Questo fenomeno era stato già osservato da Piaget secondo il quale questo parlare era un linguaggio egocentrico, senza significato cognitivo.

282 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Il linguaggio interiore: Secondo Vigotskij il linguaggio egocentrico invece ha un significato cognitivo, il bambino sta ragionando ad alta voce, analogamente agli adulti che invece hanno un linguaggio interiore. Quindi il linguaggio egocentrico del bambino è un linguaggio interiore che si palesa con uun limguaggio esteriore.

283 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Il linguaggio come autostimolazione e a utoregolazione: Il linguaggio aggiunge alle capacità del bambino i seguenti fattori: -la moltiplicazione di stimoli. Mentre svolge un dato compito, il bambino riceve stimoli dal suo campo visivo, dagli attrezzi che vede in esso o dai dettagli che osserva. Fino a questo punto nulla lo distingue dallo scimpanzé. Usando il linguaggio, il bambino è in grado di creare un’ulteriore catena di stimoli.

284 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Il linguaggio come autostimolazione e a utoregolazione: Il linguaggio aggiunge alle capacità del bambino i seguenti fattori: -La funzione autoregolativa: cioè sembra che il linguaggio serva al bambino per pianificare le azioni da svolgere successivamente e quindi questo rende il bambino più riflessivo e meno impulsivo e spontaneo.

285 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Il linguaggio sociale: In altri esperimenti il problema proposto al bambino è tale da non poter essere risolto da solo, tuttavia la soluzione è strutturata in modo che egli possa individuarla, ma non attuarla. I bambini a questo punto chiedono aiuto allo sperimentatore che è lì presente utilizzando il linguaggio sociale. Questo non è una semplice richiesta di aiuto ma nel chiedere agli sperimentatori i bambini ipotizzano allo sperimentatore una risoluzione del problema, ma che non sono in grado di attuarla.

286 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Il linguaggio sociale: Pertanto, il linguaggio egocentrico, che consisteva nel parlare a se stessi, diventa ora un linguaggio sociale, con il quale ci si rivolge agli altri. linguaggio egocentrico e linguaggio sociale sono due caratteristiche interdipendenti e strettamente correlate. Difatti, quando lo sperimentatore esce, senza aiutare il bambino, questi inizia a rivolgere il linguaggio verso se stesso, continuando a illustrare i passaggi risolutivi che ha pianificato, ma che non ha ancora attuato.

287 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Il linguaggio sociale: Inoltre il linguaggio assume progressivamente una funzionalità diversa nello svolgimento del compito. Mentre nelle prime fasi accompagna l’azione, come un commento, ed è provocato dalla stessa, nelle fasi successive diventa uno strumento di programmazione delle azioni, quindi è il linguaggio che guida le azioni.

288 6. Il cognitivismo Vigotskij –La funzione del linguaggio nello sviluppo- Verso i 7-10 anni, il linguaggio interiore progressivamente si afferma; questo fenomeno conduce alla differenziazione nella forma espressiva tra i due tipi di linguaggio (egocentrico e sociale). Il linguaggio rivolto a se stesso di tipo egocentrico diventa essenzialmente un linguaggio interiore, con forme minime (sussurri o brevi frasi) di comunicazione esterna, mentre il linguaggio sociale, rivolto agli altri, resta di tipo esteriore. Negli adulti la forma di linguaggio egocentrico di tipo esteriore è quasi del tutto rimossa, tuttavia, anche in essi riaffiora soprattutto in situazioni di difficoltà. Anche gli adulti ragionano, talvolta, ad alta voce.

289 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori Un esperimento che Vygotskij ha realizzato con bambini di età compresa tra i 4 e i 6 anni: essi vengono posti di fronte ad una tastiera composta da 5 tasti e vengono addestrati in modo che ad un determinato stimolo visivo (un’immagine) devono premere un certo tasto. In questo esperimento occorre coordinare la sensazione e la percezione (l’immagine che viene vista) con la memoria (il tasto da premere) e con le abilità motorie (la pressione di un tasto).

290 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori Questo compito sembra estremamente difficile per i bambini che, tipicamente, non lo svolgono correttamente: il loro comportamento, infatti, sembra procedere a tentoni. Muovono le mani sulla tastiera, avanti e indietro, cercando il tasto giusto, sembra procedano come gli animali per tentativi ed errori. Questi movimenti esitanti segnalano il fatto che i bambini stanno lavorando con sensazione, percezione, memoria e abilità motorie, come se si trattasse di un tutt’uno.

291 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori Nella seconda fase dell’esperimento delle tessere vengono poste sui tasti, grazie a questo ulteriore stimolo i bambini riescono a risolvere il compito agevolmente. È come se prima pensassero la scelta, elaborando la percezione e i contenuti della memoria, e poi svolgessero l’azione scelta. In questo caso è come se il sistema percezione/memoria, che deve operare la scelta, si sia separato dal sistema motorio che deve, invece, eseguirla.

292 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori Questa divisione dei sistemi funzionali è quella che Vigotskij Chiama barriera funzionale, ed è stata introdotta dai simboli applicati sui tasti. L’introduzione dei simboli non solo separa ragionamento da azione, ma permette di compiere una vera e propria scelta (non un tentativo) del tasto da premere.

293 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori Si noti che l’utilizzo dei simboli ha determinato, in pratica, lo stesso tipo di comportamento ragionato e auto-regolato che in altri esperimenti era stato causato dal linguaggio. In altri casi, l’uso del linguaggio aveva guidato l’azione, così come i simboli in questo caso fungono da guida. L’introduzione dei simboli interrompe il comportamento naturale e animale dell’uomo e lo porta a compiere funzioni psichiche superiori.

294 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori- L’essere umano, a differenza dell’animale, può disporre di due tipi di funzioni psichiche: -Le funzioni psichiche inferiori, che sono tipiche anche degli animali e si caratterizzano per la fusione del funzionamento percettivo/mnemonico con quello motorio. Ad esempio, queste funzioni permettono di utilizzare un arnese o un attrezzo con le mani, sono il risultato di una evoluzione biologica.

295 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori- -Le funzioni psichiche superiori, che entrano in gioco quando si usano sistemi simbolici come il linguaggio. Anche simboli e linguaggio sono degli “strumenti”, diversi da quelli più propriamente “fisici”. Queste funzioni permettono di svolgere compiti e attività di livello superiore rispetto agli animali e sono un riflesso non solo dell’evoluzione biologica dell’uomo, ma anche del suo sviluppo storico, culturale e sociale.

296 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori- Quindi l’evoluzione dell’uomo non è influenzata solo da fattori biologici ma anche da fattori sociali e culturali.

297 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori- L’uomo, per compiere una determinata azione o un dato compito,cioè per fornire una certa risposta (R), secondo il classico paradigma comportamentista, può servirsi di uno stimolo diretto esterno S.

298 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori- Oppure per potenziare le proprie funzioni psichiche, oltre a raccogliere gli stimoli visivi o uditivi che provengono dall’ambiente esternol’uomo crea dei propri stimoli, autogenerati, e con i quali migliora le sue capacità psichiche. Questi stimoli auto-generati possono essere rappresentati da un sistema simbolico. In questo caso, allo stimolo S si sostituisce un legame intermedio che passa attraverso ciò che Vygoskij chiama lo stimolo-mezzo X che permette all’uomo di fornire la risposta con maggiori potenzialità.

299 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori-

300 6. Il cognitivismo Vigotskij –La formazione dei concetti- Lo sperimentatore prende un blocco, “Questo è un Gur. Vuoi trovarmi gli altri Gur?”.Il bambino inizia una serie di prove e raggruppa nei Gur altri oggetti che ritiene appartenenti allo stesso insieme. A questo punto lo sperimentatore, di fronte alla prova quasi sicuramente errata, ha due scelte: sollevare uno degli elementi selezionati errati e dire “Questo è un Pok”, oppure prendere uno degli elementi corretti, ma non selezionati, e dire “Anche questo è un Gur”. Quindi, invita il bambino ad una seconda prova, perché vuole osservare se è in grado di formare progressivamente il concetto di Gur (inteso come oggetto piccolo e quadrato).

301 6. Il cognitivismo Vigotskij –Le funzioni psichiche superiori-

302 6. Il cognitivismo Vigotskij –La formazione dei concetti- Quindi, invita il bambino ad una seconda prova, perché vuole osservare se è in grado di formare progressivamente il concetto di Gur (inteso come oggetto piccolo e quadrato). Nella prima fase definita sicretismo il bambino sceglie oggetti a caso e procede per prove ed errori, la parola Gur è priva di senso.

303 6. Il cognitivismo Vigotskij –La formazione dei concetti- In una seconda fase chiamata dei complessi inizia a raggruppare oggetti secondo una certa logica e si ha una progressiva associazione della parola a delle caratteristiche comuni. Il significato della parola inizia a prendere forma in un’entità che non è ancora un concetto, e che viene definita complesso.

304 6. Il cognitivismo Vigotskij –La formazione dei concetti- Infine il bambino approda alla fase finale in cui ha associato alla parola Gur il significato di oggetto piccolo e quadrato.

305 6. Il cognitivismo Vigotskij –relazione sviluppo apprendimento- Vigotskji delinea il rapporto tra sviluppo e apprendimento (lui parla di istruzione), partendo dalle 3 teorie maggiori del tempo: -Piaget: apprendimento e sviluppo sono sconnessi e indipendenti. Lo sviluppo avviene per tappe biologiche ben delineate e un bambino apprende quando è pronto da un punto di vista biologico. L’istruzione segue lo sviluppo.

306 6. Il cognitivismo Vigotskij –relazione sviluppo apprendimento- -Thorndike: approccio comportamentista, l’apprendimento determino lo sviluppo, istruzione e sviluppo procedono in parallelo. -Koffa: lo sviluppo può essere visto sia come apprendimento (Thorndike) sia come maturazione (Piaget). Partendo dall’approccio di Koffa, Vigotskji propone la zona di sviluppo prossimale.

307 6. Il cognitivismo Vigotskij –Zona di sviluppo prossimale- È la teoria di Vigotskji sulla relazione da istruzione (apprendimento) e sviluppo. Secondo V. oltre al livello di sviluppo attuale, occorre porre attenzione alla zona di sviluppo prossimale, ossia a quell’insieme di concetti che il bambino, adeguatamente indirizzato, è in grado di comprendere nell’immediato.

308 6. Il cognitivismo Vigotskij –Zona di sviluppo prossimale- Se abbiamo due bambini di 8 anni. Prendiamo il primo e tramite guide e aiuto gli facciamo compiere dei compiti da bambini di 9 anni, la sua zona di sviluppo prossimale è 9-1= 1. Prendiamo il secondo bambino e opportunamente guidato gli facciamo compiere compiti da bambini di 12 anni, la sua zona di sviluppo prossimale è di 12-8= 4. La zona di sviluppo prossimale è un fattore che, più del livello di sviluppo attuale, può indicare il nesso esistente tra l’istruzione e lo sviluppo.

