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Primo teorema fondamentale dell’economia del benessere:

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Presentazione sul tema: "Primo teorema fondamentale dell’economia del benessere:"— Transcript della presentazione:

1 Primo teorema fondamentale dell’economia del benessere:
In un sistema economico di concorrenza perfetta con un insieme completo di mercati, un equilibrio concorrenziale, se esiste, è un ottimo paretiano. Il punto A è un equilibrio paretiano Quando, per qualche ragione, il mercato non genera un equilibrio efficiente, si dice che il mercato fallisce

2 Il mercato può fallire in presenza di
Regimi non concorrenziali Esternalità Beni pubblici Costi di transazione, asimmetrie informative Beni meritori Esternalità Si ha una esternalità quando nello scambio di un bene tra due (o più) individui i guadagni o i costi associati allo scambio non sono goduti o sostenuti dagli individui che effettuano lo scambio. In questo caso il meccanismo dei prezzi non è in grado di tenere conto del vero costo sociale implicito nella transazione che è diverso dal costo privato. Un’ impresa «inquinante» che produce un bene paga gli input produttivi , ma ottiene «gratuitamente» l’uso dell’atmosfera che concorre a inquinare; nello stesso tempo i cittadini pagano un costo per l’inquinamento senza avere ottenuto in cambio nulla. I consumatori del bene prodotto possono quini pagare un prezzo inferiore al suo costo sociale, perché altri pagano per il danno ambientale. In questo caso si produce troppo del bene in questione perché i costi privati di produzione sono inferiori ai costi sociali. Una esternalità positiva si ha quando il valore sociale di una bene è maggiore del valore privato: l’istruzione rende un beneficio privato alle persone per il quale le persone pagano un prezzo, ma rende anche un beneficio collettivo: siccome il beneficio privato è inferiore al beneficio sociale, le persone sono portate a «comprare» meno istruzione di quella socialmente ottimale. Tutti i beni, in qualche misura, provocano esternalità

3 Beni pubblici Se un bene può essere usato/goduto da due (o più persone) nello stesso momento, allora è un bene pubblico (bene non rivale: il segnale di un faro); in caso contrario è un bene privato (bene rivale: un panino) I beni pubblici sono beni collettivi L’insieme dei beni privati in una economia è la somma dei beni usati dagli individui Per quanto riguarda invece i beni pubblici, gli individui usano integralmente il bene pubblico: ognuno di noi è egualmente protetto dal servizio dei vigili del fuoco Alcuni beni pubblici sono escludibili e per essi si può pagare una tariffa (autostrada, l’iscrizione ad un club) Queste tariffe possono variare a seconda dell’intensità di utilizzo (tariffe ferroviaria scontate o maggiorate in funzione del traffico) I beni pubblici non escludibili sono disponibili a tutti La distinzione tra beni pubblici e beni privati è una distinzione di grado. La difesa nazionale è un bene pubblico, una strada, la vaccinazione contro l’influenza è un bene pubblico/privato, un’automobile è un bene privato (il cui uso comporta tuttavia effetti esterni, un panino è un bene privato (ma se mangio troppo, divento obeso e impongo oneri sulla spesa pubblica). Se guardo la televisione con un amico, la televisione è un bene pubblico, se la guardo da sola è un bene privato. L’istruzione pubblica è un bene pubblico, ma l’istruzione può essere anche un bene privato.

4 Asimmetrie informative
Generano due situazioni «Selezione avversa» (adverse selection) «Rischio di comportamento sleale» (moral hazard) In a) una delle parti in un rapporto delegante/delegato il delegante non può osservare caratteristiche rilevanti del delegato (il compratore di automobili usate ha meno informazioni sulla qualità delle auto del venditore; una società di assicurazione contro le malattie può non conoscere malattie nascoste dell’assicurato) In b) il delegante non è in grado di osservare/regolare il comportamento del delegato: l’assicurato non adotta le precauzioni atte a prevenire il sinistro; un lavoratore svolge mansioni che il datore di lavoro non può controllare Beni meritori In un’economia di mercato si ritiene che ognuno sia il miglior giudice delle proprie scelte. Tuttavia, se le persone non sono sufficientemente informate (circa le caratteristiche di certi beni, o circa la conseguenze delle loro azioni) è possibile introdurre beni meritori, beni dei quali si vuole salvaguardare il consumo al di là delle preferenze individuali. Esempi: Obbligo di caschi antinfortunio Divieto di consumare stupefacenti Istruzione obbligatoria Tutela del patrimonio artistico I beni meritori introducono il problema del paternalismo: chi decide, se non sono io, che cosa va bene per me?

