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PubblicatoRegina Bonetti Modificato 5 anni fa
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IL PROCEDIMENTO DI ESECUZIONE (L’INCIDENTE DI ESECUZIONE)
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA Corso di formazione in materia di esecuzione penale IL PROCEDIMENTO DI ESECUZIONE (L’INCIDENTE DI ESECUZIONE) Dott. Fabio Manfredi Selvaggi
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Qualsiasi provvedimento giurisdizionale, in qualunque fase del processo, può dar vita, durante l'esecuzione a questioni relative a conflitti di interesse o comunque situazioni che necessitano di accertamento in sede processuale
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I CASI IN CUI È NECESSARIO L’INTERVENTO DEL GIUDICE
Questioni relative all'esistenza o all'efficacia del titolo esecutivo l'art. 670 cod. proc. pen. ha ampliato la sfera di competenza del giudice dell'esecuzione consentendogli il superamento dei limiti derivanti dal giudicato. Il legislatore del 1988 ha infatti attribuito al giudice dell'esecuzione il potere di valutare, anche nel merito, l'osservanza delle garanzie in materia di irreperibilità e di ordinare, se del caso, la rinnovazione della notifica al giudicabile e la sua liberazione
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L'applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato, art. 671 c.p.p.:
È la più importante delle innovazioni introdotte dal nuovo codice di procedura penale in tema di esecuzione e cioè la possibilità per il giudice dell'esecuzione di statuire, se sul punto non si sia già pronunciato il giudice di cognizione, in ordine all'applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato con potere di rideterminazione della pena
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Bis in idem se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il giudice ordina l'esecuzione della sentenza con cui si pronunciò la condanna meno grave, revocando le altre (art. 669 c.p.p.) Revoca della sentenza o del decreto di condanna nel caso di abrogazione o di declaratoria di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice (art. 673 c.p.p.)
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Ipotesi di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere per estinzione del reato o per mancanza di imputabilità (art. 673 co. 2° c.p.p.) L'articolo citato sembra dire che il giudice dell'esecuzione debba revocare la condanna, dichiarando il proscioglimento ovvero il non luogo a procedere con le formule "il reato è estinto" o "è stato commesso da persona non imputabile". In questo caso la pronuncia assolutoria è contenuta in un'ordinanza anziché in una sentenza.
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GLI ALTRI CASI IN CUI È NECESSARIO L’INTERVENTO DEL GIUDICE
a) quando sia stata condannata una persona al posto di un'altra per errore di nome (art. 668); b) quando si debba revocare la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario, l'amnistia, il condono e la grazia condizionati (art. 674); c) qualora occorra dichiarare la falsità di atti o documenti che, sebbene accertata a norma dell'art. 537, non sia stata dichiarata nel dispositivo della sentenza: in questo caso è legittimato a proporre l'incidente chiunque vi abbia interesse, anche se estraneo al giudizio (art. 675); d) qualora sorgano questioni in ordine all'anticipazione ed al recupero delle spese processuali (art. 695);
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estinzione di un reato e anche della pena, ad esempio per il decorso del tempo ex artt. 172 e 173 c.p., purché l'estinzione non consegua al buon fine dell'affidamento in prova al servizio sociale o alla liberazione condizionale. In questi casi infatti la competenza per materia appartiene al Tribunale di Sorveglianza (art. 676); quando si debba provvedere "in ordine alle pene accessorie, alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate" e "in ogni caso analogo" (art. 676 comma primo). L'art. 676 comma 2° cod. proc. pen. dispone invece che qualora sorga controversia sulla proprietà delle cose confiscate essa venga deferita al giudice civile del luogo competente in primo grado a norma del terzo comma dell'art. 263 cod. proc. pen..