309 6. Il cognitivismo Vigotskij –Zona di sviluppo prossimale- La zona di sviluppo prossimale rappresenta quella dinamica positiva secondo la quale l’istruzione precede lo sviluppo, aspetto che già la teoria di Koffka aveva delineato. In altre parole, l’istruzione nella zona di sviluppo prossimale causa (o precede) lo sviluppo.

310 6. Il cognitivismo Vigotskij –Aspetti pedagogici della ZSP- Da un punto di vista strettamente pedagogico, Vygotskij afferma che i problemi e le attività proposte all’alunno devono essere presenti nella zona di sviluppo prossimale, e per lo svolgimento di queste attività deve essere guidato dal maestro o da alunni già esperti. I concetti devono essere generali per permettere ai bambini di avere un’ampia zona di svilupo porssimale, per poi diventare più specifici in età adulta per essere utili alla società.

311 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- V. sostiene che esistono due tipologie di concetti: quelli scientifici e quelli spontanei. I punti forti di un tipo di concetto risultano essere i punti critici dell’altro e viceversa.

312 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- -I concetti scientifici sono organizzati in un sistema coerente di conoscenza e godono di relazioni che li collegano. Sono concetti di tipo formale, spesso distaccati dall’esperienza personale del bambino: di solito non è possibile farne un uso spontaneo ed empirico. Sono concetti generalmente astratti, tuttavia hanno il vantaggio che, se padroneggiati, possono essere applicati in modo veloce e sicuro. Solitamente i concetti scientifici sono appresi in un contesto formale come quello scolastico.

313 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- -I concetti spontanei (o quotidiani) provengono dall’esperienza quotidiana e non sono organizzati in un sistema coerente di conoscenza; non godono di relazioni puntuali e stringenti che li collegano. Sono facilmente riconducibili ad un uso empirico, risultano chiaramente comprensibili, hanno la caratteristica dell’evidenza diretta e della concretezza, della tangibilità. Sono appresi in un contesto informale, nella vita di tutti i giorni, con l’esperienza diretta.

314 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- Ad esempio, un concetto spontaneo può essere quello di caldo e di freddo che viene appreso dall’esperienza quotidiana. Se però dobbiamo stabilire una scala di caldo tra molteplici contenitori di acqua dobbiamo avvalerci di un concetto scientifico come quello di temperatura.

315 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- Il concetto spontaneo nasce da un’osservazione empirica e diretta di un oggetto, da un fenomeno o da una situazione reale e dopo un processo di maturazione il bambino diventa realmente consapevole dell’oggetto e quindi lo trasforma in un concetto con il quale riesce a lavorare in astratto. Il percorso parte da una situazione elementare per giungere ad una più complessa, Il percorso va dal basso verso l’alto..

316 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- Il concetto scientifico, invece, percorre la direzione opposta: in un contesto formale esso viene introdotto in modo indiretto, ossia mediato da linguaggio, scrittura o immagini. Il percorso parte questa volta dal concetto astratto e si muove verso la cosa reale, empirica, verificabile sul campo, secondo un percorso che può essere definito dall’alto verso il basso.

317 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- Il passaggio da un concetto spontaneo ad un concetto scientifico può avvenire solo quando il concetto spontaneo si fa strada verso l’alto, diventa particolarmente maturo nell’osservazione e nell’esperienza del bambino da permettergli di aprire la strada ad un concetto scientifico. D’altra parte, il concetto scientifico deve farsi strada verso il basso, preparando quelle strutture formali che poi possano contenere i concetti spontanei

318 6. Il cognitivismo Vigotskij –concetti spontanei e concetti scientifici- Senza questa unione, i concetti scientifici restano aridi, puramente mnemonici e incomprensibili, mentre i concetti spontanei restano vaghi, approssimativi e scorrelati. Come si può stabilire questa connessione tra concetti spontanei e scientifici? Il legame è individuato dalla zona di sviluppo prossimale. Quando il livello di maturazione di un concetto spontaneo è nella zona di sviluppo prossimale, allora deve essere proposta all’alunno un’attività, guidata dall’insegnante, che possa ricondurre tale concetto verso una comprensione profonda, che abbia le caratteristiche della scientificità.

319 6. Il cognitivismo Vigotskij –Immaginazione e regole- I giochi fatti dai bambini in età prescolare sono giochi di di immaginazione, dove il bambino immagina di essere qualcuno. Tuttavia, sebbene siano immaginari, questi giochi riproducono situazioni che il bambino ha visto nella realtà. Vygotskij sostiene che, laddove c’è una situazione immaginaria di gioco, allora vi sono delle regole, che sono di solito dettate dalla situazione immaginaria stessa: non è possibile pensare ad un bambino che agisce in una situazione immaginaria senza regole.

320 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato- Si pensi ad un bambino che gioca a cavalcioni di una scopa, sbattendo i piedi a terra: egli immagina di cavalcare un cavallo. In quell’istante il bambino ha dissociato il significato di cavallo dall’organismo vivente con il quale era stabilmente associato. Il bambino tipicamente associa il significato di cavallo con l’animale che osserva nella realtà, ma in questo caso il significato è dissociato da tale visione e attribuito ad un altro oggetto, ossia la scopa.

321 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato-

322 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato- Quell’oggetto ora racchiude il significato di “cavallo”. Il significato dell’oggetto viene liberato dall’oggetto stesso con il quale era stabilmente fuso: si tratta di un primo livello di astrazione. Tuttavia, Vygotskij nota che per compiere questo passaggio di dissociazione del significato dall’oggetto vero e proprio, il bambino ha bisogno di un perno, ossia di un oggetto che dia modo di svolgere questo compito.

323 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato- L’astrazione resta sempre legata ad un oggetto che, però, deve avere delle forme e delle caratteristiche specifiche, come la scopa. Il bambino non cavalcherà mai un fiammifero dicendo che è un cavallo.

324 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato- Nella realtà il bambino agisce sempre secondo una dinamica che è del tipo oggetto-significato, ossia l’oggetto stesso viene prima del significato: in altre parole, la realtà e l’immanenza dell’oggetto determinano il suo significato. Nel gioco questo rapporto si ribalta, diventa del tipo significato-oggetto. In altre parole, l’aver attribuito un significato ad un oggetto prevale sulla visione reale dell’oggetto stesso.

325 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato- Quanto detto per gli oggetti vale anche per le azioni, le azioni hanno un significato nella vita reale, infatti vengono svolte per la loro reale finalità, per ottenere, cioè, l’effetto che producono, pertanto in esse il rapporto è del tipo azione- significato. Nel gioco, invece, il significato prevale sull’azione, per cui il rapporto si inverte, diventando del tipo significato-azione

326 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato- Ad esempio, il far finta di mangiare muovendo le dita e portandole alla bocca non è un gesto compiuto per la finalità dell’azione stessa, ma per il significato che essa porta con sé.

327 6. Il cognitivismo Vigotskij –inversione dei rapporti oggetto/significato e azione/significato- Mentre l’inversione del rapporto oggetto-significato produce un passaggio evolutivo verso un livello di astrazione, l’inversione azione-significato opera nel senso della volontà e della capacità di fare scelte consapevoli.

328 6. Il cognitivismo Vigotskij – Il gioco nella zona di sviluppo prossimale- Vygotskij sostiene che, sebbene il gioco riproduca situazioni di vita reale, esso non è un’attività analoga alla vita reale. Esistono due differenze sostanziali: il significato delle regole nel gioco sono autoassegnate; il cambio di rapporto tra oggetto e significato e tra azione e significato..

329 6. Il cognitivismo Vigotskij – Il gioco nella zona di sviluppo prossimale- Tuttavia, è vero che il gioco determina una zona di sviluppo prossimale molto vasta e potente nel bambino, in quanto: il bambino agisce con modalità che sono al di sopra della sua età, ad esempio assume ruoli da adulto, come il dottore, la mamma o la Maestra, inoltre il bambino agisce con dinamiche che sono più complesse di quelle della sua vita reale, in quanto inverte i rapporti significato-oggetto e significato-azione, raggiungendo un livello di astrazione e compiendo passi verso la capacità di fare scelte consapevoli.

330 6. Il cognitivismo Vigotskij – Evoluzione del gioco- Secondo V. Il gioco evolve in questi stadi: La prima tappa è caratterizzata dal gioco in età prescolare o nei primissimi anni di età scolare: si tratta di un gioco di immaginazione con regole che il bambino si assegna per giocare. Queste regole sono nascoste, non sono evidenti, ma vincolano il comportamento del bambino. Ora, il bambino, per sua natura, avrebbe pulsioni a non seguire regole (come avviene sovente nella realtà); eppure, nel gioco, decide di fermare queste pulsioni e stabilire delle regole di comportamento, dominando i suoi impulsi.

331 6. Il cognitivismo Vigotskij – Evoluzione del gioco- Secondo V. Il gioco evolve in questi stadi: In seguito il gioco evolve verso uno scopo, ad esempio una corsa tra 2 bambini diventa una gara dove lo scopo è quello di vincere, le regole quindi in questo caso sono chiare. Col progredire dell’età si affrontano giochi nei quali le regole sono sempre più evidenti e sempre più complesse: la complessità delle regole diventa la stessa fonte di diletto per chi gioca.

332 6. Il cognitivismo Bruner

333 6. Il cognitivismo Bruner Jerome Seymour Bruner (New York, 1915-2016) è uno studioso americano che ha fornito contributi rilevanti nel campo della psicologia cognitiva, aderendo inizialmente al movimento psicologico chiamato New look. Il suo interesse si è ampliato anche al campo dell’educazione e le teorie da lui elaborate hanno riscosso notevole successo, rendendolo uno dei pedagogisti di riferimento dell’età contemporanea.

334 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- I primi studi di Bruner si rivolgono al campo della psicologia cognitiva, la scienza che studia i processi mentali, come la percezione, l’apprendimento, la memoria, l’attenzione, il linguaggio. Bruner aderisce a una corrente psicologica denominata New look on perception (“Un nuovo sguardo sulla percezione”), che viene anche chiamata semplicemente New look.Essa intende la percezione e gli altri processi mentali come processi attivi, nei quali concorrono anche i bisogni, le motivazioni e gli stati emotivi di un soggetto

335 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- In risposta all’impostazione comportamentista, Bruner ritiene che i meccanismi percettivi non si possano ridurre ad una mera dinamica di interazione stimolo-risposta. Ma vi è anche una critica anche alla visione attiva e statica della percezione, proposta dalle leggi immutabili della Gestalt. Esistono delle modalità attive con le quali la mente percepisce, ma queste modalità sono variabili e fortemente influenzate da fattori motivazionali, da esperienze pregresse e dalle aspettative del soggetto.