5 Quando il mercato fallisce….
L’intervento pubblico può agire per «correggere» i fallimenti del mercato

6 Equità, diseguaglianza, distribuzione
C è una posizione inefficiente e in essa la distribuzione delle utilità in è fortemente sbilanciata a sfavore di 1 La posizione D è un ottimo paretiano in cui la distribuzione delle utilità è ancora più sbilanciata che in C D E Può un pianificatore sociale migliorare la distribuzione a partire dal punto D (o E)? Il secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere risponde di sì

7 Il secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere
Una volta effettuata la redistribuzione delle dotazioni iniziali il pianificatore sociale può «lasciar fare» al mercato che può raggiungere una posizione come la G, efficiente ma più «equa» rispetto alla E Dall’equilibrio paretiano in E il governo può, redistribuendo la dotazione iniziale di risorse, portare l’economia nel punto F (non efficiente) G Significato: lo stato redistribuisce le risorse, il mercato le impiega in modo efficiente

8 Efficienza e diseguaglianza
E e G sono posizioni efficienti rispetto ad F, ma G è anche una posizione più «equa» rispetto ad E G non può essere preferita in base a considerazioni di efficienza (statica) Perché preferire G ad E? Problema: chi stabilisce qual è la «giusta allocazione delle risorse» tra gli individui?

9 In un mondo di individui «egoisti» la redistribuzione lungo la frontiera efficiente non può emergere spontaneamente: In E l’individuo 1, ma non l’individuo 2, voterà per la posizione G; in G, l’individuo 2, ma non l’individuo 1, voterà per la posizione E. Data una posizione efficiente iniziale, nessuno spostamento ottiene l’unanimità (questo è implicito nella nozione di ottimo paretiano) Quando la diseguaglianza è giustificata? Quando non è giustificata? Come possiamo giustificare la «redistribuzione»? (La risposta dipende in parte dal modo in cui rappresentiamo le cause della diseguaglianza)

10 Il problema della diseguaglianza
Perché ci interessa la diseguaglianza? Diseguaglianza di “che cosa”? Esiti o opportunità Reddito Ricchezza “Diritti” La diseguaglianza nelle opportunità fa riferimento a differenze che non possono farsi risalire al controllo individuale (accesso ai servizi sociali di base, discriminazione, differenze nel background familiare) La diseguaglianza negli esiti fa riferimento alle differenze osservate dovute a differenze nei comportamenti personali e alle differenze di opportunità

11 In molti paesi le diseguaglianze economiche (ma non solo) sono aumentate nel corso degli ultimi 30 anni… Oggi la gran parte dei commentatori ritiene che nelle nostre società la diseguaglianza abbia raggiunto livelli molto elevati («troppo elevati»?) E’ vero? Quali sono le cause? Dobbiamo preoccuparcene?

12 Stati Uniti

13

14 Nei paesi Ocse è aumentata la povertà negli ultimi 15 anni
… è aumentata la diseguaglianza

15 History tells us that societies succeed when the fruits of growth are broadly shared.
Indeed, no society has ever succeeded without a large, prospering middle class* that embraced the idea of progress. Today, the ability of free-market democracies to deliver widely shared increases in prosperity is in question as never before. The primary challenge democracies face is neither military nor philosophical. Rather, for the first time since the Great Depression, many industrial democracies are failing to raise living standards and provide opportunities for social mobility to a large share of their people. Some of those countries that have produced economic growth have done so in a manner that has left most of their citizens no better off. This is an economic problem that threatens to become a problem for the political systems of these nations—and for the idea of democracy itself.

