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PubblicatoAlexandre de Mendonça Rios Modificato 6 anni fa
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La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
Struttura, sistema giurisdizionale e rapporti con il diritto dell’Unione
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Convezione Europea dei Diritti dellUomo – + Protocolli aggiuntivi
4 novembre 1950 Roma, gli Stati del Consiglio d’Europa firmano la Convezione Europea dei Diritti dellUomo – + Protocolli aggiuntivi ratificata in Italia con la legge ordinaria 4 agosto 1955 n. 848
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Le peculiarità della CEDU
contenutistiche la Convenzione ha contenuto materialmente costituzionale; tuttavia, l’ordinamento interno non ha riconosciuto ad essa un rilievo particolare, a differenza di quanto avviene, ad esempio, per i Patti Lateranensi o per il Trattato UE valore di norma interposta – violazione del paramentro ex art 117 Cost strutturali è fornita di un apparato istituzionale e di un sistema di tutela giurisdizionale deputati ad assicurarne il rispetto; il ruolo principale è svolto dalla Corte EDU, che interpreta ed applica le disposizioni della CEDU; è previsto un meccanismo di controllo sull’esecuzione delle sentenze (art. 46 CEDU).
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Corte EDU: competenze e ruolo
Competenza generale su tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni Cedu e dei protocolli (art. 32 CEDU) l’intervento della Corte è basato sul criterio della giustificazione dell’interferenza in base al principio di proporzionalità dell’azione statale lesiva del diritto Ricorso dello Stato (art. 33): per fare valere qualsiasi inosservanza delle disposizioni CEDU e suoi Protocolli strumento di tutela dell’ordine pubblico – art 46 Reg. interno Corte: può prendere la forma di un actio popularis Ricorso del singolo (art. 34): per lamentare la violazione di uno diritti previsti dalla CEDU introdotto con il Protocollo n art 47 Reg interno Corte. Principio dell’autosufficienza del formulario di ricorso Possibilità di introdurre il ricorso senza assistenza legale In caso di rigetto amministrativo il ricorso può essere riproposto
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Come si accede alla Corte?
Il Protocollo n. 11 CEDU firmato a Strasburgo nel 1994, aggiuntivo alla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo del 1950, prevede una radicale riforma della procedura contenziosa davanti agli organi giurisdizionali del Consiglio d’Europa, con la soppressione della Commissione europea dei Diritti dell’Uomo e con la facoltà del ricorso individuale diretto alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Tale riforma è entrata in vigore il 1 novembre 1998.
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Il ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo può essere presentato da una persona fisica o giuridica che sia stata parte (attrice o convenuta o imputata) in una controversia davanti ai giudici nazionali (civili, penali o amministrativi) e solo dopo che siano esauriti tutti i possibili rimedi giurisdizionali davanti agli stessi giudici nazionali, cioè di regola fino alla sentenza definitiva in Cassazione e, comunque, non oltre il termine perentorio di sei mesi (quattro mesi, quando entrerà in vigore il Protocollo n. 15), a decorrere dalla data di pubblicazione di tale sentenza.
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Nel ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo vanno indicate le norme della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo del 1950 che si pretendono violate da parte dello Stato di cui si tratta, poiché solo quest’ultimo assume il ruolo di controparte nella procedura europea, anche se davanti ai giudici nazionali la causa si era celebrata in contraddittorio con altri soggetti privati o pubblici. La Corte pronuncia una sentenza che ha carattere vincolante: lo Stato interessato ha l’obbligo di uniformarsi ad essa la vigilanza dell’esecuzione non è competenza della Corte ma del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, il quale in caso di ottemperanza provvede a richiedere la cancellazione dal ruolo della causa, in caso contrario avvia la procedura di inadempimento, previa diffida allo stato di conformarsi al dispositivo ( procedura mai utilizzata)
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Condizioni pregiudiziali: versante interno