336 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Esistono delle modalità attive con le quali la mente percepisce, ma queste modalità sono variabili e fortemente influenzate da fattori motivazionali, da esperienze pregresse e dalle aspettative del soggetto

337 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- La tesi di Bruner è avvalorata da due esperimenti che andiamo a citare, prima però definiamo due fattori che influenzano la percezione: -Fattori autoctoni, rappresentati dalle proprietà del sistema nervoso e da quelle degli organi sensoriali e dei tessuti nervosi. Questi fattori sono di carattere fisico, chimico per tale motivo sono ben prevedibili.

338 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- -Fattori comportamentali, che rappresentano le funzioni adattive dell’organismo, come l’apprendimento, la motivazione, i bisogni, le attitudini. Dietro questi fattori, di carattere sociale, vi sono dei meccanismi psicologici. Questi fattori devono essere tuttora scoperti e sono quelli che maggiormente caratterizzano il modo di concepire la percezione, secondo la New look.

339 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Pertanto, ciò che viene percepito dall’organismo è un’opportuna mediazione operata dai fattori autoctoni e da quelli comportamentali, questi ultimi sono oggetto di studio del lavoro di Bruner. L’esperimento è effettuato su tre gruppi di bambini di 10 anni: il gruppo A proviene da famiglie agiate, il gruppo B da famiglie indigenti e il gruppo C è un gruppo di controllo. Uno per volta, i bambini si siedono davanti a una piccola scatola chiusa di legno, con il volto rivolto alla parete trasparente.

340 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Su questa parete è proiettata una luce circolare L, che può essere ingrandita o rimpicciolita dal bambino con una manopola M. Ai gruppi A e B vengono date delle monete che devono tenere in mano a una certa distanza dalla parete della scatola su cui è proiettata la luce circolare. Usando la manopola M, i bambini devono regolare la grandezza della luce circolare in modo da farla risultare identica per dimensione alla moneta.

341 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Ai bambini del gruppo di controllo C vengono dati dei cartoncini di dimensioni pari a quelle delle monete: essi, però, non sanno che tali dimensioni sono identiche. Questi bambini devono svolgere lo stesso compito dei precedenti. Il risultato è sorprendente, i bambini del gruppo C delineano figure luminose circolari grandi come quelle dei cartoncini, mentre i bambini dei gruppi A e B arrivano a determinare cerchi luminosi più grandi anche del 30% rispetto alle dimensioni delle monete.

342 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Per spiegare tale risultato Bruner nota che i bambini del gruppo C lavorano prevalentemente con i soli fattori percettivi autoctoni, pertanto la loro percezione delle dimensioni del cartone circolare è simile a quella del cartoncino vero e proprio. I bambini dei gruppi A e B, influenzati dal valore sociale della moneta che hanno in mano, tendono ad attribuire ad essa dimensioni maggiori di quelle reali. In questi bambini i fattori comportamentali, provenienti dal campo sociale e culturale, influenzano la percezione dell’oggetto stesso.

343 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Il gruppo A di bambini ricchi tende a sovrastimare la dimensione della moneta, con valori che raggiungono il 20% in più. Il gruppo B, quello dei bambini indigenti arrivano a sovrastimare la dimensione della moneta fino al 40% in più della sua dimensione reale. Pertanto, il fattore comportamentale aumenta quando aumenta il bisogno delle monete, ossia di oggetti che hanno un valore sociale.

344 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition-

345 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Un secondo esperimento è condotto su studenti ai quali vengono mostrate rapidamente cinque carte da gioco, una per volta, mediante una proiezione della loro immagine su un muro. Alcune carte sono quelle usuali, altre sono insolite, in quanto il colore del seme è scambiato. Ad esempio, il tre di cuori, invece si essere di colore rosso, è di colore nero, mentre il sei di picche, invece di essere di colore nero, è di colore rosso. Ciascuna carta è mostrata per intervalli di tempo sempre crescenti da 10 ms (millisecondi) fino a 1 secondo, fino a quando non è identificata correttamente dallo studente.

346 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Le carte insolite vengono riconosciute correttamente più tardi o non riconosciute affatto dagli studenti, ossia non bastano le ultime esposizioni di 1 secondo per identificare l’anomalia.

347 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Questo mostra che, quando un osservatore entra in contatto con un campo percettivo insolito (la carta insolita), egli tarda a riconoscerne le anomalie, le differenze con le sue usuali esperienze (le carte usuali). Soprattutto per tempi brevi e per le prime esposizioni, lo spettatore tende a ricondurre il campo insolito ad un campo percettivo usuale. Alcune volte, non si accorge minimamente delle anomalie e rimane dell’idea che ciò che ha visto è l’usuale campo percettivo.

348 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- L’esperimento dimostra che i fattori relativi al nostro vissuto precedente (a ciò che ci aspettiamo di vedere) e i fattori di tipo emotivo influenzano la percezione (ritornano i fattori comportamentali). Tendiamo a resistere ad una novità percettiva, riconducendola a qualcosa di solito e resistendo ad ammettere un fattore di novità. Questo secondo comportamento diventa fondamentale nell’apprendere una novità che non si inquadra nelle conoscenze già possedute: è lo stesso fattore che impedisce di compiere una scoperta innovativa

349 6. Il cognitivismo Bruner –New look on percepition- Si tratta di un fattore che ci permette di economizzare i nostri sforzi percettivi, conformandoli ad esperienze precedenti, ma nel frattempo limita la possibilità di percepire in modo originale una situazione nuova. Pertanto, Bruner asserisce che esistono dei fattori (esperienze pregresse, abitudini, emozioni, bisogni e aspettative) che influenzano la percezione della realtà.

350 6. Il cognitivismo Bruner –Teoria dello sviluppo cognitivo- Per formulare tale teoria, Bruner parte dai precedenti studi di Piaget e Vygotskij. Per Piaget lo sviluppo del bambino è di carattere biologico. Vi sono delle età biologiche che corrispondono, in modo piuttosto rigido, a stadi evolutivi. L’istruzione è un processo slegato dallo sviluppo, può intervenire in esso solo quando il bambino è maturo.

351 6. Il cognitivismo Bruner –Teoria dello sviluppo cognitivo- Per Vygotskij lo sviluppo è determinato anche da fattori socioculturali, che si sommano a quelli biologici. Lo sviluppo non è solo rappresentato dal livello cognitivo raggiunto dal bambino, ma anche da cosa il bambino è in grado di fare in modo assistito (la zona di sviluppo prossimale). L’istruzione può indurre lo sviluppo del bambino. Bruner fa una sintesi delle due teorie, da Piaget prende la capacità esplorativa,e gli schemi, mentre da Vigotskji l’influenza storico sociale e culturale.

352 6. Il cognitivismo Bruner –Teoria dello sviluppo cognitivo- Per Bruner lo sviluppo cognitivo può essere delineato mediante il concetto di rappresentazione, con cui egli intende una modalità di elaborazione delle informazioni che provengono al soggetto dall’ambiente circostante, un sistema di codifica. Esistono tre modalità di rappresentazione: esecutiva, iconica e simbolica. Ciascuna di esse inizia a manifestarsi in periodi successivi dell’evoluzione.

353 6. Il cognitivismo Bruner –Teoria dello sviluppo cognitivo- Le rappresentazioni esecutive sono le prime ad emergere e a svilupparsi nel primo anno di vita e sono simili agli schemi d’azione di Piaget (l’afferrare un oggetto e portarlo alla bocca). Queste rappresentazioni permangono anche nei periodi successivi di vita, per codificare informazioni che vengono meglio descritte tramite sequenze di gesti. Ad esempio, si pensi alla procedura per fare un nodo alla cravatta.

354 6. Il cognitivismo Bruner –Teoria dello sviluppo cognitivo- Le rappresentazioni iconiche, che si originano nel secondo anno di vita. Un esempio è dato dall’immagine che ritrae le caratteristiche di una persona conosciuta, non si tratta di immagini dettagliate e identiche a quelle reali, ma che conservano alcune informazioni. Una rappresentazione iconica è affrancata ad una cosa o azione reale. In sostanza, la rappresentazione iconica di un oggetto può essere richiamata anche in assenza dell’oggetto stesso, tuttavia richiama necessariamente la realtà dell’oggetto.

355 6. Il cognitivismo Bruner –Teoria dello sviluppo cognitivo- Le rappresentazioni simboliche si originano più tardi, sono caratterizzate da un livello di astrazione maggiore, come ad esempio le formule chimiche o matematiche

356 6. Il cognitivismo Bruner –Formazione delle categorie e dei concetti- L’essere umano categorizza azioni, eventi fenomeni in base ad attributi, Ovviamente, gli oggetti della collezione possono avere anche altri attributi che, tuttavia, non sono ritenuti essenziali per rientrare in quella categoria. Pertanto, gli attributi ricorrenti (o rilevanti) determinano l’inserimento dell’oggetto nella categoria, mentre gli attributi irrilevanti non contribuiscono alla classificazione.

357 6. Il cognitivismo Bruner –Formazione delle categorie e dei concetti- Il concetto rappresenta una struttura cognitiva, una rappresentazione mentale astratta di tale categoria (ossia dell’insieme di oggetti con attributi ricorrenti cui è stato dato un nome). Il concetto aiuta l’uomo a ragionare in astratto, a conservare informazioni e a comunicare con gli altri.

358 6. Il cognitivismo Bruner –Formazione delle categorie e dei concetti- Alla categoria “cane”, includiamo esseri viventi con attribuiti simili come la capacità di abbaiare e ringhiare, il fiuto molto sviluppato, la sua docilità. Questa categoria viene rappresentata mentalmente da un concetto, quello di cane, che è quindi una nostra immagine astratta di un essere vivente con specifici attributi.

359 6. Il cognitivismo Bruner –Formazione delle categorie e dei concetti- La categorizzazione è un processo necessario all’essere umano per immagazzinare informazioni, trattarle e ragionare. Se un uomo volesse esaminare ogni oggetto o ogni evento nella sua unicità, la mole di informazione da trattare renderebbe impossibile qualsiasi discernimento.

360 6. Il cognitivismo Bruner –Formazione delle categorie e dei concetti- Organizzare il mondo circostante in categorie e definire dei concetti aiuta l’uomo a ragionare. In particolare riduce la complessità dell’ambiente esterno. Difatti più realtà diverse (i diversi cani con cui siamo stati in contatto) vengono ricondotte allo stesso concetto (il concetto di cane), quindi economizza gli sforzi della mente. Ad esempio, se vediamo un essere che inseriamo nella categoria “cane”, non abbiamo bisogno di studiarlo nello specifico.

361 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- Un apprendimento può rivelarsi utile in futuro in due modi: se si tratta di apprendere un’abilità specifica, essa diventa applicabile a compiti che sono molto simili a quelli per i quali si è acquisito l’apprendimento. In questo caso si parla di transfer specifico, ossia un apprendimento viene riutilizzato in un compito diverso, ma riconducibile a quello appreso.

