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La rivoluzione francese
: i dieci anni che cambiarono il mondo
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5) L’ANNO PRIMO DELLA REPUBBLICA
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Estate-autunno 1792: la «guerra preventiva» contro la prima coalizione
Agosto 1791: con la dichiarazione di Pillnitz l’imperatore austriaco Leopoldo II e il re di Prussia Federico Guglielmo II minacciano la guerra contro la Francia rivoluzionaria in difesa della monarchia minacciata. ottobre 1791-aprile 1792: l’Assemblea Legislativa affronta la discussione sulla necessità di una guerra preventiva e difensiva. I Foglianti (Lafayette) e i Giacobini (Robespierre) sono contrari per motivi opposti, mentre i Girondini (Brissot) sono favorevoli. 20 aprile 1792: i Girondini spingono l’ Assemblea a dichiarare la guerra difensiva contro la prima Coalizione delle potenze europee (Austria, Prussia, emigrati monarchici). Luigi XVI dichiara la guerra. 2 settembre 1792: vittoria prussiana a Verdun 20 settembre 1792: inattesa vittoria francese a Valmy Nel giro di due settimane il «morale della Nazione» muta dal pessimismo all’ottimismo: «il nemico può essere battuto!»
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– «Morte al tiranno!» 20 settembre 1792: vittoria francese a Valmy. L’esercito repubblicano occupa la riva sinistra del Reno, il Belgio, Nizza e la Savoia 21 settembre 1792: elezione della Convenzione Nazionale 22 settembre 1792: la Convenzione Nazionale proclama la Repubblica (anno Primo) 7 novembre gennaio 1793: Processo al re 15 gennaio 1793: condanna a morte del re votata da 387 deputati contro gennaio 1793: decapitazione del re 16 ottobre 1793: decapitazione della regina
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21 gennaio 1793: l’esecuzione del «cittadino Capeto»
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Il dilemma del trono vuoto
Fra il 1789 e il 1792 si era faticato a concepire il trono vuoto, ossia la sovranità esercitata non già dal sovrano, ma da un’entità astratta (la volontà generale). Più facile era parlare di popolo, di folla, di deputati, di assemblea, ma era difficile pensare i termini reali del trasferimento del potere e della sovranità. Con l’abolizione della monarchia la necessità di riempire di contenuti la Sovranità diventa impellente.
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Gli schieramenti nella Convenzione
750 deputati eletti a suffragio universale maschile Montagnardi (Marat), sinistra estrema (10%) Giacobini (Robespierre), repubblicani radicali (15%) Cordiglieri (Danton), repubblicani prudenti (10%) Girondini (Brissot), repubblicani moderati (20%) Pianura (o Palude), incerti (45%) Il rapidissimo evolversi del quadro politico rende tutti gli schieramenti instabili e in continuo movimento.
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Gli schieramenti nella Convenzione 1792
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Da chi è composto il nuovo ceto politico rivoluzionario ?
L’età media dei deputati all’Assemblea Costituente e alla Convenzione ( ) è di 40 anni. Si tratta della medesima fascia di età (la generazione nata negli anni ‘50). L’86% dei deputati ha già ricoperto cariche locali e municipali e più del 50% proviene dalle città. La maggioranza di loro sono avvocati o giuristi, seguono i funzionari, gli insegnanti e i medici I mercanti non superano mai il 14% e fra il 1789 e il 1799 sono in calo costante fino al 4%. I proprietari terrieri sono fra il 5 e il 10%. Gli artigiani sono quasi inesistenti e tutti provenienti da Parigi.