Il soggetto deve avere esaurito, nello Stato in questione, tutti i ricorsi suscettibili di porre rimedio alla situazione denunciata (si tratta, nella maggior parte dei casi, di un’azione dinanzi al tribunale competente, seguita all’occorrenza da un appello e da un ricorso presso una giurisdizione superiore come la Corte suprema o la Corte costituzionale). L’esercizio di questi ricorsi non è di per sé sufficiente: è necessario anche che il soggetto abbia puntualmente sollevato la violazione della Convenzione nell’ambito dei suddetti ricorsi. E’ altresì necessario che questi rimedi interni siano effettivi, ovvero realmente accessibili al cittadino e che lo Stato non interferisca nell’esercizio di tale diritto – nel caso in cui la Corte accerti che tale rimedio non era nel caso concreto realmente accessibile al ricorrente può non considerare l’obbligo del previo esaurimento delle vie interne quale condizione di ammissibilità
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Requisiti per presentare ricorso
Non è necessario che il soggetto che intende proporre il ricorso abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Tuttavia la violazione lamentata deve essere stata commessa da uno degli Stati membri facenti parte del Consiglio d’Europa (vedi caso Hirsi c. Italia: caso di respingimento alla frontiera italiana di cittadini libici). Il soggetto deve essere personalmente e direttamente vittima della violazione che denuncia. Non può lamentarsi di una legge o di un altro atto in termini generali, ad esempio perché lo ritiene ingiusto. Allo stesso modo, non gli è consentito introdurre delle doglianze a nome di altre persone (a meno che tali persone non siano chiaramente identificate ed egli non sia il loro rappresentante ufficiale). Nozione di vittima : diretta, indiretta e potenziale
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Altre condizioni di ricevibilità del ricorso ex art. 35 CEDU
il ricorso non deve essere anonimo : non è esclusa, a richiesta del ricorrente, l’omessa menzione del suo nome negli atti. In questa circostanza, il caso può essere indicato con l’iniziale del nome o del cognome o altra lettera alfabetica – es. CO.DU. X. c. Austria, 9 feb. 2013, in materia di adozione da parte di coppia omosessuale; CO.D.U., Y.Y. C. Turchia, 10 marzo 2012, in materia di rettificazione di attribuzione di sesso); non deve essere essenzialmente identico ad uno precedentemente esaminato dalla Corte o già sottoposto ad un’altra istanza internazionale d’inchiesta o di risoluzione se non contenga fatti nuovi (si ribadisce la regola del ne bis in idem); il ricorso deve essere compatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi Protocolli e non abusivo. Per quanto riguarda l’abusività, si guarda ad eventuali comportamenti sleali del ricorrente: fornire informazioni false, perseguire scopi diversi da quelli della Convenzione, omettere di comunicare alla Corte l’avvenuta riparazione a livello nazionale.
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eliminato dal Protocollo n. 15.
La sussistenza di un pregiudizio importante come condizione di ricevibilità L’art. 12 del Protocollo 14 CEDU aveva introdotto nell’art. 35 CEDU un nuovo “filtro”: il ricorso poteva essere dichiarato inammissibile (rectius, irricevibile) qualora il ricorrente non avesse subìto un A) “pregiudizio importante”, e B) che nel merito della causa si fosse già pronunciato un giudice interno. Tale ultimo riferimento, relativo al previo pronunciamento di un giudice nazionale, è stato, tuttavia, eliminato dal Protocollo n. 15.
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Contro chi è possibile presentare ricorso?
Contro uno o più Stati membri della Convenzione che si ritiene abbia/no (per azione od omissione che concerne il soggetto direttamente e personalmente) violato la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. L’atto o gli atti contestati devono emanare da un’autorità pubblica di questo/questi Stato/Stati (ad esempio da un tribunale o da un’amministrazione pubblica).
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Oggetto del ricorso Il ricorso deve obbligatoriamente vertere su uno dei diritti previsti dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Questo include un’ampia gamma di possibili violazioni. Davanti alla Corte, non è possibile lamentarsi della violazione di uno strumento giuridico diverso dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, quali ad esempio la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo o la Carta dei diritti fondamentali (Carta di Nizza).