362 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- se si tratta di un principio, di un’idea fondante, capace di far maturare un’attitudine generale, allora si parla di transfer non specifico.

363 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- Bruner si concentra sugli apprendimenti che possono favorire i transfer non specifici, così, individua un aspetto comune a tutte le discipline oggetto di insegnamento nei curricoli statunitensi. Questo aspetto è costituito dalla struttura, con la quale s’intende un nucleo di idee chiave, di conoscenze fondanti, alla base della comprensione della disciplina stessa. Tuttavia, non bisogna intendere la struttura come un mero elenco di principi fondanti, perché ci sono le relazioni che legano tali principi. Pertanto, la struttura di una disciplina è costituita dal nucleo delle sue idee fondanti e dalle relazioni che legano tali idee.

364 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- la struttura di una disciplina è costituita dal nucleo delle sue idee fondanti e dalle relazioni che legano tali idee, l’utilizzazione degli apprendimenti in contesti molteplici.

365 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- Per questo motivo il pensiero educativo di Bruner viene chiamato strutturalismo. Un esempio di struttura in biologia è dato dal fatto che alcune piante orientano la loro crescita in base alla forza di gravità: in tal caso si parla di geotropismo. Inoltre, si nota che alcuni esseri viventi si muovono in un ambiente in base alle sorgenti luminose: si parlerà, allora, di fototropismo. In realtà questi e altri notevoli aspetti sono tra loro collegati dall’idea fondante che gli organismi si muovono o si sviluppano in un ambiente, essendo influenzati da diversi fattori come gravità e luce.

366 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- Altro esempio nello studio di una lingua, quando un bambino ha compreso la struttura fondamentale di una frase, egli impara a generare altre frasi con la stessa forma.

367 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- Bruner afferma che saper padroneggiare le idee fondamentali di un campo della conoscenza non solo facilita la comprensione di principi generali, ma permette anche lo sviluppo di attitudini, cioè di propensioni verso un certo tipo di comportamento che Bruner considera formativo e costruttivo. Vi è l’attitudine verso l’apprendimento, verso l’indagine di tipo scientifico, verso l’immaginare o il fare previsioni, verso la definizione di ipotesi, verso la risoluzione dei problemi in modo autonomo.

368 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- In che modo l’insegnamento può favorire la comprensione delle idee chiave e lo sviluppo di attitudini positive? -L’individuazione delle idee fondamentali della disciplina e delle loro relazioni. -La definizione di una modalità di presentazione di queste idee.

369 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- Mentre il primo punto è un aspetto cruciale della disciplina per motivi piuttosto diretti e immediati, il secondo è importante per la maturazione delle attitudini. Le idee chiave non devono essere presentate secondo un metodo assertivo, per poi passare, in un secondo momento, alla dimostrazione di quanto affermato. Presentare l’idea chiave, per poi mostrarne vari esempi di applicazione o contestualizzazione, non è il modo più efficace per delineare le attitudini. se

370 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- A tale scopo, si deve attuare un percorso inverso, che assomiglia ad una scoperta progressiva dell’idea stessa. Il suddetto percorso deve coinvolgere attivamente lo studente nell’individuare gli aspetti pregnanti della disciplina, che non vanno presentati in modo preconfezionato dal docente. Lungo questo percorso, lo studente definisce delle ipotesi, fa delle previsioni, ha delle intuizioni, indaga sulla natura di ciò che sta studiando, in altre parole matura le attitudini individuate da Bruner. lgono la loro ricerca nel se

371 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- Si noti che questo percorso di progressiva scoperta è anche quello che di solito viene praticato dallo studioso della disciplina durante la sua ricerca. La modalità con cui l’alunno scopre le idee chiave e le applica in modo diffuso deve essere vicino alla modalità con cui lo studioso e lo scienziato svolgono la loro ricerca.

372 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- L’insegnamento della struttura, secondo un metodo di progressiva scoperta, consente alcuni vantaggi: -Comprendere. La comprensione delle idee fondanti di una disciplina e delle loro relazioni agevola la comprensione generale della disciplina stessa. Ad esempio, nell’ambito della storia, comprendere che una nazione per sopravvivere ha bisogno di commerciare con altri partner, aiuta a comprendere la nascita del Commonwealth oppure la nascita della Comunità Economica Europea. a spirale.

373 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- -Ricordare. Mediante la struttura di una disciplina, le conoscenze vengono messe in relazione tra loro; per tale motivo è più facile recuperare le conoscenze dalla memoria. Abbiamo visto che un’idea chiave può essere applicata a problemi o situazioni che apparentemente sembrano diversi tra loro. Ricordare una conoscenza fondante è più semplice ed economico che ricordare una serie di casi particolari o di dettagli.

374 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- -Trasferire (il transfer). Come accennato in precedenza, le idee che hanno una vasta applicabilità possono essere riutilizzate in diversi contesti.

375 6. Il cognitivismo Bruner –La struttura delle discipline- -Collegare. Un curricolo nasce nei primi gradi di istruzione e si completa nei gradi superiori e nell’università. Lungo questo percorso, le discipline sono prima delineate in modo labile, ma poi affiorano in modo sempre più definito. La comprensione delle strutture delle discipline accompagna lo studente in tutti i gradi di istruzione, lungo tutto il suo curricolo e permette una migliore connessione tra gli apprendimenti di livello avanzato o specialistico e gli apprendimenti basilari ed elementari. Questo aspetto porta Bruner alla definizione del curricolo a spirale.

376 6. Il cognitivismo Bruner –Il curricolo a spirale- Il punto di partenza per la definizione di un nuovo curricolo di apprendimento è definito da Bruner nel modo seguente: “Gli aspetti fondamentali di ciascuna disciplina possono essere insegnati a chiunque, qualsiasi età egli abbia, purché siano messi in una certa forma”.

377 6. Il cognitivismo Bruner –Il curricolo a spirale- Quando queste idee sono colte intuitivamente in una forma preliminare e basilare, è più semplice comprenderle in seguito, nel momento in cui devono essere presentate sotto un aspetto più formale. Ad esempio, la comprensione intuitiva di alcuni fenomeni fisici facilita la comprensione di questi ultimi in una fase successiva, quando verranno presentati mediante equazioni e formule.

378 6. Il cognitivismo Bruner –Il curricolo a spirale- Bruner osserva che nell’elaborazione dei curricoli precedenti, gli studiosi avevano rimandato molti argomenti chiave delle discipline ad una fase successiva di apprendimento formale, in quanto li ritenevano troppo complicati da presentare nei primi livelli di istruzione. In risposta a questo orientamento, Bruner elabora il concetto di readiness for learning (prontezza all’apprendimento). Un argomento fondante di una disciplina può essere presentato in forma semplice, nelle scuole di grado inferiore.

379 6. Il cognitivismo Bruner –Il curricolo a spirale- Questo fatto predispone il bambino, lo rende pronto, a cogliere il significato complessivo di questo argomento, quando verrà riproposto, più avanti, in modo formale e approfondito. Partendo da questo assunto, è possibile definire un curricolo a spirale, così detto perché inizialmente presenta le idee chiave in modo semplice e intuitivo, ma periodicamente ritorna su tali idee, rivisitandole in una forma diversa, sempre più elaborata.

380 6. Il cognitivismo Bruner –Il curricolo a spirale- Si noti come il curricolo a spirale sia collegato alle rappresentazioni che Bruner ha elaborato in campo psicologico: queste sono modalità di elaborazione delle informazioni, caratteristiche delle età di sviluppo del bambino e dell’adolescente. Le idee chiave devono essere presentate facendo leva anche sui tipi di rappresentazione più adeguati per il discente. In realtà, Bruner punta anche sull’imponente teoria dello sviluppo cognitivo del bambino, elaborata da Piaget.

381 6. Il cognitivismo Bruner –Il curricolo a spirale- In particolare, lo stadio delle operazioni concrete e quello delle operazioni formali indicano le modalità con le quali le idee fondanti possono essere presentate in corrispondenza dei vari livelli di sviluppo cognitivo. Dapprima è necessario riferirsi a fatti concreti, osservabili, intuitivi e reali, in un secondo momento può intervenire il necessario livello di astrazione formale.

382 6. Il cognitivismo Bruner –Pensiero analitico e pensiero intuitivo- Il pensiero analitico procede, di solito, un passo alla volta: i passaggi del pensiero analitico sono ben definiti e possono essere facilmente trasmessi. La procedura caratteristica del pensiero analitico è l’algoritmo, definito come una sequenza di operazioni da attuare in maniera rigida per raggiungere una soluzione, il pensare in modo analitico non genera nuova conoscenza, ma si limita ad applicare la conoscenza già nota.

383 6. Il cognitivismo Bruner –Pensiero analitico e pensiero intuitivo- Il pensiero intuitivo non avanza in modo definito e sembra basarsi su una visione complessiva del problema. La procedura euristica è caratteristica del pensiero intuitivo: essa prevede un procedere per tentativi, produce nuova conoscenza. Sul pensiero intuitivo fanno leva in modo essenziale i legami tra le idee chiave e le risoluzioni di nuovi problemi mediante idee di carattere generale.

384 6. Il cognitivismo Bruner –Pensiero analitico e pensiero intuitivo- Inoltre, si noti che il formulare ipotesi, il promuovere intuizioni fa parte di quelle attitudini che Bruner ritiene necessarie per cogliere la struttura delle discipline e per realizzare un apprendimento basato sulla scoperta. Infine, il pensiero intuitivo aiuta a confidare in se stessi: chi è insicuro di solito non azzarda ipotesi, ma procede per vie già note. Chi propone soluzioni intuitive è disposto anche ad ammettere onestamente di aver errato, ma senza intaccare l asua autostima.

385 6. Il cognitivismo Bruner –Pensiero analitico e pensiero intuitivo- Tuttavia, nei precedenti curricula, il pensiero intuitivo è stato fortemente penalizzato, poiché le procedure euristiche sono difficilmente valutabili. Innanzitutto, non è detto che queste siano facilmente comprese dal docente che le deve valutare. Inoltre, una procedura intuitiva, anche se errata, ha una sua validità, che tuttavia è difficile quantificare, perché un errore di carattere intuitivo spesso si confonde con un errore ingenuo.

386 6. Il cognitivismo Bruner –la motivazione dello studente- L’uso di nuove tecnologie, degli audiovisivi e di altri strumenti specifici dell’apprendimento può inizialmente enfatizzarne gli aspetti ludici e spettacolari, motivando lo studente. Tuttavia, questa motivazione declina rapidamente. Un modo classico di motivare lo studente è quello di creare un sistema di ricompense e punizioni, che tuttavia induce l’alunno ad essere passivo.