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Opposizione avverso il provvedimento di cumulo o di fungibilità del P
Opposizione avverso il provvedimento di cumulo o di fungibilità del P.M. il provvedimento di cumulo, o quello che decide sulla detenzione subita per altra causa, costituiscono il titolo esecutivo per l'espiazione della relativa pena; pertanto il condannato o il suo difensore potranno sempre provocare l'intervento del giudice dell'esecuzione il quale, a norma dell'art. 670 cod. proc. pen., è competente a decidere su ogni controversia relativa all'esistenza o validità del titolo esecutivo.
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La correzione degli errori materiali.
Il procedimento per la correzione, che può essere disposta dal giudice che ha emesso l’atto anche d’ufficio, segue le regole stabilite per i procedimenti in camera di consiglio dall’art. 127 cod. proc. pen.; alla conclusione del procedimento, l’ordinanza che ha disposto la correzione deve essere annotata in calce all’atto corretto.
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Le principali ipotesi di errore materiale rimediabile ex art. 130 cod
Le principali ipotesi di errore materiale rimediabile ex art. 130 cod. proc. pen.: correzione delle generalità dell’imputato, purché sia stata processata la persona giusta e si sia certi della sua identità fisica; omessa applicazione di una pena accessoria; mancata sottoscrizione involontaria della sentenza allorché il dispositivo risulti regolarmente sottoscritto; omessa condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali, alla quale va parificata l’omessa pronuncia in ordine alla condanna dell’imputato alle spese ed onorari a favore della parte civile; omessa declaratoria di falsità di un documento
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È da ricordare che in caso di discordanza tra il dispositivo letto all’udienza e la sentenza depositata, è il primo che prevale in quanto costituisce il mezzo attraverso il quale si è estrinsecata la volontà del giudice; pertanto si dovrà procedere alla correzione della sentenza ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen. Non sono da considerarsi errori materiali: l’omessa pronuncia su un capo di imputazione; l’omesso ordine di demolizione dell’opera abusiva; l’omessa applicazione della continuazione tra i reati ex art. 81 cod. pen.
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LE REGOLE DEL PROCEDIMENTO
il termine “esecuzione”, secondo una pressoché unanime dottrina e una costante giurisprudenza deve essere inteso in senso ampio e cioè non riferito esclusivamente al caso della sentenza di condanna passata in giudicato: "Qualsiasi provvedimento giurisdizionale, in qualunque fase del processo, può dar vita, durante l'esecuzione a questioni che involgono conflitti di interesse o comunque situazioni abbisognevoli di accertamento in sede processuale”. GIANZI, Incidente di esecuzione penale, 1965, in Enciclopedia del diritto, 7
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IL PROCEDIMENTO ESECUTIVO PENALE HA NATURA GIURISDIZIONALE
CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI NECESSARIA PRESENZA DEL DIFENSORE E DEL PUBBLICO MINISTERO RICORRBILE PER CASSAZIONE PASSA IN GIUDCATO È TITOLO ESECUTIVO L’ORDINAZNZA EX 671 C.P.P. HA NATURA DI SENTENZA
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legittimati a prendere l'iniziativa siano il pubblico ministero, l'interessato o il suo difensore
Il procedimento di di sorveglianza (art. 678 c.p.p.), in considerazione della materia attribuita alla competenza della magistratura di sorveglianza, può essere iniziato anche d’ufficio dal giudice. È questa l’unica differenza tra i due procedimenti.
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L’architettura del procedimento di esecuzione non si discosta sostanzialmente dallo schema previsto dall’art. 127 c.p.p., presenta però alcune peculiarità di notevole rilievo ad esempio la possibilità per il presidente del collegio di dichiarare preliminarmente, con decreto motivato impugnabile con ricorso per cassazione, l’inammissibilità della domanda per manifesta infondatezza o perché mera riproposizione di altra domanda già respinta
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Il giudice o il presidente del collegio fissano con decreto la data dell'udienza e ne danno avviso al pubblico ministero, all'interessato e al difensore almeno dieci giorni prima di tale data; fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere depositate memorie in cancelleria il giudice, o il presidente del collegio, devono nominare in ogni caso un difensore all'interessato che ne sia privo (art. 666 co. 3° c.p.p.)
