Redazione di un Piano industriale

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Presentazione sul tema: "Redazione di un Piano industriale"— Transcript della presentazione:

1 Redazione di un Piano industriale
ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI Circoscrizione Perugia e Orvieto Redazione di un Piano industriale PRIMA PARTE Marco Malizia Scuola di Formazione alla professione di Dottore Commercialista 23 Aprile 2013

2 SOMMARIO Definizioni Finalità Output essenziali
Gli strumenti dell’analisi strategica Un buon piano …..

3 DEFINIZIONI Piano Industriale, Piano Economico e Finanziario e Business Plan sono sinonimi, anche se a ben vedere, si possono ritrovare sottili differenze: Il termine “Business Plan”, nell’accezione italiana, sembra essere riservato a iniziative di star-up; Il Piano Industriale sembra enfatizzare gli aspetti reali dell’attività di impresa, considerando marginali le questioni di finanza; Il Piano Economico e Finanziario sembra enfatizzare gli aspetti numerici, dando per assodata la strategia e lo scenario di riferimento.

4 UNA DEFINIZIONE Il Piano Industriale (o Business Plan) è il documento che illustra: Le intenzioni strategiche del management; Le azioni (action plan) che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiettivi strategici; L’evoluzione dei fattori critici di creazione del valore (Key value drivers); L’evoluzione dei risultati attesi. “Borsa Italiana Spa”

5 LE DIVERSE FINALITA’ PER LE QUALI PUO’ ESSERE PREDISPOSTO IL BUSINESS PLAN

6 Le motivazioni alla base del BUSINESS PLAN:
L’IMPRESA Ai fini interni a) Pianificazione e controllo dello sviluppo aziendale; b) Definizione di piani incentivi per i manager; Ai fini esterni a) Partecipazioni a gare; b) Valutazione elementi dell’attivo; c) Piani di ristrutturazione (Lex Fallimentare); d) Procedimenti di quotazione (IPO); e) Operazioni straordinarie. I TERZI Investitori istituzionali per la valutazione di un investimento equity (Advisor); Finanziatori dell’impresa con capitale di debito; Professionisti nell’ambito dell’applicazione di procedimenti valutativi dell’impresa.

7 L’IMPRESA

8 L’IMPRESA: AI FINI INTERNI
Pianificazione e controllo dello sviluppo aziendale; Definizione di piani incentivi per manager.

9 a) PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLO SVILUPPO AZIENDALE
Mid Term Plan Business Plan Investment Analisys Revised Budget Budget Reporting ORIZZONTE TEMPORALE 3-5 anni 1 anno A seconda degli scopi di analisi 1-3 mesi Max 1 anno COSTRUZIONE CEO Controllo di gestione Controllo di gestione, Responsabile finanza Controllo di gestione OBIETTIVI Definizione ed implementazione delle linee strategiche Definizione, per ogni SBU, delle principali grandezze economiche, patrimoniali e finanziarie Definizione degli impatti economici e finanziari dei progetti di investimento Monitoraggio e verifica del raggiungimento obiettivi di budget Stime di chiusura

10 Pianificazione e controllo dello sviluppo aziendale
E’ lo strumento con il quale il management può: Valutare l’impatto delle diverse strategie di crescita; Definire e verificare il tasso di crescita sostenibile; Valutare l’impatto di specifici investimenti sulla redditività complessiva dell’impresa; Analizzare la relazione tra i driver del valore e la redditività attesa del business.

11 KEY VALUE DRIVERS - + - Free cash flow Vendite da prodotti consolidati
Quote di mercato su segmenti/clienti chiave Produttività della forza di vendita Soddisfazione del cliente Livello di servizio Nuovi prodotti sviluppati Time to maker Utilizzo della capacità produttiva Qualità interna Efficienza delle strutture indirette Make or buy Attività di sviluppo (R&S, Formazione ecc.) Qualità e turnover del personale Giorni di credito concesso ai clienti Caratteristiche impianti (per materie prime e semilavorati) Livello di servizio logistico Giorni di credito ottenuti dai fornitori Interventi di sostituzione e di mantenimento Azioni per l’espansione e lo sviluppo Sostituzioni di attività esistenti Cessioni e uscita da mercati serviti Vendite da prodotti consolidati Vendite Risultato operativo + Ammortamenti Vendite da nuovi prodotti Costi di produzione Costi operativi + - Altri costi Free cash flow - Crediti da clienti Capitale Circolante Variazione del capitale circolante netto Scorte Debito verso fornitori Nuovi investimenti Investimenti fissi netti Disinvestimenti

