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PubblicatoCésar Fuentes Cano Modificato 6 anni fa
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Prestò servizio presso la corte di Fernando el Católico e Carlo V.
Juan Boscán ( ) Appartenente a un nobile lignaggio barcellonese, ricevette una formazione umanistica. Prestò servizio presso la corte di Fernando el Católico e Carlo V. Fu grande amico di Diego Hurtado de Mendoza (che gli dedicò la Epístola a Boscán) e di Garcilaso de la Vega, che conobbe in Italia durante il suo mandato di ambasciatore.
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Juan Boscán ( ) Praticò la poesia castigliana in versi ottosillabi ma introdusse generi e forme metriche di origine italiana e in metro endecasillabo: sonetti, canzoni, ottave, terzine. Nel Prólogo a la Duquesa de Soma, che apre il suo canzoniere, raccontò di un incontro con l’ambasciatore veneziano Andrea Navagiero a Granada e dell’esortazione di questi affinché Boscán introducesse in Spagna la metrica italiana:
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Juan Boscán ( ) Estando un día en Granada con el Navagero, tratando con él en cosas de ingenio y de letras, me dijo por qué no probaba en lengua castellana sonetos y otras artes de trovas usadas por los buenos autores de Italia: y no solamente me lo dijo así livianamente, mas aún me rogó que lo hiciere... Así comencé a tentar este género de verso, en el cual hallé alguna dificultad por ser muy artificioso y tener muchas particularidades diferentes del nuestro. Pero fui poco a poco metiéndome con calor en ello. Mas esto no bastara a hacerme pasar muy adelante, si Garcilaso, con su juicio -el cual, no solamente en mi opinión, más en la de todo el mundo ha sido tenido por cosa cierta- no me confirmara en esta mi demanda. Y así, alabándome muchas veces este propósito y acabándome de aprobar con su ejemplo, porque quiso él también llevar este camino, al cabo me hizo ocupar mis ratos en esto más fundadamente.
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Juan Boscán ( ) Oltre che come poeta, Juan Boscán è noto come traduttore del Libro del cortigiano (1528) di Baldassar Castiglione, che prese il nome di El cortesano (1534). Scrisse inoltre la Epístola a Mendoza, dedicata all’amico Diego Hurtado, che introduce in Spagna il genere dell’epistola morale, ripreso da Orazio. Lavorò alll’edizione delle proprie opere e a quelle dell’amico Garcilaso de la Vega ma non vide l’edizione stampata a causa della morte prematura. Terminò il lavoro la moglie di Boscán, Ana Girón de Rebolledo. L’edizione fu pubblicata nel 1543 dal tipografo Carlos Amorós di Barcellona.
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Garcilaso de la Vega (1501-1536)
Nacque da una nobile famiglia castigliana ed entrò prestissimo nella corte di Fernando el Católico (1510). Prese parte a numerose battaglie e imprese militari in Italia e nel resto del Mediterraneo. Nel entrò nell’Ordine dei Cavalieri di Santiago. Nel 1525 contrasse matrimonio con Elena de Zúñiga, dama della corte di Leonor, sorella di Carlo V. Nel 1530 si trasferì a Bologna con il re Carlo V, che fu incoronato imperatore dal Papa. Successivamente venne mandato in esilio nell’isola di Schut, sul Danubio, e poi si trasferì a Napoli, dove risiedette vari anni e frequentò l’accademia pontaniana conoscendo poeti come Luigi Tansillo e Bernardo Tasso. Morì a Nizza nel 1536 dopo essere stato ferito in combattimento contro i francesi.
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Garcilaso de la Vega (1501-1536)
In una prima fase della sua vita scrisse versi alla maniera antica, in metro ottosillabico e stile cortese. Successivamente praticò con impareggiabile maestria i metri italiani e scrisse sonetti, terzine, canzoni, elegie, odi. Le sue opere vennero pubblicate postume (1544) insieme a quelle di Boscán, suo grande amico: 40 sonetti, 3 egloghe, 5 canzoni, due elegie, una epistola a Boscán e tre odi.
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Garcilaso de la Vega (1501-1536)
Riprese da Petrarca il tema del conflitto fra ragione e passione e l’espediente retorico della similitudine naturalistica. Subì anche l’influenza di Sannazaro durante il suo soggiorno napoletano; la scrittura delle tre Egloghe è in stretto rapporto con la pubblicazione dell’Arcadia di Sannazaro (1504). A Napoli Garcilaso rafforzò anche il suo classicismo, riprendendo la tradizione delle Bucoliche di Virgilio, delle Odi di Orazio e delle Metamorfosi di Ovidio.
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Nel 1541 partecipò alla battaglia di Algeri.
Gutierre de Cetina ( ) Nacque a Siviglia da padre alcalaino e madre sivigliana; qui trascorse la sua infanzia e poi si trasferì a Valencia al servizio delle truppe del re Carlo V. Nel 1541 partecipò alla battaglia di Algeri. In Italia lesse i maggiori poeti petrarchisti: Luigi Tansillo, Pietro Bembo e lo stesso Ludovico Ariosto. Ricevette l’influsso letterario di Petrarca, Ausiàs March e Garcilaso de la Vega. Frequentò la corte del Principe di Ascoli don Luis de Leyva.