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Esecuzione delle sentenze CEDU nell’ordinamento nazionale
L’art. 46 CEDU impegna gli Stati contraenti a «conformarsi alle sentenze definitive della Corte [EDU] sulle controversie di cui sono parti» ruolo del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa di sorvegliare tale esecuzione nell’ordinamento italiano il diretto interlocutore del Comitato è il Presidente del Consiglio dei Ministri Doppio scopo delle sentenze: risolvere la specifica controversia introdotta dal ricorso ed indicare a tutti gli Stati membri l’attuale significato della Convenzione e il contenuto dell’obbligo espresso dall’art. 1 della stessa l’obiettivo è quello di prevenire le violazioni. IL MARGINE D’APPREZZAMENTO NAZIONALE La Corte è tenuta ad applicare il diritto CEDU nell’interpretazione che ne ha dato la Corte EDU, ma con un «margine di apprezzamento e di adeguamento che – nel rispetto della “sostanza” della giurisprudenza di Strasburgo – le consenta comunque di tenere conto delle peculiarità dell’ordinamento in cui l’interpretazione della Corte europea è destinata ad inserirsi» (sentenze n. 230 del 2012, 236 e 303 del 2011, 311 del 2009) nozione di consenso europeo
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Procedura pilota: il riferimento normativo
Art. 61 del Regolamento interno della Corte (inserito il 21 febbraio 2011): 1. La Corte può decidere di applicare la procedura della sentenza pilota e adottare una sentenza pilota quando i fatti all’origine di un ricorso presentato innanzi ad essa rivelano l’esistenza, nella Parte contraente interessata, di un problema strutturale o sistemico o di un’altra disfunzione simile che ha dato luogo o potrebbe dare luogo alla presentazione di altri ricorsi analoghi. 2. a) Prima di decidere di applicare la procedura della sentenza pilota, la Corte deve invitare le parti a comunicare se, a loro avviso, all'origine del ricorso da esaminare vi è un problema o una disfunzione di questo tipo nella Parte contraente interessata e se il ricorso si presta a questa procedura. b) La Corte può decidere di applicare la procedura della sentenza pilota d’ufficio o su richiesta di una o di entrambe le parti. c) Ai ricorsi per i quali si è deciso di applicare la procedura della sentenza pilota deve essere riservato un esame prioritario ai sensi dell'articolo 41 del regolamento della Corte. 57 3. La Corte deve indicare nella sentenza pilota da essa adottata la natura del problema strutturale o sistemico o della disfunzione da essa constatata e il tipo di misure riparatorie che la Parte contraente interessata deve prendere a livello interno in applicazione del dispositivo della sentenza. 4. La Corte, nel dispositivo della sentenza pilota da essa adottata, può fissare un termine per l’adozione delle misure menzionate al precedente punto 3, tenendo conto della natura delle misure richieste e della rapidità con cui può porsi rimedio, a livello interno, al problema da essa constatato.
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Segue: articolo 61 Reg. int.
5. Quando adotta una sentenza pilota, la Corte può riservarsi in tutto o in parte l’esame della questione dell’equa soddisfazione, in attesa che la Parte contraente convenuta adotti le misure sia individuali che generali indicate nella sentenza. 6. a) All’occorrenza, la Corte può rinviare l’esame di tutti i ricorsi che traggono origine da uno stesso motivo in attesa dell’adozione delle misure riparatrici indicate nel dispositivo della sentenza pilota. b) I ricorrenti interessati sono informati della decisione di rinvio nella forma che conviene. Se necessario, viene loro notificato ogni nuovo elemento riguardante la loro causa. c) La Corte può in qualsiasi momento esaminare un ricorso rinviato se ciò è necessario nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia. 7. Quando le parti in una causa pilota giungono a una composizione amichevole, quest’ultima deve contenere una dichiarazione della Parte contraente convenuta riguardante l'attuazione delle misure generali indicate nella sentenza e delle misure riparatrici in favore degli altri ricorrenti, dichiarati o potenziali. 8. Se la Parte contraente interessata non si conforma al dispositivo della sentenza pilota, la Corte, salvo decisione contraria, riprende l’esame dei ricorsi che sono stati rinviati in applicazione del precedente punto 6.58 9. Il Comitato dei Ministri, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, il Segretario generale del Consiglio d’Europa ed il Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa sono informati sistematicamente dell’adozione di una sentenza pilota o di qualsiasi altra sentenza in cui la Corte segnali l’esistenza di un problema strutturale o sistemico all’interno di una Parte contraente. 10. Le informazioni riguardanti la decisione di trattare un ricorso seguendo la procedura della sentenza pilota, l’adozione di una sentenza pilota, la sua esecuzione e la chiusura della procedura sono pubblicate sul sito Internet della Corte.
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Come nasce la procedura pilota
Risoluzione (2004)3 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, adottata il 12 maggio 2004, in tema di “judgments revealing an underlying systemic problem”, in cui il Comitato invita la Corte EDU “a specificare, nelle proprie pronunce, cosa si intenda per violazione sistematica e la causa di tale violazione, soprattutto quando ciò sia suscettibile di dare luogo a molteplici applicazioni, così da assistere gli Stati nell’individuazione delle misure più appropriate e il Comitato dei Ministri nel controllo sullo stato di esecuzione delle sentenze”.