12 b) DEFINIZIONE DI PIANI DI INCENTIVI PER I MANAGER
Il ruolo centrale del manager è sempre più caro nell’ambito di processi di creazione di valore dell’impresa. Il business plan aziendale può costituire, perciò, il presupposto indispensabile per definire un piano di incentivi a favore del management aziendale. NUOVO VALORE PER GLI AZIONISTI VALORE CREATO CON L’IMPLEMANTAZIONE DEL PIANO AZIENDALE QUOTA DI INCENTIVI PER IL MANAGEMENT VALORE ECONOMICO OGGI VALORE INIZIALE

13 L’IMPRESA: AI FINI ESTERNI
Partecipazione a gare; Piani di ristrutturazione; Valutazione di elementi dell’attivo in sede di redazione del bilancio; Procedimento di quotazione (IPO); Operazioni straordinarie

14 a) PARTECIPAZIONE A GARE
a.1) Pubblici appalti di opere; a.2) Gestione integrata del servizio rifiuti; a.3) Concessione di finanziamenti a fondo perduto.

15 Art. 143 Decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n. 163
a.1.a) CONCESSIONE Art. 143 Decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n. 163 GARA PER LA CONCESSIONE DEI LAVORI PUBBLICI Co.7 L’offerta ed il contratto devono contenere il piano economico- finanziario di copertura degli investimenti e della connessa gestione per tutto l’arco temporale prescelto e devono prevedere la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonché l’eventuale valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine della concessione, anche prevedendo un corrispettivo per tale valore residuo. Le offerte devono dare conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti finanziatori nel progetto.

16 Art. 153 Decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n. 163
a.1.b) PROJECT FINANCE Art. 153 Decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n. 163 IL PROJECT FINANCING Co .9 Le offerte devono contenere un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso e iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n , …………

17 a.2) Gestione integrata dei rifiuti
Il piano finanziario è previsto dall’art. 8 del D.PR. 158/99. Tale Piano finanziario risulta indispensabile ai fini del calcolo della tariffa in quanto costituisce la fonte dei dati relativi alle componenti di costo che devono essere considerati ai fini della determinazione della tariffa tramite il metodo normalizzato. La redazione del Piano finanziario è a carico del Comune, così come risulta dall’interpretazione fornita dalla circolare ministeriale, deve essere approvato entro il 31 dicembre di ogni anno (salvo proroghe), a partire da 2 anni prima dell'istituzione del sistema finanziario, e trasmesso agli organi competenti entro il 30 giugno dell'anno successivo. Sarà altresì necessario indicare il tasso di copertura dei costi così preventivati rispetto alle entrate tariffarie in modo da pianificare la progressiva copertura al fine di giungere nei tempi previsti dall’art. 11 del D.P.R. 158/99

18 Art. 8. Piano finanziario 1. Ai fini della determinazione della tariffa ai sensi dell'art. 49,comma 8, del decreto legislativo n. 22 del 1997, il soggetto gestore del ciclo dei rifiuti urbani di cui all'art. 23 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni, ovvero i singoli comuni, approvano il piano finanziario degli interventi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani, tenuto conto della forma di gestione del servizio prescelta tra quelle previste dall'ordinamento. 2. Il piano finanziario comprende: a) il programma degli interventi necessari; b) il piano finanziario degli investimenti; c) la specifica dei beni, delle strutture e dei servizi disponibili, nonchè il ricorso eventuale all'utilizzo di beni e strutture di terzi, o all'affidamento di servizi a terzi; d) le risorse finanziarie necessarie; e) relativamente alla fase transitoria, il grado attuale di copertura dei costi afferenti alla tariffa rispetto alla preesistente tassa sui rifiuti. 3. Il piano finanziario deve essere corredato da una relazione ella quale sono indicati i seguenti elementi: a) il modello gestionale ed organizzativo; b) i livelli di qualità del servizio ai quali deve essere commisurata la tariffa; c) ……...

19 a.3) Concessione di finanziamenti a fondo perduto
Lex 488/92, legge quadro per la concessione di agevolazioni finanziarie in conto investimenti E’ previsto che la concessione delle agevolazioni venga sulla base di una graduatoria di “merito”, costruita sulla base di indicatori predefiniti tratti dal business plan elaborato dall’impresa con il supporto di un software appositamente predisposto.

