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Meningiti batteriche acute

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Presentazione sul tema: "Meningiti batteriche acute"— Transcript della presentazione:

1 Meningiti batteriche acute
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2 Definizione e classificazione
Infiammazione delle membrane (meningi) che avvolgono il cervello e il midollo spinale, caratterizzata da alta mortalità e morbosità e da una elevata frequenza di gravi complicanze Molteplici classificazioni: anatomica, clinica, eziologica La meningite batterica interessa pia madre e aracnoide, i fluidi dello spazio subaracnoideo e dei ventricoli cerebrali Meningismo: triade sintomatologica caratterizzata da cefalea, rigidità nucale, e fotofobia Meningiti infettive: causate da batteri, virus, miceti e parassiti. Le più frequenti sono quelle virali, in genere non gravi (sottodiagnosticate) con risoluzione nell’arco di 7-10 giorni. Definizione e classificazione La meningite è un’infiammazione delle membrane (meningi) che avvolgono il cervello e il midollo spinale, caratterizzata da alta mortalità e morbosità e da una elevata frequenza di gravi complicanze. La meningite batterica può essere definita come l’infezione batterica che interessa le due meningi, pia madre e aracnoide, i fluidi dello spazio subaracnoideo e dei ventricoli cerebrali. Data la continuità dello spazio subaracnoideo con il cervello, il midollo spinale e i nervi ottici, qualsiasi agente che vi abbia fatto ingresso interessa l’intero distretto, con un coinvolgimento per definizione cerebrospinale. Si definisce meningismo la triade sintomatologica in genere associata alla meningite: cefalea, rigidità nucale, e fotofobia. Le classificazioni delle meningiti sono molteplici: anatomica (in base al foglietto meningeo interessato), clinica (in base al decorso, acuta o subacuta/cronica), eziologica (in base alle cause infettiva o non infettiva, e nell’ambito delle forme infettive quella batterica, virale, micotica, eccetera). Le meningiti acute, per le loro caratteristiche intrinseche (aggressività e velocità del decorso) da sempre rappresentano motivo di grande interesse per gli studiosi e di grande paura per la popolazione. Le meningiti infettive sono causate da batteri, virus, miceti e parassiti. Le più frequenti in assoluto sono quelle a eziologia virale, una parte delle quali non ha conseguenze gravi, tanto da essere sotto diagnosticata, e si risolve nell’arco di 7-10 giorni. 2

3 Meningiti batteriche Secondo posto come frequenza, ma più rischiose (paziente e sanità pubblica) Patogeni più comuni (75% meningiti batteriche nel mondo, >90% di quelle pediatriche): Neisseria meningitidis Haemophilus influenzae di tipo b (Hib) Streptococcus pneumoniae (diplococco) Altri agenti: streptococchi di gruppo B (Streptococcus agalactiae) enterobatteriacee (Escherichia coli) Listeria monocytogenes. Nei pazienti con storia di trauma cranico o di intervento neurochirurgico: Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, enterobatteriacee e Pseudomonas aeruginosa. Nei pazienti con derivazione ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale: Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus aureus, enterobatteriacee, Propionibacterium acnes e, raramente, difteroidi. Meningiti batteriche Le meningiti batteriche sono al secondo posto come frequenza e sono quelle che destano le maggiori preoccupazioni dal punto di vista clinico e di sanità pubblica. Molti patogeni possono causare meningite ma quelli più frequentemente implicati sono: Neisseria meningitidis Haemophilus influenzae di tipo b (Hib) Streptococcus pneumoniae (diplococco) che rappresentano l’infernal trio al quale è attribuibile oltre il 75% di tutte le meningiti batteriche nel mondo e oltre il 90% di quelle dei bambini. Altri agenti, relativamente meno importanti sono: streptococchi di gruppo B (Streptococcus agalactiae) enterobatteriacee (Escherichia coli) Listeria monocytogenes. Nei pazienti con storia di trauma cranico o di intervento neurochirurgico, i microrganismi più implicati sono Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, enterobatteriacee e Pseudomonas aeruginosa. Nei pazienti con derivazione ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale sono invece chiamati in causa soprattutto Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus aureus, enterobatteriacee, Propionibacterium acnes e, raramente, difteroidi. 3

4 Fisiopatologia della meningite batterica (1)
I meccanismi fisiopatologici dipendono dalla peculiare risposta del sistema immunitario a livello del sistema nervoso centrale. L’agente causale raggiunge le meningi : per via ematogena: da colonizzazione asintomatica di rinofaringe, anche di cute, polmone, cuore, tratto gastrointestinale o genitourinario da sede di infezione remota per contiguità: da orecchio, seni paranasali (sinusite, otite media) da cavità orale (infezione dentale) osteomielite di segmenti ossei contigui (mastoidite) per impianto diretto: in seguito a fratture del cranio o perdita di continuità per interventi chirurgici per presenza di dispositivi di derivazione o cateteri permanenti. Fisiopatologia Nelle meningiti batteriche l’agente causale raggiunge le meningi con diverse modalità: per via ematogena: a partenza da una colonizzazione asintomatica in genere delle mucose del rinofaringe, ma anche di cute, polmone, cuore, tratto gastrointestinale o genitourinario il germe può provenire da una sede di infezione remota per contiguità: dall’orecchio o dai seni paranasali in caso di sinusite, otite media dalla cavità orale (infezione dentale) osteomielite di segmenti ossei contigui (mastoidite) per impianto diretto: in seguito a fratture del cranio o perdita di continuità per interventi chirurgici per presenza di dispositivi di derivazione o cateteri permanenti. L’infiammazione meningea, in particolare dell’aracnoide e della pia madre, associata all’invasione batterica dello spazio subaracnoideo è stata descritta per la prima volta in un modello sperimentale sull’animale oltre un secolo fa evidenziando come i meccanismi fisiopatologici di questa condizione dipendono dalla peculiare risposta del sistema immunitario a livello del sistema nervoso centrale. 4

5 Fisiopatologia della meningite batterica (2)
Esempio di diffusione per via ematogena (la modalità più caratteristica) da localizzazione nelle mucose delle alte vie respiratorie (ruolo favorente nell’indebolimento della barriera protettiva della mucosa si deve a infezioni virali). Il primo passaggio prevede una setticemia con diffusione intravascolare dell’agente patogeno. Alla batteriemia fa seguito il superamento della barriera ematoencefalica e il raggiungimento dello spazio subaracnoideo, soprattutto attraverso i plessi corioidei altamente vascolarizzati e più vulnerabili al passaggio, e l’inizio dell’invasione delle meningi e dell’infiammazione dello spazio subaracnoideo. Il processo flogistico interessa principalmente l’aracnoide e la pia madre, con formazione di essudato purulento e non è una conseguenza diretta dell’infezione batterica, ma piuttosto della risposta immunitaria delle popolazioni cellulari con funzioni di difesa a livello cerebrale (astrociti e microglia) con rilascio di citochine come il fattore di necrosi tumorale α (TNF α), alcune interleuchine (IL-1, IL-6, IL-8), ossido nitrico (NO), prostaglandine (PGE2), fattore attivante le piastrine (PAF). Questi mediatori dell’infiammazione a livello endoteliale aumentano ulteriormente la permeabilità della barriera ematoencefalica e favoriscono quindi l’edema cerebrale vasogenico (con stravaso di fluidi) e l’ingresso massivo di leucociti. In parallelo si instaurano un edema interstiziale (da accumulo intercellulare di fluidi con difficoltà di riassorbimento del liquor) e un edema citotossico (dovuto a mediatori dell’infiammazione rilasciati sia dai batteri sia dai leucociti). Le tre forme di edema concorrono all’aumento della pressione endocranica. Si determina poi un ridotto afflusso ematico a livello cerebrale, favorito anche dall’ipotensione a livello sistemico, che crea una situazione di ipossia e ipoperfusione delle cellule cerebrali fino all’ischemia e la loro apoptosi. Si instaura un metabolismo anaerobio con aumento delle concentrazioni locali di lattato e consumo di glucosio (il dosaggio di questi due metaboliti nel liquor è un elemento diagnostico fondamentale, vedi dopo). La presenza di un essudato purulento e dell’ipertensione endocranica danno luogo a fenomeni di compressione e paralisi dei nervi cranici, ostruzione anatomica o funzionale al flusso del liquor che esita in idrocefalo ostruttivo, vasculite e tromboflebite che peggiora l’ischemia. 5

6 Vie di trasmissione e fattori favorenti
La trasmissione interumana segue diverse vie: esposizione prolungata es. convivenza (Neisseria meningitidis) contatto ravvicinato con germi veicolati da droplet delle secrezioni respiratorie, facilitata da tosse o starnuti (Neisseria meningitidis, Haemophilus di tipo b, Streptococcus pneumoniae) trasmissione perinatale (streptococco di gruppo B ed Escherichia coli) Inoltre derrate alimentari contaminate (Listeria monocytogenes ed Escherichia coli) Fattori di rischio preesistenti per l’insorgenza di una meningite batterica: età (pediatrica <5 anni o età avanzata >65 anni) vita in comunità (caserme, college, eccetera) e convivenza protratta (classi scolastiche) malattie croniche (diabete, insufficienza renale cronica, insufficienza surrenalica, fibrosi cistica) immunosoppressione, infezione da HIV, splenectomia, drepanocitosi (meningite da microrganismi capsulati es. Streptococcus pneumoniae) malattie oncologiche alcolismo ed epatopatia (specie la cirrosi) storia di abuso di sostanze per via endovenosa esposizione professionale (laboratori di microbiologia, operatori sanitari) viaggiatori in zone ad alta frequenza di malattia lesioni con perdita di continuità della dura madre (traumatiche, chirurgiche o congenite) o dispositivi di derivazione ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale. suscettibilità genetica a una risposta infiammatoria sostenuta Vie di trasmissione e fattori favorenti La trasmissione interumana dei batteri responsabili delle meningiti batteriche segue diverse vie: esposizione prolungata per esempio in caso di convivenza (Neisseria meningitidis) contatto ravvicinato con germi veicolati dalle goccioline (droplet) provenienti dalle secrezioni respiratorie; la diffusione è facilitata da tosse o starnuti (Neisseria meningitidis, Haemophilus di tipo b, Streptococcus pneumoniae) trasmissione perinatale, durante il parto e dopo la nascita (streptococco di gruppo B ed Escherichia coli). A queste si aggiungono Listeria monocytogenes ed Escherichia coli che si diffondono attraverso derrate alimentari contaminate. Oltre alla storia di esposizione a un caso di meningite e alla presenza di focolai infettivi con possibilità di diffusione per contiguità (per esempio sinusite) o per via ematica (per esempio endocardite), sono riconosciuti come fattori di rischio preesistenti per l’insorgenza di una meningite batterica: età (pediatrica <5 anni o età avanzata >65 anni) vita in comunità (caserme, college, eccetera) ma anche convivenza protratta (classi scolastiche) malattie croniche (diabete mellito, insufficienza renale cronica, insufficienza surrenalica, fibrosi cistica) immunosoppressione, infezione da HIV, splenectomia, drepanocitosi: aumentano il rischio di meningite batterica da microrganismi capsulati (soprattutto da Streptococcus pneumoniae) malattie oncologiche alcolismo ed epatopatia (specie la cirrosi) storia di abuso di sostanze per via endovenosa esposizione professionale (laboratori di microbiologia, operatori sanitari) viaggiatori in zone ad alta frequenza di malattia presenza di lesioni con perdita di continuità della dura madre (traumatiche, chirurgiche o congenite) o di dispositivi di derivazione ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale. suscettibilità genetica a una risposta infiammatoria sostenuta, caratterizzata da liberazione massiva di mediatori dell’infiammazione ed eccessivo reclutamento di neutrofili a livello dello spazio subaracnoideo (implicate mutazioni rare del TLR4, toll-like receptor 4). 6

7 Batteri patogeni L’accertamento dell’eziologia è di estrema importanza, non solo ai fini terapeutici (antibioticoterapia mirata) ma anche per l’eventuale profilassi dei contatti. Tra le varie cause l’infezione meningococcica si caratterizza per: problema persistente, mondiale, di salute pubblica malattia endemica, epidemica inizio della malattia difficilmente riconoscibile, con inizio e progressione rapida variabilità delle manifestazioni cliniche e difficoltà nella diagnosi differenziale con le comuni malattie virali elevata morbilità e letalità efficacia della terapia e possibilità di prevenzione con il vaccino Batteri patogeni L’accertamento dell’eziologia della meningite batterica è di estrema importanza, non solo ai fini terapeutici (antibioticoterapia mirata) ma anche per l’eventuale profilassi dei contatti. 7

8 Neisseria meningitidis (meningococco)
Batteri aerobio Gram negativi, circondato da una capsula polisaccaridica (13 gruppi sierologici). I sierogruppi A, B, C, W135 e Y implicati >90% malattie sistemiche dell’uomo (in Italia più frequenti B e C) Alberga nelle alte vie respiratorie di portatori sani e asintomatici. In <1% supera mucosa respiratoria e va in circolo; nel 50% dei casi di batteriemia si verifica la meningite L’uomo è l’unico serbatoio naturale dell’infezione; notevole labilità fuori dall’organismo Periodo di incubazione: 1-7 giorni Malattia invasiva da meningococco: può colpire tutte le età con meningite, sepsi (10-20% decorso fulminante) Secondo l’OMS, circa decessi nel mondo nel 2000, con letalità del 10-15% per meningite, del 40% per sepsi, e sequele permanenti nel 20% dei casi Andamento stagionale tipico con maggior frequenza nel periodo di fine inverno-inizio primavera Nel 20% dei sopravvissuti sono presenti sequele a lungo termine, come ritardo mentale, ipoacusia/sordità, perdita (anatomica e funzionale) degli arti. Neisseria meningitidis (meningococco) I meningococchi sono batteri aerobi Gram negativi circondati da una capsula polisaccaridica che consente di caratterizzarli in gruppi sierologici. Sebbene sia in tal modo possibile individuare 13 differenti sierogruppi (A, B, C, D, 29E, H, I, K, L, W135, X, Y e Z), soltanto gli stipiti appartenenti ai sierogruppi A, B, C, W135 e Y sono frequentemente implicati (>90%) in malattie sistemiche dell’uomo. In Italia e in Europa sono più frequenti i sierogruppi B e C. Neisseria meningitidis alberga nelle alte vie respiratorie (naso e gola) di portatori sani e asintomatici. In una modesta quota di portatori (meno dell’1%), il batterio può superare la mucosa respiratoria e fa il suo ingresso in circolo. In circa il 50% dei casi di batteriemia si verifica anche il superamento della barriera ematoencefalica che dà luogo alla meningite. L’uomo è l’unico serbatoio naturale dell’infezione e il meningococco non può resistere al di fuori dell’organismo, data la sua notevole labilità. La trasmissione diretta avviene quasi esclusivamente per contagio attraverso la via aerea ed è favorita dall’affollamento (scuole, caserme, eccetera). La possibilità di un contagio per via indiretta è in teoria possibile, ma in pratica assai remota, per la scarsa resistenza del microrganismo. Il periodo di incubazione va solitamente da 1 a 7 giorni. La malattia invasiva da meningococco può colpire tutte le età, si manifesta con meningite, sepsi e più raramente polmonite, artrite e pericardite. I sintomi della meningite da meningococco non sono diversi da quelli delle altre meningiti batteriche, ma nel 10-20% dei casi la malattia è rapida e acuta, con un decorso fulminante che può portare al decesso in poche ore anche in presenza di una terapia adeguata (secondo l’OMS, circa decessi nel mondo nel 2000, con letalità del 10-15% per meningite, del 40% per sepsi, e sequele permanenti nel 20% dei casi). I malati di meningite o altre forme gravi sono considerati contagiosi per circa 24 ore dall’inizio della terapia antibiotica specifica. La meningite da meningococco è frequente soprattutto nei primi decenni di vita. Tuttavia, sia gli ultimi episodi epidemici sia l’epidemiologia riportata in Italia nell’ultimo decennio evidenziano un incremento della malattia tra i soggetti di età superiore ai 25 anni. La malattia, che ha un andamento stagionale tipico con maggior frequenza nel periodo di fine inverno-inizio primavera, ha una letalità elevata, intorno al 10%. Nel 20% dei sopravvissuti sono presenti sequele a lungo termine, come ritardo mentale, ipoacusia/sordità, perdita (anatomica e funzionale) degli arti. 8

9 Fattori di rischio per malattia invasiva da meningococco
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10 Lo stato di portatore del meningococco
Può permanere a lungo nel tempo senza manifestazioni cliniche. Prevalenza: stime variabili (2-30%) secondo fascia di età (<2% nei bambini sotto i 5 anni, 20-25% negli adolescenti e nei giovani adulti), area geografica, condizioni socio-economiche, densità demografica. Elevati (60-70%) in situazioni di grande affollamento. Variazioni notevoli dopo interventi di chemioprofilassi Italia: media del 10-12%, differenze secondo zone e gruppi di popolazione Dubbio il rapporto tra numero di portatori e malattia (“soglia” del 20%) dato il riscontro di episodi di meningite in comunità a bassa prevalenza di portatori L’evoluzione verso la malattia invasiva e la meningite sembra legata , più che alla virulenza del sierotipo, alla situazione immunitaria della popolazione sana e alla ricettività individuale, in particolare l’efficienza dell’immunità umorale Trascurabile il ruolo dei portatori convalescenti e cronici Il numero dei portatori in una determinata area geografica è un’utile informazione epidemiologica Lo stato di portatore del meningococco Lo stato di portatore del meningococco può permanere a lungo nel tempo senza manifestazioni cliniche. Le stime di prevalenza dei portatori sani mostrano un’ampia variabilità (2-30%) che dipende da diversi fattori: fascia di età (<2% nei bambini sotto i 5 anni, 20-25% negli adolescenti e nei giovani adulti), area geografica, condizioni socio-economiche, densità demografica. Può raggiungere livelli assai elevati (60-70%) in comunità e circostanze particolari (tipicamente in situazioni di grande affollamento). Si possono osservare inoltre variazioni notevoli in occasione di focolai seguiti da interventi di chemioprofilassi, con prevalenze basse nei mesi immediatamente successivi e progressivo incremento negli anni seguenti. In Italia la frequenza dei portatori sani sull’intero territorio nazionale è in media del 10-12%, ma con profonde differenze in rapporto alle diverse zone e ai gruppi di popolazione esaminati. L’esistenza di un rapporto tra numero di portatori e malattia è stata a lungo affermata, al punto di considerare addirittura dei valori “soglia” (da alcuni stabiliti intorno al 20%) quali indici di rischio della malattia. Il riscontro, però, di episodi di meningite in comunità a bassa prevalenza di portatori (e viceversa) e la constatazione che una elevata percentuale di soggetti possiede anticorpi verso uno o più dei sierogruppi di meningococco suggeriscono che non ci sia un legame tra frequenza di portatori sani nella popolazione e probabilità di focolai o casi singoli. L’eventualità di una evoluzione verso la malattia invasiva e la meningite sembra legata, più che alla virulenza del sierotipo, alla situazione immunitaria della popolazione sana e alla ricettività individuale, in particolare l’efficienza dell’immunità umorale. E’ trascurabile anche il ruolo dei portatori convalescenti e cronici, per l’elevata sensibilità del microrganismo alla terapia chemioantibiotica. Il numero dei portatori in una determinata area geografica resta comunque un’utile informazione epidemiologica. 10