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La procedura pilota Con la procedura pilota la Corte condanna lo Stato per un vizio strutturale dell’ordinamento, assegnando un termine per la restaurazione della legalità violata e per l’esame degli altri ricorsi analoghi (es. sentenza Torreggiani c. Italia dell’8 gennaio 2013 in materia di sovraffollamento carcerario; sentenza M.C. e al. c. Italia, del 3 settembre 2013 in materia di indennizzo per danno da emotrasfusione).
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Seguito della sentenza Torreggiani: Corte cost. n. 279/2013
“Lo statuto costituzionale e quello convenzionale del divieto di trattamenti contrari al senso di umanità confermano l’esigenza che l’ordinamento appresti i necessari rimedi di tipo “preventivo” a tutela del detenuto. Questi rimedi possono essere innanzitutto “interni” al sistema penitenziario, e quindi tali da comportare, in casi come quelli oggetto delle ordinanze di rimessione, non già la sospensione dell’esecuzione carceraria della pena, ma, ad esempio, più semplicemente, lo spostamento del detenuto in un’altra camera di detenzione o il suo trasferimento in un altro istituto penitenziario”.
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segue “Da vari punti di vista, dunque, risulta la pluralità di possibili configurazioni dello strumento normativo occorrente per impedire che si protragga un trattamento detentivo contrario al senso di umanità, in violazione degli artt. 27, terzo comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione quest’ultimo all’art. 3 della CEDU, e a fronte di tale pluralità, il «rispetto della priorità di valutazione da parte del legislatore sulla congruità dei mezzi per raggiungere un fine costituzionalmente necessario» (sentenza n. 23 del 2013) comporta una dichiarazione di inammissibilità delle questioni.” (sent. n. 279 del 2013)
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Seguito normativo della sentenza Torreggiani
Legge n. 117 dell’ 11 agosto 2014 (conv. D.L. n. 92 del 2014): Art. 1. Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n «Articolo 35-ter (Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati) Quando il pregiudizio … consiste, per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo 3 della CEDU (…) su istanza presentata dal detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio. 2. Quando il periodo di pena ancora da espiare e' tale da non consentire la detrazione dell'intera misura percentuale di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza liquida altresì al richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari a euro 8,00 per ciascuna giornata nella quale questi ha subito il pregiudizio. Nello stesso modo dispone il magistrato di sorveglianza nel caso in cui il periodo di pena da espiare sia inferiore ai quindici giorni.
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Il Protocollo n. 14 CEDU Adottato il 13 maggio 2004, entrato in vigore nel 2010. Casi ripetitivi. L’art. 28 CEDU, come novellato dall’art. 8 del Protocollo n. 14, esclude la ricevibilità dei ricorsi che siano oggetto di “giurisprudenza consolidata della Corte”. Art. 41 del Regolamento di Procedura della Corte: ordine di trattazione dei ricorsi pendenti sulla base della "rilevanza e urgenza". In particolare, si hanno: ricorsi urgenti (ad esempio nel caso in cui sia a rischio per la vita o la salute del ricorrente); ricorsi suscettibili di avere un impatto sul sistema convenzionale ovvero ricorsi riguardanti questioni di interesse generale; ricorsi che lamentano principalmente la violazione degli artt. 2, 3, 4 o 5 della Convenzione; ricorsi manifestamente fondati; ricorsi ripetitivi; ricorsi che presentano problemi di ammissibilità; ricorsi manifestamente inammissibili.
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Protocollo n. 14 CEDU: segue
Viene istituito il giudice in composizione monocratica (non può essere il giudice nazionale dello Stato parte della controversia) competente unicamente a dichiarare irricevibili i ricorsi, ovvero a cancellarli dal ruolo ove non risulti necessario alcun esame. Nel caso di dichiarazione di ricevibilità il giudice unico dovrà rinviare l'esame del ricorso al comitato dei 3 giudici o alla camera dei 7. Una nuova condizione di ricevibilità (ex art. 35 CEDU): oltre all'esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte dichiara irricevibile qualsiasi ricorso individuale qualora ritenga che il ricorrente non abbia subìto alcun importante pregiudizio, a meno che il rispetto dei diritti dell'uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non esiga un esame del ricorso nel merito [e a patto di non rigettare, per questa ragione, alcuna causa che non sia stata debitamente esaminata da un tribunale interno (Periodo eliminato dal Protocollo 15)].