20 b) PIANI E ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE
Art. 67 Lex 267 del 16 marzo 1942 come modificate dal decreto legislativo 169/2007 (Piano attestato) d) Non sono soggetti ad azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile (2).

21 Art. 182 bis R.D. 267 del 16 marzo 1942 come modificato dal Decreto legislativo 169/2007 ( Accordi di Ristrutturazione) 1. L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’art. 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d) sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

22 Art. 160 R.D. n. 267 del 16 marzo 1942 (Concordato Preventivo)
L’imprenditore può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti in qualsiasi forma….; b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato;

23 Art. 27 D.Lgs. n. 270 dell’ 8 luglio 1999 (Condizioni per l’ammissione alla procedura dell’Amministrazione straordinaria) Le imprese dichiarate insolventi a norma dell’articolo 3 sono ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali. Tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa: Tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno (“programma di cessione dei complessi aziendali”); Tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni (“programma di ristrutturazione”).

24 Procedimenti di Ristrutturazione Bonaria
Prevedono la sottoscrizione di accordi con categorie ristrette di creditori, prevalentemente la banche, alle quali vengono richieste facilitazioni nella concessione di credito o nel rimborso di debitorie esistenti. In genere tali accordi presuppongono la elaborazione e la proposta da parte dell’impresa di un P.E.F. che deve essere condiviso dal ceto bancario.

25 c) VALUTAZIONE DI ELEMENTI DELL’ATTIVO
D. Legislativo 28 febbraio 2008, n. 38, Ha stabilito che le maggiori imprese italiane: Società quotate; Società con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico; Banche italiane; Altri intermediari finanziari regolati da BdI; Imprese di assicurazione. dal 1° giugno 2005 debbono redigere il bilancio consolidato con i principi contabili internazionali IAS-IFRS emessi dallo IASB – ed omologati dall’EU ai sensi del Regolamento comunitario n.1006/2002. Per il bilancio di esercizio l’obbligo decorre dal 1° gennaio 2006.

26 Numerose altre imprese, sempre dal 1° gennaio 2006, hanno la facoltà di redigere il bilancio d’esercizio secondo i principi IAS-IFRS a condizione che : Siano obbligati alla redazione del bilancio consolidato; Siano controllate, collegate o joint-venture di imprese che redigono il bilancio consolidato con gli IAS-IFRS. L’adozione dei principi contabili internazionali impone il superamento del principio del costo storico dell’iscrizione delle attività materiali ed immateriali nell’attivo dello stato patrimoniale, a favore del principio del “fair value”, sottoponendo le attività stesse all’ “Impairment Test” come previsto dallo IAS 36 “Impairment Assets” nell’edizione 2004 omologata dalla EU.

27 Tuttavia, l’Impairment Test dell’IAS 36 non si applica, a giudizio della COMMISSIONE DEI PRINCIPI CONTABILI, solo alle imprese che utilizzano gli IAS-IFRS, ma anche alle altre imprese che redigono i bilanci con i principi contabili convenzionali (GAAP). In quanto l’art n. 3 bis del Cod. Civ., stabilisce che in ipotesi di riduzioni di valore nelle immobilizzazioni materiali e immateriali, le imprese devono determinare l’importo di tali riduzioni sulla base di tre parametri: Concorso alla futura produzione dei risultati economici; Prevedibile durata utile; E, per quanto rilevante, il valore di mercato.

28 Ciò significa, in buona sostanza, che le riduzioni di valore (perdite durevoli) sono determinate in base ai seguenti elementi: Flussi finanziari netti che gli elementi delle immobilizzazioni materiali ed immateriali sono in grado di generare, per tutta la loro presunta vita utile, da soli o congiuntamente con altri; Al loro fair value, essendo “il valore di mercato” l’espressione in lingua italiana che meglio rende il concetto di “fair value” dello IAS 36, per i beni negoziati in mercati attivi.

29 L’applicazione dell’impairmet test dello IAS 36 richiede l’introduzione di una serie di misure organizzative cui numerose imprese italiane di dimensione medie e piccole non sono abituate. Essa richiede, a giudizio della COMMISSIONE per i PRINCIPI CONTABILI che l’impresa acquisisca sufficiente esperienza in materia di formulazione di previsioni economiche e finanziarie ai fini del controllo di gestione e, quindi, di budgets e di piani pluriennali e di creare e valutare dei risultati periodici della gestione per aree strategiche d’affari e business unit.