16 In generale, affrontare il tema della diseguaglianza significa confrontare due diversi «valori»: l’efficienza di un sistema («un alto livello medio del pil pro capite»), ed equità («una ‘giusta’ ripartizione del reddito tra i partecipanti»). Non esiste una soluzione generale capace di combinare in modo «ottimale» le due esigenze E’ tuttavia possibile indicare una metodologia che chiarisca i problemi coinvolti Occorre tuttavia indicare come affrontiamo il problema della diseguaglianza, in particolare chiarendo qualce concezione della diseguaglianza si sta seguendo 

17 In generale, affrontare la diseguaglianza come valore «sostanziale» richiede esaminare in che modo il «benessere sociale» si coniuga con la diseguaglianza Reddito medio e distribuzione del reddito Ukraina e El Salvador (2002) Nel 2002 Ukraina e El Salvador avevano lo stesso PIL pro capite, ma una distribuzione del reddito molto diversa: in Ukraina il reddito medio del 10 per cento più ricco della popolazione era circa 6 volte quello del 10 per cento più povero, mentre nel paese centroamericano il gruppo di popolazione più ricco aveva un reddito 59 volte superiore al gruppo dei più poveri.   E’ possibile ordinare il livello di benessere dei due paesi in modo da tenere conto della distribuzione del reddito?

18 Attenzione: non esiste nessuna risposta ovvia alla domanda: è preferibile abitare in Ucraina e in Salvador: i poveri salvadoregni vorrebbero certamente vivere in Ucraina, dove sarebbero meno poveri, ma i ricchi ucraini vorrebbero vivere in Salvador dove il loro malloppo sarebbe meglio protetto. Quindi nessun «programma politico» otterrebbe l’unanimità in nessuno dei due paesi. In un paese diseguale come El Salvador probabilmente la democrazia sarà poco funzionale perché la maggioranza della popolazione, probabilmente povera, difficilmente potrà votare per espropriare i ricchi (programma «facciamo come l’Ucraina»), mentre i ricchi ucraini sono sempre tentati di forzare i meccanismi politici (programma «facciamo come El Salvador) Una soluzione «generale» (in realtà «metodologica») del problema chiede di costruire una metrica capace di ordinare il benessere nei due paesi così da tenere conto della diseguaglianza

19 Valutare la diseguaglianza significa confrontare tra di loro le persone (e i gruppi di persone). Se ciò che si confronta può essere misurato, allora è possibile costruire indici di disuguaglianza secondo due procedure diverse: in un primo approccio, confrontiamo le risorse individuali con il valore medio delle risorse individuali, esprimendo quindi le distanze dei singoli rispetto ad un valore definito; in un secondo approccio, confrontiamo gli individuali tra di loro, misurando le distanze tra i singoli individui. Per realizzare tali confronti sono stati proposti diversi indici sintetici. L’indice di Gini è uno dei più usati indicatori di diseguaglianza: esso tiene conto delle distanze (nella variabile studiata) tra tutte le coppie di individui che formano la collettività che ci interessa studiare. L’indice di Gini (G) è compreso tra 1 = massima diseguaglianza, e 0 = eguaglianza perfetta. Con G=1 di fatto una sola persona possiede l’intera risorsa che dovrebbe essere distribuita, mentre con G=0 tutte le persone ottengono la stessa quantità.

20 Gli indici di diseguaglianza sono indici di distanza
Distanza tra gli individui e la media (DIM) Esempio: a = 2, b = 0  varianza yi = attributo rilevante della persona i.ma (reddito, proprietà, accesso a certi servizi, «diritti»)

21 Distanza individui-individui
a = b = 1  Indice di Gini Perché (oppure: sotto quali condizioni? una riduzione degli indici di diseguaglianza è associata ad un aumento di benessere?

22 Il criterio di Pigou-Dalton
Nel criterio è implicito il ricorso ad una funzione di benessere sociale definito come la somma delle utilità di tutti i membri della società. Le utilità sono associate in modo univoco ai livelli di reddito e tutti gli individui hanno la stessa funzione di utilità. L’utilità marginale del reddito è decrescente. Queste ipotesi assicurano che, per ogni livello assoluto del reddito totale della società, il benessere sociale è massimizzato da una distribuzione perfettamente egualitaria. In questo caso, se è dato il livello del reddito (ovvero la somma yi dei redditi individuali), indici “più egualitari“ comportano più elevati livelli di benessere. Questo chiarisce la rilevanza delle relazioni tra disuguaglianza e crescita: se è possibile “manipolare” i redditi individuali (ad es. mediante politiche redistributive) così da produrre indici sintetici più egualitari senza influenzare il livello del reddito sociale, allora i criteri appena enunciati suggeriscono che una maggiore eguaglianza dovrebbe essere preferita. Questo pregiudizio a favore dell’eguaglianza non può più essere sostenuto – in ogni caso non senza ulteriori argomentazioni - nel caso in cui la manipolazione della distribuzione non lasci invariato il livello complessivo di reddito. Esempio: la funzione di utilità di ciascuna persona è data da U = Y0,5; ci sono due persone, il reddito totale è 200. L’utilità sociale è massima quando il reddito di ciascuna persona è pari a 100 (U=20), è minima quando tutto il reddito è in mano ad una sola persona (U=14,14).