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Nel caso in cui l'interessato sia infermo di mente l'avviso deve essere notificato al tutore o al curatore al quale competono gli stessi diritti dell'interessato, compresi quindi, oltre al diritto di partecipare all'udienza, quello di nominare un difensore e di impugnare il provvedimento. (art. 666 c.p.p. co. 8°)
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L'intero procedimento, qualora la fissazione dell'udienza avesse forma diversa dal decreto, o quest'ultimo non fosse ritualmente notificato, sarebbe affetto da nullità assoluta ex art. 179 co. 1° cod. proc. pen. perchè non consentirebbe l'instaurarsi di un regolare contraddittorio, "necessario" ai sensi dell'art. 666 co. 4°
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L'interessato ha una mera facoltà a comparire ma se compare, in caso ne abbia fatto richiesta, deve essere sentito personalmente, e qualora alla data dell'udienza sia legittimamente impedito la trattazione del procedimento deve essere rinviata così: Corte Costituzionale 20 maggio 1982 n°98
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Nel caso in cui l'interessato sia detenuto fuori della circoscrizione del giudice, e questi non decida di disporne la traduzione, è sentito dal magistrato di sorveglianza del luogo in cui è ristretto; la mancata audizione dell'interessato, a seconda dei casi, da parte del giudice dell'esecuzione o del magistrato di sorveglianza, comporta la nullità dell'intero procedimento.
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É necessario invece, al fine del concreto instaurarsi del contraddittorio, che l'udienza si svolga con la partecipazione del difensore (art. 666 co. 4° c.p.p.) è quindi da ritenere che, malgrado la rituale notifica del decreto di fissazione dell'udienza, la semplice mancata comparizione del difensore determini la nullità della procedura, se il medesimo non viene sostituito da un difensore d'ufficio.
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Nel caso in cui il difensore di fiducia non possa partecipare all’udienza a causa di un legittimo impedimento, e si sia fatto carico di comunicare al giudice l’assoluta impossibilità di comparire, si deve ritenere che il giudice non possa provvedere alla sua sostituzione con un difensore d’ufficio a pena di nullità del procedimento ma, secondo una interpretazione estensiva del disposto dell’art. 486 c.p.p co 5°, debba obbligatoriamente sospendere o rinviare l’udienza
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É del pari necessaria la partecipazione all'udienza del pubblico ministero e anche la sua assenza è causa di nullità anche solo relativa. Tale nullità non è sanata dal fatto che il pubblico ministero si sia avvalso della facoltà di presentare requisitorie scritte, non potendo ritenersi che tale forma di intervento consenta l'instaurazione di un pieno contraddittorio tra le parti
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A fronte di questo rigido formalismo della fase preparatoria, l'art
A fronte di questo rigido formalismo della fase preparatoria, l'art. 185 delle norme di attuazione conferisce al giudice dell'esecuzione i più ampi poteri nella direzione dell'udienza al fine di consentire una rapida acquisizione di tutti gli elementi necessari per giungere alla decisione. L'unico limite posto al giudice dell'esecuzione è che tutte le attività avvengano in udienza con il rispetto del contraddittorio tra le parti: il giudice nell'assumere le prove "procede senza particolari formalità anche per quanto concerne la citazione e l'esame dei testimoni e l'espletamento della perizia". Ciò vuol dire, ad esempio, che il giudice nell'esperire una prova testimoniale non è obbligato a seguire le regole della c.d. cross examination, previste dall'art. 498 c.p.p. per il dibattimento formale.