30 La corretta applicazione dell’impairment test si propone di definire il valore di ciascuna unità generatrice di cassa e di confrontarlo con il valore contabile: AD ESEMPIO FLUSSO DI CASSA ATTESO BUSINESS PLAN ATTUALIZZAZIONE FLUSSI DI CASSA VALORE D’USO CONFRONTO CON VALORI DI BILANCIO PERDITA E RIPRISTINO VALORE NUOVI AMMORTAMENTI

31 d) PROCEDIMENTO DI QUOTAZIONE NEI MERCATI REGOLAMENTATI
Il Piano Industriale o Business Plan costituisce uno dei documenti che deve essere predisposto dall’impresa che intende proporsi per la prima volta alla quotazione nei mercati regolamentati (IPO). Il piano industriale, nel procedimento di quotazione al MAC, Mercato Alternativo del Capitale, AIM Italia, ELITE, può essere predisposto dall’impresa con il supporto dell’Advisor. Non costituisce un obbligo ai fini della documentazione di quotazione, ma è presupposto dalla tipologia degli investitori che sono solo quelli “professionali” e quelli che dispongono patrimoni elevati.

32 INVESTITORI PROFESSIONALI
Possono quindi sottoscrivere e negoziare azioni esclusivamente gli investitori che rientrano in una delle seguenti categorie: enti creditizi, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo, imprese di assicurazioni, fondi pensione; imprese di grandi dimensioni, che soddisfino almeno due dei seguenti criteri: totale di bilancio € 20 milioni; fatturato netto € 40 milioni; fondi propri € 2 milioni; I governi nazionali e regionali, le banche centrali, le istituzioni internazionali e sovranazionali e similari; È investitore professionale, secondo il regolamento, l'azionista di maggioranza relativa dell'emittente - quale risulta dalle evidenze del libro soci, dalle più recenti comunicazioni pervenute e da altri dati a disposizione dell'emittente - alla data di ammissione alle negoziazioni limitatamente alle azioni dell'emittente medesimo.

33 INVESTITORI CON PATRIMONI ELEVATI
Possono inoltre investire direttamente sul mercato persone giuridiche o fisiche classificate nella categoria dei clienti professionali ai sensi dell'Allegato II della direttiva MiFID. Nel dettaglio, si tratta di investitori che soddisfano almeno due dei seguenti requisiti: Effettuano operazioni frequenti e significative su strumenti finanziari; Detengono portafogli di strumenti finanziari consistenti (almeno ); lavorano o hanno lavorato nel settore finanziario.

34 e) OPERAZIONI STRAORDINARIE
L’Art 2501 Bis, che regola le fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, prevede che la relazione degli amministratori (Art quinquies) deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario: a) con l’indicazione della fonte delle risorse finanziarie; b) la descrizione degli obbiettivi che si intende raggiungere.

35 I TERZI

36 I TERZI Investitori istituzionali e professionali per la valutazione di un investimento equity; Finanziatori dell’impresa con capitale di debito; Professionisti nell’ambito dell’applicazione procedimenti valutativi dell’impresa.

37 A) INVESTITORI ISTITUZIONALI PER LA VALUTAZIONE DI UN INVESTIMENTO EQUITY
L’accelerazione esponenziale delle operazioni di acquisto del capitale di rischio ha favorito la diffusione di modelli di valutazione delle imprese in funzionamento semplificate. In particolare si è ampiamente diffuso il modello dei moltiplicatori; Ciò semplifica e rende di facile applicazione il procedimento valutativo, ma non facilita il compito dell’ investitore istituzionale sulla qualità/fattibilità dell’investimento. Per certi versi lo complica. Se si adotta, infatti, un moltiplicatore di mercato su un dato fondamentale dell’impresa (Redditi, Dividendi, MOL/EBITDA) si spende in sede di acquisizione gran parte del valore di mercato dell’impresa. Quindi si impone di interpretare con maggiore attenzione la dinamica nel tempo di quel particolare fondamentale. Da qui l’esigenza di elaborare un business plan che consenta di analizzare l’andamento prospettico di quel particolare fondamentale.

38 INDICATORI DI FATTIBILITA’ PER L’AZIONISTA:
V.A.N I.R.R. ROE Politica dei dividendi Ruolo degli advisor indipendenti….