23 Per comprendere che cosa significhi l’attribuzione di un valore sociale intrinseco alla riduzione della diseguaglianza conviene avvicinare la questione con un esempio concreto. Il grafico riproduce la distribuzione del reddito in Armenia nel 1999, secondo i redditi medi dei decili di popolazione, con media normalizzata a 100. Il grado di diseguaglianza della distribuzione (“distribuzione originaria” nel grafico) è piuttosto elevato: il reddito del dieci per cento più ricco della popolazione supera di 64 volte il reddito del dieci per cento più povero. Per portare ad evidenza le implicazioni in termini di benessere della redistribuzione progressiva dobbiamo immaginare di “correggere” la misura aggregata del reddito secondo qualche procedura che idealmente trasferisca reddito dai gruppi collocati più in alto nella distribuzione ai gruppi svantaggiati. Le formule che permettono simili trasformazioni sono numerose, ma nell’essenziale esse postulano che il trasferimento di un dato ammontare di reddito dai gruppi collocati più in alto nella distribuzione ai gruppi collocati più in basso lasci invariato il benessere aggregato anche se nel trasferimento si perde qualcosa, nel senso che ai poveri va meno di ciò che viene sottratto ai ricchi. Questo scambio tra una maggiore eguaglianza distributiva e una riduzione del reddito medio è la condizione che permette di affermare che una più equilibrata distribuzione del reddito corrisponde ad un più alto livello di benessere per ogni livello di reddito. A seconda delle specifiche formule adottata per calibrare il trasferimento, sarà diversa la riduzione del reddito associata ad ogni prefissato aumento del grado di eguaglianza. In modo intuitivo, potremo definire questa riduzione come il “costo della diseguaglianza”.

24 Due possibili concezioni del benessere sociale
1 - Il benessere sociale “dipende” dall’”utilità media” I due paesi hanno lo stesso livello di benessere 2 - Il benessere sociale dipende dal reddito medio e dalla distribuzione ad es.: “funzione di benessere” di Kolm e grado di avversione alla ineguaglianza La scelta dei pesi e riflette le «preferenze della società»

25 𝑌= 𝑖 𝑛 𝑦 𝑖 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑝𝑟𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑒= 𝑌 𝑁
I calcoli correnti del reddito secondo i criteri di contabilità nazionale delle economie di mercato si basano su una metrica «indifferente» rispetto alla distribuzione: un dollaro è un dollaro sia che finisca nelle tasche di un miliardario sia che finisca nelle tasche di un disoccupato Il reddito aggregato è la somma dei redditi individuali 𝑌= 𝑖 𝑛 𝑦 𝑖 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑝𝑟𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑒= 𝑌 𝑁 “l’idea di esprimere un livello medio di vita con una sola cifra, quando i livelli di vita variano così tanto nell’ambito di uno stesso paese, è una idea stravagante” (G. Myrdal)

26 Distribuzione del reddito e PIL pro capite

27 qi = quota effettiva di reddito
Tasso medio = 5% qi = quota effettiva di reddito Quintili di reddito La stessa crescita media può essere ottenuta con diverse distribuzioni dei tassi di crescita

28 Possiamo calcolare la crescita media imponendo la stessa quota (0,2) per i cinque gruppi.
Crescita media con pesi eguali 7,2 Crescita media effettiva (5) 2,6

29 Possiamo calcolare la crescita media imponendo pesi «pro poor»:
0,4 – 0,3 – 0,1 – 0,1 - 0 (un euro che finisce nelle tasche di Bill Gates non aumenta il «benessere sociale») Crescita media con pesi «pro poor» 8,6 Crescita media effettiva (5) 0,6

30 USA Quando la crescita del reddito è «squilibrata» l’andamento medio fornisce una misura distorta dell’aumento del benessere

31 Crescita del reddito delle famiglie USA, 1995-2001
per gruppi di reddito 1.6% 2.1% 2.0% 2.2% 2.6% 3.6% -2.9% -2.3% -1.8% -1.0% -0.6% 0.4% -2.9% -2.3% -1.8% -1.0% -0.6% 0.4% 2001 quintili I II III IV % top 5%

32 La scelta dei pesi e riflette le «preferenze della società»
Illustrazione

33 La «società» accetta una riduzione di reddito perché ha una preferenza per l’eguaglianza

34 Quando la diseguaglianza è modesta, la redistribuzione non migliora significativamente il reddito equivalente. La redistribuzione che sacrifica la media tende a sacrificare anche il reddito equivalente. Al di là di un certo grado di diseguaglianza la società non desidera andare perché il costo in termini di perdita di reddito non è compensato da una maggiore «utilità» associata alla maggiore eguaglianza.