11 Streptococcus pneumoniae (pneumococco)
Batterio Gram positivo, anaerobio facoltativo Capsula ben evidenziabile, importante per la classificazione in >90 sierotipi e patogenicità (solo i tipi capsulati sono patogeni per la presenza degli antigeni polisaccaridici capsulari con attività anti fagocitaria) I 10 sierotipi più diffusi sono responsabili del 60% circa delle malattie invasive Pneumococco: causa più frequente delle polmoniti dell’adulto (letalità 5-7% più elevato negli anziani) Nel mondo 1,6 milioni di decessi ogni anno, circa 1 milione di bambini sotto i 5 anni di età Il 5-90% della popolazione generale (il 20-60% di quella pediatrica) portatore asintomatico Nell’ambiente esterno rapida autolisi; elevata resistenza nelle secrezioni (nella saliva fino a 3 mesi), ma assai scarsa al calore (15 minuti a 55 °C) e ai comuni disinfettanti Altamente sensibile al trattamento antibiotico (in aumento i ceppi resistenti) Stagionalità autunnale-invernale Dipende dalla virulenza del sierotipo e da fattori favorenti (infezioni virali, condizioni con iperproduzione e accumulo di muco, alcolismo e tabagismo, disturbi circolatori, malattie croniche, splenectomia, traumi cranici chiusi, presenza di impianto cocleare Streptococcus pneumoniae (pneumococco) E’ un batterio Gram positivo, anaerobio facoltativo. Ha una capsula ben evidenziabile di grande importanza sia per la classificazione in sierotipi, sia per la patogenicità legata alla presenza degli antigeni polisaccaridici capsulari (anche indicati come sostanze specifiche solubili SSS), che svolgono un’intensa attività anti fagocitaria. Tra gli oltre 90 sierotipi di pneumococco conosciuti, i 10 più diffusi sono responsabili della maggior parte (62%) delle malattie invasive (polmoniti pneumococciche batteriemiche e delle meningiti). Solo i tipi capsulati sono patogeni oltre che per l’uomo per diverse specie di mammiferi e in particolare per il coniglio e per il topo, nei quali provocano stato setticemico e morte, qualunque sia la via di introduzione. Lo pneumococco è la causa più frequente delle polmoniti dell’adulto dove si registra un tasso di letalità intorno al 5-7%, più elevato negli anziani. Si stima che nel mondo sia responsabile di 1,6 milioni di decessi ogni anno, circa 1 milione in bambini sotto i 5 anni di età. Il 5-90% della popolazione generale (il 20-60% di quella pediatrica) a seconda delle aree è portatore asintomatico del batterio. Nell’ambiente esterno lo Streptococcus pneumoniae va incontro rapidamente ad autolisi, presenta elevata resistenza nelle secrezioni (nella saliva fino a 3 mesi), ma assai scarsa al calore (15 minuti a 55 °C) e ai comuni disinfettanti. Risulta in genere altamente sensibile al trattamento antibiotico anche se sta crescendo l’isolamento di ceppi resistenti. La meningite pneumococcica è sempre secondaria a una prima localizzazione cui segue la diffusione per via ematica o per continuità (da infezioni dell’orecchio e dei seni paranasali). E’ inoltre la forma di meningite più spesso associata a traumi cranici. Solitamente il germe, dopo essere penetrato nell’organismo per via aerea, si localizza sulle mucose respiratorie senza dare origine a manifestazioni cliniche. Altre localizzazioni primarie però associate a manifestazioni cliniche sono: l’apparato respiratorio (25%, polmonite), l’orecchio (30%, otite media o mastoidite), i seni mascellari (10-15%, sinusite), il cuore (5%, endocardite). L’insorgenza della malattia pneumococcica è più probabile nelle stagioni autunnali e invernali e dipende oltre che dalla virulenza del sierotipo dalla presenza di fattori favorenti: infezioni virali (virus influenzali e parainfluenzali) condizioni caratterizzate da eccessiva produzione e accumulo di muco (comprese le allergie) alcolismo e tabagismo disturbi circolatori malattie croniche (in particolare cardiopatie croniche, malattie respiratorie, insufficienza renale, epatopatia cronica e drepanocitosi, soprattutto nei bambini) splenectomia traumi cranici chiusi presenza di impianto cocleare. 11

12 Haemophilus influenzae
Batterio Gram positivo aerobio (anaerobio facoltativo), circondato da una capsula polisaccaridica (6 sierogruppi, indicati con le lettere minuscola da a a f); diversi sierotipi non capsulati meno virulenti Colonizza il rinofaringe, punto di partenza per batteriemia e infezione settica o meningea. In era prevaccinale isolato nello 0,5-3% dei bambini, raramente nell’adulto Fattori favorenti: infezioni respiratorie, virali o da micoplasma Malattia più frequente nella stagione invernale Prima dell’introduzione del vaccino contro il tipo b, era responsabile del 95% dei casi di malattia batterica invasiva prima dei 5 anni di età (60% dei casi di malattia nel primo anno di vita, picco 6-11 mesi). All’età di 5-6 anni molti bambini avevano acquisito l’immunità specifica per un’infezione asintomatica Malattia invasiva: meningite (50-65%), epiglottite con ostruzione respiratoria grave /fatale, otite, bronchite e polmonite, artrite ed osteomielite, pericardite o cellulite. L’otite media e la bronchite acuta sono causate prevalentemente da sierogruppi non capsulati. Mortalità 3-6%, nonostante terapia antibiotica Conseguenze a lungo termine di tipo neurologico e l’ipoacusia/sordità: 15-30% dei sopravvissuti Haemophilus influenzae Haemophilus influenzae è un batterio Gram positivo aerobio (anaerobio facoltativo), circondato da una capsula polisaccaridica che permette di distinguere 6 sierogruppi, indicati con le lettere minuscola da a a f. Il polisaccaride poliribosil-ribitol-fosfato (PRP) è responsabile della virulenza ed evoca la risposta immunitaria. Esistono poi diversi sierotipi non capsulati, anch’essi patogeni ma meno virulenti. L’emofilo colonizza abitualmente il rinofaringe, punto di partenza per la batteriemia e l’infezione settica o meningea. In era prevaccinale era isolato nello 0,5-3% della popolazione pediatrica, molto raramente in quella adulta. Le infezioni respiratorie, virali o da micoplasma, figurano tra i fattori favorenti questo cambiamento di comportamento. La malattia da emofilo è più frequente nella stagione invernale. Prima dell’introduzione del vaccino contro il tipo b, era riconducibile a questo patogeno la maggior parte dei casi (95%) di malattia batterica invasiva prima dei 5 anni di età. Circa il 60% dei casi di malattia invasiva si concentrava nel primo anno di vita, con un picco tra il sesto e l’undicesimo mese. All’età di 5-6 anni inoltre molti bambini avevano acquisito l’immunità specifica per un’infezione asintomatica da Haemophilus di tipo b o per esposizione a microrganismi in grado di indurre una reattività crociata. Sono ipotizzati anche, ma non compiutamente descritti, fattori genetici di suscettibilità all’infezione. La malattia invasiva si manifesta come meningite (50-65%), epiglottite con ostruzione respiratoria grave e talvolta fatale, otite, bronchite e polmonite, artrite ed osteomielite, pericardite o cellulite. L’otite media e la bronchite acuta sono causate prevalentemente da sierogruppi non capsulati. La mortalità si colloca intorno al 3-6%, nonostante la terapia antibiotica. Le conseguenze a lungo termine di tipo neurologico e l’ipoacusia/sordità si verificano nel 15-30% dei sopravvissuti. 12

13 Epidemiologia Diffusione: tutto il mondo, specie paesi a clima caldo e secco e zone densamente popolate Casi sporadici con episodi epidemici Incidenza più elevata: Africa subsahariana (80% dei casi nel mondo) Nel 2010 circa 1,2 milioni di casi nel mondo, con decessi soprattutto in età pediatrica Letalità: 10-40% secondo età (maggiore nei primi anni di vita), contesto socio-sanitario (più elevata nei Paesi non sviluppati e nelle situazioni di svantaggio), agente (maggiore con pneumococco). Meningite da Neisseria: casi ogni anno nel mondo, circa il 10% mortali Sequele a lungo termine: circa 20% dei casi, prevalentemente in seguito alle infezioni causate da Streptococcus pneumoniae. Fascia a maggiore: bambini nel primo anno di vita (picco di incidenza tra 3 e 8 mesi) e dopo i 60 anni di età Descritta una distribuzione di frequenza in funzione dell’età per le forme di meningite causate dai vari agenti (vedi tabella) . Epidemiologia La meningite è una malattia diffusa in tutto il mondo, in particolare nei paesi a clima caldo e secco e nelle zone di maggiore densità della popolazione dove si manifesta di solito con casi sporadici e periodicamente con episodi epidemici che insorgono a intervalli irregolari di tempo. La più elevata incidenza si registra in Africa (specialmente nei paesi a Sud del Sahara) dove si stima si verifichi circa l’80% dei casi nel mondo (molti dei quali non denunciati). Le meningiti batteriche sono state responsabili nel 2010 di circa 1,2 milioni di casi nel mondo, con decessi soprattutto in età pediatrica. La letalità si colloca tra il 10 e il 40% secondo le varie stime e dipende anche dall’età dei pazienti (maggiore nei primi anni di vita), dal contesto socio-sanitario (più elevata nei Paesi non sviluppati e nelle situazioni di svantaggio), dall’agente (maggiore se è implicato lo pneumococco). La meningite da Neisseria resta a livello mondiale responsabile di casi ogni anno, circa il 10% mortali. Le sequele a lungo termine si verificano in circa il 20% dei casi, prevalentemente in seguito alle infezioni causate da Streptococcus pneumoniae. La fascia di età a maggiore rischio di meningite è quella dei bambini nel primo anno di vita (picco di incidenza tra 3 e 8 mesi). Il rischio di malattia aumenta poi a partire dai 60 anni di età. Esiste una distribuzione di frequenza in funzione dell’età per le forme di meningite causate dai vari agenti . 13

14 Principali agenti eziologici di meningite batterica e sepsi in rapporto all’età
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15 Epidemiologia in era post vaccinale
La disponibilità di vaccini ha profondamente modificato l’epidemiologia e creato situazioni di rimpiazzo vaccinale (replacement), con un incremento del numero di casi di infezioni invasive dovute a sierotipi non contenuti nel vaccino Esempio più clamoroso : dopo l’introduzione del vaccino anti Haemophilus influenzae tipo b, i dati dell’Istituto Superiore di Sanità riportano una riduzione da >80 casi per abitanti a 0,2 casi per abitanti nel 2015 (USA riduzione del 99%, con un’incidenza inferiore a 1 caso per bambini sotto i 5 anni). Attualmente la maggioranza dei casi d’infezione invasiva da emofilo è dovuta a sierotipi diversi dal b, in particolare i sierotipi non capsulati (anche definiti non tipizzabili) Pneumococco: dopo la campagna di vaccinazione con il vaccino coniugato 7-valente e poi con il 13-valente ha ottenuto una diminuzione di oltre il 97% dei casi di malattia invasiva dovuti ai sierotipi vaccinali Vaccino anti meningococco C in Europa: riduzione 2 casi per abitanti (1999) <1 caso per abitanti (2010) Nell’insieme, nei Paesi sviluppati queste modificazioni epidemiologiche hanno determinato una netta prevalenza della quota di meningiti attribuibili a meningococco e a pneumococco, con una quota veramente marginale di quelle da emofilo. Poiché la riduzione ha coinvolto soprattutto la popolazione pediatrica questa malattia è diventata relativamente più frequente nella popolazione adulta Epidemiologia in era post vaccinale Un fattore che ha profondamente modificato l’epidemiologica delle meningiti batteriche è la disponibilità di vaccini efficaci e sicuri. L’esempio più clamoroso è quello rappresentato dall’introduzione del vaccino anti Haemophilus influenzae tipo b. In Italia i dati del sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) riportano una drastica iduzione, da più di 80 casi per abitanti in era prevaccinale a 0,2 casi per abitanti nel Negli Stati Uniti si è osservata una riduzione dei casi del 99%, con un’incidenza inferiore a 1 caso per bambini sotto i 5 anni. Anche per lo pneumococco la campagna di vaccinazione con il vaccino coniugato 7-valente e poi con il 13-valente ha ottenuto una diminuzione di oltre il 97% dei casi di malattia invasiva dovuti ai sierotipi vaccinali. Infine, in Europa, il vaccino anti meningococco C è stato introdotto nei programmi vaccinali a partire dal 1999, quando l’incidenza era di circa 2 casi per abitanti per passare nel 2010 a meno di 1 caso per abitanti. Nell’insieme, nei Paesi sviluppati queste modificazioni epidemiologiche hanno determinato una netta prevalenza della quota di meningiti attribuibili a meningococco e a pneumococco, con una quota veramente marginale di quelle da emofilo. Poiché la riduzione dell’incidenza della meningite batterica ha coinvolto soprattutto la popolazione pediatrica, direttamente interessata dai programmi vaccinali, questa malattia è diventata relativamente più frequente nella popolazione adulta (età mediana negli Stati Uniti 15 mesi nel 1986, 25 anni nel 1998, 30,3 anni nel 1999, 41,9 anni nel ). La pratica vaccinale ha inoltre il vantaggio di ridurre il numero dei portatori. Queste esperienze, soprattutto quelle derivate dalla vaccinazione contro l’Hib, hanno mostrato l’importanza delle attività di sorveglianza dopo l’avvio di programmi estesi di vaccinazione. L’introduzione dei vaccini ha modificato anche la distribuzione dei sierotipi batterici. Attualmente la maggioranza dei casi d’infezione invasiva da emofilo è dovuta a sierotipi diversi dal b, in particolare i sierotipi non capsulati (anche definiti non tipizzabili), non prevenibili con il vaccino. In Italia, nel 2015 predominano nettamente i ceppi non capsulati che rappresentano oltre l’88% del totale dei ceppi e sono in costante aumento negli anni. I casi dovuti al sierotipo b, gli unici prevenibili mediante vaccinazione, si mantengono rari (nessun caso nel 2011, 6 casi nel 2012, 5 casi nel 2013, 7 casi nel 2014, 4 casi nel 2015 e 5 nel 2016. Allo stesso modo il primo vaccino anti pneumococco utilizzato, quello 7-valente ha dato origine al rimpiazzo vaccinale (replacement), con un incremento del numero di casi di infezioni invasive dovute a sierotipi non contenuti nel vaccino. 15

16 Distribuzione dei sierogruppi della meningite nelle diverse aree geografiche
La figura mostra la distribuzione dei sierogruppi della meningite da meningococco nel mondo nel Anch’essa è sensibile a modificazioni nelle quali i programmi vaccinali hanno un ruolo significativo. 16

17 La fascia della meningite
“Fascia della meningite”: zona più colpita dalla meningite da meningococco (Africa subsahariana dal Senegal all’Etiopia) che comprende 26 Paesi con 300 milioni di persone Epidemie nella stagione secca (dicembre-giugno) della durata di anni Scarsa igiene e sovraffollamento Ciclicità di 7-10 anni (alternanza di fasi con elevata immunità di gregge e fasi di suscettibilità Incidenza annua casi per abitanti (nel mondo 3 casi per abitanti) Prima del 2010 sierogruppo A, in aumento i sierotipi W, X e C, e lo pneumococco (nel 2015 prima epidemia da sierotipo C nell’Africa sub-sahariana) Nel passato recente e al momento in atto campagne vaccinali e chemioprofilassiantibiotica La fascia della meningite Nel mondo la zona più colpita dalla meningite da meningococco resta l’Africa subsahariana, più precisamente la zona identificata come la “fascia della meningite” che, estendendosi dal Senegal all’Etiopia, comprende 26 Paesi ed è popolata da circa 300 milioni di persone. Le epidemie hanno in genere inizio nella stagione secca (da dicembre a giugno) e a volte durata di alcuni anni. Le condizioni igieniche e il sovraffollamento favoriscono il diffondersi della malattia che si manifesta con una ciclicità di 7-10 anni per l’alternarsi di fasi con elevata immunità di gregge, garantita dall’evento più recente, a fasi di suscettibilità della popolazione. A fronte di un’incidenza annua a livello mondiale di circa 3 casi per abitanti, nella fascia della meningite si registra un’incidenza anche di casi per abitanti, in alcune comunità anche casi per abitanti. Prima del 2010, il sierogruppo A era responsabile della stragrande maggioranza degli eventi epidemici, ma con la progressiva introduzione del vaccino coniugato monovalente si è verificata una sensibile riduzione di questo sierotipo e un incremento relativo dei casi dovuti ai sierotipi W, X e C, nonché allo pneumococco. Le campagne condotte in Guinea e in Etiopia nel 2015, vaccinando la popolazione di 1-29 anni di età in 15 aree a rischio elevato di malattia, ha ottenuto coperture del 95%. In Etiopia a partire dal 2013 sono state organizzate 3 campagne vaccinali contro il meningococco A, l’ultima associata all’immunizzazione contro il morbillo, superando la soglia del 95% per entrambe le malattie. Si stima che oggi più di 235 milioni di persone siano state vaccinate contro il meningococco A nella fascia della meningite. A partire dal 2016, il vaccino è stato introdotto nel calendario vaccinale in dose singola al 9°-18° mese di vita. Parallelamente ai programmi vaccinali, sono state avviate in 19 Paesi attività di sorveglianza sostenute dal WHO West African Inter-Country Support Team. I dati hanno permesso di stabilire che in 26 distretti era stata superata la soglia epidemica. La tipizzazione del patogeno ottenuta in poco più di un terzo dei campioni di liquor ha mostrato la seguente distribuzione: meningococco di tipo C 47%, pneumococco 23%, meningococco di tipo W 19%, meningococco di tipo A 3%. Nella prima metà del 2015 si sono verificati in Niger e Nigeria oltre casi di meningite con circa 550 decessi. L’agente causale, identificato con metodi molecolari, è risultato un ceppo geneticamente diverso da tutti i sierogruppi C già noti. In Niger è stata usata per la prima volta la terapia antibiotica su vasta scala ed è stata avviata con qualche mese di ritardo per problemi di disponibilità del farmaco una campagna con il vaccino polisaccaridico anti meningococco ACYW ottenendo coperture intorno al 66-67%. Questo evento rappresenta la prima epidemia da meningococco C nell’Africa sub-sahariana. 17

18 Dati europei, Neisseria meningitidis
Dati ECDC 2012: malattia da meningococco rara con 0,7 casi per abitanti e ampia variabilità L’Italia ha un’incidenza bassa pari a 0,2 casi per abitanti In 26 dei 28 Paesi sono attivi sistemi di sorveglianza I dati riflettono anche il successo dei programmi vaccinali universali contro il meningococco C introdotti in alcuni Paesi (nessun programma contro il meningococco B) Colpiti soprattutto i bambini (<1 anno 12,3 casi per , <5 anni 5,1 casi per ) Frequenza più elevata di portatori sani tra gli adolescenti (categoria su cui devono concentrarsi gli interventi sanitari La maggior parte dei casi di malattia è causata da sierotipi B (dominante) e C, ma sta emergendo anche il sierotipo Y Letalità 10% Dati europei, Neisseria meningitidis Dal report della sorveglianza europea aggiornato al 2012 emerge che la malattia da meningococco è rara in Europa, con 0,7 casi per abitanti, ma con valori ampiamente variabili da 0,1 a 1,8 casi per abitanti. I valori maggiori si osservano in Lituania (1,8), Regno Unito (1,4), Svezia (1,1) e Irlanda (1,3). L’Italia ha un’incidenza bassa pari a 0,2 casi per abitanti. Le differenze esprimono una realtà complessa, che trova molte spiegazioni in fattori organizzativi, laboratoristici e di pratica clinica. In 26 dei 28 Paesi sono attivi sistemi di sorveglianza. I dati riflettono anche il successo dei programmi vaccinali universali contro il meningococco C introdotti in alcuni Paesi, mentre al momento della rilevazione non era stato attivato alcun programma contro il meningococco B. La malattia colpisce soprattutto i bambini (<1 anno 12,3 casi per , <5 anni 5,1 casi per ), mentre la frequenza più elevata di portatori sani si riscontra tra gli adolescenti, che sono pertanto la categoria su cui devono concentrarsi gli interventi sanitari. La maggior parte dei casi di malattia è causata da sierotipi B (dominante) e C, ma sta emergendo anche il sierotipo Y. La letalità si colloca intorno al 10%. 18