39 B) FINANZIATORI DELL’IMPRESA CON CAPITALE DI DEBITO
Si pone il problema dell’equilibrio finanziario dell’impresa nel breve e lungo termine. Il piano deve, perciò, fornire le informazioni sulla capacità strutturale dell’impresa di rimborsare i finanziamenti contratti e da contrarre. LA BANCABILITA’ DEL PIANO DSCR; LLCR; Rapporto D/E tendenziale; Rapporto EBITDA/DEBITO.

40 C) PROCEDIMENTO VALUTATIVO NELL’AMBITO DELLA TECNICA PROFESSIONALE
E’ ormai chiaro come il procedimento valutativo più corretto per pervenire alla determinazione del Valore Economico dell’impresa, non possa che essere quello legato alla stima dei flussi futuri. Si discute se di flussi di reddito o di cassa, ma senza ombra di dubbio dobbiamo parlare di flussi prospettici. L’utilizzo delle serie storiche dei risultati passati per pervenire al reddito medio normale, indispensabile nei procedimenti valutativi detti della stima autonoma dell’ avviamento, si giustificano solo in quanto si ritiene che possano costituire una variabile proxy indicativa dei redditi futuri. DA QUI LA NECESSITA’ DI BASARE LA VALUTAZIONE SU UN VERO E PROPRIO BUSINESS PLAN

41 IN TERMINI GRAFICI ….

42 I CONTENUTI ESSENZIALI

43 Questi gli elementi che debbono emergere:
MOLTEPLICITA’ DELLE MOTIVAZIONI ALLA BASE DELLA REDAZIONE DI UN BUSINESS PLAN MOLTEPLICITA’ DELLE TIPOLOGIE CON LA QUALE SI PUO’ ARTICOLARE UN BUSINESS PLAN NON ESISTE UN MODELLO TIPO Questi gli elementi che debbono emergere: Identificazione delle opzioni strategiche e delle azioni; Una stima dei flussi di cassa futuri; Indicazioni sul grado di rischiosità della strategia.

44 IL PROCESSO LOGICO PER PERVENIRE ALLA ELABORAZIONE DEL BUSINESS PLAN
SETTORE COMPETITIVO FATTORI CRITICI DI SUCCESSO DEL SETTORE VANTAGGI COMPETITIVI DEL’IMPRESSA OPZIONI STRATEGICHE AZIONI OPERATIVE FLUSSI DI CASSA GRADO DI RISCHIO

45 RAPPORTO IMPRESA/AMBIENTE

46 Rapporto Azienda/Ambiente
ANALISI SWOT Rapporto Azienda/Ambiente S W Punti di forza: Quali Risorse e Capacità rendono i nostri prodotti unici? Punti di Debolezza: Quali sono i Gap in risorse e Capacità che non ci fanno consegnare al mercato i prodotti Opportunità: Quali sono i mercati o i trend ambientali che possiamo sfruttare a nostro vantaggio Minacce: Quali sono i mercati e i trend ambientali che possono interferire con la nostra Missione di eccellenza Azienda Ambiente O T

47 UN BUON PIANO

48 C. SOSTENIBILITA’ FINANZIARIA
A. COERENZA Coerenza interna: - coerenza tra gli elementi che costituiscono la formula imprenditoriale. Coerenza esterna: - il ciclo di vita dei prodotti; - fattori critici di successo e vantaggi competitivi. B. ATTENDIBILITA’ Ipotesi realistiche e giustificabili, e risultati attesi ragionevolmente conseguibili. C. SOSTENIBILITA’ FINANZIARIA Convenienza potenziale per gli investitori sottoforma di capitale di rischio e di debito. ROIC > C.M.P.C. D/E Sostenibile

49 MODELLO INTERPRETATIVO
REDDITO ATTUALE CONTINUITÀ DEL REDDITO CRESCITA DEL REDDITO FATTORI CHIAVE DI EFFICIENZA ED EFFICACIA FATTORI CHIAVE DI SUCCESSO COMPETITIVO NUOVE OPZIONI IMPIEGO OTTIMALE RISORSE CHIAVE AREE CHIAVE D’INVESTIMENTO VALORE CORRENTE VALORE INCORPORATO VALORE PROSPETTICO VALORE TOTALE =  FLUSSI DI CASSA COSTO MEDIO PONDERATO DEL CAPITALE


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