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Il Protocollo n. 15 CEDU Adottato il 24 giugno 2013, dopo il parere positivo adottato dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 26 aprile 2013. Riafferma il principio di sussidiarietà e la dottrina del margine di apprezzamento (art. 1). Termine per presentare ricorso: da sei a quattro mesi dalla data di pubblicazione della sentenza definitiva interna (art. 4). È eliminato il riferimento alla condizione di ricevibilità di cui all’articolo 35, paragrafo 3, comma b, della Convenzione, ovvero l’obbligo di trattare un caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno (art. 5), eliminando le seguenti parole «e a condizione di non rigettare per questo motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno». Di fatto, riduce la possibilità di richiedere tutela.
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Protocollo 16 CEDU: cosa cambia?
Adottato il 2 ottobre 2013; non ancora entrato in vigore. Il Protocollo introduce una sorta di rinvio preventivo da parte dei tribunali nazionali di ultima istanza (art. 10) alla Corte Edu per ottenere un parere consultivo (non vincolante) sull’interpretazione ed applicazione della relativa Convenzione, sulla falsariga del rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo ex art. 267 TFUE. I giudici nazionali, seppure con talune limitazioni, potranno sospendere il procedimento in corso e chiedere alla Corte europea un parere consultivo su una questione di principio relativa all’applicazione della Convenzione europea e dei suoi Protocolli. L’art. 10 del Protocollo prevede che ogni Parte contraente comunichi al momento della firma o del deposito della ratifica l’elenco degli organi giurisdizionali che possono richiedere parere consultivo su una questione di principio attinente all’interpretazione e/o all’applicazione delle disposizioni CEDU e dei Protocolli addizionali dinanzi alla Corte di Strasburgo. Il Protocollo entrerà in vigore tre mesi dopo la sua ratifica da almeno dieci Stati Membri.
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Art. 6, Trattato UE 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. 2. L'Unione aderisce (testo inglese: shall accede) alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati. 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.
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Sull’adesione dell’UE alla CEDU: alcune pronunce della giurisprudenza amministrativa italiana (smentite dalla Corte costituzionale) Consiglio di Stato sentenza n del 2010 le norme della CEDU sarebbero direttamente applicabili nell’ordinamento interno, a seguito della modifica dell’art. 6 del Trattato sull’Unione europea conseguente disapplicazione delle norme interne confliggenti . TAR Lazio, sez. II bis sentenza n del 2010 il riconoscimento dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU come principi interni al diritto dell'Unione rende le norme della Convenzione immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione conseguente disapplicazione delle norme interne confliggenti.
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Accordo di adesione UE-CEDU
Nei giorni tra il 3 e il 5 aprile del 2013, a Strasburgo, si è provveduto alla formale redazione da parte del gruppo 47+1 (47 Stati parte del Consiglio d’Europa più l’Unione europea) della bozza di adesione dell’UE (sia sostanziale che procedurale-amministrativa) alla CEDU. Questa, sebbene rappresenti l’ipostatizzazione del dettato dell’art. 6 TUE, non dispiegherà i propri effetti prima di un articolato procedimento che prevede: - da un lato, la sottoposizione alla Corte di giustizia per vagliarne la compatibilità con il più generale sistema dei Trattati e il voto (all’unanimità) del Consiglio dell’Unione; - dall’altro, la ratifica da parte dei 47 Stati appartenenti al sistema del Consiglio d’Europa.
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L’Accordo di adesione …
… prevede che gli atti dell’UE possano essere sottoposti direttamente al vaglio della Corte di Strasburgo per violazione dei diritti umani. all'art. 3, … prevede un'apposita procedura mediante la quale l'Unione Europea possa essere chiamata a rispondere, in qualità di “co-convenuta”, ogniqualvolta uno Stato membro sia ritenuto responsabile di una violazione convenzionale derivante dall'applicazione del diritto europeo, e gli Stati membri possano essere chiamati a rispondere, in qualità di “co-convenuti”, ogniqualvolta sia l'Unione ad essere ritenuta responsabile di una violazione convenzionale derivante dai Trattati. … ai sensi dell’art. 3, par. 6, è prevista l'estensione all'Unione Europea di talune categorie applicate agli Stati, quale il concetto di giurisdizione di cui all'art. 1 CEDU che per l'Unione Europea diverrà la somma delle giurisdizioni degli Stati membri. … non modifica le competenze dell’Unione definite dai Trattati e dall’art. 59, comma 2, CEDU (“L'Unione europea può aderire alla presente Convenzione”).
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