19 Dati europei, Streptococcus pneumoniae
Dati dell’ECDC 2012: incidenza di 4,3 casi per abitanti, variabile da 0,2 a 15,8 casi per abitanti (massima nei Paesi nordici) e stabile nel tempo Italia: incidenza inferiore alla media europea 1,3 casi per abitanti Da agosto 2012: progetto pilota ECDC di sorveglianza SpID-net (Streptococcus pneumoniae Invasive Disease network) Programmi vaccinali disomogenei, ma malattia e stato di portatore in riduzione sia della malattia dopo vaccino 7-valente, però con emergenza di sierotipi non contenuti nei vaccini Adottati anche i nuovi vaccini 10-valente e 23-valente Copertura vaccinale: 18% Colpiti soprattutto i bambini (<5 anni 5,1 casi per ) e gli anziani sopra i 65 anni di età (12,2 casi per ) Segnalata resistenza all’eritromicina nel 15,6% dei casi e alla penicillina nel 6,9% dei casi Dati europei, Streptococcus pneumoniae Sempre secondo i dati dell’ECDC, la malattia da pneumococco ha in Europa un’incidenza pari a 4,3 casi per abitanti, variabile da 0,2 a 15,8 casi per abitanti e massima nei Paesi nordici (Danimarca 15,8, Finlandia 13,9, Norvegia 12,6, Svezia 14,6) e sostanzialmente stabile nel tempo. L’Italia ha un’incidenza inferiore alla media europea, di 1,3 casi per abitanti. Le differenze dipendono soprattutto dai diversi sistemi di sorveglianza (esistenti in 22 Paesi) e da criteri diagnostici (in particolare per quanto riguarda l’emocoltura) e non autorizzano confronti diretti. A partire da agosto 2012, l’ECDC supporta il progetto pilota di sorveglianza SpID-net (Streptococcus pneumoniae Invasive Disease network) che coinvolge i Paesi EU/EEA (Unione Europea e Area Economica Europea). I programmi vaccinali non sono omogenei né per l’età pediatrica né per quella adulta, ma è evidente una riduzione sia della malattia, sia dello stato di portatore a seguito dell’introduzione del vaccino 7-valente. Peraltro il rimpiazzo vaccinale ha favorito l’emergere, con casi di malattia e di portatore sano, di sierotipi non contenuti nei vaccini. Nei Paesi europei sono stati adottati anche i nuovi vaccini 10-valente e 23-valente. La copertura vaccinale è intorno al 18%. La malattia colpisce soprattutto i bambini (<5 anni 5,1 casi per ) e gli anziani sopra i 65 anni di età (12,2 casi per ). I dati sulla sensibilità antibiotica (disponibili in 17 Paesi) descrivono resistenza all’eritromicina nel 15,6% dei casi e alla penicillina nel 6,9% dei casi. 19

20 Dati europei, Haemophilus influenzae
Dati ECDC 2012: incidenza bassa e relativamente stabile (0,5 per ), tassi inferiori a 1 caso per in 19 su 24 Paesi Italia compresa (0,1 casi per abitanti) Per effetto dei programmi vaccinali, calo progressivo dei casi dovuti al tipo b per effetto dei programmi vaccinali e aumento relativo degli altri sierotipi compresi quelli non capsulati I tutti i Paesi europei la vaccinazione contro H. influenzae di tipo b è compresa nel calendario vaccinale. I più colpiti sono i bambini sotto l’anno (4,2 casi per , con quadro clinico prevalente di meningite e/o sepsi), insieme agli anziani sopra i 65 anni (1,5 casi per , polmonite acquisita in comunità dovuta per la maggioranza dei casi a tipi non capsulati) Dati europei, Haemophilus influenzae La malattia invasiva da emofilo ha in Europa un’incidenza bassa e relativamente stabile (0,5 per ), con tassi inferiori a 1 caso per in 19 su 24 Paesi dei quali sono disponibili dati, Italia compresa (o,1 casi per abitanti). I tassi maggiori si osservano nei Paesi nordici (Danimarca 1,2, Finlandia 1,5, Norvegia 1,56, Svezia 2,3) e nel Regno Unito (1,2). In particolare si è assistito a un calo progressivo per l’incidenza dei casi dovuti al tipo b per effetto dei programmi vaccinali e a un aumento relativo degli altri sierotipi compresi quelli non capsulati. Questo incremento è in parte riconducibile all’estensione della sorveglianza, prima limitata al tipo b e all’età pediatrica. I tutti i Paesi europei la vaccinazione contro H. influenzae di tipo b è compresa nel calendario vaccinale. I bambini sotto l’anno continuano a essere i più colpiti (4,2 casi per , con quadro clinico prevalente di meningite e/o sepsi), insieme agli anziani sopra i 65 anni (1,5 casi per , polmonite acquisita in comunità dovuta per la maggioranza dei casi a tipi non capsulati). 20

21 2016 (aggiornamento 2 gennaio 2017)
Dati italiani 2016 (aggiornamento 2 gennaio 2017) 191 casi di meningite da meningococco (lieve aumento rispetto al triennio , diminuzione rispetto al 2015) dovuto prevalentemente alla situazione della Toscana (vedi dopo) 940 casi di meningite da pneumococco (1.256 nel 2015) 80 casi da emofilo (131 nel 2015) Letalità: 10% nei casi dovuti a pneumococco (98 deceduti su 940 pazienti nel 2016) 12% nei casi da meningococco (21 su 178 pazienti); 23% se si considerano solo i casi da meningococco C (13 su 51 pazienti) Al momento non esiste alcuna situazione epidemica, la circolazione dei germi che causano la malattia è nella norma attesa, in linea con i numeri degli ultimi anni (vedi dopo). Dati italiani, meningite Nel 2016 sono stati segnalati 191 casi di meningite da meningococco (aggiornamento 2 gennaio 2017), con un’incidenza in lieve aumento rispetto al triennio , ma in diminuzione rispetto al 2015, dovuto alla presenza in Toscana di una trasmissione più elevata che nel resto d’Italia. Si sono verificati 940 casi di meningite da pneumococco nel 2016 (rispetto ai casi del 2015) e 80 da emofilo (rispetto ai 131 del 2015). La letalità della meningite è di circa il 10% nei casi dovuti a pneumococco (98 deceduti su 940 pazienti nel 2016) e di circa il 12% nei casi da meningococco (21 su 178 pazienti). Risulta più alta e pari al 23% se si considerano solo i casi da meningococco C (13 su 51 pazienti) . Al momento non esiste alcuna situazione epidemica, la circolazione dei germi che causano la malattia è nella norma attesa, in linea con i numeri degli ultimi anni. 21

22 Malattie invasive da N. meningitidis, S. pneumoniae, H
Malattie invasive da N. meningitidis, S. pneumoniae, H. influenzae e meningiti da altri batteri (agenti eziologici per Regione) (2015) 22

23 Malattie invasive da N. meningitidis, S. pneumoniae, H
Malattie invasive da N. meningitidis, S. pneumoniae, H. influenzae e meningiti da altri batteri (agenti eziologici per Regione) (dati parziali, aggiornati al 16/11/2016) 23

24 Casi e incidenza di malattia invasiva da meningococco
per età e per anno ( ) Neisseria meningitidis Nel 2015 sono stati segnalati 196 casi di malattia invasiva da meningococco (con presentazione in forma di meningite per circa la metà dei casi e di sepsi/meningite per la restante metà), con un’incidenza complessiva pari a 0,3 casi per abitanti, in aumento rispetto agli anni precedenti (0,2 nel 2012, 0,3 nel 2013 e 0,3 nel 2014). Tale aumento è il risultato di quanto osservato in Regione Toscana, con un marcato incremento dei casi di meningococco di tipo C negli adulti, sia nei dati consolidati del 2015 sia in quelli preliminari del 2016; mentre nella maggior parte delle Regioni l’andamento è pressoché stabile o presenta piccole oscillazioni rispetto al triennio L’incidenza della malattia invasiva da meningococco è maggiore nella fascia di età 0-4 anni e in particolare nel primo anno di vita dove supera i 4 casi per ; si mantiene elevata fino alla fascia anni e diminuisce dai 25 anni in su. 24

25 Casi e incidenza di malattia invasiva da pneumococco per età e per anno in Italia (2011-2016)
Streptococcus pneumoniae Per quanto riguarda la malattia invasiva da pneumococco, nel 2015 sono stati segnalati casi di malattia invasiva da pneumococco, con un’incidenza pari a 2,1 casi per abitanti. Il numero assoluto di casi è quindi incrementato rispetto al 2013 (977 casi) e al 2014 (957 casi). I casi di meningite considerando la totalità dei casi rappresentano circa il 30% e salgono al 50% nel primo anno di vita. In alcune Regioni (Campania, Lazio, Puglia, Sardegna, Sicilia) si osserva un numero di segnalazioni troppo basso, inferiore ai casi attesi di malattie invasive da pneumococco da sierotipi non vaccinali, che fa ipotizzare un problema di sotto notifica (mancata trasmissione della segnalazione) o sotto diagnosi (mancata diagnosi eziologica). Per correggere una possibile sottostima, l’incidenza per età e per anno è stata quindi calcolata sia a livello nazionale sulla base delle segnalazioni effettive pervenute da tutte le Regioni, sia in un gruppo di Regioni con maggiore attitudine alla notifica (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Province Autonome di Trento e Bolzano). Considerando solo queste ultime l’incidenza risulta più che doppia (4 casi per abitanti nel 2015 e 3,2 casi per abitanti nel 2014). Il maggior numero di casi si verifica negli anziani dopo i 64 anni di età e nei bambini nel primo anno di vita. Considerando i dati della selezione di Regioni, l’incidenza nel 2015 è pari a 9,3 casi per nel primo anno di vita, 10,9 per nei soggetti con più di 64 anni e più bassa nelle altre fasce di età. Informazioni sul sierotipo, fondamentali per la stima dei casi prevenibili con la vaccinazione e per rilevare il cosiddetto fenomeno del “rimpiazzo dei sierotipi” dovuto all’aumento relativo di quelli non presenti nel vaccino utilizzato, sono disponibili per il 58% dei casi notificati nel I sierotipi 8, 3 e 12F sono i più rappresentati e coprono nell’insieme una quota intorno al 12%. Di questi, il 3 soltanto è presente nella composizione del vaccino 13-valente coniugato, tutti e tre sono presenti in quello 23-valente polisaccaridico. I sierotipi 8 e il 12F risultano in aumento. Analizzando i sierotipi isolati nella fascia di età 0-4 anni, si registra il netto decremento del sierotipo 1 e la costante elevata frequenza dei sierotipi 19A, 3, 19F, malgrado siano contenuti nel vaccino 13-valente, oltre che dei sierotipi non vaccinali 12F e 24F. 25

26 Casi e incidenza di malattia invasiva da Haemophilus influenzae per età e per anno in Italia ( ) Haemophilus influenzae Il numero dei casi di infezioni invasive (meningiti e sepsi) è contenuto, per quanto in aumento negli ultimi anni (da 0,1 casi per abitanti nel 2011 a 0,2 per abitanti nel 2014 e a 0,2 per abitanti nel 2015) Anche per le infezioni da emofilo le stime di incidenza variano significativamente se si utilizzano le segnalazioni raccolte su scala nazionale oppure le segnalazioni provenienti da un gruppo di Regioni con maggiore attitudine alla segnalazione (0,4 casi per abitanti). L’incidenza è elevata soprattutto nel primo anno di vita e, a seguire, negli anziani. Le variazioni osservabili nelle singole Regioni sono riconducibili a fisiologiche fluttuazioni di eventi a bassa frequenza. Relativamente al quadro clinico, oltre il 65% dei casi riportati nei diversi anni presenta sepsi. Circa la distribuzione per sierotipo, nel 2015 è evidente la netta predominanza dei ceppi non capsulati (88% del totale dei ceppi tipizzati). I casi dovuti al sierotipo b, gli unici prevenibili mediante vaccinazione, si mantengono rari (nessun caso nel 2011, 6 casi nel 2012, 5 casi nel 2013, 7 casi nel 2014, 4 casi nel 2015, 5 nel 2016). Tra questi, complessivamente, solo 5 casi insorti in bambini vaccinati contro H. influenzae soddisfano i criteri per la definizione di fallimento vaccinale (ovvero si considera fallimento una malattia invasiva da Hib insorta 2 settimane dopo la somministrazione di una singola dose in un bambino >1 anno o alternativamente 1 settimana dopo 2 dosi in un bambino <1 anno d’età). 26

27 Andamento della malattia invasiva da meningococco C (numero di casi) in Toscana ( , primo bimestre 2016, la freccia indica l’anno di introduzione del vaccino coniugato anti meningococco C) Il caso Toscana Da gennaio 2015 a febbraio 2016 sono stati segnalati in Regione Toscana 43 casi, 10 dei quali fatali, di meningite da meningococco di sierogruppo C. Questo numero testimonia un deciso incremento rispetto agli anni precedenti (2 casi nel 2014 e 3 nel 2013). Non si sono verificati casi secondari. I tassi di incidenza per i casi da meningococco C sono pertanto risultati pari a 2 casi per abitanti nel primo bimestre 2016, 0,8 per nel 2015, rispetto a una media di 0,1 casi per nel triennio I casi insorti nei primi 4 mesi risultavano concentrati in un’area densamente popolata della Toscana settentrionale compresa tra Firenze, Prato ed Empoli. Vi sono stati casi nella zona costiera tra Pisa e Viareggio. 27

28 Il caso Toscana Pur tenendo conto dell’incremento dei casi, l’incidenza di meningite da meningococco in Regione Toscana resta nell’ambito di quella registrata a livello europeo nei Paesi con buon livello sanitario e la meningite si può ancora definire una malattia rara Età media dei soggetti colpiti: 28 anni (9-82 anni); fasce di età più colpite anni e 9-19 anni. Ben 18 >30 anni e ben 11 >50 anni Quadro clinico: sepsi (18 casi), sepsi e meningite (14 casi), meningite soltanto (11 casi) Su 42 pazienti (dati disponibili stato vaccinale): 5 vaccino anti meningococco C (1 il giorno stesso dell’insorgenza, 4 una sola dose 8-10 prima) Ben 35/40 casi sierotipo C11, descritto in Italia ed Europa e dotato di marcata virulenza La politica di offerta vaccinale molto ampia a favore della popolazione decisa dalle autorità sanitarie della Regione Toscana non ha per il momento limitato il numero di casi, simile negli anni 2015 e 2016, ma ha aumentato la consapevolezza nella popolazione. Il caso Toscana Va sottolineato che, anche tenendo conto dell’incremento dei casi, l’incidenza di meningite da meningococco in Regione Toscana resta nell’ambito di quella registrata a livello europeo nei Paesi con buon livello sanitario e la meningite si può ancora definire una malattia rara. L’età media dei soggetti colpiti nel periodo gennaio 2015-febbraio 2016 è stata di 28 anni con un range di 9-82 anni; le fasce di età più colpite sono state quella dei anni (15 casi, tasso di incidenza 3,9 casi per ) e dei 9-19 anni (10 casi, tassi di incidenza 2,6 casi per ). Ben 18 casi avevano colpito soggetti ultratrentenni e ben 11 soggetti ultracinquantacinquenni. Il quadro clinico è stato di sepsi (18 casi), sepsi e meningite (14 casi), meningite soltanto (11 casi). Le informazioni sullo stato vaccinale erano disponibili per 42 pazienti: 5 avevano ricevuto il vaccino anti meningococco C (un paziente sessantaduenne il giorno stesso dell’insorgenza dei primi sintomi di malattia, gli altri 4 una sola dose di vaccino in età pediatrica da 10 a 8 anni prima). Ben 35 casi (erano disponibili 40 campioni su 42) analizzati dal laboratorio di riferimento dell’Istituto Superiore di Sanità appartenevano al sierotipo C11. Si tratta di un sierogruppo già descritto in altri casi sia in Italia sia in Europa e caratterizzato da una marcata virulenza. Anche se i casi di malattia si sono verificati in prevalenza in adolescenti giovani adulti, fascia di età per la quale non sono disponibili i dati di copertura vaccinale, si ricorda che la copertura vaccinale a 24 mesi per meningococco C negli anni 2014 e 2015 (nuovi nati del 2012 e 2013, rispettivamente) è risultata dell’87,2% e del 90,9%. La politica di offerta vaccinale molto ampia a favore della popolazione decisa dalle autorità sanitarie della Regione Toscana non ha per il momento limitato il numero di casi, simile negli anni 2015 e 2016, ma ha aumentato la consapevolezza nella popolazione. 28

29 Casi di malattia invasiva da meningococco C in Italia negli ultimi 3 anni
L’epidemia è solo mediatica Con questo titolo EpiCentro, la testata on line del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’ISS ha riportato il 5 gennaio 2017 fa la situazione epidemiologia delle meningiti in Italia, sottolineando come nella stagione invernale e in particolare dall’inizio del 2017, l’accavallarsi di notizie di cronaca che riportavano casi di meningite, molti gravi e alcuni fatali, abbia destato un’eccessiva preoccupazione nella popolazione e generato la convinzione che fosse in atto un’epidemia di meningite. Da qui la corsa ai vaccini, con difficoltà dei centri vaccinali a far fronte all’improvviso aumento di richieste. Di fatto, come già prima descritto, con l’eccezione della Toscana dove sono già stati posti in atto i provvedimenti necessari, i casi di meningite in Italia sono sostanzialmente stabili da anni. 29

30 Dove informarsi EpiCentro, la testata on line del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’ISS Ministero della Salute - AIFA. Meningite. Cosa c’è da sapere, gennaio 2017 Ministero della Salute. FAQ sulla meningite, gennaio 2017. Istituto Superiore della Sanità (ISS). Meningite, come e quando difendersi con la vaccinazione, dicembre 2016 Da febbraio 2017 l’ECDC ha messo a punto Threat Reports, una app per computer, tablet o cellulare con informazioni aggiornate sulle malattie infettive Dove informarsi La diffusione di molti equivoci evidenzia la necessità di informare correttamente la popolazione generale sia specificamente sulle meningiti sia più in generale su tutti gli argomenti di salute, in modo imparziale, corretto ed equilibrato. Si segnalano a questo proposito alcuni documenti aggiornati per il pubblico messi a punto dalla istituzioni sanitarie: Ministero della Salute - AIFA. Meningite. Cosa c’è da sapere, gennaio 2017 Ministero della Salute. FAQ sulla meningite, gennaio 2017. Istituto Superiore della Sanità (ISS). Meningite, come e quando difendersi con la vaccinazione, dicembre 2016 Si segnala infine che da febbraio 2017 l’ECDC ha messo a punto Threat Reports, una app per computer, tablet o cellulare con informazioni aggiornate sulle malattie infettive. 30

31 Quadro clinico (1) Diagnosi clinica iniziale difficile perché i sintomi e i segni classici insorgono, soprattutto per quanto riguarda la malattia meningococcica, quando si è già verificata la batteriemia e/o l’infezione meningea, quindi tardivamente e, a volte, in modo rapidissimo E’emergenza medica, ritardi nella diagnosi e nella terapia condizionano la letalità Sempre da considerare per la diagnosi differenziale in presenza di cefalea, rigidità del collo, febbre e condizione mentale alterata; in età pediatrica in tutte le condizioni acute febbrili Il solo esame clinico non è sufficiente a definire l’eziologia della meningite Quadro clinico La diagnosi clinica iniziale risulta di solito molto difficile perché i sintomi e i segni classici insorgono, soprattutto per quanto riguarda la malattia meningococcica, quando si è già verificata la batteriemia e/o l’infezione meningea, quindi tardivamente e, a volte, in modo rapidissimo. Nella diagnosi differenziale dei pazienti con mal di testa, rigidità del collo, febbre e condizione mentale alterata, la meningite batterica deve essere la prima e più importante ipotesi da prendere in considerazione. In età pediatrica, quando i sintomi caratteristici possono mancare, la meningite va sospettata in tutte le condizioni acute febbrili. Trattandosi infatti di un’emergenza medica, eventuali ritardi nell’istituzione di una terapia efficace risultano condizionare in misura determinante la letalità. Va precisato che il solo esame clinico non è sufficiente a definire l’eziologia della meningite, in particolare quella da N. meningitidis, ed è per questo che si rendono necessari gli accertamenti, primo fra tutti l’esame del liquido cerebro-spinale, ove non esistano controindicazioni. 31