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La riprova di tale libertà di forme viene dall'ultimo comma dell'art
La riprova di tale libertà di forme viene dall'ultimo comma dell'art. 666 che prevede che il verbale dell'udienza venga redatto in forma abbreviata ai sensi del 2° comma dell'art. 140 c.p.p. Gli artt. 667 e 672 c.p.p. prevedono peraltro una procedura semplificata per le ipotesi di dubbio sull’identità della persona arrestata per l’esecuzione di una pena o perché evasa mentre espiava una condanna e per quelle di applicazione dell’amnistia e dell’indulto ai condannati. In questi casi il giudice provvede senza formalità, con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato; contro tale provvedimento le parti possono proporre opposizione
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In attesa della decisione del giudice, il pubblico ministero che cura l’esecuzione della condanna o, quando vi sia incertezza sull’identificazione dell’arrestato, il pubblico ministero del luogo in cui questi è ristretto, possono ordinarne la liberazione provvisoria
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Si procede allo stesso modo nel caso di provvedimenti, indicati nell’art. 676 c.p.p., nelle materie concernenti l’estinzione della pena, quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all’affidamento in prova al servizio sociale, nonché le pene accessorie e la confisca o la restituzione delle cose sequestrate (art. 30 del D. Lgs. 14 gennaio 1991 n° 12)
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Il giudice dell’esecuzione, qualora accerti l’estinzione del reato o della pena, può dichiararla anche di ufficio, adottando i conseguenti provvedimenti (art. 676 co. 3° c.p.p.)
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Il giudice dell'esecuzione decide con ordinanza a norma dell'art
Il giudice dell'esecuzione decide con ordinanza a norma dell'art. 666 co. 6°; questa ordinanza, dal momento che statuisce su un autonomo procedimento, è un provvedimento decisorio ad ogni effetto: ha cioè sostanzialmente natura di sentenza, è immediatamente eseguibile e, salvo che il giudice dell'esecuzione non disponga diversamente, neanche l'eventuale ricorso per cassazione ne sospende l'esecuzione.
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L'ordinanza deve essere comunicata al pubblico ministero e notificata a tutte le parti ed ai rispettivi difensori, che hanno diritto di impugnazione Il ricorso per cassazione è l'unico mezzo di impugnazione previsto avverso il provvedimento che conclude il procedimento di esecuzione è consentito nei casi di: carenza di potere, vizio di legittimità, mancata assunzione di una prova decisiva per la decisione, mancanza o manifesta illogicità della motivazione (art. 606 c.p.p.)
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La Corte di Cassazione nel decidere il ricorso, trattandosi dell'impugnazione di un provvedimento non emesso in dibattimento, procede adottando quanto previsto per le decisioni in camera di consiglio e giudica quindi "... sui motivi, sulle richieste del Procuratore Generale e sulle memorie delle altre parti, senza l'intervento dei difensori" (art. 611 c.p.p.)
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NATURA DELL’ORDINANZA DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE
l’art. 674 c.p.p. dispone che “la revoca della sospensione condizionale della pena, della grazia o dell’amnistia o dell’indulto condizionati ... è disposta dal giudice dell’esecuzione” questo ha fatto sorgere il dubbio che il legislatore abbia inteso conferire carattere costitutivo alla relativa pronuncia. La Cassazione ha emesso una serie di sentenze che riconoscono espressamente natura dichiarativa all’ordinanza di cui all’art. 674 cod. proc. pen., ed una serie di pronunce di segno contrario.
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Tale dubbio appare infondato: l’operatività di pieno diritto della revoca dei benefici è espressamente stabilita dalla legge sostanziale; la causa di revoca dei benefici in tutte le disposizioni sostanziali, infatti, è sempre configurata come condizione risolutiva in senso tecnico, dal cui verificarsi dipende la definitiva applicazione del beneficio, come chiaramente risulta dalla lettura dell’ultimo comma dell’art. 672 c.p.p.
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Basta confrontare in proposito:
Gli artt. 168 co. 1° e 175 co. 3° per quanto riguarda rispettivamente la revoca della sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna Le specifiche disposizioni contenute nei singoli decreti di condono per la revoca del beneficio: art. 9 per il D.P.R n° 413; art. 10 per il D.P.R n° 744; art. 11 per il D.P.R N. 865; art. 4 per il D.P.R n°394. art. 3 D.P.R n. 241
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