35 Con «indifferenza distributiva» conta solo la media
Con una modesta avversione alla diseguaglianza, una redistribuzione che riduce il reddito effettivo, riduce anche il reddito equivalente

36 Distribuzione del reddito in Armenia (1999)
La figura illustra una possibile redistribuzione (indicata con A) calcolata con la metrica di Kolm per ottenere il “reddito equivalente distribuito in modo egualitario”, ovvero il livello di reddito che, se distribuito in modo più egualitario, rappresenta per la società lo stesso livello di benessere del reddito attuale distribuito in maniera più diseguale. La distribuzione “corretta” riflette un particolare grado di avversione alla disuguaglianza. Ad es., quando il grado di avversione alla disuguaglianza è pari a zero, significa che il reddito effettivo corrisponde al “benessere effettivo”, indipendentemente dalla distribuzione: in questo caso, un euro assegnato al ricco genera lo stesso “benessere sociale” di un euro dato al povero. Quando invece il parametro di avversione alla disuguaglianza è pari ad 1, allora l’aumento del benessere sociale corrisponde alla media ponderata degli aumenti di reddito dei diversi gruppi, con pesi pari alle quote del gruppo nella popolazione totale. Quanto maggiore è il grado di avversione alla disuguaglianza, tanto più piccolo sarà il livello di reddito in grado di restituire lo stesso “benessere sociale” di un qualsiasi livello di reddito distribuito in modo più disuguale. Distribuzione del reddito in Armenia (1999) Data una certa avversione alla diseguaglianza, il reddito medio pari al 75 per cento di quello effettivo corrisponde al benessere del reddito medio pari a 100 quando la distribuzione è quella indicata da A

37 Trasferimenti di reddito in due distribuzioni Armenia, 1999
Nella redistribuzione A – alla quale corrisponde un grado di avversione alla disuguaglianza pari a 0,5 - il reddito equivalente distribuito in modo egualitario è pari al 75 per cento del reddito originario; il trasferimento B è invece ottenuto con un parametro di avversione alla disuguaglianza pari a 0,3 e genera un reddito equivalente pari a circa l’84 per cento del reddito originario. Nel caso A, in particolare, il guadagno dei gruppi favoriti dalla redistribuzione è pari a circa il 25 per cento della perdita dei gruppi più ricchi sfavoriti. Nel caso B è pari a circa il 16 per cento. Quanto minore è l’avversione alla diseguaglianza e tanto minore la redistribuzione. A, redistribuzione con avversione alla disuguaglianza pari a 0,5: reddito equivalente pari al 75 per cento di quello originario. B, redistribuzione con avversione alla disuguaglianza pari a 0,3: reddito equivalente pari all’84 per cento di quello originario. Per il significato dei parametri vedi il testo. 1, variazioni percentuali rispetto al reddito originario del gruppo.

38 Determinanti della diseguaglianza
- rigidità economiche e sociali (discriminazione di sesso, discriminazioni tra etnie) circostanze accidentali (rischi/opportunità sociali/ambientali) «ideologie» - organizzazione produttiva e struttura sociale (agricoltura/industria) - commercio internazionale (teorema di Stolper-Samuelson; outsourcing) - appartenenze di classe (operai/imprenditori) - conflitti tra gruppi e classi sociali (azione sindacale) - politiche economiche (imposte/sussidi) - progresso tecnico - istruzione - modalità di partecipazione al mercato del lavoro (lavoratori manuali/non manuali)

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40 In tutte le società, le persone benestante e con mezzi maggiori tendono ad essere meno favorevole all’eguaglianza: queste tende a rendere la rivendicazione dell’eguaglianza una richiesta dettata da «invidia» e da risentimento sociale. In ogni epoca storica, i progressi «pacifici» dell’eguaglianza hanno sempre richiesto il sostegno, o almeno il non rifiuto, dei gruppi sociali privilegiati. Fonte: Banca Mondiale, 2006

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42 Meriti personali ed eguaglianza
I meriti vengono premiati nella misura in cui implicano capacità in grado di giovare ad altri: quali capacità di beneficiare gli altri conferiscono un diritto morale ad avere maggiori benefici per sé o ad esercitare una maggiore autorità? E’ “giusto” che qualcuno sia remunerato a causa di cose come un titolo di proprietà, circostanze vantaggiose, particolari doti genetiche? E’ “giusta” una remunerazione basata sul contributo marginale? Quanta parte della diseguaglianza osservata dipende da diseguaglianze nei caratteri personali?