32 Quadro clinico (2) Età pediatrica: solo il 31% dei bambini che accedono pronto soccorso per segni meningei riceve una diagnosi effettiva di meningite batterica; il resto infezioni delle vie aeree superiori, meningiti virali e polmoniti Petecchie che non impallidiscono alla digitopressione e di emorragie sottocutanee: presente in circa la metà dei casi di meningite da meningococco, ma anche con altri patogeni (emofilo e stafilococchi). Se rapida estensione e shock possibile sepsi meningococcica (talora fulminante con morte in 24 ore), anche in assenza di chiari segni di interessamento meningeo. Artrite: tende ad associarsi, ma non in modo esclusivo, con le forme da meningococco. Quadro clinico Dalla letteratura disponibile si stima che, tra i soggetti pediatrici che effettuano un accesso al Pronto soccorso per segni meningei, il 31% riceve una diagnosi effettiva di meningite batterica. La restante quota è eziologicamente attribuibile a infezioni delle vie aeree superiori, a meningiti virali e a polmoniti. La presenza di petecchie che non impallidiscono alla digitopressione e di emorragie sottocutanee si ha in circa la metà dei casi di meningite da meningococco, ma si riscontra anche con altri patogeni (emofilo e stafilococchi). Una sintomatologia simile con comparsa di petecchie cutanee rapidamente estendentesi e gravissimo stato di shock può essere dovuta a una sepsi meningococcica (talora fulminante con morte in 24 ore), anche in assenza di chiari segni di interessamento meningeo. Anche l’artrite tende ad associarsi, ma non in modo esclusivo, con le forme da meningococco. 32

33 Quadro clinico (3) In alcune categorie di pazienti fare diagnosi di meningite batterica è ancora più difficile data la sintomatologia atipica: i pazienti precedentemente trattati con terapia antibiotica orale possono avere come unico sintomo le convulsioni le persone anziane, in particolare quelle affette da comorbilità (diabete, malattie renali ed epatiche), possono presentare letargia e assenza di sintomi meningei i pazienti con neutropenia possono avere sintomi lievi di irritazione meningea i pazienti immunocompromessi che hanno ricevuto trapianti d’organo e tessuti e i pazienti con infezione da HIV e AIDS possono non mostrare un’infiammazione meningea e avere una febbricola. Quadro clinico Inoltre, in alcune categorie di pazienti fare diagnosi di meningite batterica è ancora più difficile data la sintomatologia atipica: i pazienti precedentemente trattati con terapia antibiotica orale possono avere come unico sintomo le convulsioni le persone anziane, in particolare quelle affette da comorbilità (diabete, malattie renali ed epatiche), possono presentare letargia e assenza di sintomi meningei i pazienti con neutropenia possono avere sintomi lievi di irritazione meningea i pazienti immunocompromessi che hanno ricevuto trapianti d’organo e tessuti e i pazienti con infezione da HIV e AIDS possono non mostrare un’infiammazione meningea e avere una febbricola. 33

34 Sintomi e segni della meningite batterica
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35 Sintomi e segni della meningite batterica in funzione dell’età
Quadro clinico in funzione dell’età Il quadro clinico della meningite batterica varia nelle diverse età della vita (lattante, bambino, adulto), mentre non differisce molto in funzione dell’agente patogeno implicato, a parte la rapidità di comparsa e di evoluzione. Circa la diversa presentazione secondo l’età, quanto più il paziente è giovane, in particolare sotto l’anno di vita, tanto più è difficile porre diagnosi perché i sintomi più tipici, in genere presenti nell’adulto, sono meno frequenti nel lattante. 35

36 Sintomi da ipertensione endocranica
Molti dei sintomi della meningite acuta sono una conseguenza dell’ipertensione endocranica: cefalea: continua o remittente, generalizzata o parziale, esacerbata da manovre che causano aumento della pressione endocranica (tosse, starnuto, sforzo, compressione delle giugulari) vomito da stimolazione del centro del vomito, sito nel pavimento del IV ventricolo, con insorgenza improvvisa, senza nausea, a getto, indipendente dall’introduzione di cibo bradicardia, per stimolazione dei nuclei di origine del nervo vago, segno non sempre presente paralisi del VI nervo cranico (abducente), che dato il lungo tragitto intracranico è particolarmente sensibile all’aumento della pressione fontanella tesa e pulsante o diastasi delle suture (quando ancora aperte) convulsioni, generalizzate o in forma di crisi parziali, riconducibili sia all’ipertensione endocranica, sia al rialzo termico, sia alla vasculite Sintomi da ipertensione endocranica Molti dei sintomi della meningite acuta sono una conseguenza dell’ipertensione endocranica: cefalea: continua o remittente, generalizzata o parziale, esacerbata da manovre che causano aumento della pressione endocranica (tosse, starnuto, sforzo, compressione delle giugulari) vomito da stimolazione del centro del vomito, sito nel pavimento del IV ventricolo, con insorgenza improvvisa, senza nausea, a getto, indipendente dall’introduzione di cibo bradicardia, per stimolazione dei nuclei di origine del nervo vago, segno non sempre presente paralisi del VI nervo cranico (abducente), che dato il lungo tragitto intracranico è particolarmente sensibile all’aumento della pressione fontanella tesa e pulsante o diastasi delle suture (quando ancora aperte) convulsioni, generalizzate o in forma di crisi parziali, riconducibili sia all’ipertensione endocranica, sia al rialzo termico, sia alla vasculite. 36

37 Segni meningei rigidità nucale: posizione a cane di fucile (decubito laterale con capo esteso e arti inferiori flessi), opistotono (tronco iperesteso) segno di Kernig: impossibilità di flettere gli arti inferiori sul tronco senza che a questo movimento si associ una contemporanea flessione delle gambe; si può ricercare con il paziente seduto o supino sul letto segno di Brudzinski o segno della nuca: la flessione passiva della nuca in avanti provoca la flessione degli arti inferiori. E’ descritto un secondo segno di Brudzinski o riflesso controlaterale: se, a malato supino, si flette fortemente la gamba e la coscia di un lato, si assiste a un movimento di flessione (riflesso identico) o di estensione (riflesso reciproco) nell’arto opposto I segni meningei possono essere di entità variabile, e addirittura limitati a una modesta resistenza alla flessione del collo o francamente assenti, soprattutto in età pediatrica e in particolare sotto i 18 mesi di età. Capacità predittiva limitata (sensibilità 31% rigidità nucale, 9% per il segno di Brudzinski 11% per il segno di Kernig. Pertanto, anche in assenza di segni meningei, non si deve differire o rinunciare all’esecuzione della puntura lombare Segni meningei Per più di cento anni, nella valutazione dei pazienti con sospetta meningite, i medici hanno fatto affidamento sui segni meningei (rigidità nucale, segno di Kernig e segno di Brudzinski) e hanno utilizzato questo dato per decidere chi sottoporre alla puntura lombare. Tali segni possono essere così descritti: rigidità nucale: posizione a cane di fucile (decubito laterale con capo esteso e arti inferiori flessi), opistotono (tronco iperesteso) segno di Kernig: consiste nell’impossibilità di flettere gli arti inferiori sul tronco senza che a questo movimento si associ una contemporanea flessione delle gambe; si può ricercare con il paziente seduto o supino sul letto segni di Brudzinski o segno della nuca: la flessione passiva della nuca in avanti provoca la flessione degli arti inferiori. E’ descritto anche un secondo segno di Brudzinski o riflesso controlaterale: se, a malato supino, si flette fortemente la gamba e la coscia di un lato, si assiste a un movimento di flessione (riflesso identico) o di estensione (riflesso reciproco) nell’arto opposto. In realtà, i segni meningei possono essere di entità variabile, e addirittura limitati a una modesta resistenza alla flessione del collo o francamente assenti, soprattutto in età pediatrica e in particolare sotto i 18 mesi di età. Le stime riportano una capacità predittiva limitata rispetto alla presenza di una pleiocitosi del liquor, con una sensibilità soltanto del 31% per la rigidità nucale, del 9% per il segno di Brudzinski e dell’11% per il segno di Kernig. Pertanto, anche in assenza di segni meningei, non si deve differire o rinunciare all’esecuzione della puntura lombare. 37

38 frequenza respiratoria saturazione d’ossigeno temperatura corporea
Esame obiettivo frequenza cardiaca frequenza respiratoria saturazione d’ossigeno temperatura corporea valutazione neurologica (scala del coma di Glasgow e/o la scala APVU) situazione di perfusione (per mezzo del tempo di riempimento capillare CRT): molto usato pediatria. Dopo compressione del letto capillare ungueale si osserva il ritorno del flusso facendo riferimento alla colorazione della cute (normale se <2 secondi). Tempi superiori indicano una riduzione della perfusione periferica. Tutte le linee guida raccomandano che la situazione clinica sia tenuta sotto stretto controllo attraverso verifiche ravvicinate nel tempo Esame obiettivo L’esame obiettivo deve sempre comprendere la rilevazione di frequenza cardiaca e frequenza respiratoria, saturazione d’ossigeno, temperatura corporea, situazione di perfusione (per mezzo del tempo di riempimento capillare), oltre che una valutazione neurologica. Nei pazienti in coma fa riferimento la scala del coma di Glasgow e/o la scala APVU. Il tempo di riempimento capillare (capillary refill time, CRT) è un indicatore rapido e non invasivo della situazione circolatoria molto usato in età pediatrica. Si effettua comprimendo il letto capillare ungueale (nel bambino piccolo anche della mano, del piede o dell’avambraccio) e si osserva il ritorno del flusso facendo riferimento alla colorazione della cute. Il normale tempo di riempimento capillare è inferiore a 2 secondi. Tempi superiori indicano una riduzione della perfusione periferica. Tutte le linee guida raccomandano che la situazione clinica sia tenuta sotto stretto controllo attraverso verifiche ravvicinate nel tempo. 38

39 Diagnosi di laboratorio
emocromo con formula proteina C reattiva fattori della coagulazione (CID) glicemia (rapporto con glicorrachia, raccolta sincrona dei 2 campioni; non affidabile nel diabete) prove di funzionalità epatica e renale elettroliti (disidratazione o individuare la presenza di una sindrome da inappropriata secrezione di ADH) lattato (stato settico soglia 18 mg/dl) emocultura (vedi dopo) quadro tipico: leucocitosi neutrofila e notevole incremento degli indici di flogosi (non valori soglia di leucociti e PCR, né diagnosi di esclusione se sono normali) Diagnosi di laboratorio Gli esami di laboratorio da richiedere in urgenza comprendono: emocromo con formula proteina C reattiva fattori della coagulazione glicemia prove di funzionalità epatica e renale elettroliti lattato. Nella meningite batterica gli esami di laboratorio mostrano solitamente una leucocitosi neutrofila e un notevole incremento degli indici di flogosi. La presenza di una bassa conta leucocitaria e di una proteina C reattiva normale non escludono tuttavia né la meningite batterica né la sepsi meningococcica. Nessuno studio in letteratura è stato in grado di individuare un valore soglia nella conta leucocitaria o nei valori di proteina C reattiva in grado di discriminare tra una meningite batterica e altre patologie infettive. Il dosaggio degli elettroliti è utile per evidenziare uno stato di disidratazione o individuare la presenza di una sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico. La glicemia plasmatica viene utilizzata per il rapporto con la glicorrachia ai fini della diagnosi differenziale e sarebbe utile una raccolta sincrona dei due campioni. Un’alterazione dei parametri della coagulazione e una riduzione della conta piastrinica sono segnali di coagulazione intravascolare disseminata. La determinazione del lattato è un indice per la valutazione dello stato settico e per le indicazioni alla rianimazione (soglia critica 18 mg/dl). Fondamentale è l’esecuzione di un’emocoltura e, nei laboratori dove la metodica sia disponibile, il prelievo di un campione di sangue in EDTA (PCR). Il prelievo per l’emocoltura deve essere effettuato al più presto, idealmente entro un’ora dall’inizio dei sintomi e prima della somministrazione dell’antibioticoterapia ed è informativo nel 50-75% dei casi. In aggiunta all’emocoltura, è possibile allestire colture provenienti da nasofaringe/secrezioni respiratorie, urine, lesioni cutanee. Quando possibile, i risultati degli esami devono essere analizzati da uno specialista in malattie infettive. 39

40 Rachicentesi Esame del liquido cefalorachidiano: gold standard perché consente una diagnosi eziologica Va eseguita in ogni caso sospetto in mancanza di controindicazioni specifiche (vedi tabella); in caso di controindicazioni si può riconsiderare a distanza di ore (quadro clinico e diagnostica per immagini) Linee guida del NICE per l’età pediatrica: la rachicentesi deve essere ripetuta in caso di ri-emergenza o persistenza della febbre, deterioramento delle condizioni cliniche, persistenza della positività dei marcatori d’infiammazione oppure comparsa di nuovi segni clinici Qualsiasi decisione relativa al ricorso alla rachicentesi non deve essere motivo di ritardo per l’inizio della terapia antibiotica Rachicentesi L’esame del liquido cefalorachidiano (LCR) tramite rachicentesi resta il gold standard nella diagnostica delle meningite prima di tutto perché consente una diagnosi eziologica. La rachicentesi va pertanto eseguita in ogni caso sospetto in mancanza di controindicazioni specifiche. In presenza di controindicazioni, l’opportunità di eseguire questa procedura può essere riconsiderata a distanza di 8-12 ore, dopo aver rivalutato il quadro clinico o aver ottenuto informazioni dalla diagnostica per immagini, pur con tutti i limiti a essa legati. Secondo le linee guida del NICE che si riferiscono all’età pediatrica, la rachicentesi deve essere ripetuta in caso di ri-emergenza o persistenza della febbre, deterioramento delle condizioni cliniche, persistenza della positività dei marcatori d’infiammazione oppure comparsa di nuovi segni clinici. C’è ampio consenso sul fatto che qualsiasi decisione relativa al ricorso alla rachicentesi non debba essere motivo di ritardo per l’inizio della terapia antibiotica. 40

41 Controindicazioni all’effettuazione della puntura lombare
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42 Esecuzione della rachicentesi
La procedura La puntura lombare viene effettuata nello spazio tra la L3-L4, L4-L5 o L5-S1, nel punto di incrocio tra la colonna e una linea ideale che congiunge le due creste iliache superiori, a un livello dove il midollo spinale non è più presente. Il paziente viene messo in decubito laterale in posizione fetale con un cuscino tra le ginocchia, oppure in posizione seduta sul bordo del letto con il tronco flesso. In entrambe le posizioni, il capo deve essere inclinato in avanti in modo da aumentare la distanza tra gli spazi intervertebrali. E’ estremamente importante che il liquor prelevato sia in quantità adeguata (almeno 10 ml, nell’adulto si possono prelevare senza problemi fino a 15 ml) per consentire l’effettuazione di tutte le ricerche. Se possibile, si allestiscono tre provette: una per la conta delle cellule, la coltura batterica e la colorazione del sedimento una per la determinazione chimica di glucosio, proteine e cloruri una per eventuali ricerche virali (da congelare e conservare). Spazio tra la L3-L4, L4-L5 o L5-S1, incrocio tra colonna e linea che congiunge le due creste iliache superiori (midollo assente) Decubito laterale o posizione fetale con un cuscino tra le ginocchia o posizione seduta sul bordo del letto con il tronco flesso Quantità almeno 10 ml, nell’adulto fino a 15 ml Tre provette: una per la conta delle cellule, la coltura batterica e la colorazione del sedimento una per la determinazione chimica di glucosio, proteine e cloruri una per eventuali ricerche virali (da congelare e conservare). 42

43 Eventi avversi dopo rachicentesi
Cefalea: più frequente nei pazienti ipotesi e favorita dall’ortostatismo; dovuta allo stiramento meccanico della dura madre. In genere autolimitante, se persistente si ricorre al blood patch Per ridurre la probabilità della cefalea: ago di piccolo calibro (però prolungamento del prelievo, maggiore parestesia post intervento e più probabile insuccesso, orientamento sagittale dell’ago, riposizionamento del mandrino prima di estrarre l’ago, consolidata esperienza dell’operatore Erniazione delle tonsille cerebellari: alterazione dello stato di coscienza e dei riflessi pupillari, postura decerebrata o decorticata, convulsioni Eventi avversi dopo rachicentesi Dopo la rachicentesi è possibile l’insorgenza di cefalea, più frequente nei pazienti ipotesi e favorita dall’ortostatismo. E’ riconducibile allo stiramento meccanico della dura madre più che alla sottrazione del liquor, è in genere autolimitante, raramente si associa allo sviluppo di un ematoma subdurale. Nei casi di persistenza, si può ricorrere all’iniezione nello spazio epidurale di un piccolo quantitativo di sangue autologo (blood patch) che coagulando “ripara” la perdita di continuità della meninge. Per ridurre la probabilità della cefalea si raccomandano alcuni accorgimenti: scelta di un ago di piccolo calibro (che comporta però un prolungamento della procedura di prelievo, maggiori tassi di parestesia post intervento e di insuccesso), orientamento sagittale dell’ago, riposizionamento del mandrino prima di estrarre l’ago, consolidata esperienza dell’operatore. Anche in pazienti con esame obiettivo nella norma e diagnostica per immagini negativa non si può escludere che l’abbassamento della pressione del liquor a seguito della rachicentesi determini l’erniazione delle tonsille cerebellari, che si manifesta clinicamente con un’alterazione dello stato di coscienza e dei riflessi pupillari, postura decerebrata o decorticata, convulsioni. 43

44 Caratteristiche del liquor nella meningite
L’ispezione visiva del liquor, la pressione di apertura durante il prelievo, l’esame chimico-fisico e la colorazione di Gram sul liquido cefalorachideo restano fondamentali e sono di ausilio al medico per un primo orientamento diagnostico. Queste informazioni dovrebbero essere disponibili entro 4 ore dal prelievo per supportare le decisioni terapeutiche, in particolare l’indicazione alla terapia con steroidi, e di profilassi. In un secondo momento, gli esami sul liquor possono consentire l’isolamento e la tipizzazione del patogeno e dare indicazioni sulla sensibilità agli antibiotici. Le caratteristiche differenziali delle diverse forme di meningite sintetizzate nella tabella rappresentano criteri generali, validi nel 90% circa dei casi. La restante quota di casi non risponde a questo inquadramento di massima per una variabilità legata all’età (nel neonato le alterazioni sono sfumate), alla fase di malattia (mancano le modificazioni della popolazione cellulare in fase molto precoce o tardiva, in quest’ultimo caso secondo alcuni con significato prognostico negativo), all’eventuale terapia antibiotica iniziata o anche all’agente patogeno (per esempio linfocitosi nella meningite da Listeria, neutrofilia in quella da enterovirus). Il rapporto glicemia liquor/sangue non ha ovviamente valore in caso di malattie del metabolismo glucidico in trattamento o meno. In aggiunta agli esami tradizionali, viene anche utilizzata la determinazione liquorale dell’acido lattico (per la diagnosi differenziale tra meningite batterica e virale soglia di 35 mg/dl, con valori superiori a favore della natura batterica) con una sensibilità del 93% e una specificità del 96%. Il dosaggio risente dell’interferenza della terapia antibiotica o di altre malattie neurologiche non infettive. Un altro esame che ha goduto di una discreta diffusione ma dopo l’avvento della diagnostica molecolare trova applicazione solo in situazioni particolari (epidemie in contesti sanitari dove la nuova tecnologia non sia disponibile) è il test di agglutinazione al lattice, diretto contro gli antigeni polissaccaridici di alcuni batteri capsulati. 44