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I «marginali» protagonisti della rivoluzione
«Se durante il decennio rivoluzionario furono incerti i confini politici, sociali e culturali, non è sorprendente il fatto che diventassero particolarmente importanti uomini che occupavano posizioni di confine. Gli ultimi arrivati, i notabili giovani che si erano trasferiti per studiare, i mercanti che viaggiavano per le campagne, gli avvocati che avevano legami nella capitale dipartimentale o a Parigi, i locandieri che incontravano tutti quelli che passavano, gli artigiani che si collocavano socialmente tra l’operaio e le classi superiori della città: erano questi i più frequenti artefici di reti di relazioni politiche, i diffusori di idee nuove, gli agenti di autorità politica esterna. Il loro mestiere e la loro posizione sociale variavano, ma il loro ruolo di intermediari di cultura e potere era fondamentalmente analogo» (Lynn Hunt, La rivoluzione francese, p )
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1792: l’«anno primo della Repubblica»
Il 22 settembre 1792: la Convenzione Nazionale proclama la Repubblica (anno Primo) e riforma il calendario; si decide di far partire una nuova era, quella repubblicana, scandita da un nuovo calendario rivoluzionario, decristianizzato e organizzato secondo criteri di pura razionalità. Il governo è affidato ad un Consiglio Esecutivo Provvisorio composto da sei ministri (per lo più esponenti Girondini): Roland de la Platière agli Interni Lebrun agli Esteri Danton alla Giustizia Clavière ai Contributi Servan alla Guerra Monge alla Marina
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I dodici mesi del calendario repubblicano
Autunno Vendemmiaio (22 settembre–21 ottobre) Brumaio (22 ottobre–20 novembre) Frimaio (21 novembre–20 dicembre) Inverno Nevoso (21 dicembre–19 gennaio) Piovoso (20 gennaio–18 febbraio) Ventoso (19 febbraio–20 marzo) Primavera Germile (21 marzo–19 aprile) Fiorile (20 aprile–19 maggio) Pratile (20 maggio–18 giugno) Estate Messidoro (19 giugno–18 luglio) Termidoro (19 luglio–17 agosto) Fruttidoro (18 agosto–16 settembre)
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Forgiare un uomo nuovo! «Per essere veramente repubblicano ogni cittadino deve provare a realizzare in sé una rivoluzione pari a quella che ha cambiato la Francia. Non c’è nulla, assolutamente nulla in comune fra lo schiavo di un tiranno e chi vive in uno stato libero. I costumi del secondo, i suoi principi, il suoi sentimenti, il suo modo di agire, tutto dev’essere nuovo» ( Instructions … 1793)
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Istruzione pubblica laica e gratuita
Uno dei primi terreni d’azione della politica rivoluzionaria è l’istruzione che viene definita pubblica, laica e gratuita per tutti (seppur differenziata fra maschi e femmine, come suggeriva Rousseau). Fra il 1791 e il 1793 si confrontano tuttavia due modelli divergenti: A) Quello sostenuto da Condorcet di «instruction» - centrato sulle suole secondarie ugualmente aperte a maschi e femmine e fondato su una morale laica - teso a trasmettere conoscenze, a formare individui illuminati e liberi, capaci di pensare in modo autonomo e critico e abituati a superare prove di valutazione, valorizzando le diverse qualità di ognuno. B) Quello sostenuto da Robespierre di «éducation» - centrato sulle scuole primarie e sulla distinzione fra maschi e femmine - teso ad instillare la virtù e trasmettere i valori repubblicani fondati sulla «religione naturale», ad educare collettivamente i bambini (allontanati dalle famiglie) alla morale rivoluzionaria, a nutrirli in modo frugale, ma sano e a vestirli tutti allo stesso modo.
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La politica è fatta di piccole azioni
Non va sottovalutata la potenza simbolica di una serie di semplici azioni che concorrono a produrre e rafforzare in milioni di persone un senso di appartenenza alla nuova cittadinanza repubblicana. Azioni come: portare la coccarda cucire una coccarda o una bandiera presenziare ad una riunione intervenire in pubblico cantare una canzone leggere una poesia rivoluzionaria riempire un modulo tenere un verbale
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La legge sul divorzio e il diritto all’eredità
Il 20 settembre 1792 viene approvata la prima legge al mondo che introduce il divorzio, consentendo a entrambi i coniugi di risposarsi immediatamente. Tra l’ottobre 1792 e il marzo 1793 una serie di decreti aboliscono la primogenitura e i fidecommessi, rendono uomini e donne eguali di fronte alla legge in ambito ereditario, equiparano i figli naturali ai figli legittimi.
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I canti della rivoluzione (5): La Marsigliese
La Marseillaise, nata come Chante de guerre pour l'Armée du Rhin, è stata composta a Strasburgo dall’ufficiale del genio militare Rouget de L’Isle il 25 aprile 1792 e dopo la vittoria di Valmy è divenuta spontaneamente l’inno delle armate rivoluzionarie. Il nome di Marsigliese le viene attribuito poco più tardi quando viene cantata per le strade di Parigi dai volontari provenienti da Marsiglia. Il 14 luglio 1795, un anno dopo la caduta di Robespierre, il canto della Marseillaise viene proclamata Inno Nazionale repubblicano e tale rimarrà fino alla proclamazione dell’Impero nel 1805. Tornerà ad essere Inno nazionale con la Terza Repubblica nel 1876 E nuovamente dopo la Liberazione della Francia dai nazisti, nel 1944. Coro (con testo): Mireille Mathieu:
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Gli emigrés (stampa satirica inglese)
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1793: «Controrivoluzione»?
Spaventati dalla piega che la rivoluzione sta prendendo alcuni esponenti repubblicani moderati – come il generale Dumouriez – per sfuggire all’accusa di tradimento scelgono la via dell’espatrio. Nel Dipartimento della Vandea e in altre zone del Nord-Ovest della Francia esplode una sollevazione popolare contro il governo. Marzo 1793: il governo reagisce istituendo un Tribunale rivoluzionario allo scopo di smascherare e condannare a morte i «nemici della Rivoluzione» Aprile 1793: viene istituito il Comitato di salute pubblica (nove membri), allo scopo di stroncare la controrivoluzione. In breve tempo il Comitato esautora il Consiglio Esecutivo, la Convenzione e tutti gli organi di governo.