43 Organizzazione sociale e abilità personali
W = N(Vp – I) W=“guadagno” N=“scala di attività” V=valore unitario della performance p=abilità I=costo della prestazione N = F(p), F’ > 0 correlazione tra la scala e l’abilità (i migliori ottengono gli incarichi più “importanti”) Implicazione: la distribuzione dei guadagni tenderà ad essere distorta a destra anche se la distribuzione delle abilità non lo è

44 Illustrazione numerica
𝑁(𝑝)= 𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑣𝑖𝑑𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎

45 Se la diseguaglianza riflette la distribuzione dei meriti personali, com’è possibile che le società presentino indici di diseguaglianza molto diversi? Com’è possibile che gli indici di diseguaglianza cambino in periodi relativamente brevi?

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47 Indice di Gini dopo l’intervento pubblico
Circa 0,3 Circa 0,3

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49 Diseguaglianza e intervento pubblico
Distribuzione prima e dopo l’intervento pubblico Distribuzione dei redditi personali, Wi, di una popolazione composta da n individui, prima dell’intervento pubblico (distribuzione generata dal mercato) 𝑊 1 , 𝑊 2 … 𝑊 𝑛 (𝑊 1 −𝑇 1 + 𝑆 1 ), (𝑊 2 −𝑇 2 + 𝑆 2 )… (𝑊 𝑛 −𝑇 𝑛 + 𝑆 𝑛 ), Distribuzione dei redditi personali, Wi-Ti +Si , di una popolazione composta da n individui, dopo l’intervento pubblico (T = prelievo fiscale; S = sussidi pubblici)

50 𝑊 1 , 𝑊 2 … 𝑊 𝑛 GINI (2) (𝑊 1 −𝑇 1 + 𝑆 1 ), (𝑊 2 −𝑇 2 + 𝑆 2 )… (𝑊 𝑛 −𝑇 𝑛 + 𝑆 𝑛 ), GINI (1)

51 Riduzione dell’effetto redistributivo delle politiche pubbliche (riduzione dell’aliquota fiscale sui redditi più alti)

52 La ricchezza è distribuita in modo molto più diseguale dei redditi

53 Da dove vengono le grandi ricchezze?

54 www.pewresearch.org, ottobre 2014
Cosa pensano le persone sulle cause della diseguaglianza? Distribuzione delle risposte alla domanda: «che cosa oggi è più importante come determinante del divario ricchi-poveri?» La sfiducia nei governi è associata alla percezione che essi siano responsabili dell’aumento della diseguaglianza (o troppo tolleranti verso la diseguaglianza)

55 Concezione strumentale della diseguaglianza: la diseguaglianza ha un impatto negativo su alcuni valori che le nostre società considerano importanti La diseguaglianza genera profili di sviluppo individuali non legati a fattori controllabili dalle persone: «diseguaglianza ingiusta»

56 La diseguaglianza economica ha un impatto sulla possibilità di godere effettivamente di diritto fondamentali La società molto diseguali tendono a favorire un uso arbitrario del potere economico e politico

57 La diseguaglianza «oggi» rende difficile la mobilità sociale e genera diseguaglianza «domani» («trappole della diseguaglianza»)

58 C’è una forte correlazione tra diseguaglianza osservata (esiti) e la diseguaglianza nelle opportunità (correlazione tra padri e figli) Ma la maggior parte della diseguaglianza è spiegata da fattori che non dipendono dal controllo individuale

59 Perché una maggiore eguaglianza potrebbe favorire la crescita economica?
Diseguaglianza e risparmio aggregato Disuguaglianza e mercato dei capitali Diseguaglianza, condizioni di vita, crescita Differenziali salariali, efficienza e crescita: il ruolo degli incentivi e della riallocazione settoriale Egualitarismo come incentivo all'investimento in formazione Norme salariali ed efficienza Canali politici


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