45 Esame colturale Esame colturale: di riferimento per la diagnosi eziologica (isolamento e tipizzazione, antibiogramma) Prelievo al più presto, idealmente entro 1 ora dai sintomi e prima dell’antibiotico: informativo nel 50-75% dei casi Può essere sufficiente anche una sola somministrazione di antibiotico per abbassare la carica batterica e dare un risultato negativo della coltura (riduzione 10% della probabilità di isolamento del patogeno) oltre che interferire sui livelli di glicorrachia e protidorrachia Il tempo di sterilizzazione del liquor dopo la prima dose di farmaco è di 2 ore per N. meningitidis e 4 ore per S. pneumoniae Sensibilità: la positività è influenzata dal volume di liquido biologico prelevato e analizzato (rilevante in pediatria) La mancata crescita in coltura e l’impossibilità di una sierotipizzazione ha anche un risvolto epidemiologico perche porta a sottostima o a problemi di classificazione delle infezioni Esame colturale L’esame colturale è considerato da anni di riferimento per ottenere la diagnosi eziologica. Consente l’isolamento e la tipizzazione dell’agente e inoltre l’esecuzione dell’antibiogramma, dato sempre più rilevante considerata l’emergenza di ceppi batterici antibiotico-resistenti. Il prelievo dovrebbe essere effettuato prima dell’inizio della terapia antibiotica, dal momento che può essere sufficiente anche una sola somministrazione per abbassare la carica batterica e dare un risultato negativo della coltura. Si stima che l’antibioticoterapia riduca del 10% circa la probabilità di isolamento del patogeno. Il tempo di sterilizzazione del liquor dopo la prima dose di farmaco è di 2 ore per N. meningitidis e 4 ore per S. pneumoniae. L’antibioticoterapia può anche alterare i livelli di glicemia e proteine liquorali, mentre non modifica la conta leucocitaria e in particolare il numero dei neutrofili. Un altro limite dell’esame colturale riguarda la sensibilità, in quanto la positività è influenzata dal volume di liquido biologico prelevato e analizzato. Questo aspetto è rilevante soprattutto in ambito pediatrico, perché spesso il volume del campione (il ragionamento si può estendere anche al campione ematico) può essere insufficiente a garantire la crescita in coltura del patogeno. La mancata crescita in coltura e l’impossibilità di una sierotipizzazione ha anche un risvolto di natura epidemiologica in quanto porta a una sottostima o a problemi di classificazione delle infezioni. 45

46 Diagnostica molecolare
Diagnostica molecolare con la metodica della reazione polimerasica a catena (PCR) su sangue e su liquor permette di rilevare anche piccole quantità di acido nucleico del patogeno responsabile, permettendo l’identificazione del batterio e del sierotipo. Tra i metodi molecolari, la PCR standard (end point) e la real-time (RT-PCR), quest’ultima ha una maggiore sensibilità ed è in grado di fornire indicazioni sulla carica batterica Per vantaggi e svantaggi, vedi tabella Sensibilità 96-98%, specificità 95-99% Dubbio di falsa positività nei portatori. Dati Ospedale Universitario Meyer di Firenze: rispetto all’RT-PCR la coltura tradizionale sottostima la diagnosi di infezioni meningococciche di oltre 3 volte; c’è inoltre rischio di misclassificazione (confermato da altri studi internazionali) RT-PCR utile nei quadri atipici Diagnostica molecolare Negli ultimi anni all’esame colturale si è affiancata la diagnostica molecolare con la metodica della reazione polimerasica a catena (PCR) che ha assunto un ruolo sempre maggiore nella diagnosi delle forme batteriche di meningite. La PCR, eseguita su sangue e su liquor, permette di rilevare anche piccole quantità di acido nucleico del patogeno responsabile, permettendo l’identificazione del batterio e del sierotipo. Entrambi i metodi molecolari, la PCR standard (end point) e la real-time (RT-PCR), hanno una specificità elevata, ma la real-time, cui si fa riferimento di seguito, ha una maggiore sensibilità ed è in grado di fornire indicazioni sulla carica batterica, aspetto rilevante per la prognosi dei pazienti. Tra i principali vantaggi della PCR ci sono la non influenza della terapia antibiotica e l’elevata sensibilità (96-98%) e specificità (95-99%). E’ stato peraltro avanzato il dubbio, sulla base di dati in popolazioni pediatriche, che si verifichino false positività su campioni ematici per malattia batterica invasiva in soggetti portatori. Il gruppo di ricerca di immunologia dell’Ospedale Universitario Meyer di Firenze ha stabilito che, rispetto all’RT-PCR, l’utilizzo della coltura tradizionale sottostima la diagnosi di infezioni meningococciche di oltre 3 volte, circa 2,7 volte, se la determinazione viene effettuata sul liquor e di circa 3,5 volte su sangue. In particolare, uno studio di questo gruppo ha preso in considerazione i 222 casi di meningite batterica diagnosticati in Italia nel periodo e ha confrontato i risultati sullo stesso materiale biologico di ogni caso forniti dall’esame colturale e dalla RT-PCR. Il 42% dei casi di meningite meningococcica che hanno portato a morte il paziente (in tutto 26 casi fatali) era stato misclassificato, cioè era stato giudicato come non dovuto al meningococco. Questi casi sono stati riclassificati come positivi al meningococco grazie alla RT-PCR. Dei campioni di soggetti malati di meningite ugualmente sottoposti a entrambi i test, il 58% era stato diagnosticato come meningite meningococcica solo dalla RT-PCR (positiva nel 100% dei casi). Il fattore di sottostima del laboratorio è risultato in questa casistica di 3,28 volte. Dalla fine del 2014, l’esame della RT-PCR viene eseguita su tutti i casi sospetti di meningite in Regione Toscana da un unico laboratorio centralizzato presso l’Istituto Meyer. Anche dall’esperienza di altri Paesi (Grecia e Regno Unito) emerge che laddove si utilizza la RT-PCR il numero dei casi identificati è molto superiore (da 2,5 a 4 volte) e che nei Paesi che utilizzano la sola coltura una quota significativa di casi rientra nella classificazione di “sepsi o meningite dovuta a un germe sconosciuto”, conducendo quindi a una notevole sottostima del numero delle infezioni da meningococco. Il contributo della RT-PCR è poi particolarmente importante quando le infezioni si verificano con sintomatologia inusuale (per esempio quella tipica della polmonite, come può capitare più frequentemente in soggetti anziani): è possibile che la diagnosi non venga sospettata e le ricerche microbiologiche non vengano eseguite. 46

47 Vantaggi e limiti della RT-PCR
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48 Imaging TC e RMN: contributo modesto (immagini possono essere normali e l’enhancement a livello meningeo è aspecifico e tende a permanere) Possibile contributo per diagnosi di ipertensione endocranica (rischio erniazione delle tonsille cerebellari dopo una rachicentesi e indicazione a rachicentesi) ma non deve ritardare i tempi della rachicentesi e della terapia antibiotica Segni di ipertensione endocranica: idrocefalo ostruttivo, edema cerebrale diffuso, erniazione tonsille cerebellari, riduzione dimensioni ventricoli, attenuazione o scomparsa solchi (controindicazione alla rachicentesi) ma possono mancare Pertanto, le indicazioni più recenti non prevedono che vada effettuata di routine una TC dell’encefalo prima della puntura lombare. Il NICE la raccomanda nei casi pediatrici con alterazioni gravi dello stato di coscienza o con segni neurologici focali; l’Infectious Diseases Society of America nei pazienti con immunodepressione, malattia neurologica, storia di convulsioni, papilledema, alterazione coscienza, defici neurologici focali . TC e RM sono invece utili nella valutazione e nel follow up delle complicanze Imaging Sia la tomografia computerizzata (TC) sia la risonanza magnetica (RM) danno un contributo modesto nella diagnostica della meningite batterica in quanto le immagini possono risultare nella norma. L’aumento del segnale a livello meningeo (enhancement) è considerato aspecifico. Per la risonanza magnetica le stime di sensibilità sono del 9-100%, quelle di specificità del %. Nella RM con mezzo di contrasto l’enhancement tende inoltre a permanere dopo settimane o mesi dalla risoluzione dell’evento acuto. Per alcuni anni si è peraltro ritenuto che l’imaging potesse dare un contributo nell’evidenziare un quadro di ipertensione endocranica e il rischio conseguente di erniazione delle tonsille cerebellari dopo una rachicentesi e c’è stato consenso nell’effettuare di routine l’imaging prima della puntura lombare, a condizione che questo passaggio diagnostico non ritardasse né i tempi della rachicentesi né quelli dell’inizio della terapia antibiotica, la cui tempestività ha un impatto certo sulla prognosi. I segni caratteristici dell’ipertensione endocranica sono l’idrocefalo ostruttivo, l’edema cerebrale diffuso o l’erniazione delle tonsille cerebellari, ma anche una riduzione delle dimensioni dei ventricoli, l’attenuazione o la scomparsa dei solchi. Il loro riscontro rappresenta una controindicazione all’effettuazione della rachicentesi. Tuttavia gli studi disponibili indicano che tali segni possono anche mancare e che la diagnostica per immagini ha una sensibilità limitata, inferiore a quella di un esame obiettivo neurologico. Pertanto, le indicazioni più recenti non prevedono che vada effettuata di routine una TC dell’encefalo prima della puntura lombare, ma restringono il suo impiego. Il NICE la raccomanda nei casi pediatrici con alterazioni gravi dello stato di coscienza o con segni neurologici focali, soprattutto ai fini di una diagnosi differenziale. Le linee guida dell’Infectious Diseases Society of America stabilisce l’indicazione alla TC prima della puntura lombare nei pazienti con immunodepressione, storia di malattia neurologica (lesioni cerebrali occupanti spazio, ictus, infezioni focali), storia recente di convulsioni (la settimana precedente l’esordio del quadro di meningite), papilledema, alterazioni dello stato di coscienza, defici neurologici focali (midriasi non reattiva, paralisi bulbare, positività della prova di Mingazzini per gli arti superiori o inferiori). Non c’è consenso sui criteri di gravità delle alterazioni dello stato di coscienza che siano un’indicazione alla diagnostica per immagini. TC e RM sono invece utili nella valutazione e nel follow up delle complicanze. 48

49 Complicanze delle meningiti acute
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50 Frequenza stimata complicanze a breve termine 50%, a lungo termine 30%
Effetto del danno neurologico diretto o di vasculite (trombosi vasale e lesioni ischemiche, CID), ipossia e ipertensione endocranica Le complicanze sono più frequenti con streptococco (30% dei casi), meno con meningocco (7%), a meno di sepsi (57%) Fattori di rischio per complicanze: età avanzata, gravità clinica (alterazione del livello di coscienza e punteggi bassi della scala del coma di Glasgow, insorgenza di convulsioni, paralisi dei nervi cranici, leucopenia) La meningite è la causa più frequente di ipoacusia/sordità neurosensoriale in età pediatrica. con ricadute sull’acquisizione del linguaggio. Superata la fase acuta, valutazione audiometrica ed eventuale impianto cocleare Per le cicatrici e le amputazioni, accanto ai trattamenti ricostruttivi, protesici e riabilitativi bisogna intervenire con supporti psicologici. Complicanze A una meningite batterica possono far seguito diverse complicanze a breve e a lungo termine con una frequenza stimata del 50% e del 30% rispettivamente. Queste sono il risultato sia del danno neurologico diretto sia dei danni causati dalla sepsi e riconoscono diversi meccanismi fisiopatologici, come la vasculite, l’ipossia e l’ipertensione endocranica. In particolare la vasculite può causare trombosi vasale e lesioni ischemiche di varia entità. Come già accennato, la liberazione massiva di endotossine causa shock e innesca la cascata emocoagulativa con l’insorgere di una coagulazione intravascolare disseminata. Le conseguenze più gravi si osservano a livello del sistema nervoso con esito in lesioni focali e paresi, e a livello dell’apparato tegumentario e muscolo-scheletrico con fenomeni di necrosi e gangrena che a volte rendono necessaria l’amputazione. Le complicanze sono più frequenti quando è in gioco lo streptococco (30% dei casi). Le meningiti da meningococco si complicano in una minoranza dei casi (7%), a meno di una evoluzione in sepsi (57% dei casi). Rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di sequele alcune caratteristiche del paziente (età avanzata) e alcuni eventi nel decorso della malattia (alterazione del livello di coscienza e in particolare punteggi della scala del coma di Glasgow bassi, insorgenza di convulsioni, paralisi dei nervi cranici, leucopenia). La meningite è la causa più frequente di ipoacusia/sordità neurosensoriale in età pediatrica. Può svilupparsi già all’inizio della malattia o più tardivamente. Ha importanti ricadute sull’acquisizione del linguaggio. Superata la fase acuta è essenziale un valutazione audiometrica e, se indicato, l’inserimento di un impianto cocleare prima che i processi di riparazione ossea possano compromettere l’intervento. I deficit cognitivi hanno un impatto significativo sul rendimento scolastico e vanno affrontati con un approccio neuropsicologico e neuroriabilitativo. Per le cicatrici e le amputazioni, accanto ai trattamenti ricostruttivi, protesici e riabilitativi bisogna intervenire con supporti psicologici. 50

51 Terapia antibiotica empirica
Va iniziata il più precocemente possibile (al momento del sospetto) perché la tempestività incide su sopravvivenza e sequele. Evitare ritardi per qualsiasi ragione Somministrazione da mezz’ora a un’ora dal ricovero (tempo compatibile con rachicentesi) Scelta del farmaco: bisogna tenere conto di fattori demografici ed epidemiologici: età del paziente, probabilità di infezioni da patogeni specifici nelle diverse fasce di età, situazione locale di antibiotico-resistenza/sensibilità a penicilline e cefalosporine di III generazione (Italia è compresa, insieme a Canada, Cina, Croazia, Grecia, Messico, Pakistan, Polonia, Spagna, Stati Uniti e Turchia, nei Paesi in cui è diffusa la penicillino-resistenza) ; utile consultare sito ECDC, Considerare che passaggio della BEE dipende da solubilità, dimensioni della molecola, legame proteico e dal grado di infiammazione delle meningi. Le cefalosporine di III generazione, contemplate dalla maggior parte delle linee guida come farmaci di scelta per la terapia empirica, hanno attività battericida per pneumococco e meningococco e penetrano attraverso le meningi infiammate. Ceftriaxone non è indicato nel neonato (rischio ittero) Terapia antibiotica empirica La terapia antibiotica empirica deve essere iniziata il più precocemente possibile, appena emerge il sospetto di una meningite batterica. Ci sono prove che la tempestività di tale intervento ha un impatto significativo sulla sopravvivenza e sulle sequele. Le linee guida raccomandano la somministrazione del farmaco da mezz’ora a un’ora dal ricovero. Questi tempi non sono in genere compatibili con l’effettuazione della rachicentesi, soprattutto se questa indagine deve essere preceduta da indagini di diagnostica per immagini. L’attesa del completamento di queste procedure è la ragione più frequente, ma priva di valide giustificazioni, per un ritardo nell’inizio della terapia antibiotica. Come già ricordato, la somministrazione di antibiotici può comportare la negativizzazione di esami colturali e interferire sui livelli di glicorrachia e protidorrachia. Questi limiti sono oggi superati dalla disponibilità della diagnostica molecolare. Per quanto riguarda la scelta del farmaco, c’è consenso sul fatto che sia necessario tenere conto di differenti fattori demografici ed epidemiologici: età del paziente, probabilità di infezioni da patogeni specifici nelle diverse fasce di età, situazione locale di antibiotico-resistenza/sensibilità a penicilline e cefalosporine di III generazione. L’Italia è compresa, insieme a Canada, Cina, Croazia, Grecia, Messico, Pakistan, Polonia, Spagna, Stati Uniti e Turchia, nei Paesi in cui è diffusa la penicillino- resistenza. In caso di esposizione durante trasferte all’estero può essere utile consultare la lista della distribuzione dell’antibiotico-resistenza sul sito dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC, Un altro aspetto importante che guida la scelta dell’antibiotico sono le sue caratteristiche farmacocinetiche. La facilità di passaggio della barriera emato- encefalica dipende da solubilità, dimensioni della molecola, legame proteico e dal grado di infiammazione delle meningi, in particolare permeabilità capillare e dei plessi corioidei. Le cefalosporine di III generazione, contemplate dalla maggior parte delle linee guida come farmaci di scelta per la terapia empirica, hanno attività battericida per pneumococco e meningococco e penetrano attraverso le meningi infiammate. Le indicazioni delle linee guida non sono omogenee circa la scelta del farmaco antibatterico. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza dei farmaci, il ceftriaxone non è indicato nel neonato perché può spiazzare la bilirubina dai siti di legame con l’albumina e determinare ittero. 51

52 Terapia antibiotica empirica raccomandata dalle linee guida
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53 Terapia antibiotica mirata
Va avviata dopo diagnosi eziologica Tenere conto dell’epidemiologia locale e della prevalenza di ceppi resistenti (es. scelta di associare la vancomicina nella meningite pneumococcica) Linee guida non univoche: tendenza a proseguire la terapia empirica (quando sia a base di cefotaxima o ceftriaxone) o passare ad antibiotici a spettro più limitato (penicilline) quando sia stata accertata la sensibilità Durata del trattamento: 7 giorni per N. meningitidis, 7-10 giorni per H. influenzae, giorni per S. pneumoniae, 2-3 settimane per S. agalactiae e L. monocytogenes. Prolungare nei casi complicati o con risposta non soddisfacente, sulla base di un parere specialistico. La via di somministrazione standard è quella endovenosa (a bolo o in infusione). La somministrazione intratecale è prevista in casi selezionati. L’allergia a penicilline e/o alle cefalosporine (riferita come storia clinica, ma da verificare): carbapenemi dato l’ampio spettro di attività. Nei casi con sospetto clinico di origine batterica ma con esame culturale negativo: prosecuzione della terapia empirica per almeno 2 settimane Terapia antibiotica mirata Una volta che le indagini colturali e/o molecolari hanno individuato uno specifico agente eziologico, si deve passare alla terapia antibiotica mirata per la quale pure ha un peso l’epidemiologia locale con prevalenza di ceppi resistenti. In aggiunta va tenuta in considerazione la sensibilità riscontrata nel singolo caso. In particolare, questi elementi incidono sulla scelta di associare la vancomicina nella meningite pneumococcica. Anche per questo intervento le linee guida non hanno espresso raccomandazioni univoche . Si osserva, da una parte la tendenza a proseguire la terapia empirica (quando sia a base di cefotaxima o ceftriaxone) dall’altra a passare ad antibiotici a spettro più limitato (penicilline) quando sia stata accertata la sensibilità dell’agente isolato. La durata del trattamento deriva dai dati di efficacia e di efficienza e dipende soprattutto dall’agente identificato: una settimana per Neisseria meningitidis, giorni per Haemophilus influenzae, giorni per Streptococcus pneumoniae, 2-3 settimane per Streptococcus agalactiae e Listeria monocytogenes. Il trattamento va prolungato nei casi complicati o con risposta non soddisfacente, sulla base di un parere specialistico. La via di somministrazione standard è quella endovenosa (a bolo o in infusione). La somministrazione intratecale è prevista in casi selezionati. L’allergia a penicilline e/o alle cefalosporine (riferita come storia clinica, ma da verificare) impone la scelta di farmaci alternativi. Una valida opzione è rappresentata dai carbapenemi dato l’ampio spettro di attività. Nei casi con sospetto clinico di origine batterica ma con esame culturale negativo è indicata la prosecuzione della terapia empirica per almeno 2 settimane. 53