387 6. Il cognitivismo Bruner –la motivazione dello studente- La scoperta delle idee fondanti, di come queste si possano collegare, è di per sé un fatto motivante. Lo studente riconosce l’utilità di quello che apprende perché lo riutilizza spesso in contesti differenti; in questo caso, il docente fa leva su una ricompensa intrinseca. Pertanto, il cogliere la struttura della disciplina finisce con l’essere la vera motivazione all’apprendimento.

388 6. Il cognitivismo Bruner –l quadro di riferimento in cui si colloca il curricolo a Spirale- Bruner afferma che la costruzione di un curricolo moderno deve far fronte ad un mondo dove vi sono continui cambiamenti sociali, culturali e politici. È necessario improntare curricoli con un certo grado di uniformità sul territorio nazionale, in quanto gli americani ormai si muovono per lavoro e studio nei confini nazionali; tuttavia, vi devono essere specificità nei curricoli locali, per tenere conto della diversità delle varie comunità americane; questo compito viene assolto da un curricolo basato sulle strutture fondamentali delle discipline.

389 6. Il cognitivismo Bruner –l quadro di riferimento in cui si colloca il curricolo a Spirale- L’atteggiamento di continua ricerca aiuta lo studente ad imparare in modo indipendente, riuscendo quindi ad usare tale attitudine anche nella sua vita. È importante che lo studente impari ad imparare (learning how to learn). Il cogliere i nessi, il maturare importanti attitudini permette allo studente di essere competente e lo sostiene nel fronteggiare la fluidità e la complessità del mondo moderno.

390 6. Il cognitivismo Bruner –La teoria dell’istruzione- Il primo punto che occorre chiarire è la differenza tra una teoria dell’istruzione e una teoria dell’apprendimento Una teoria dell’istruzione è di tipo prescrittivo, ossia ha l’obiettivo di conseguire particolari finalità in modo ottimale. Indica il modo più efficace per ottenere l’apprendimento. In pratica, una teoria dell’istruzione funge da guida per determinare l’apprendimento nel modo migliore possibile.

391 6. Il cognitivismo Bruner –La teoria dell’istruzione- Il primo punto che occorre chiarire è la differenza tra una teoria dell’istruzione e una teoria dell’apprendimento Una teoria dell’apprendimento (o una teoria dello sviluppo) è, invece, di tipo descrittivo, ossia si cura di descrivere e interpretare cosa stia avvenendo quando avviene o è avvenuto l’apprendimento. In tal senso è una teoria che cura aspetti contemporanei o successivi all’apprendimento.

392 6. Il cognitivismo Bruner –La teoria dell’istruzione-

393 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- un effetto potente sull’apprendimento si ottiene quando lo studente organizza la conoscenza di propria iniziativa. Bruner identifica 2 tipologie di insegnamento: -l’insegnamento espositivo, nel quale l’insegnante espone dei concetti e lo studente si limita ad ascoltare. Il docente ha la libertà di organizzare i contenuti e i concetti che vuole presentare, usa i termini e le strutture linguistiche che ritiene opportune, manipola le informazioni secondo schemi personali.

394 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- un effetto potente sull’apprendimento si ottiene quando lo studente organizza la conoscenza di propria iniziativa. Bruner identifica 2 tipologie di insegnamento: -L’insegnamento ipotetico: docente e studente sono su un piano collaborativo, lo studente prende parte alla formulazione dei contenuti, nel ricevere informazioni, egli le valuta criticamente. Si tratta di un insegnamento che favorisce l’apprendimento per scoperta dello studente.

395 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- Bruner si sofferma quindi sugli elementi essenziali per impostare un apprendimento per scoperta. -Lo studente deve essere messo di fronte a situazioni nelle quali avverte che vi sono relazioni di causa-effetto, che sottendono la possibilità di scoprire qualcosa. lo studente deve inventare una strategia di ricerca e scoperta. L’esperimento del gioco delle venti domande è paradigmatico. Ad un bambino tra i 10 e i 12 anni viene presentata una situazione: “un’auto è uscita di strada ed è sbattuta contro un albero”. Con venti domande a cui lo perimentatore può rispondere solo “sì” o “no”,

396 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- e il bambino deve scoprire la causa. L’approccio che si mostra vincente, con il quale si dovrebbe impostare una ricerca, è quello di partire con domande generiche, ad esempio: “L’incidente è dovuto a un fattore che coinvolge il guidatore?”. Le domande generiche possono poi fare strada a domande sempre più specifiche. Il secondo elemento essenziale è che le domande successive devono cercare di ottenere nuove informazioni che possano essere connesse con le precedenti, in quanto avere una serie di informazioni sconnesse non porta alla risoluzione del problemaconoscenza cumulata.

397 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- Questo esperimento fa comprendere come il docente debba favorire negli studenti la maturazione di strategie di ricerca efficaci, che si muovano da un campo vasto di ipotesi ad uno sempre più specifico, raccogliendo man mano informazioni che siano connesse con le precedenti. Questa strategia viene indicata da Bruner come una modalità di costruire una conoscenza cumulata.

398 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- -L’apprendimento per scoperta promuove la ricompensa intrinseca rispetto a quella estrinseca: quest’ultima si identifica con l’elogio da parte del genitore o del docente, con un voto lusinghiero o un giudizio positivo sull’alunno. Lo studente dovrebbe essere liberato dal giogo della ricompensa estrinseca perché lo porta ad apprendere qualcosa nel modo che egli ritiene più conforme alle aspettative del docente.

399 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- L’insegnamento ipotetico, nel quale l’alunno è coinvolto, sperimenta in prima persona, formula ipotesi e le verifica, favorisce un nuovo tipo di ricompensa. La nuova ricompensa intrinseca diventa l’informazione cui l’alunno ha avuto accesso mediante la sua scoperta.

400 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- -Il percorso che porta alla scoperta deve essere di tipo euristico e non algoritmico. Un percorso algoritmico è di tipo definito, è una procedura codificata da applicare, che porta ad un prodotto, ma che non si può definire una vera e propria scoperta. La scoperta, invece, non è costituita soltanto dal risultato raggiunto, ma anche dal percorso che porta al suo conseguimento. Questo percorso per scoperta è euristico, in quanto costituito da tentativi e ipotesi, che possono essere confutate o convalidate.

401 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- Da questo punto di vista, assume un ruolo importante il problem solving, ossia la capacità di risolvere problemi nuovi, piuttosto che la capacità di applicare metodi conosciuti a situazioni problematiche già codificate.

402 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- - Un altro aspetto importante è l’uso della memoria. Per Bruner il vero problema non è la conservazione dell’informazione in memoria, bensì il suo recupero dalla memoria. Se la maggiore difficoltà è questa, occorre studiare tecniche che favoriscano il recupero dell’informazione. L’apprendimento per scoperta favorisce quest’operazione: A tre gruppi di bambini di dodici anni vengono somministrate delle coppie di termini (ad esempio “sedia-foresta”). Il primo gruppo deve memorizzare brutalmente le coppie di termini; il secondo deve creare tra le stesse un nesso.

403 6. Il cognitivismo Bruner –L’apprendimento per scoperta- Ad esempio, il termine “legno” congiunge “sedia e foresta”, al terzo gruppo vengono forniti i nessi trovati dal secondo e viene ugualmente richiesto di ricordare. I bambini del secondo ricordano meglio perchè hanno effettuato un processo per scoperta, il terzo ricorda abbastanza perchè gli è stato dato un nesso tra le due parole, e il primo è quello che ricorda meno perchè l’apprendimento è avvenuto in modo meccanico.

404 6. Il cognitivismo Bruner –Il problem solving e lo scaffolding- Scaffolding significa impalcatura. La figura chiave è quella del tutor (un adulto, un insegnante, un esperto) che affianca nell’apprendimento e nella scoperta un soggetto apprendente (un bambino, uno studente o una persona meno esperta), che viene anche definito tutee.

405 6. Il cognitivismo Bruner –Il problem solving e lo scaffolding- Il tutor funge da impalcatura per far salire lo studente da abilità inferiori a quelle superiori. Pertanto, lo scaffolding è un processo che permette ad uno studente di risolvere un problema o raggiungere un obiettivo che andrebbe oltre le sue possibilità, se non fosse assistito. Tale concetto si può ricondurre, a quello di zona di sviluppo prossimale introdotto da Vygotskij.

406 6. Il cognitivismo Bruner –Il problem solving e lo scaffolding- In prima istanza è necessario comprendere un problema per poterlo risolvere. Nello spazio che c’è fra comprensione e risoluzione si inserisce il tutor e lo scaffolding. l’atteggiamento del tutor non deve enfatizzare la propria soddisfazione per il comportamento corretto del bambino, piuttosto deve sottolineare la gratificazione che può nascere nello stesso dalla risoluzione del compito in sé.

407 6. Il cognitivismo Bruner –Il problem solving e lo scaffolding- Nel programmare un’azione di tutoraggio e un apprendimento per scoperta, il tutor deve valutare le modalità di interazione con i bambini cioè, per i bambini di tre anni le cui abilità sono lontane da quelle risolutive del problema, l’intervento del tutor è in prevalenza operativo e consiste nell’accennare con gesti ai passaggi di combinazione dei pezzi, per i bambini di quattro anni, l’intervento del tutor è essenzialmente verbale e accenna ai tentativi da provare, per i bambini di cinque anni, il tutor accompagna e dà conferma della procedura.

408 6. Il cognitivismo Bruner –Il problem solving e lo scaffolding- Il risultato della ricerca porta Bruner a stabilire gli aspetti fondamentali dello scaffolding: la definizione di un problema che sia stimolante; la riduzione del grado di difficoltà del problema per renderlo accessibile all’apprendente; il mantenere alto l’interesse e la motivazione durante lo svolgimento; il prendere nota di aspetti critici e discrepanze tra quanto gli apprendenti producono e quanto si vorrebbe che producessero;

409 6. Il cognitivismo Bruner –Il problem solving e lo scaffolding- il bambino può essere influenzato ed emozionato per la presenza del tutor e conseguentemente agire per compiacere quest’ultimo piuttosto che per trarre una propria soddisfazione. Il tutor deve eludere questo fenomeno, mostrandosi discreto ed evitando di condizionare il bambino (con mimiche facciali o con gesti); la dimostrazione pratica di un’azione, di un gesto risolutivo, deve avvenire quando il bambino è maturo per comprenderla, altrimenti non sortisce effetti.

410 6. Il cognitivismo Human information Processing Human Information Processing, in sigla HIP, si può tradurre in italiano come “Elaborazione dell’Informazione nell’Uomo”. Si tratta di una corrente psicologica che studia la mente umana e i processi che la riguardano, seguendo una stretta analogia con i computer.