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Nel 1554 Cetina tornò in Spagna da dove partì per il Nuovo Mondo.
Gutierre de Cetina ( ) Nel 1554 Cetina tornò in Spagna da dove partì per il Nuovo Mondo. Morì nel 1557 ucciso da un rivale in amore a La Puebla de los Ángeles (Messico). Scrisse soprattutto sonetti e adottò il soprannome pastorale di Vandalio.
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Fernando de Herrera (1534-1597)
Poeta petrarchista e grande estimatore di Garcilaso de la Vega della cui opera offrì un’esegesi accuratissima nelle Anotaciones a Garcilaso (1580) Oltre a un notevole corpus poetico, sono da attribuire ad Herrera alcune opere in prosa come: Relación de la guerra de Chipre y suceso de la batalla naval de Lepanto (1572) Elogio de la vida y muerte de Tomás Moro (1591) biografia di Tommaso Moro con notazioni sul suo pensiero político.
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Fernando de Herrera (1534-1597)
Le poche notizie biografiche che possediamo di Herrera si trovano nel Libro de los verdaderos retratos (Sevilla, 1599) del pittore e poeta Francisco Pacheco. Herrera nacque a Sevilla da una famiglia umile e venne istruito dal maestro Pedro Fernández de Castilleja senza conseguire alcun titolo di studio. Fu amico di don Álvaro de Portugal y Colón, secondo conte di Gelves, sposato con doña Leonor Fernández de Córdoba y Milán de Aragón, figlia del signore di Valenzuela (Córdoba). Arrivati a Sevilla nel 1559, i due coniugi divennero ben presto protettori di Herrera e doña Leonor si trasformò nella Musa del poeta. A lei allude Herrera nei suoi versi con appellativi come Luz, Estrella, Eliodora ecc. Verso il 1565, dopo aver ricevuto gli ordini minori, diventa curato della chiesa di San Andrés. Frecuentò il circolo di intellettuali e poeti sivigliani che si formò intorno all’umanista Juan de Mal Lara, del quale faceva parte anche il pittore Francisco Pacheco e altri artisti che avrebbero dato luogo alla Escuela sevillana de pintura.
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Fernando de Herrera (1534-1597)
La poesia di Herrera rappresenta la fase manierista della poesia spagnola, un momento di transizione dal petrarchismo garcilasiano al barocco di Góngora. Fu un virtuoso del verso; scelse una ortografia che rappresentasse i suoni delle parole e una interpunzione speciale per indicare le pause, gli iati, le sineresi e le dialefi. Predilesse la metafora del sole e il simbolismo ad essa collegato rivelando un certo influsso del platonismo. Scrisse un ampio canzoniere petrarchista caratterizzato da tre stadi: una rivelazione amorosa che contiene l’elogio cortese e galante della bellezza della amata; uno stadio di fugace rapporto con l’amata e infine un ritorno dell’amata all’iniziale distacco che colora di nostalgia il sentimento del poeta. In questa fase sorge il canto notturno e malinconico e il tema dell’ubi sunt. Il disinganno amoroso lo spingerà verso la poesia morale. La morte di Leonor segna la conclusione del canzoniere in vita con vari componimenti ispirati alla morte di lei.
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Fu un grande umanista e profondo conoscitore dei classici latini.
Fray Luis de León ( ) Frate agostiniano, studiò nelle università di Alcalá de Henares e Salamanca, dove occupò le cattedre di Filosofia morale e Sacre Scritture. È uno dei maggiori rappresentanti della letteratura religiosa del secolo XVI. Fu incarcerato dal 1573 al 1576 per il suo commento al Cantico dei Cantici, opera proibita in quel momento. Fu un grande umanista e profondo conoscitore dei classici latini. Si distinse sia come elegante prosista che come abilissimo poeta. Quevedo pubblicò le sue 23 opere poetiche nel 1637 esaltandone l’equilibrio e il classicimo in contrapposizione all’estetica culterana di Luis de Góngora.
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San Juan de la Cruz ( ) Juan de Yepes Álvarez, frate carmelitano, fondò l’ordine dei carmelitani scalzi con Teresa de Ávila. È il maggiore poeta mistico spagnolo e considerato fra i migliori poeti spagnoli di tutti i tempi. Proveniente da una famiglia di ebrei convertiti e di umili origini, fra il 1559 e il 1563 studia con i gesuiti; riceve una solida formazione nella quale il latino era la materia fondamentale; riceve anche un’istruzione retorica, impara a scrivere in latino e a costruire versi in questa lingua. Traduce Cicerone, Giulio Cesare, Virgilio, Ovidio, Marziale e Orazio.
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I suoi poemi più importanti sono:
San Juan de la Cruz ( ) I suoi poemi più importanti sono: Noche oscura, Cántico espiritual y Llama de amor viva. Vi è poi un insieme di componimenti classificati come minori: cinque glosas, dieci romances e due cantares. La diffusione della sua opera fu manoscritta e ancora sussistono dubbi e questioni relativamente al testo orginale dell’autore. Scrisse quattro commenti in prosa ai suoi maggiori: Subida del Monte Carmelo e Noche oscura per Noche oscura, e altri trattati omonimi sul Cántico espiritual e Llama de amor viva.
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