54 Terapia antibiotica mirata raccomandata dalle linee guida (1)
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55 Terapia antibiotica mirata raccomandata dalle linee guida (2)
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56 Corticosteroidi Per via sistemica, quasi sempre desametasone
Razionale: attenuazione alcuni effetti sfavorevoli evocati dalla risposta dell’organismo all’infezione Maggiormente indicati se nel liquor conta leucocitaria >1.000 cellule/μl, livelli di proteine >1 g/l, batteri alla colorazione di Gram Dubbio che si riduca il passaggio di alcuni antibiotici come la vancomicina a livello del sistema nervoso centrale Controindicazione sotto i 3 mesi di vita (assenza prove di efficacia e sicurezza) Iniziare nelle prime ore dopo il ricovero, con modesto anticipo o in contemporanea all’inizio degli antibiotici, non oltre le 12 ore successive. 0,15 mg/kg in età pediatrica fino a un massimo di 10 mg al giorno (suddivise in 4 somministrazioni) per una durata della terapia di 4 giorni Efficacia controversa (probabile riduzione seuqele) Non esistono dati sufficienti su altri diuretici osmotici come mannitolo e soluzioni saline ipertoniche. Corticosteroidi I corticosteroidi per via sistemica, quasi sempre il desametasone, sono utilizzati in associazione alla terapia antibiotica nelle meningiti batteriche. Il razionale di questo intervento è ricondotto a un’attenuazione di alcuni effetti sfavorevoli evocati dalla risposta dell’organismo all’infezione, per esempio l’attivazione dei neutrofili, l’inibizione della trascrizione e del rilascio di vari mediatori dell’infiammazione e degli effetti neurotossici della batteriolisi mediati dalle citochine, più marcati nei primissimi giorni di antibioticoterapia. D’altra parte ci sono dati, provenienti da modelli animali, ma non confermati sull’uomo, che in corso di terapia steroidea sia ridotto il passaggio di alcuni antibiotici come la vancomicina a livello del sistema nervoso centrale e che sia pertanto necessario un aumento del dosaggio. I corticosteroidi non sono indicati sotto i 3 mesi di vita, in assenza di prove di efficacia e sicurezza provenienti da studi di qualità adeguata. Vanno iniziati nelle prime ore dopo il ricovero, meglio se con un modesto anticipo o in contemporanea all’inizio degli antibiotici, ma non oltre le 12 ore successive. Il riscontro dopo rachicentesi di un liquor con conta leucocitaria >1.000 cellule/μl, livelli di proteine >1 g/l, batteri alla colorazione di Gram rafforza l’indicazione all’impiego di questi farmaci. Le dosi di desametasone raccomandate sono di 0,15 mg/kg in età pediatrica fino a un massimo di 10 mg al giorno (suddivise in 4 somministrazioni) per una durata della terapia di 4 giorni. Sulla base dei dati di efficacia alcune linee guida consigliano di sospendere lo steroide se i batteri implicati sono diversi dallo pneumococco o se si esclude la causa batterica. L’efficacia è stata valutata da alcune metanalisi condotte in contesti diversi e c’è controversia sugli esiti di mortalità e di conseguenze a lungo termine. Una prima metanalisi di studi controllati e randomizzati a cui hanno partecipato pazienti di ogni età con meningite batterica ha confrontato gli esiti dell’antibioticoterapia standard in associazione o meno al desametasone e non ha individuato alcun vantaggio in termini di mortalità, ipoacusia, sequele neurologiche, nell’intero campione e neppure in particolari sottogruppi di pazienti. Una metanalisi recente sull’impiego di corticosteroidi sistemici nella meningite conclude che sono in grado di ridurre l’incidenza di ipoacusia/sordità e sequele neurologiche, ma non la mortalità a breve termine negli studi effettuati nei Paesi sviluppati. Considerando gli agenti causali è emerso un modesto effetto protettivo sulla mortalità nella meningite da Streptococcus pneumoniae, ma non nelle forme da Haemophilus influenzae o Neisseria meningitidis. E’ stato anche proposto, in alternativa ai corticosteroidi e per controllare l’ipertensione endocranica, l’impiego di agenti osmolari come il glicerolo. Una revisione ha rilevato un effetto favorevole sull’incidenza di sordità, ma non sulla mortalità. Altri studi hanno mostrato una riduzione delle conseguenze neurologiche nella popolazione pediatrica. Non esistono dati sufficienti su altri diuretici osmotici come mannitolo e soluzioni saline ipertoniche. 56

57 Controllo della febbre: paracetamolo
Terapia di supporto Controllo della febbre: paracetamolo Somministrazione di liquidi: idratazione di supporto per via parenterale ma per anni tendenza a limitare l’apporto di liquidi per il rischio di favorire l’edema cerebrale e l’ipertensione endocranica (fattori favorenti aggiuntivi, come il rischio della sindrome da inappropriata secrezione di ADH). Oggi c’è indicazione a idratazione di mantenimento, a meno che non compaiano segni e sintomi di ipertensione endocranica o SIADH. Prove recenti: idratazione di mantenimento riduce rischio di spasticità e convulsioni Per mantenere l’equilibrio idroelettrolitico e per evitare l’ipoglicemia, vanno somministrate soluzioni isotoniche come glucosio 5% in cloruro di sodio 9% o destrosio 5% in cloruro di sodio 9%. Nei neonati è indicato glucosio 10% in cloruro di sodio 9%. Terapia di supporto Controllo della febbre Per il controllo della febbre, in genere elevata, il farmaco di prima scelta è il paracetamolo. E’ stato ipotizzato, ma successivamente smentito, che l’effetto di questo farmaco possa migliorare gli esiti di malattia e la prognosi. Somministrazione di liquidi Per quanto riguarda l’idratazione di supporto per via parenterale, in teoria necessaria in una condizione caratterizzata da febbre elevata, rifiuto o impossibilità di idratazione per bocca, spesso vomito, per molti anni è prevalsa la tendenza a limitare l’apporto di liquidi per il rischio di favorire l’edema cerebrale e l’ipertensione endocranica, tenendo anche conto di fattori favorenti aggiuntivi, come il rischio della sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico. Più recentemente questo approccio è stato rivisto e c’è l’indicazione all’idratazione di mantenimento, a meno che non compaiano segni e sintomi di ipertensione endocranica o della sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico. Una revisione sistematica Cochrane, sottoposta a periodiche revisioni dal 2005 al 2016, ha confrontato gli esiti di schemi di idratazione variabili per volumi e durata nella meningite batterica in età pediatrica (mancando dati per la popolazione adulta). La metanalisi non ha individuato differenze significative tra restrizione e mantenimento in termini di mortalità e di sequele neurologiche nel loro insieme. Considerando a una a una le sequele, l’idratazione di mantenimento è risultata più favorevole, in quanto associata a una riduzione del rischio di spasticità e convulsioni. La restrizione dei liquidi nelle prime 48 ore dall’inizio del trattamento può avere tuttora un razionale nei Paesi con alta mortalità e con una valutazione medica tardiva. Per mantenere l’equilibrio idroelettrolitico e per evitare l’ipoglicemia, vanno somministrate soluzioni isotoniche come glucosio 5% in cloruro di sodio 9% o destrosio 5% in cloruro di sodio 9%. Nei neonati è indicato glucosio 10% in cloruro di sodio 9%. 57

58 Trattamento delle emergenze
Trasferimento in Unità di terapia intensiva in caso di: rash in rapida evoluzione coma con punteggio della scala di Glasgow ≤12 (indicata l’intubazione) instabilità emodinamica insufficienza d’organo convulsioni non controllate. La sepsi e lo shock settico secondo le linee guida locali. Obiettivi: mantenimento volemia (cristalloidi, in alternativa albumina o idrocortisone) controllo ipertensione endocranica mantenimento pressione arteriosa (valori medi ≥65 mmHg, accettabili valori ≥50 mmHg nei pazienti giovani, desiderabili valori ≥70 mmHg nei pazienti anziani) (noradrenalina in infusione venosa centrale) controllo delle convulsioni, iniziando il trattamento anche in caso di sospetto (raccomandato il monitoraggio EEG) nei pazienti con stato di male controllo dell’ipercapnia trattamento dei disturbi della coagulazione Trattamento delle emergenze Nel decorso della meningite c’è la possibilità di una rapida evoluzione in quadri clinici con pericolo della vita, che richiedono interventi tempestivi e mirati. Va sottolineato che molti pazienti con sepsi da meningococco tendono, per la giovane età, a mantenere livelli pressori stabili anche in una fase avanzata del decorso, per poi precipitare. E’ necessario il trasferimento in Unità di terapia intensiva in caso di: rash in rapida evoluzione coma con punteggio della scala di Glasgow ≤12 (indicata l’intubazione) instabilità emodinamica insufficienza d’organo convulsioni non controllate. La sepsi e lo shock settico vanno gestiti secondo le linee guida locali. Gli obiettivi del trattamento sono: mantenimento della volemia (farmaci di prima scelta cristalloidi, in pazienti con shock ipotensivo persistente albumina o idrocortisone) controllo dell’ipertensione endocranica (non è raccomandato il monitoraggio) mantenimento dei livelli di pressione arteriosa (valori medi ≥65 mmHg, accettabili valori ≥50 mmHg nei pazienti giovani, desiderabili valori ≥70 mmHg nei pazienti anziani) (farmaco di prima scelta noradrenalina in infusione venosa centrale) controllo delle convulsioni, iniziando il trattamento anche in caso di sospetto clinico (raccomandato il monitoraggio con elettroencefalogramma) nei pazienti con stato di male controllo dell’ipercapnia trattamento dei disturbi della coagulazione. 58

59 Vaccinazioni Per ciascuna delle tre principali forme di meningite batterica è disponibile un vaccino L’utilizzo della profilassi vaccinale è giustificato dalla gravità (potenziale letalità e morbosità) e dal fatto che i trattamenti disponibili possono fallire (ritardo o mancata risposta) Va ricordato il valore sociale delle vaccinazioni e il vantaggio per la collettività nel contrasto a malattie prevenibili relativamente frequenti, gravi o fatali. Il raggiungimento di un’elevata copertura nella popolazione bersaglio (immunità di comunità, community immunity o immunità di gregge, herd immunity) rappresenta da sempre il valore aggiunto della vaccinazione a livello sociale. La protezione si estende anche ai non vaccinati (bambini molto piccoli o soggetti affetti da particolari patologie per cui non possono vaccinarsi, bambini non vaccinati per scelta dei genitori o perché provenienti da paesi dove non esistono le vaccinazioni per tutti, anziani, gli ammalati o le persone fragili, donne in gravidanza) Vaccinazioni Per ciascuna delle tre principali forme di meningite causate da batteri (Neisseria meningitidis o meningococco, Streptococcus pneumoniae o pneumococco, Haemophilus influenzae di tipo b) è disponibile un vaccino. L’utilizzo della profilassi vaccinale è ampiamente giustificato dalla loro gravità (potenziale letalità e morbosità) e dal fatto che i trattamenti, pur disponibili, possono fallire sia per un ritardo anche minimo nella diagnosi sia per la mancata risposta dei casi gravi o nei sottogruppi a rischio (bambini e anziani). Oltre ai vantaggi per la salute individuale, vanno inoltre ricordati il valore sociale delle vaccinazioni e il vantaggio per la collettività nel contrasto a malattie prevenibili che siano relativamente frequenti, gravi o fatali. Il raggiungimento di un’elevata copertura nella popolazione bersaglio (immunità di comunità, community immunity o immunità di gregge, herd immunity) rappresenta da sempre il valore aggiunto della vaccinazione a livello sociale. E’ rilevante il fatto che la protezione alla comunità si estenda anche ai non vaccinati che comprendono categorie di persone svantaggiate, come i bambini non vaccinati (quelli molto piccoli o affetti da particolari patologie per cui non possono vaccinarsi, quelli non vaccinati per scelta dei genitori o perché provenienti da paesi dove non esistono le vaccinazioni per tutti), gli anziani, gli ammalati o le persone fragili, le donne in gravidanza. 59

60 Coperture vaccinali Coperture vaccinali
Per copertura vaccinale si intende la proporzione di soggetti vaccinati sul totale dei soggetti candidati alla vaccinazione e che la soglia di sicurezza per ottenere un’adeguata protezione della popolazione è pari al 95%. Gli ultimi dati sulle coperture vaccinali nazionali e regionali (anno di interesse 2015, aggiornamento ottobre 2016) mostrano che per nessuna delle forme di meningite batterica la popolazione è adeguatamente protetta e descrivono inoltre un’ampia variabilità su base regionale. Come noto, il calo della copertura vaccinale per fenomeni di esitazione vaccinale è un fenomeno diffuso su tutto il territorio italiano. Va peraltro ricordato che l’offerta del precedente calendario vaccinale (che faceva riferimento al PNPV ), vigente fino a tutto il 2016, era più limitata per quanto riguarda le vaccinazioni contro Neisseria meningitidis o meningococco, Streptococcus pneumoniae o pneumococco, Haemophilus influenzae di tipo b). 60

61 Offerta vaccinale L’attuale Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale (PNPV) , incluso nei LEA prevede l’offerta attiva dei vaccini contro le meningiti batteriche Va superata la distinzione tra vaccinazioni “obbligatorie” e vaccinazioni “raccomandate” Il precedenza il SSN includeva nel calendario vaccinale come vaccinazioni “raccomandate” con offerta attiva e gratuita: nell’infanzia: vaccino anti pneumococcico, vaccino anti meningococcico C, vaccino contro le forme invasive di Haemophilus influenzae b per tutti i nuovi nati, nell’età adulta (particolari categorie di persone): vaccino anti pneumococcico (persone oltre i 65 anni e/o con comorbilità croniche e debilitanti), vaccino anti meningococcico (viaggiatori in zone endemiche o a rischio). La vaccinazione anti meningococcica era “obbligatoria” per le reclute all’atto dell’arruolamento Offerta vaccinale Il Sistema Sanitario Nazionale includeva nel calendario vaccinale come vaccinazioni “raccomandate” con offerta attiva e gratuita: nell’infanzia vaccino anti pneumococcico e vaccino anti meningococcico C per tutti i nuovi nati vaccino contro le forme invasive di Haemophilus influenzae b (Hib) per tutti i nuovi nati nell’età adulta (particolari categorie di persone): vaccino anti pneumococcico (persone oltre i 65 anni e/o con comorbilità croniche e debilitanti a carico dell’apparato cardiovascolare, broncopolmonare, renale o con asplenia) vaccino anti meningococcico (viaggiatori in zone endemiche o a rischio). La vaccinazione anti meningococcica era “obbligatoria” per le reclute all’atto dell’arruolamento. Va prima di tutto superata la distinzione tra vaccinazioni “obbligatorie” e vaccinazioni “raccomandate”, considerando che tutte le vaccinazioni sono ugualmente utili e importanti e non vanno imposte per legge, adottando un approccio nuovo e più realistico secondo il quale le vaccinazioni rispondono alla necessità e al diritto di ciascuno di essere protetto dalle malattie prevenibili. L’attuale Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale (PNPV) , recentemente approvato e incluso nei LEA (Livelli Essenziali d’Assistenza), prevede l’offerta attiva dei vaccini contro le meningiti batteriche. 61

62 Obiettivi raggiungimento e mantenimento di coperture vaccinali ≥95% per le vaccinazioni anti difterite-tetano-pertosse acellulare (DTPa), poliomielite, epatite B, infezioni invasive da Haemophilus influenzae tipo b (Hib) nei nuovi nati raggiungimento e mantenimento nei nuovi nati di coperture vaccinali ≥95% per la vaccinazione anti pneumococcica raggiungimento e mantenimento entro i 2 anni di età di coperture vaccinali ≥95% per la vaccinazione antimeningococcica C raggiungimento e mantenimento nei nuovi nati di coperture vaccinali ≥ 95% per la vaccinazione antimeningococcica B, con una gradualità programmata per il triennio (passaggio da ≥60% a ≥95%) raggiungimento e mantenimento negli adolescenti (11-18 anni) di coperture vaccinali ≥95% per la vaccinazione anti meningococcica tetravalente ACYW135, con una gradualità programmata per il triennio (passaggio da ≥60% a ≥95%) raggiungimento nei sessantacinquenni di coperture per la vaccinazione anti pneumococcica del 75%, con una gradualità programmata per il triennio (passaggio da 40% a 75%) Obiettivi Gli obiettivi per quanto riguarda il controllo di queste malattie sono: raggiungimento e mantenimento di coperture vaccinali ≥95% per le vaccinazioni anti difterite-tetano-pertosse acellulare (DTPa), poliomielite, epatite B, infezioni invasive da Haemophilus influenzae tipo b (Hib) nei nuovi nati; raggiungimento e mantenimento nei nuovi nati di coperture vaccinali ≥95% per la vaccinazione anti pneumococcica; raggiungimento e mantenimento entro i 2 anni di età di coperture vaccinali ≥95% per la vaccinazione antimeningococcica C; raggiungimento e mantenimento nei nuovi nati di coperture vaccinali ≥ 95% per la vaccinazione antimeningococcica B, con una gradualità programmata per il triennio (passaggio da ≥60% a ≥95%); raggiungimento e mantenimento negli adolescenti (11-18 anni) di coperture vaccinali ≥95% per la vaccinazione anti meningococcica tetravalente ACYW135, con una gradualità programmata per il triennio (passaggio da ≥60% a ≥95%); raggiungimento nei sessantacinquenni di coperture per la vaccinazione anti pneumococcica del 75%, con una gradualità programmata per il triennio (passaggio da 40% a 75%). 62

63 I vaccini anti meningite batterica (modificata dal PNPV 2017-2019)
Nota La prima dose dell’antimeningococco B va fatta nella seconda parte del 3° mese, la seconda il 4° mese o all’inizio del 5°. La vaccinazione contro il meningococco C viene eseguita per coorte al 13°-15° mese di vita. Per la seconda coorte a anni, si raccomanda che una dose di vaccino antimenigococcico ACWY coniugato sia effettuata sia ai soggetti mai vaccinati in precedenza, sia ai bambini già immunizzati nell’infanzia con il vaccino antimeningococcico C o ACWY. Nei soggetti a rischio la vaccinazione contro il meningococco C può iniziare dal terzo mese di vita con tre dosi complessive, di cui l’ultima, comunque, dopo il compimento dell’anno di vita. Nota La prima dose dell’antimeningococco B va fatta nella seconda parte del 3° mese, la seconda il 4° mese o all’inizio del 5°. La vaccinazione contro il meningococco C viene eseguita per coorte al 13°-15° mese di vita. Per la seconda coorte a anni, si raccomanda che una dose di vaccino antimenigococcico ACWY coniugato sia effettuata sia ai soggetti mai vaccinati in precedenza, sia ai bambini già immunizzati nell’infanzia con il vaccino antimeningococcico C o ACWY. Nei soggetti a rischio la vaccinazione contro il meningococco C può iniziare dal terzo mese di vita con tre dosi complessive, di cui l’ultima, comunque, dopo il compimento dell’anno di vita. 63