411 6. Il cognitivismo Human information Processing Le informazioni in ingresso (input), sono elaborate dl computer che restituisce nuove informazioni in uscita (output). Ad esempio, il computer può ricevere dei numeri, svolgere delle operazioni con essi e restituire in uscita i risultati delle stesse. A volte, queste informazioni possono essere organizzate in una sequenza di istruzioni da compiere, a cui ci si riferisce con il termine “programma”.

412 6. Il cognitivismo Human information Processing Un computer è costituito da hardware cioè la parte fisica del computer come la RAM, la CPU, l’hard disk. ore). Nella RAM sono contenute le informazioni che la CPU elabora. Il software è invece costituito dai programmi, che sono istruzioni codificate in un linguaggio comprensibile al calcolatore.

413 6. Il cognitivismo Human information Processing

414 6. Il cognitivismo Human information Processing L’uomo può essere paragonato a un calcolatore che riceve informazioni provenienti dall’esterno (input), le elabora nella propria mente e, a sua volta, produce azioni che hanno un effetto sull’ambiente esterno (output).

415 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- Il modello viene anche detto multi-store model, ossia modello multi-magazzino, in quanto descrive il funzionamento della mente umana mediante un sistema di tre magazzini o memorie che scambiano informazioni.

416 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino-

417 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- La memoria sensoriale (MS) è a contatto con l’ambiente esterno e da esso riceve stimoli (ad esempio uno stimolo visivo). Lo stimolo viene conservato in questo registro per frazioni di secondo, una prima elaborazione nel registro sensoriale permette di selezionare solo alcune caratteristiche dello stimolo, che vengono riportate nella memoria a breve termine (MBT), detta anche memoria di lavoro(ML). Contemporaneamente, in questa memoria vengono richiamate anche le informazioni associate allo stimolo che sono presenti nella memoria a lungo termine, frutto di elaborazioni di esperienze passate.

418 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- La memoria a breve termine conserva l’informazione per una ventina di secondi. In questa fase, vengono elaborate nuove informazioni, come sintesi di quelle sensoriali e di quelle pregresse già presenti nella memoria a lungo termine. Il numero di informazioni elaborabili contemporaneamente nella MBT è inferiore alla decina (tipicamente 7). La MBT può quindi essere paragonata alla RAM e alla CPU.

419 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- Infine avviene il trasferimento nella memoria a lungo termine, che si suppone dotata di capacità illimitata, in cui le informazioni e i programmi (procedure che si attuano in modo più o meno consapevole) possono essere contenuti per tempi molto lunghi (anche per una vita).

420 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- Ad esempio quando vediamo su un foglio una moltiplicazione, I nostri occhi captano le cifre e il segno di moltiplicazione, e le informazioni sono immagazzinate nel registro sensoriale, nello stesso momento viene richiamato dalla memoria a lungo termine il programma che svolge le moltiplicazioni. Ora, il programma (proveniente dalla memoria a lungo termine) e i dati (provenienti dal registro sensoriale) sono entrambi nella memoria a breve termine. In essa i dati vengono elaborati con il programma e si perviene ad un risultato.

421 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- La memoria sensoriale: ha una grande capacità, in quanto riesce a contenere tutti gli stimoli che contemporaneamente giungono dall’esterno. Tuttavia, il tempo di trattenimento è limitato e buona parte dell’informazione viene persa; una parte selezionata giunge alla memoria a breve termine.

422 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- La memoria a breve termine o di lavoro: ha il compito di trasformare le informazioni dei registri sensoriali in informazioni stabili. Innanzitutto è necessario un processo di codifica ossia di trasformazione delle informazioni per renderle fruibili, segue un processo di consolidamento nel quale l’informazione assume la struttura idonea per essere immagazzinata nella memoria a lungo termine. Il processo di immagazzinamento riguarda, poi, la collocazione dell’informazione nella memoria a lungo termine.

423 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- Il processo di immagazzinamento nella memoria a lungo termine, è seguito dalla creazioni di legami con altre informazioni, affinché la nuova informazione sia coerente nel con le conscenze pregresse. Infine, vi è l’operazione di recupero, con la quale è possibile richiamare nella memoria a breve termine le informazioni conservate in quella a lungo termine.

424 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- La memoria a lungo termine:La memoria a lungo termine può essere suddivisa in memoria esplicita e implicita. -La memoria esplicita è gestita in modo consapevole, mediante processi di cui la mente è cosciente. La memoria esplicita può essere episodica o semantica. La memoria esplicita semantica contiene le nozioni generali, la memoria esplicita episodica continene le informazioni di eventi specifici.

425 6. Il cognitivismo Human information Processing –Il modello multimagazzino- La memoria a lungo termine:La memoria a lungo termine può essere suddivisa in memoria esplicita e implicita. -La memoria impicita è anche detta procedurale contine le informazioni di procedure meccaniche come qualle di guidare l’automobile.

426 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo L’attività metacognitiva è un’attività di auto-riflessione che accompagna quella cognitiva e ha il compito di renderla più consapevole, di monitorarla e valutarla al fine di garantire un apprendimento più efficace.

427 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo –le fasi- 1. Comprendere la natura del compito. In questo caso si parla di metacomprensione, ossia della capacità di riconoscere con chiarezza gli aspetti fondanti del compito che si deve svolgere. 2. Scegliere la strategia adeguata, tra una già appresa o una nuova. 3. Gestire il tempo a disposizione.

428 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo –le fasi- 4. Prevedere gli esiti. La scelta delle strategie e la distribuzione dei tempi permettono nella fase iniziale di approccio al compito di valutare quale sia l’esito dello stesso, se portato a termine secondo i piani stabiliti. In effetti, è proprio questa previsione degli esiti che incide sulla scelta della strategia da attuare e sui tempi da adottare. 5. Controllare l’esecuzione 6. Valutare il risultato

429 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo –La metacomprensione- La prima fase dell’attività metacognitiva consiste nel comprendere la natura del compito da svolgere: a questa fase si riconduce la metacomprensione. Se la comprensione è indice dell’aver capito che cosa svolgere, la metacomprensione è un’attività che consiste nel valutare coscientemente il livello di comprensione del compito (con un’espressione insolita si direbbe il “capire di aver capito”).

430 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo –La metamemoria- Il passaggio successivo alla comprensione (e alla metacomprensione) del compito è la scelta di una strategia. Supponiamo che un bambino sia posto di fronte a un compito e che, in realtà, sia a conoscenza della strategia per risolverlo. Tuttavia, egli potrebbe non collegare tale strategia al compito assegnato. la metamemoria è la capacità di conoscere la memoria, si tiene conto del fatto che nello svolgimento di un compito, nell’attuazione di una strategia, tra le varie abilità, occorre fare uso anche della memoria, ossia richiamare dati che sono memorizzati.

431 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo –La metamemoria- Se un individuo non è in grado di valutare quanto e come userà la propria memoria in un compito, allora è presumibile che imposterà una strategia (almeno sul piano mnemonico) piuttosto fallimentare.

432 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo –L’esecuzione di un compito- Durante l’esecuzione di un compito, le principali attività metacognitive possono essere legate al monitoraggio, al controllo e alla regolazione dello stesso: questi tre aspetti presentano alcune differenze. Monitorare un compito significa chiedersi a che punto del compito si è rispetto alla conclusione dello stesso, è inteso soprattutto come strumento utile per considerare i tempi rimanenti alla conclusione dell’attività.

433 6. Il cognitivismo Approccio e metodo metacognitivo –L’esecuzione di un compito- Controllare un compito vuol dire chiedersi perché si è a quel punto del compito e non ad un altro punto precedente o successivo. Si tratta di un’analisi nel merito di ritardi o anticipi sull’esecuzione del compito stesso. Regolare un compito significa modificare i passaggi nei quali si articola il compito, intervenendo su di esso in modo che il suo sviluppo prenda un percorso diverso in termini di tempi, attività svolte.

434 Definire e misurare l’intelligenza Capitolo 7

435 7. L’intelligenza Test di Binet e Simon All’inizio del 1900 Alfred Binet e Théodore Simon elaborano un test per misurare ‘intelligenza. L’obiettivo iniziale è quello di mettere a punto uno strumento che sia in grado di prevedere quali alunni potrebbero trovare difficoltà a scuola e rischiare un fallimento nel loro percorso didattico. Il test si bas su abilità linguistiche, la memoria, il ragionamento, l’attenzione e la capacità di giudizio.

436 7. L’intelligenza Test di Binet e Simon Binet e Simon organizzano la loro batteria di test per livello di età. Un test viene assegnato a un determinato livello di età se viene svolto correttamente, cioè con la maggioranza delle risposte esatte, a quella data età. Ad esempio, il test Anno III (livello di età pari a 3) è svolto tipicamente in modo corretto dai bambini di 3 anni, mentre il test Anno V (livello di età pari a 5) è svolto tipicamente in modo corretto dai bambini di 5 anni.

437 7. L’intelligenza Test di Binet e Simon L’intelligenza di un bambino viene quantificata in termini di di età mentale. Questa età mentale viene determinata osservando qual è il test di livello massimo di età che il bambino svolge correttamente, ossia nel quale risponde in modo esatto alla maggior parte delle domande.

438 7. L’intelligenza Test di Binet e Simon Ad esempio, un bambino di 7 anni che risulta avere un’età mentale di 6 anni (test Anno VI) è in ritardo di un anno rispetto alla media dei bambini di 7 anni. Viceversa, un bambino di 7 anni, che ha un’età mentale di 8 anni (test Anno VIII), è dotato di un livello intellettuale superiore rispetto alla media dei bambini di 7 anni.

439 7. L’intelligenza Test di Binet e Simon Numerosi studiosi cercano di migliorare questo test, Robert Yerkes e James Bridges, convertono i livelli di età dei test di Binet-Simon in una scala a punti.

440 7. L’intelligenza Test di Stanfod e Binet Il prof Lewis termano dell’università di Stanford migliora il test attribuendo come risutato finale non più leta mentale ma il QI, inoltre allarga il test anche agli adulti Età mentale Età cronologica QI=x100

441 7. L’intelligenza Test di Stanfod e Binet Si noti che quando l’età mentale corrisponde a quella cronologica, allora il QI vale 100. al di sopra di 140: genialità; tra 120 e 140: intelligenza molto superiore; tra 110 e 120: intelligenza superiore; tra 90 e 110: normalità; tra 80 e 90: carenza; tra 70 e 80: carenza borderline oppure debolezza mentale; al di sotto di 70: pronunciata debolezza mentale.

442 7. L’intelligenza Test di Stanfod e Binet Tuttavia, questo tipo di test presenta dei limiti evidenti: si consideri il fatto che per gli adulti non vi sono test che scandagliano le età cronologiche, ma semplicemente due test (adulto e adulto superiore). Questa scelta parte dalla considerazione che l’intelligenza sembra stabilizzarsi dopo i 16 anni. In altre parole, le abilità verbali e tecnico- pratiche sembrano raggiungere una loro stabilità a 16 anni.