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Le «controrivoluzioni»
Gli storici hanno individuato almeno quattro distinte componenti di quella che un tempo si chiamava «controrivoluzione»: Resistenze alla rivoluzione = comportamenti ostili alle novità introdotte dalla rivoluzione, senza giungere alla rivolta armata Controrivoluzione nobiliare = organizzata dai nobili emigrati e tesa a creare un fronte armato di potenze europee ostili alla Francia rivoluzionaria con l’obiettivo di restaurare i Borbone sul trono Controrivoluzione popolare = particolarmente forte nel Nordovest e in Vandea e animata da ribellioni contadine contro la redistribuzione della proprietà terriera Controrivoluzione intellettuale = animata da scrittori cattolici e monarchici (Barruel, de Maistre, de Bonald, Burke)
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1793-94: la rivolta della Vandea
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1793-94: la rivolta della Vandea
La rivolta della Vandea (e di una parte del Nordovest della Francia) scoppia nel marzo del 1793 a causa della coscrizione forzata di uomini ordinata dalla Convenzione per costituire un esercito nazionale. Si manifesta prima con conflitti locali fra reclutatori militari e contadini, poi con la formazione di un variegato esercito controrivoluzionario che conquista la città di Cholet sconfiggendo l’esercito repubblicano e scatenando una vera e propria guerra civile.
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1793-94: la rivolta della Vandea
Gli storici distinguono tre diverse motivazioni alla base della rivolta che in pochi mesi degenera in una vera e propria guerra civile: Motivi religiosi: il cattolicesimo era particolarmente radicato nell’Ovest dove la maggior parte del clero aveva rifiutato la costituzione civile. Motivi economici: i contadini erano stati particolarmente danneggiati dall’aumento della pressione fiscale, dall’abolizione degli usi civici e dei diritti comunitari di pascolo. Motivi sociali: i contadini e il clero individuano come principali avversari i borghesi che si erano impossessati delle terre nazionalizzate e che spingevano per un maggior sfruttamento delle terre in senso capitalistico. Paradossalmente si potrebbe parlare di un rivolta contadina su basi comunistiche e anti-borghesi.
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: i Bianchi e i Blu. Nell’agosto 1793 la Convenzione decreta la distruzione della Vandea e invia un esercito a sedare la rivolta. Fra il 17 e il 19 ottobre 1793 il generale repubblicano Kléber riconquista Cholet e attua una repressione durissima contro gli insorti i quali, guidati dal giovane conte de La Rochejacquelein, si ritirano fino in Normandia sperando nel sostegno britannico. Sconfitto l’esercito vandeano e ucciso il suo comandante nel dicembre 1793, nella primavera del 1794 la Repubblica assesta l’ultimo colpo ai Dipartimenti ribelli attuando una durissima repressione che colpisce anche la popolazione civile: interi villaggi sono distrutti e incendiati, migliaia di persone fucilate; a Nantes il commissario del governo Carrier annega centinaia di uomini e donne legandoli a coppie e gettandoli nel mare (i «matrimoni repubblicani»).
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Un «genocidio franco-francese»?
Lo scontro fra i Bianchi (il colore della dinastia borbonica) e i Blu (il colore delle divise dell’esercito repubblicano) è particolarmente aspro e ha indotto alcuni storici a parlare di «genocidio franco-francese» (R. Secher). Le ipotesi sui morti della guerra di Vandea oscillano tra i e i
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I Montagnardi: sinistra estrema o proto-fascisti
I Montagnardi: sinistra estrema o proto-fascisti? Un’interpretazione controcorrente Secondo lo storico americano Jonathan Israel: «Il fatto che durante la Rivoluzione alcuni clubs reclutassero membri soprattutto delle classi più basse non significa che, allora, fossero di sinistra o che rispecchiassero l’opinione di una larga porzione della società; normalmente ciò significò, piuttosto, che questi club si erano consacrati a un aggressivo culto del leader, di un genere fortemente autoritario. In ogni parte della Francia i membri delle classi sociali più basse e i meno istruiti furono i più pronti a sostenere sia l’ultrarealismo contro-illuminista, sia la cultura politica antilibertaria del consenso collettivo di Marat e Robespierre. L’assoluta esaltazione dell’unità e delle opinioni dell’uomo comune, lo sciovinismo e l’anti-intellettualismo diventarono strategie per schiacciare il dissenso e costruire la dittatura; il populismo montagnardo fu più simile a una protoforma di fascismo moderno che a un movimento libertario d’emancipazione» (2015, p.149)
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