64 Vaccinazione per fasce di età (1)
Nel primo anno di vita del bambino, il vaccino contro Haemophilus influenzae di tipo B è compreso nel ciclo di base con esavalente che va iniziato al 3° mese (61° giorno di vita). Simultaneamente alla vaccinazione con esavalente, ma in sede anatomica diversa (quadricipite femorale della coscia controlaterale) si raccomanda la somministrazione del vaccino anti pneumococco coniugato. La somministrazione delle 3 dosi iniziali del vaccino anti meningococco B (raccomandata per tutti i nuovi nati) deve essere iniziata il più presto possibile e completata nel 1° anno di vita, essendo l’incidenza delle malattie invasive causate da tale agente eziologico massima nei primi 2 anni di vita. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nel caso la vaccinazione sia iniziata dopo il 6° mese, è possibile utilizzare un ciclo a sole 3 dosi, con le prime due raccomandate, rispettivamente, al 7° e al 9° mese di vita. Vaccinazione per fasce di età Nel primo anno di vita del bambino, il vaccino contro Haemophilus influenzae di tipo B è compreso nel ciclo di base con esavalente che va iniziato al 3° mese (61° giorno di vita). Simultaneamente alla vaccinazione con esavalente, ma in sede anatomica diversa (quadricipite femorale della coscia controlaterale) si raccomanda la somministrazione del vaccino anti pneumococco coniugato. La somministrazione delle 3 dosi iniziali del vaccino anti meningococco B (raccomandata per tutti i nuovi nati) deve essere iniziata il più presto possibile e completata nel 1° anno di vita, essendo l’incidenza delle malattie invasive causate da tale agente eziologico massima nei primi 2 anni di vita. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nel caso la vaccinazione sia iniziata dopo il 6° mese, è possibile utilizzare un ciclo a sole 3 dosi, con le prime due raccomandate, rispettivamente, al 7° e al 9° mese di vita. Il secondo anno è l’epoca della dose di richiamo del vaccino esavalente (11°-13° mese di vita) e, simultaneamente, della dose di richiamo della vaccinazione anti pneumococco coniugata, così come della quarta dose del vaccino anti meningococco B (o terza dose, nel caso di schedula a 3 dosi). Fra il 13° e il 15° mese è anche raccomandata la vaccinazione anti meningococco C o contro i quattro tipi di meningococco ACYW135, allo scopo di offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, pur ancora sporadici nel nostro Paese, mostrano una tendenza all’espansione. Vista la necessità di fornire in breve tempo protezione con diversi vaccini, è importante considerare gli schemi di possibili cosomministrazioni. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nell’adolescenza va effettuata una dose di vaccino anti meningococco quadrivalente ACYW135 sia a chi non abbia mai effettuato nell’infanzia la vaccinazione C o quadrivalente sia a chi abbia già ricevuto una dose, in quanto la persistenza della protezione è legata a un elevato titolo anticorpale battericida, che tende a diminuire nel tempo. Per la vaccinazione contro il meningococco B, vista la sua recente introduzione, la priorità è rappresentata dal suo utilizzo nell’età in cui è massimo l’impatto della malattia (prima infanzia). In prospettiva si dovranno approntare politiche di offerta attiva di tale vaccinazione anche nella popolazione adolescente. Nell’età adulta (19-64 anni) è raccomandata la vaccinazione anti pneumococcica: andrà valutata la possibilità di somministrare una prima dose con vaccino coniugato (13-valente), seguita ad almeno 2 mesi di distanza da una dose di vaccino polisaccaridico (23-valente). Nel caso permangano situazioni epidemiologiche di rischio anche per l’età adulta, deve essere somministrata una dose di vaccino quadrivalente meningococcico ACYW135. Nell’età anziana (≥65 anni) è necessario offrire attivamente il vaccino anti pneumococco coniugato 13-valente, seguito da una dose di vaccino polisaccaridico 23-valente. Va posta attenzione a non invertire l’ordine di somministrazione dei due vaccini, perché ciò comporterebbe una più bassa risposta immune. La coorte cui la vaccinazione deve essere offerta attivamente è rappresentata dai soggetti di 65 anni di età. Le Regioni che, per situazioni epidemiologiche e di contesto volessero offrire la vaccinazione a due coorti d’età, dovrebbero prediligere i 65enni e i 70enni. La vaccinazione anti pneumococcica può essere offerta simultaneamente alla vaccinazione antinfluenzale o indipendentemente in qualsiasi stagione dell’anno, ma va somministrata in dose singola una sola volta nella vita. 64

65 Vaccinazione per fasce di età (2)
Il secondo anno è l’epoca della dose di richiamo del vaccino esavalente (11°-13° mese di vita) e, simultaneamente, della dose di richiamo della vaccinazione anti pneumococco coniugata, così come della quarta dose del vaccino anti meningococco B (o terza dose, nel caso di schedula a 3 dosi). Fra il 13° e il 15° mese è anche raccomandata la vaccinazione anti meningococco C o contro i quattro tipi di meningococco ACYW135, allo scopo di offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, pur ancora sporadici nel nostro Paese, mostrano una tendenza all’espansione. Vista la necessità di fornire in breve tempo protezione con diversi vaccini, è importante considerare gli schemi di possibili cosomministrazioni. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Vaccinazione per fasce di età Nel primo anno di vita del bambino, il vaccino contro Haemophilus influenzae di tipo B è compreso nel ciclo di base con esavalente che va iniziato al 3° mese (61° giorno di vita). Simultaneamente alla vaccinazione con esavalente, ma in sede anatomica diversa (quadricipite femorale della coscia controlaterale) si raccomanda la somministrazione del vaccino anti pneumococco coniugato. La somministrazione delle 3 dosi iniziali del vaccino anti meningococco B (raccomandata per tutti i nuovi nati) deve essere iniziata il più presto possibile e completata nel 1° anno di vita, essendo l’incidenza delle malattie invasive causate da tale agente eziologico massima nei primi 2 anni di vita. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nel caso la vaccinazione sia iniziata dopo il 6° mese, è possibile utilizzare un ciclo a sole 3 dosi, con le prime due raccomandate, rispettivamente, al 7° e al 9° mese di vita. Il secondo anno è l’epoca della dose di richiamo del vaccino esavalente (11°-13° mese di vita) e, simultaneamente, della dose di richiamo della vaccinazione anti pneumococco coniugata, così come della quarta dose del vaccino anti meningococco B (o terza dose, nel caso di schedula a 3 dosi). Fra il 13° e il 15° mese è anche raccomandata la vaccinazione anti meningococco C o contro i quattro tipi di meningococco ACYW135, allo scopo di offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, pur ancora sporadici nel nostro Paese, mostrano una tendenza all’espansione. Vista la necessità di fornire in breve tempo protezione con diversi vaccini, è importante considerare gli schemi di possibili cosomministrazioni. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nell’adolescenza va effettuata una dose di vaccino anti meningococco quadrivalente ACYW135 sia a chi non abbia mai effettuato nell’infanzia la vaccinazione C o quadrivalente sia a chi abbia già ricevuto una dose, in quanto la persistenza della protezione è legata a un elevato titolo anticorpale battericida, che tende a diminuire nel tempo. Per la vaccinazione contro il meningococco B, vista la sua recente introduzione, la priorità è rappresentata dal suo utilizzo nell’età in cui è massimo l’impatto della malattia (prima infanzia). In prospettiva si dovranno approntare politiche di offerta attiva di tale vaccinazione anche nella popolazione adolescente. Nell’età adulta (19-64 anni) è raccomandata la vaccinazione anti pneumococcica: andrà valutata la possibilità di somministrare una prima dose con vaccino coniugato (13-valente), seguita ad almeno 2 mesi di distanza da una dose di vaccino polisaccaridico (23-valente). Nel caso permangano situazioni epidemiologiche di rischio anche per l’età adulta, deve essere somministrata una dose di vaccino quadrivalente meningococcico ACYW135. Nell’età anziana (≥65 anni) è necessario offrire attivamente il vaccino anti pneumococco coniugato 13-valente, seguito da una dose di vaccino polisaccaridico 23-valente. Va posta attenzione a non invertire l’ordine di somministrazione dei due vaccini, perché ciò comporterebbe una più bassa risposta immune. La coorte cui la vaccinazione deve essere offerta attivamente è rappresentata dai soggetti di 65 anni di età. Le Regioni che, per situazioni epidemiologiche e di contesto volessero offrire la vaccinazione a due coorti d’età, dovrebbero prediligere i 65enni e i 70enni. La vaccinazione anti pneumococcica può essere offerta simultaneamente alla vaccinazione antinfluenzale o indipendentemente in qualsiasi stagione dell’anno, ma va somministrata in dose singola una sola volta nella vita. 65

66 Vaccinazione per fasce di età (3)
Nell’adolescenza va effettuata una dose di vaccino anti meningococco quadrivalente ACYW135 sia a chi non abbia mai effettuato nell’infanzia la vaccinazione C o quadrivalente sia a chi abbia già ricevuto una dose, in quanto la persistenza della protezione è legata a un elevato titolo anticorpale battericida, che tende a diminuire nel tempo. Per la vaccinazione contro il meningococco B, vista la sua recente introduzione, la priorità è rappresentata dal suo utilizzo nell’età in cui è massimo l’impatto della malattia (prima infanzia). In prospettiva si dovranno approntare politiche di offerta attiva di tale vaccinazione anche nella popolazione adolescente. Nell’età adulta (19-64 anni) è raccomandata la vaccinazione anti pneumococcica: andrà valutata la possibilità di somministrare una prima dose con vaccino coniugato (13-valente), seguita ad almeno 2 mesi di distanza da una dose di vaccino polisaccaridico (23-valente). Nel caso permangano situazioni epidemiologiche di rischio anche per l’età adulta, deve essere somministrata una dose di vaccino quadrivalente meningococcico ACYW135. Vaccinazione per fasce di età Nel primo anno di vita del bambino, il vaccino contro Haemophilus influenzae di tipo B è compreso nel ciclo di base con esavalente che va iniziato al 3° mese (61° giorno di vita). Simultaneamente alla vaccinazione con esavalente, ma in sede anatomica diversa (quadricipite femorale della coscia controlaterale) si raccomanda la somministrazione del vaccino anti pneumococco coniugato. La somministrazione delle 3 dosi iniziali del vaccino anti meningococco B (raccomandata per tutti i nuovi nati) deve essere iniziata il più presto possibile e completata nel 1° anno di vita, essendo l’incidenza delle malattie invasive causate da tale agente eziologico massima nei primi 2 anni di vita. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nel caso la vaccinazione sia iniziata dopo il 6° mese, è possibile utilizzare un ciclo a sole 3 dosi, con le prime due raccomandate, rispettivamente, al 7° e al 9° mese di vita. Il secondo anno è l’epoca della dose di richiamo del vaccino esavalente (11°-13° mese di vita) e, simultaneamente, della dose di richiamo della vaccinazione anti pneumococco coniugata, così come della quarta dose del vaccino anti meningococco B (o terza dose, nel caso di schedula a 3 dosi). Fra il 13° e il 15° mese è anche raccomandata la vaccinazione anti meningococco C o contro i quattro tipi di meningococco ACYW135, allo scopo di offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, pur ancora sporadici nel nostro Paese, mostrano una tendenza all’espansione. Vista la necessità di fornire in breve tempo protezione con diversi vaccini, è importante considerare gli schemi di possibili cosomministrazioni. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nell’adolescenza va effettuata una dose di vaccino anti meningococco quadrivalente ACYW135 sia a chi non abbia mai effettuato nell’infanzia la vaccinazione C o quadrivalente sia a chi abbia già ricevuto una dose, in quanto la persistenza della protezione è legata a un elevato titolo anticorpale battericida, che tende a diminuire nel tempo. Per la vaccinazione contro il meningococco B, vista la sua recente introduzione, la priorità è rappresentata dal suo utilizzo nell’età in cui è massimo l’impatto della malattia (prima infanzia). In prospettiva si dovranno approntare politiche di offerta attiva di tale vaccinazione anche nella popolazione adolescente. Nell’età adulta (19-64 anni) è raccomandata la vaccinazione anti pneumococcica: andrà valutata la possibilità di somministrare una prima dose con vaccino coniugato (13-valente), seguita ad almeno 2 mesi di distanza da una dose di vaccino polisaccaridico (23-valente). Nel caso permangano situazioni epidemiologiche di rischio anche per l’età adulta, deve essere somministrata una dose di vaccino quadrivalente meningococcico ACYW135. Nell’età anziana (≥65 anni) è necessario offrire attivamente il vaccino anti pneumococco coniugato 13-valente, seguito da una dose di vaccino polisaccaridico 23-valente. Va posta attenzione a non invertire l’ordine di somministrazione dei due vaccini, perché ciò comporterebbe una più bassa risposta immune. La coorte cui la vaccinazione deve essere offerta attivamente è rappresentata dai soggetti di 65 anni di età. Le Regioni che, per situazioni epidemiologiche e di contesto volessero offrire la vaccinazione a due coorti d’età, dovrebbero prediligere i 65enni e i 70enni. La vaccinazione anti pneumococcica può essere offerta simultaneamente alla vaccinazione antinfluenzale o indipendentemente in qualsiasi stagione dell’anno, ma va somministrata in dose singola una sola volta nella vita. 66

67 Vaccinazione per fasce di età (4)
Nell’età anziana (≥65 anni) è necessario offrire attivamente il vaccino anti pneumococco coniugato 13-valente, seguito da una dose di vaccino polisaccaridico 23-valente. Va posta attenzione a non invertire l’ordine di somministrazione dei due vaccini, perché ciò comporterebbe una più bassa risposta immune. La coorte cui la vaccinazione deve essere offerta attivamente è rappresentata dai soggetti di 65 anni di età. Le Regioni che, per situazioni epidemiologiche e di contesto volessero offrire la vaccinazione a due coorti d’età, dovrebbero prediligere i 65enni e i 70enni. La vaccinazione anti pneumococcica può essere offerta simultaneamente alla vaccinazione antinfluenzale o indipendentemente in qualsiasi stagione dell’anno, ma va somministrata in dose singola una sola volta nella vita. Vaccinazione per fasce di età Nel primo anno di vita del bambino, il vaccino contro Haemophilus influenzae di tipo B è compreso nel ciclo di base con esavalente che va iniziato al 3° mese (61° giorno di vita). Simultaneamente alla vaccinazione con esavalente, ma in sede anatomica diversa (quadricipite femorale della coscia controlaterale) si raccomanda la somministrazione del vaccino anti pneumococco coniugato. La somministrazione delle 3 dosi iniziali del vaccino anti meningococco B (raccomandata per tutti i nuovi nati) deve essere iniziata il più presto possibile e completata nel 1° anno di vita, essendo l’incidenza delle malattie invasive causate da tale agente eziologico massima nei primi 2 anni di vita. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nel caso la vaccinazione sia iniziata dopo il 6° mese, è possibile utilizzare un ciclo a sole 3 dosi, con le prime due raccomandate, rispettivamente, al 7° e al 9° mese di vita. Il secondo anno è l’epoca della dose di richiamo del vaccino esavalente (11°-13° mese di vita) e, simultaneamente, della dose di richiamo della vaccinazione anti pneumococco coniugata, così come della quarta dose del vaccino anti meningococco B (o terza dose, nel caso di schedula a 3 dosi). Fra il 13° e il 15° mese è anche raccomandata la vaccinazione anti meningococco C o contro i quattro tipi di meningococco ACYW135, allo scopo di offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, pur ancora sporadici nel nostro Paese, mostrano una tendenza all’espansione. Vista la necessità di fornire in breve tempo protezione con diversi vaccini, è importante considerare gli schemi di possibili cosomministrazioni. Dal momento che la somministrazione simultanea del vaccino anti meningococcico B con altri prodotti determina aumento della frequenza di febbre di grado moderato/elevato, è opportuno evitare la cosomministrazione con altri vaccini previsti in calendario. Nell’adolescenza va effettuata una dose di vaccino anti meningococco quadrivalente ACYW135 sia a chi non abbia mai effettuato nell’infanzia la vaccinazione C o quadrivalente sia a chi abbia già ricevuto una dose, in quanto la persistenza della protezione è legata a un elevato titolo anticorpale battericida, che tende a diminuire nel tempo. Per la vaccinazione contro il meningococco B, vista la sua recente introduzione, la priorità è rappresentata dal suo utilizzo nell’età in cui è massimo l’impatto della malattia (prima infanzia). In prospettiva si dovranno approntare politiche di offerta attiva di tale vaccinazione anche nella popolazione adolescente. Nell’età adulta (19-64 anni) è raccomandata la vaccinazione anti pneumococcica: andrà valutata la possibilità di somministrare una prima dose con vaccino coniugato (13-valente), seguita ad almeno 2 mesi di distanza da una dose di vaccino polisaccaridico (23-valente). Nel caso permangano situazioni epidemiologiche di rischio anche per l’età adulta, deve essere somministrata una dose di vaccino quadrivalente meningococcico ACYW135. Nell’età anziana (≥65 anni) è necessario offrire attivamente il vaccino anti pneumococco coniugato 13-valente, seguito da una dose di vaccino polisaccaridico 23-valente. Va posta attenzione a non invertire l’ordine di somministrazione dei due vaccini, perché ciò comporterebbe una più bassa risposta immune. La coorte cui la vaccinazione deve essere offerta attivamente è rappresentata dai soggetti di 65 anni di età. Le Regioni che, per situazioni epidemiologiche e di contesto volessero offrire la vaccinazione a due coorti d’età, dovrebbero prediligere i 65enni e i 70enni. La vaccinazione anti pneumococcica può essere offerta simultaneamente alla vaccinazione antinfluenzale o indipendentemente in qualsiasi stagione dell’anno, ma va somministrata in dose singola una sola volta nella vita. 67

68 Caratteristiche dei vaccini
Tutti vaccini inattivati contenenti componenti antigeniche dell’agente Somministrazione per via intramuscolare e sono tutti. Vaccini anti meningococco vaccini coniugati (disponibili contro il sierotipo C o contro i sierotipi A, C, W135 e Y) vengono preparati legando alcune proteine ai polisaccaridi di superficie vaccini polisaccaridici (disponibili contro i sierotipi A, C, W135) suscitano una risposta immunitaria meno vivace. Vaccini anti pneumococco: vaccini coniugati aventi per antigene i polisaccaridi della superficie batterica (vaccino 13-valente è coniugato e protegge nei confronti di 13 sierotipi di pneumococco responsabili della maggior parte delle infezioni gravi nei bambini; il vaccino 23-valente è polisaccaridico) Vaccino contro l’Haemophilus influenzae tipo b è coniugato a un proteina antigenica ed è disponibile in forma singola o combinato nel vaccino esavalente. Rapporto rischi-benefici e profilo di sicurezza favorevoli L’EMA pubblica sul sito le schede tecniche (assessment report) di tutti i vaccini Caratteristiche dei vaccini I vaccini contro le meningiti batteriche sono da somministrare per via intramuscolare e sono tutti vaccini inattivati contenenti componenti antigeniche dell’agente patogeno. I vaccini anti meningococco sono di due tipi. I vaccini coniugati (disponibili contro il sierotipo C o contro i sierotipi A, C, W135 e Y) vengono preparati legando alcune proteine ai polisaccaridi della superficie del meningococco per rendere il vaccino più efficace. I vaccini polisaccaridici (disponibili contro i sierotipi A, C, W135) suscitano una risposta immunitaria meno vivace. Anche i vaccini anti pneumococco sono vaccini coniugati aventi per antigene i polisaccaridi della superficie batterica. Il vaccino 13-valente è coniugato e protegge nei confronti di 13 sierotipi di pneumococco responsabili della maggior parte delle infezioni gravi nei bambini e sostituisce un precedente vaccino coniugato, che proteggeva contro 7 tipi di pneumococco. Il vaccino 23-valente è polisaccaridico. Il vaccino contro l’Haemophilus influenzae tipo b è coniugato a un proteina antigenica ed è disponibile in forma singola o combinato nel vaccino esavalente. Il rapporto rischi-benefici è ampiamente a favore delle vaccinazioni, data la gravità delle malattie prevenibile e il profilo di sicurezza favorevole dei farmaci. Si ricorda che l’European Medicines Agency (EMA) pubblica sul sito le schede tecniche (assessment report) di tutti i vaccini. 68