443 7. L’intelligenza Test di Stanfod e Binet Di conseguenza, ogni persona con età superiore ai 16 anni viene considerata dotata di età cronologica pari a 16 anni. Ad esempio, se un ragazzo di 18 anni o un adulto di 65 ottengono al test un’età mentale pari a 14 anni, visto che per entrambi l’età cronologica è di 16 anni, allora in tutti e due i casi il QI sarà pari a 87, 5.

444 7. L’intelligenza David Wechsler Psicologo americano, migliora test di Bonet poichè questo test mostrava dei problemi quando veniva effettuato mediante il rapporto tra età mentale ed età cronologica. Le abilità linguistiche e tecnico-pratiche sembravano comunque maturare o variare in base all’età, pertanto, appariva inopportuno fissare un’età cronologica comune per qualsiasi adulto (16 anni). Facendo leva sui test alfa e beta della prima guerra mondiake, Wechsler propone dei miglioramenti al test di Binet.

445 7. L’intelligenza David Wechsler il Quoziente di Intelligenza (QI) non deve essere definito come il rapporto tra età mentale ed età cronologica, bensì tramite un punteggio standard. W. Distingue il punteggio ottenuto tra questiti, verbali e comportamentali, considera cioè queste due abilità distinte. Calcola il QI non solo di carattere generale, ma anche dei QI specifici per le abilità verbali e di performance (di comportamento).

446 7. L’intelligenza David Wechsler

447 7. L’intelligenza David Wechsler I test di Wechsler sono stati calibrati in maniera tale che il risultato sia distribuito come una curva gaussiana (curva a campana).

448 7. L’intelligenza David Wechsler Wechsler definisce due scale con relativi test, uno per misurare il quoziente di intelligenza degli adulti, l’altro per misurare quello dei bambini. il WAIS (Wechsler Adult Intelligence Scale, ossia la scala Wechsler dell’intelligenza degli adulti) è uno strumento (un test) che serve a misurare abilità e intelligenza di un adulto. il WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children, ossia la scala Wechsler dell’intelligenza per i bambini), uno strumento (un test) per misurare abilità e intelligenza di un bambino.

449 7. L’intelligenza David Wechsler- WISC- La WISC serve per diagnosticare l’intelligenza nei bambini, le ultime versioni sono denominate WISC III e WISC IV. I quesiti sono suddivisi in categorie: informazione, ragionamento aritmetico, vocabolario, comprensione..ecc... Il punteggio ottenuto in ciascuno di questi sub-test contribuisce al punteggio in uno dei quattro domini cognitivi analizzati dal test: la Comprensione Verbale, l’Organizzazione Percettiva, la Libertà dalla Distraibilità e la Velocità di Elaborazione.

450 7. L’intelligenza David Wechsler- WISC- I punteggi dei domini della Comprensione Verbale e della Libertà dalla Distraibilità contribuiscono a definire il punteggio del Quoziente di Intelligenza Verbale, mentre i domini dell’Organizzazione Percettiva e della Velocità di Elaborazione contribuiscono al punteggio del Quoziente di Intelligenza di Performance. La somma di questi due punteggi definisce il punteggio totale del Quoziente di Intelligenza.

451 7. L’intelligenza David Wechsler- WISC-

452 7. L’intelligenza David Wechsler- WISC- Il test WISC-IV conserva molti aspetti della versione precedente e ne introduce di nuovi.

453 7. L’intelligenza David Wechsler- WISC-

454 7. L’intelligenza David Wechsler- WAIS- I WAIS sono i test per adulti, le ultime due versioni sono denominate WAIS III e WAIS IV. La struttura del test è simile al WISC: vi sono dei subtest che contribuiscono a raggiungere determinati punteggi nei domini cognitivi. I quesiti proposti nel test sono suddivisi in categorie: informazione, somiglianze, vocabolario, comprensione...ecc..

455 7. L’intelligenza David Wechsler- WAIS- Il punteggio ottenuto in ciascuna di queste categorie di sub-test contribuisce al punteggio in uno dei quattro domini cognitivi analizzati dal test. Questi domini sono la Comprensione Verbale,l’Organizzazione Percettiva, la Memoria di Lavoro e la Velocità di Elaborazione.

456 7. L’intelligenza David Wechsler- WAIS- I punteggi dei domini della Comprensione Verbale e della Memoria di Lavoro contribuiscono a definire il punteggio del Quoziente di Intelligenza Verbale, mentre i domini dell’Organizzazione Percettiva e della Velocità di Elaborazione contribuiscono al punteggio del Quoziente di Intelligenza di Performance. La somma di questi due punteggi definisce il punteggio totale del Quoziente di Intelligenza.

457 7. L’intelligenza David Wechsler- WAIS-

458 7. L’intelligenza David Wechsler- WAIS-

459 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI Lo psicologo americano Joy Paul Guilford (Marquette, 1897 - 1987) si è dedicato allo studio dell’apprendimento e dell’intelletto. Resta famoso il suo modello denominato Structure of Intellect, abbreviato con la sigla SI. Esso si basa su tre assunti fondamentali che lo rendono profondamente diverso dalla prospettiva usata nella tassonomia di Bloom:

460 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI Guilford assume che nella mente adulta possano affiorare differenti tipi di intelligenza; per tale motivo si parla di un sistema multidimensionale. Al contrario, Bloom considera l’intelligenza come un concetto che si sviluppa lungo una sola dimensione, quella delle operazioni mentali elencate nella sua tassonomia (conoscere, comprendere, ecc.)..

461 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI Guilford ritiene che queste capacità intellettuali possano essere sviluppate attraverso strategie specifiche e alternative l’una all’altra; invece, Bloom parla di un approccio generale come il Mastery learning. Il modello di Guilford è morfologico, non presenta una gerarchia specifica della struttura dell’intelletto, mentre gli obiettivi cognitivi di Bloom sono in ordine gerarchico.

462 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI

463 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI Il sistema di rappresentazione dell’intelletto di Guilford illustrato in Figura può essere raffigurato con un cubo, pertanto si estende in modo tridimensionale. Le tre dimensioni sono: quella delle operazioni intellettuali, che comprende 5 processi cognitivi, chiamati conoscenza, memoria, produzione divergente, produzione convergente e valutazione;

464 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI quella delle rappresentazioni dell’informazione, che comprende 4 rappresentazioni (figurativa, simbolica, semantica e comportamentale); quella delle organizzazioni dell’informazione, che comprende 6 modalità (le unità, le classi, le relazioni, i sistemi, le trasformazioni e le implicazioni).

465 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI Il cubo che rappresenta la struttura dell’intelletto è composto da 4 × 5 × 6 = 120 cubi. Ciascuno di essi rappresenta un’interazione tra le tre differenti dimensioni, ad esempio, un cubo può corrispondere all’intersezione di un’organizzazione in classi di rappresentazioni simboliche dell’informazione che vengono trattate in un processo di produzione convergente.

466 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI Ogni individuo può essere in grado di risolvere compiti in uno di questi 120 ambiti, tuttavia il livello di competenza che egli mostra sarà fortemente dipendente dalla categoria che viene rappresentata in ciascuna delle tre dimensioni. Una persona può essere altamente competente con classi simboliche nello svolgere una produzione convergente, ma può avere forti difficoltà con classi simboliche in una produzione divergente.

467 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI – Le operazioni intellettuali- Sono conoscenza, memoria, cioè conservare e richiamare un’informazione acquisita, La produzione divergente e quella convergente si basano sulla memoria e sulla conoscenza. Nella produzione convergente un individuo fronteggia un problema che ha una soluzione unica e specifica. Un esempio di produzione convergente può essere il calcolo dell’area di un triangolo.

468 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI – Le operazioni intellettuali- Nella produzione divergente si richiede un modo flessibile e originale di pensare, in quanto il problema assegnato non ha una soluzione ben codificata: si tratta di un problema che coinvolge la creatività dell’individuo. Spesso, in questa categoria di problemi non esiste un’unica soluzione, ma tante soluzioni possibili, si parla anche di problemi aperti. Un possibile problema di produzione divergente potrebbe essere portare a termine un romanzo interrotto, oppure completare un quadro incompiuto.

469 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI – La rappresentazione dell’informazione- La rappresentazione dell’informazione indica il modo con cui l’informazione viene presentata all’individuo che svolge il compito. Vi sono quattro categorie di rappresentazione. Le rappresentazioni figurative sono quelle basilari e sono costituite da immagini visive o da oggetti reali. Le rappresentazioni simboliche usano i simboli come lettere, numeri, il cui significato non è dato da quello che tali simboli sono, ma dal fatto che rappresentano qualcos’altro.

470 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI – La rappresentazione dell’informazione- Le rappresentazioni semantiche sono espressioni che appaiono in termini di parole, frasi e paragrafi. Le rappresentazioni comportamentali sono costituite da segnali non verbali come posture, espressioni facciali, gesti o toni della voce.

471 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI – La organizzazioni dell’informazione- Le organizzazioni delle informazioni sono rappresentate da 6 modalità differenti. Le unità sono le organizzazioni più semplici, ad esempio contare il numero di figure geometriche. La classe coinvolge le abilità di un individuo nel gestire informazioni che sono raggruppate in insiemi in base ad alcune similarità. Ad esempio, raggruppare delle figure geometriche.

472 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI – La organizzazioni dell’informazione- Le relazioni richiedono ad un individuo di gestire informazioni dove vi sono connessioni, associazioni o correlazioni tra unità di informazione, ad esempio ordinare in modo crescente delle figure geometriche in base all’estensione delle loro aree. Le trasformazioni consistono nella modifica delle informazioni. Le implicazioni coinvolgono l’uso dell’informazione assegnata per dedurre particolari conseguenze da essa oppure per fare delle previsioni.

473 7. L’intelligenza Joy P.Guilford e il modello SI – Didattica e modello SI- Il modello di Guilford mette in evidenza che esistono 120 modi di creare situazioni di apprendimento. Tipicamente nella scuola si richiamano le operazioni intellettuali di comprensione, memoria e produzione convergente, lasciando da parte la produzione divergente. Di conseguenza, i test degli esami che certificano le competenze sono spesso improntati solo su queste operazioni intellettuali. Analogamente nei test di intelligenza, che spesso si soffermano solo su produzioni convergenti e lasciano da parte la creatività e il pensiero divergente.

474 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner Gardner ha un atteggiamento critico nei confronti dei test del QI,secondo lui questi test enfatizzano le abilità verbali e le attitudini logicomatematiche. Gardner sostiene che la visione di un’intelligenza unica non è sostenuta dai soli fautori dei test di intelligenza (Binet, Terman, Wechsel). Lo stesso Piaget, ha impostato i suoi studi facendo riferimento a un’intelligenza unica: egli parla di stadi cognitivi, attraverso i quali il bambino matura abilità sempre più complesse e affinate.