69 I non responder Tutti i vaccini, compresi quelli contro le meningiti batteriche non sono efficaci al 100% e non evocano nel soggetto vaccinato una immunità permanente Esiste un 5-10% di soggetti non responder che, per situazioni permanenti o transitorie, non sviluppano un’adeguata risposta immunitaria e che non rispondono del tutto al vaccino ovvero rispondono con una produzione anticorpale inferiore all’atteso. Per i vaccini anti meningococco C la quota dei non responder è del 5% circa e la memoria immunitaria ha una durata limitata a 5-6 anni. Nei responder parziali la vaccinazione contribuisce comunque a limitare l’aggressività Le schedule vaccinali (cicli o richiami) tengono conto di questa possibilità Quanto descritto conferma ulteriormente l’importanza del raggiungimento nella popolazione di coperture vaccinali Ciò è particolarmente importante nel caso del meningococco, data la caratteristica di annidarsi nel rinofaringe di portatori sani I non responder Recenti fatti di cronaca relativi a casi di meningite meningococcica C in persone vaccinate (gli ultimi 2 in Toscana: a novembre 2016, un bambino di 8 anni vaccinato nel 2009 e a dicembre 2016 un bambino di 4 anni vaccinato nel 2013) hanno richiamato l’attenzione, forse con eccessiva enfasi e qualche equivoco, su un dato di fatto già noto: tutti i vaccini, compresi quelli contro le meningiti batteriche non sono efficaci al 100% e non evocano nel soggetto vaccinato una immunità permanente. Esiste una quota stimata intorno al 5-10% di soggetti non responder che, per situazioni permanenti o transitorie, non sviluppano un’adeguata risposta immunitaria e che non rispondono del tutto al vaccino ovvero rispondono con una produzione anticorpale inferiore all’atteso. Nei responder parziali la vaccinazione contribuisce comunque a limitare l’aggressività della malattia infettiva. Le schedule vaccinali tengono già conto di queste evenienze tramite la programmazione di cicli vaccinali (la stimolazione ripetuta evoca una risposta più vivace) o di richiami a distanza di anni (nel momento in cui la memoria immunitaria tende ad attenuarsi). Per i vaccini anti meningococco C (sia monovalente sia tetravalente) è stato stimato che la quota dei non responder si attesta intorno al 5% circa e che la memoria immunitaria ha una durata limitata a 5-6 anni. Quanto descritto conferma ulteriormente l’importanza del raggiungimento nella popolazione di coperture vaccinali che garantiscano l’immunità di gregge e limitino la circolazione dei batteri patogeni, proteggendo indirettamente i soggetti non responder. Tutto ciò è particolarmente importante nel caso del meningococco, data la caratteristica di annidarsi nel rinofaringe di portatori sani. 69

70 Profilassi dei contatti per la mennigite da Neisseria meningitidis
Le linee guida congiunte delle società scientifiche britanniche contemplano per il meningococco la ciprofloxacina come prima scelta anche in età pediatrica (dose singola per bocca, 250 mg per i bambini di 5-12 anni, 30 mg/kg fino a un massimo di 125 mg per i bambini sotto i 5 anni) e la rifampicina come seconda scelta alle stesse dosi raccomandate dall’ESCMID; per l’emofilo la rifampicina (bambini sopra i 3 mesi e adulti: 20 mg/kg fino a un massimo di 600 mg per bocca per 4 giorni; bambini sotto i 3 mesi 10 mg/kg per bocca per 4 giorni). 70

71 Isolamento e profilassi dei contatti (1)
Isolamento del caso indice (sospetto o accertato) per le 24 ore successive all’inizio della terapia antibiotica empirica o mirata Personale sanitario: precauzioni per la trasmissione tramite droplet e secrezioni respiratorie, indossando mascherine chirurgiche. Il rischio di meningite meningococcica aumenti di volte tra le persone a stretto contatto con un caso e sia massimo per i conviventi La profilassi è indicata per i contatti stretti dei casi sospetti o accertati di meningite meningococcica e da emofilo, non nei casi di meningite da pneumococco Si definiscono contatti stretti: i conviventi, compresi coloro che condividono l’ambiente di studio o di lavoro e coloro che hanno dormito o mangiato negli stessi ambienti del paziente coloro che nei 7-10 giorni precedenti sono stati esposti a secrezioni della cavità orale o a secrezioni respiratorie La maggioranza dei casi si verifica nella settimana dopo l’esposizione, la massima probabilità di casi secondari persiste per la settimana successiva. Se all’identificazione del contatto sono già trascorsi 7-10 giorni, non c’è più alcun rischio La probabilità che i contatti sviluppino la malattia persiste per circa 6 mesi Isolamento e profilassi dei contatti Il caso indice (sospetto o accertato) deve essere prontamente isolato per le 24 ore successive all’inizio della terapia antibiotica empirica o mirata. Il personale sanitario che presta assistenza al caso in isolamento deve adottare le precauzioni per la trasmissione tramite droplet e secrezioni respiratorie, indossando mascherine chirurgiche. Si stima che il rischio di meningite meningococcica aumenti di volte tra le persone a stretto contatto con un caso e sia massimo per i conviventi e che possa essere contenuto dalla profilassi antibiotica. La profilassi è indicata per i contatti stretti dei casi sospetti o accertati di meningite meningococcica e da emofilo, non nei casi di meningite da pneumococco che non comportano un rischio aumentato di malattia e hanno scarsa tendenza a dar luogo a focolai epidemici. Non vi è invece indicazione al trattamento profilattico per i contatti a basso rischio. Si definiscono contatti stretti: i conviventi, compresi coloro che condividono l’ambiente di studio (la stessa classe) o di lavoro (la stessa stanza) e coloro che hanno dormito o mangiato negli stessi ambienti del paziente coloro che nei 7-10 giorni precedenti sono stati esposti a secrezioni della cavità orale (attraverso baci, stoviglie, spazzolini da denti, giocattoli) o a secrezioni respiratorie (anche per procedure mediche come le manovre di intubazione o la respirazione bocca a bocca). Quanto alla finestra temporale critica, la maggioranza dei casi si verifica dopo un’esposizione nella settimana precedente, così come la massima probabilità di casi secondari persiste per la settimana successiva il contatto potenzialmente origine del contagio. Se al momento dell’identificazione del contatto è già trascorso una periodo di 7-10 giorni, il contatto stesso non è da ritenere a rischio. Tuttavia, indipendentemente dalla profilassi, la probabilità che i contatti sviluppino la malattia persiste più elevata rispetto alla popolazione generale per circa 6 mesi. L’efficacia della profilassi antibiotica per Neisseria meningitidis è provata. Una revisione Cochrane ha stabilito che gli antibiotici più efficaci in termini di prevenzione dei casi secondari e di eradicazione del batterio dal nasofaringe sono il ceftriaxone, la rifampicina e la ciprofloxacina. Le linee guida dell’ECDC indicano la possibilità di impiegare oltre a rifampicina, ciprofloxacina, ceftriaxone, anche cefixima e azitromicina. Non è invece appropriata la benzilpenicillina, in quanto è descritta la mancata eradicazione dal nasofaringe del 5% circa dei casi trattati. 71

72 Isolamento e profilassi dei contatti (2)
In presenza di focolai di malattia meningococcica, la profilassi va estesa secondo strategie locali di sanità pubblica, prendendo in considerazione sia l’impiego di antibiotici sia la vaccinazione (obiettivo eradicazione) La gestione dei focolai comprende raccolta informazioni epidemiologiche e di sorveglianza Non sono giustificate misure straordinarie come la chiusura di strutture scolastiche o gli screening per individuare i portatori sani di meningococco Le indicazioni sulla vaccinazione dei contatti sono più controverse: sono stati pubblicati dati negativi e le seguenti raccomandazioni sono sostenute da prove di efficacia deboli Isolamento e profilassi dei contatti In presenza di focolai di malattia meningococcica, la profilassi va estesa secondo strategie locali di sanità pubblica, prendendo in considerazione sia l’impiego di antibiotici sia la vaccinazione. In questi contesti l’obiettivo principale è l’eradicazione dei sierotipi responsabili del focolaio dal sottogruppo di popolazione ad alto rischio. La gestione dei focolai non può prescindere da una raccolta di informazioni che comprenda il quadro clinico, i dati di microbiologia (tipizzazione di sierotipo e molecolare), la ricostruzione cronologica del manifestarsi della malattia (in caso di focolai in ambiente scolastico l’ultimo giorno di presenza del caso), le circostanze dell’esposizione (in caso di focolai in ambiente scolastico le interazioni tra sottogruppi per fasce di età, classi, luogo di residenza, attività extrascolastiche comuni, relazioni amicali). Non sono giustificate, in quanto non efficaci per la riduzione del rischio, misure straordinarie come la chiusura di strutture scolastiche o gli screening per individuare i portatori sani di meningococco. Le indicazioni sulla vaccinazione dei contatti sono più controverse: sono stati pubblicati dati negativi e le seguenti raccomandazioni sono sostenute da prove di efficacia meno forti: meningococco: in presenza di un caso di malattia di sierotipo non B, vaccinare tutti i contatti non immunizzati in presenza di 2 o più casi di malattia di sierotipo B nello stesso nucleo familiare, vaccinare tutti i conviventi in presenza di 2 o più casi di malattia invasiva da meningococco probabile o accertata causati dallo stesso sierotipo nella medesima comunità (scolastica, abitativa, eccetera) nell’arco di 4 settimane estendere la profilassi vaccinale emofilo: vaccinare tutti i conviventi non immunizzati sotto i 10 anni di età pneumococco: non è indicata la vaccinazione dei contatti. 72

73 Notifica e sorveglianza
In Italia la sorveglianza delle malattie infettive si affida al Sistema Informativo delle Malattie Infettive (SIMI) che si basa sulle notifiche di medici di medicina generale e ospedalieri e prevede segnalazioni immediate Spetta al medico che formula la diagnosi effettuare la segnalazione alla ASL di competenza. Da qui viene avviata l’adozione di eventuali misure di profilassi a tutela della salute pubblica da parte delle ASL, azioni di supervisione e di coordinamento da parte della Regione, degli organismi centrali (Ministero della Salute, Istituto Nazionale di Statistica, Istituto Superiore di Sanità) ed eventualmente internazionali (Unione Europea, Organizzazione Mondiale della Sanità). I dati raccolti sono disponibili nelle banca dati SIMI. I dati ufficiali italiani sono consultabili sul sito del Ministero della Salute (Bollettino Epidemiologico) e vengono aggiornati annualmente. Notifica e sorveglianza In Italia la sorveglianza delle malattie infettive si affida al Sistema Informativo delle Malattie Infettive (SIMI) che si basa sulle notifiche dei medici curanti (medici di medicina generale e ospedalieri) e prevede segnalazioni immediate per allertare gli operatori della sanità pubblica e riepiloghi mensili di tutte le malattie infettive notificate, compilati da ogni Azienda Sanitaria Locale (ASL). Secondo la procedura, spetta al medico che formula la diagnosi effettuare la segnalazione alla ASL di competenza. Da qui viene avviata l’adozione di eventuali misure di profilassi a tutela della salute pubblica da parte delle ASL, azioni di supervisione e di coordinamento da parte della Regione, degli organismi centrali (Ministero della Salute, Istituto Nazionale di Statistica, Istituto Superiore di Sanità) ed eventualmente internazionali (Unione Europea, Organizzazione Mondiale della Sanità). I dati raccolti sono disponibili nelle banca dati SIMI. I dati ufficiali italiani sono consultabili sul sito del Ministero della Salute (Bollettino Epidemiologico) e vengono aggiornati annualmente. 73

74 Classificazione SIMI delle malattie infettive soggette a notifica
Il SIMI stabilisce l’obbligo di notifica (definendone modalità e tempi) per 47 malattie infettive classificate in 4 classi in base alla loro rilevanza di sanità pubblica (rilevanza epidemiologica ed esigenze di profilassi) e al loro interesse sul piano nazionale e internazionale; esiste poi una quinta classe che comprende malattie non incluse nelle 4 precedenti e le zoonosi indicate dal regolamento di Polizia veterinaria. Ciascuna delle 4 classi di malattie infettive con obbligo di notifica si differenzia in base alle informazioni da raccogliere in moduli predisposti e alla tempestività di invio dei dati. La meningite meningococcica appartiene alla classe II (per la notifica va utilizzato lo specifico modulo). Le altre forme batteriche invasive alla classe V. 74

75 Sistema di Sorveglianza speciale per le malattie batteriche invasive (MIB) (1)
Il MIB (attivato nel 1994) è coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute ed è esteso a tutto il territorio nazionale. Nel marzo 2007 è stato stilato un protocollo che prevede la segnalazione di tutti i casi di malattie invasive batteriche causate da meningococco, pneumococco, emofilo e di tutte le meningiti batteriche e la caratterizzazione del microrganismo, Obiettivi: monitoraggio dell’andamento temporale e geografico dei casi, descrizione della frequenza per agente patogeno, regione e fascia di età e della distribuzione dei sierogruppi/sierotipi circolanti, stima dei casi prevenibili con il vaccino e valutazione dei casi di fallimento vaccinale Sono inclusi nella sorveglianza tutti i casi diagnosticati in Italia, in persone presenti sul territorio nazionale indipendentemente dalla loro nazionalità, residenza o domicilio. Sistema di Sorveglianza speciale per le malattie batteriche invasive (MIB) Per le meningiti, come per altre malattie infettive esistono sistemi di sorveglianza dedicati. Il Sistema di Sorveglianza speciale per le malattie batteriche invasive (MIB), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute, è stato attivato nel 1994 ed è esteso a tutto il territorio nazionale. A integrazione, nel marzo è stato stilato un protocollo che prevede la segnalazione di tutti i casi di malattie invasive batteriche causate da meningococco (Neisseria meningitidis), pneumococco (Streptococcus pneumoniae) ed emofilo (Haemophilus influenzae) e di tutte le meningiti batteriche e la caratterizzazione del microrganismo, indispensabile per valutare la quota di casi prevenibili con vaccinazione e la comparazione delle caratteristiche fenotipiche e genotipiche dei ceppi responsabili di casi nel nostro Paese e negli altri Paesi europei. Il sistema di sorveglianza MIB ha per obiettivi il monitoraggio dell’andamento temporale e geografico dei casi, la descrizione della frequenza per agente patogeno, regione e fascia di età e della distribuzione dei sierogruppi/sierotipi circolanti, la stima dei casi prevenibili con il vaccino e la valutazione dei casi di fallimento vaccinale. Sono inclusi nella sorveglianza tutti i casi diagnosticati in Italia, in persone presenti sul territorio nazionale indipendentemente dalla loro nazionalità, residenza o domicilio. La segnalazione dei casi va effettuata seguendo l’organizzazione regionale per la segnalazione dei casi di malattia infettiva. In generale, i sanitari che pongono diagnosi (medici, microbiologi) o le direzioni sanitarie devono inviare la segnalazione entro 12 ore tramite una specifica scheda al Servizio di igiene pubblica della ASL di competenza che provvederà, oltre all’indagine epidemiologica e all’adozione delle eventuali misure per bloccare la possibile trasmissione, all’inserimento del caso nella piattaforma MIB. L’accesso alla piattaforma è protetto da password e consentito secondo una logica “gerarchica” (la ASL vede i propri dati, la Regione vede i dati di tutte le sue ASL, ISS e Ministero vedono i dati di tutte le Regioni). Le ASL e le Regioni potranno scaricare le notifiche di loro competenza e consultare i risultati delle caratterizzazioni microbiologiche sugli isolati inviati presso i laboratori di riferimento dell’ISS. Il protocollo contiene la scheda cartacea e le informazioni necessarie alla compilazione della segnalazione on line, le procedure per l’invio e le indicazioni tecniche per la conservazione dei ceppi di meningococco, pneumococco ed emofilo, nonché dei campioni biologici. Un’eventuale valutazione di conferma dell’agente eziologico e la tipizzazione fenotipica e genotipica viene eseguita presso l’ISS. Spetta anche all’ISS la ricerca con metodi molecolari dell’agente eziologico nei casi in cui la diagnosi colturale sia risultata negativa, pur in presenza di segni clinici di infezione batterica invasiva. I dati vengono analizzati a cadenza trimestrale. L’analisi consolidata su base annuale (compresa la tipizzazione molecolare e la antibiotico-sensibilità) viene eseguita nel mese di maggio dell’anno successivo e presentata in un rapporto. In tale occasione vengono aggiornati anche i dati degli anni precedenti, includendo le segnalazioni pervenute in ritardo. 75

76 Sistema di Sorveglianza speciale per le malattie batteriche invasive (MIB) (2)
La segnalazione dei casi va effettuata seguendo l’organizzazione regionale: i sanitari che pongono diagnosi (medici, microbiologi) o le direzioni sanitarie devono inviare la segnalazione entro 12 ore tramite una specifica scheda al Servizio di igiene pubblica della ASL di competenza che provvederà, oltre all’indagine epidemiologica e all’adozione delle eventuali misure per bloccare la possibile trasmissione, all’inserimento del caso nella piattaforma MIB. Il protocollo contiene la scheda cartacea e le informazioni necessarie alla compilazione della segnalazione on line, le procedure per l’invio e le indicazioni tecniche per la conservazione dei ceppi di meningococco, pneumococco ed emofilo, nonché dei campioni biologici. Un’eventuale valutazione di conferma dell’agente eziologico e la tipizzazione fenotipica e genotipica viene eseguita presso l’ISS. I dati vengono analizzati a cadenza trimestrale. L’analisi consolidata su base annuale (compresa la tipizzazione molecolare e la antibiotico-sensibilità) viene eseguita nel mese di maggio dell’anno successivo e presentata in un rapporto. Sistema di Sorveglianza speciale per le malattie batteriche invasive (MIB) Per le meningiti, come per altre malattie infettive esistono sistemi di sorveglianza dedicati. Il Sistema di Sorveglianza speciale per le malattie batteriche invasive (MIB), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute, è stato attivato nel 1994 ed è esteso a tutto il territorio nazionale. A integrazione, nel marzo è stato stilato un protocollo che prevede la segnalazione di tutti i casi di malattie invasive batteriche causate da meningococco (Neisseria meningitidis), pneumococco (Streptococcus pneumoniae) ed emofilo (Haemophilus influenzae) e di tutte le meningiti batteriche e la caratterizzazione del microrganismo, indispensabile per valutare la quota di casi prevenibili con vaccinazione e la comparazione delle caratteristiche fenotipiche e genotipiche dei ceppi responsabili di casi nel nostro Paese e negli altri Paesi europei. Il sistema di sorveglianza MIB ha per obiettivi il monitoraggio dell’andamento temporale e geografico dei casi, la descrizione della frequenza per agente patogeno, regione e fascia di età e della distribuzione dei sierogruppi/sierotipi circolanti, la stima dei casi prevenibili con il vaccino e la valutazione dei casi di fallimento vaccinale. Sono inclusi nella sorveglianza tutti i casi diagnosticati in Italia, in persone presenti sul territorio nazionale indipendentemente dalla loro nazionalità, residenza o domicilio. La segnalazione dei casi va effettuata seguendo l’organizzazione regionale per la segnalazione dei casi di malattia infettiva. In generale, i sanitari che pongono diagnosi (medici, microbiologi) o le direzioni sanitarie devono inviare la segnalazione entro 12 ore tramite una specifica scheda al Servizio di igiene pubblica della ASL di competenza che provvederà, oltre all’indagine epidemiologica e all’adozione delle eventuali misure per bloccare la possibile trasmissione, all’inserimento del caso nella piattaforma MIB. L’accesso alla piattaforma è protetto da password e consentito secondo una logica “gerarchica” (la ASL vede i propri dati, la Regione vede i dati di tutte le sue ASL, ISS e Ministero vedono i dati di tutte le Regioni). Le ASL e le Regioni potranno scaricare le notifiche di loro competenza e consultare i risultati delle caratterizzazioni microbiologiche sugli isolati inviati presso i laboratori di riferimento dell’ISS. Il protocollo contiene la scheda cartacea e le informazioni necessarie alla compilazione della segnalazione on line, le procedure per l’invio e le indicazioni tecniche per la conservazione dei ceppi di meningococco, pneumococco ed emofilo, nonché dei campioni biologici. Un’eventuale valutazione di conferma dell’agente eziologico e la tipizzazione fenotipica e genotipica viene eseguita presso l’ISS. Spetta anche all’ISS la ricerca con metodi molecolari dell’agente eziologico nei casi in cui la diagnosi colturale sia risultata negativa, pur in presenza di segni clinici di infezione batterica invasiva. I dati vengono analizzati a cadenza trimestrale. L’analisi consolidata su base annuale (compresa la tipizzazione molecolare e la antibiotico-sensibilità) viene eseguita nel mese di maggio dell’anno successivo e presentata in un rapporto. In tale occasione vengono aggiornati anche i dati degli anni precedenti, includendo le segnalazioni pervenute in ritardo. 76


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