475 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner Si passa dallo stadio preoperatorio a quello delle operazioni concrete, fino a quello delle operazioni formali: il passaggio caratterizza un’evoluzione dell’intelligenza che avviene in tutti gli ambiti. Se il bambino evolve nello stadio delle operazioni concrete, allora queste saranno svolte in tutti i campi della conoscenza (matematica, linguaggio, moralità, sviluppo sociale).

476 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner Per Gardner, l’intelligenza è un’abilità con cui risolvere un problema o con cui realizzare un prodotto che ha valore in uno o più contesti culturali.

477 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner Da questa definizione emergono alcuni concetti importanti, ossia quelli di: abilità, problem solving, realizzazione di un prodotto, contesto culturale. I test di intelligenza esplorano l’abilità di problem solving, aspetto che è messo in rilievo anche dai puzzle e dai quesiti presenti nei test. Tuttavia, i test sul QI pongono l’attenzione solo su un certo tipo di problem solving, quello riconducibile all’ambito verbale e logico-matematico.

478 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner Inoltre, nei test del QI non si pone attenzione alla realizzazione di un prodotto. Ad esempio, scrivere un poema, comporre una sinfonia, codificare una teoria scientifica sono prodotti che si realizzano mediante un’intelligenza che assume, di volta in volta, diverse forme (poetica, musicale, scientifico-matematica).

479 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner Gardner fa corrispondere l’intelligenza a un’abilità. Egli avrebbe potuto evitare di compiere quest’associazione e avrebbe potuto parlare semplicemente di talenti, attitudini, oppure di tipi di mente, predisposti a svolgere meglio alcuni compiti di altri. Invece, ha volutamente parlato di intelligenza, al fine di stimolare una riflessione collettiva sul fatto che non sono solo le capacità linguistiche e logico- matematiche (analizzate nei test sul QI) a determinare le potenzialità (e l’intelligenza) di un individuo, ma anche tante altre capacità (o intelligenze), che hanno il loro peso.

480 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner L’abilità è considerata tale se nel suo contesto culturale assume un valore. Ad esempio, l’abilità di un indigeno, capace di orientarsi nella giungla, assume un valore fondamentale nella sua cultura, nel contesto in cui vive, pertanto quell’indigeno è intelligente, oppure è dotato di una forma di intelligenza. Si può essere abili a fare tante cose, tuttavia non tutte hanno valore nel contesto in cui si vive; molte abilità, infatti, sono fini a se stesse e non rappresentano una particolare forma di intelligenza. Ad esempio, si può essere bravi a contare le briciole su un tappeto in modo preciso e veloce.

481 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- Gardner ha fornito una definizione generale di intelligenza che apre le porte all’individuazione delle sue tante forme, tuttavia occorre stabilire dei criteri con i quali sia possibile individuare queste forme. I criteri da lui delineati perché un’abilità possa diventare una forma di intelligenza sono:

482 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- -Un’abilità che resta compromessa o inalterata a seconda dei casi, a seguito di un trauma al cervello. Un trauma può comportare la perdita di alcune abilità, pur mantenendone altre inalterate. Si tratta di un segnale che queste abilità, ossia queste forme di intelligenza, sono tra loro relativamente indipendenti.

483 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- -Spesso persone prodigiose e talentuose in un campo sono completamente normali, o addirittura deboli, in altri campi: ciò rappresenta un’ulteriore prova che una forma specifica di intelligenza può esistere in modo quasi isolato. Ad esempio, una persona con ottime abilità logico- matematiche può essere impacciata nei movimenti, può ignorare anche gli aspetti più rudimentali della pratica musicale, o può relazionarsi agli altri con difficoltà.

484 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- -Un’abilità che viene associata ad un insieme essenziale di operazioni. Ad esempio, un’intelligenza musicale sarà il riflesso di tutte quelle abilità (suonare uno strumento, riconoscere le note, avere il senso del ritmo).

485 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- -Quando in un certo ambito si possono identificare delle abilità per le quali è possibile raggiungere un livello di competenza e di padronanza definibile in modo certo e concreto, identificando i passaggi che portano a tale livello, allora possiamo parlare di una forma di intelligenza specifica. Ad esempio, perché un atleta mostri un’intelligenza di tipo cinestetico, egli deve raggiungere particolari performance nell’attività sportiva. Queste performance sono definibili in modo preciso e chiaro, in termini di risultati, di tempi e di prestazioni particolari.

486 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- Il percorso da compiere per raggiungere tale competenza è identificabile in modo concreto e preciso (un allenamento specifico, l’acquisizione di una tecnica).

487 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- -La possibilità di definire una storia evolutiva di queste abilità e di osservarle anche in altre specie viventi distinte dall’uomo.

488 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- -La possibilità di identificare le abilità mediante test nella psicologia sperimentale. È possibile definire test psicologici che mettano in evidenza tali abilità.

489 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Criteri per definire l’intelligenza- -La possibilità di mettere in relazione le abilità, cioè di operare un transfer, la capacità di apprendere e specializzarsi in un determinato settore e di riuscire a trasferire alcune delle competenze in altri settori.

490 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- La mente umana è modulare. Ciascun modulo della nostra mente ha la caratteristica di gestire particolari abilità; inoltre, esistono evidenze sperimentali circa l’esistenza di strutture neurali del nostro cervello che gestiscono particolari attività. Ad esempio, l’emisfero sinistro sembra essere attivo e predominare quando l’individuo è impegnato in attività motorie, quando svolge calcoli oppure quando parla o scrive; l’emisfero destro ospita abilità di tipo visuo-spaziale e musicale.

491 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- Gardener mediante i criteri appena detti definisce 9 tipologie di intelligenza. -Intelligenza linguistica:È l’abilità di chi padroneggia il linguaggio, di chi sa usare parole. È la caratteristica di chi sa comunicare ed esprimere idee e pensieri in modo efficace. È l’intelligenza tipica dei poeti, degli oratori, degli scrittori, dei giornalisti e dei linguisti.

492 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- -Intelligenza logico-matematica: È l’abilità di chi sa confrontare e valutare organizzare concetti e astrazioni. È l’intelligenza caratteristica dei matematici, degli scienziati, dei logici e dei filosofi.

493 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- -Intelligenza musicale: È l’abilità di chi sa distinguere suoni e timbri. È un’intelligenza che può avere legami con altre intelligenze, come quella cinestetica o linguistica. Le abilità che la caratterizzano sono tipiche di musicisti, compositori.

494 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- Gardener mediante i criteri appena detti definisce 9 tipologie di intelligenza. -Intelligenza visuo-spaziale: È l’abilità che permette di percepire il mondo visivo in modo accurato, di analizzare distanze e relazioni spaziali, di avere senso dell’orientamento, di avere particolare sensibilità per la bellezza e l’armonia delle forme. È l’intelligenza tipica degli architetti, degli artisti, degli scultori, dei naviganti.

495 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- -Intelligenza cinestetica: È l’abilità di chi riesce a controllare al meglio i movimenti del proprio corpo, a coordinarli in modo armonioso, a maneggiare oggetti e strumenti con grande perizia. È l’intelligenza dei ballerini, degli atleti, degli attori, dei mimi, dei coreografi e degli artigiani.

496 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- -Intelligenza interpersonale: È l’intelligenza caratteristica di chi è in grado di comprendere l’umore degli altri, le loro motivazioni, i loro bisogni e i loro desideri. È caratteristica delle persone empatiche, che riescono ad immedesimarsi negli altri. Si tratta dell’abilità propria dei politici, dei leader, degli insegnanti.

497 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- -Intelligenza intrapersonale: È l’intelligenza di chi è in grado di conoscersi, di comprendersi, di valutare con schiettezza i propri bisogni, di motivarsi nello svolgere un compito o un’azione, di orientarsi positivamente nelle scelte. È l’intelligenza tipica degli psicologi, degli antropologi, degli psichiatri.

498 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- -Intelligenza naturalistica: Si tratta dell’intelligenza di chi riesce a riconoscere, ordinare e categorizzare le realtà naturali. È l’intelligenza tipica dei biologi e dei Naturalisti.

499 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Le intelligenze multiple- -Intelligenza esistenziale: È l’intelligenza di chi sa individuare e valutare le questioni fondamentali dell’esistenza, di chi si pone interrogativi circa il senso profondo della vita o il significato della morte. È tipica dei leader spirituali, dei filosofi e dei pensatori.

500 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Considerazioni finali- Nessuna coppia di individui, neanche una coppia di gemelli, ha un profilo comune di intelligenza. La diversa esperienza di vita, fa maturare le intelligenze in modo diverso in ciascuno dei soggetti. L’intelligenza linguistica e quella logico- matematica sono state studiate maggiormente, anche grazie ai test sul QI. In particolare, queste due intelligenze sono diventate importanti, in quanto si è riusciti a darne una quantificazione oggettiva con i test sul QI.

501 7. L’intelligenza Le intelligenze multiple di Gardner –Considerazioni finali- Le altre intelligenze sono più difficilmente valutabili, poiché si concretizzano con la creazione di un prodotto o di una performance, più che con la risoluzione di un problema o di un quesito. La valutazione di un prodotto è sempre meno oggettiva e più personale; anche per tale motivo, queste intelligenze non hanno trovato uno spazio adeguato nei contesti di apprendimento formali, dove vi è bisogno di quantificare oggettivamente il valore di un compito, di una risoluzione di un problema o di una prestazione.

502 Il costruttivismo Capitolo 8

503 8. Il costruttivismo generalità Il costruttivismo ipotizza una serie di strutture psichiche che permettono di costruire un modo personale di interpretare la realtà. Ciascun individuo, mediante la propria visione personale della realtà, riesce a decodificarla e a darle un senso, apprendendo, quindi, dall’interazione con l’ambiente. Quest’ultima avviene mediante uno scambio continuo di informazioni che permettono all’individuo di ordinare la realtà nella maniera che gli sembra più funzionale.

504 8. Il costruttivismo generalità Ovviamente, ciascun soggetto ha un suo modo di interpretare la realtà: non ha senso chiedersi quale sia il modo che permette di avvicinarsi maggiormente alla descrizione oggettiva della stessa.

505 8. Il costruttivismo I costruttivismi Piaget, Vygotskij e Bruner sono considerati i padri e i precursori del costruttivismo, in quanto hanno messo in evidenza l’adattamento dell’individuo all’ambiente come forma di conoscenza. A questi studiosi, presentati nei paragrafi precedenti, si aggiungono altri psicologi che hanno maturato declinazioni differenti del costruttivismo. Proprio per indicare questo fenomeno, diversi studiosi usano il termine plurale di costruttivismi, operando una classificazione delle teorie costruttiviste. Questo movimento costituisce un ponte tra le due correnti filosofiche del realismo e del nominalismo.

506 8. Il costruttivismo I costruttivismi Il realismo afferma che gli oggetti materiali esistono come realtà esterna a noi e indipendentement