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Regolamentazione e vigilanza del sistema finanziario

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Presentazione sul tema: "Regolamentazione e vigilanza del sistema finanziario"— Transcript della presentazione:

1 Regolamentazione e vigilanza del sistema finanziario
Corso di Economia delle Istituzioni Finanziarie Docente: Luca Riccetti Regolamentazione e vigilanza del sistema finanziario

2 Ordinamento dell’ intermediazione finanziaria

3 Ordinamento dell’intermediazione finanziaria
Per ordinamento si intende l’insieme organico delle norme che disciplinano le attività e le istituzioni dell’intermediazione finanziaria in un dato contesto politico-amministrativo. In Italia le norme possono avere 3 origini: comunitaria: l’Italia appartiene all’ UE, la quale emette direttive che, pur non avendo diretta applicazione, devono essere recepite ed attuate in determinati tempi; il dovere di recepimento è riconosciuto con alcuni gradi di discrezionalità per adattare la norma al contesto nazionale, ma senza contrastare con la norma stessa; di legislazione primaria: leggi e decreti; di legislazione secondaria: istruzioni e regolamenti emessi da organi previsti e delegati dalla legge (Banca d’Italia, CONSOB, IVASS, COVIP), i quali servono per una regolamentazione più specifica della legislazione primaria.

4 Ordinamento dell’intermediazione finanziaria in Italia
In Italia (come nella UE) non esiste un ordinamento unitario per mercati-strumenti-intermediari  l’intermediazione finanziaria è disciplinata per tipologie di attività: TUB (D.lgs.385/93): ordinamento delle attività bancarie e creditizie; TUF (D.lgs.58/98): disciplina dei mercati ordinamento dei servizi di investimento ordinamento della gestione collettiva del risparmio; Codice delle Assicurazioni Private (D.lgs. 209/2005): ordinamento dell’attività assicurativa.

5 Ordinamento dell’intermediazione finanziaria in Italia
Storico delle riforme: nel 1926, dopo le crisi economiche di inizio Novecento, viene emanata una legge che introduce regole e controlli sulle banche; dopo la crisi successiva al 1929, viene emanata la legge bancaria del 1936, che rimane in vigore fino al E’ un periodo di relativa stabilità del sistema finanziario; nel 1993 viene emanato il Testo Unico Bancario.

6 Ordinamento dell’intermediazione finanziaria in UE
La UE ha creato un ambito di libera circolazione di persone, capitali, merci e servizi. Questo vale anche per la finanza  mercato unico dei servizi finanziari e oggi anche Unione Bancaria. Storicamente gli stati aderenti all’UE avevano differenti ordinamenti  disparità concorrenziale; disparità nella tutela dei soggetti in rapporto con gli intermediari. L’obiettivo della UE è stato inizialmente quello di realizzare una «armonizzazione minima» fra gli ordinamenti per «livellare il campo»: Direttiva europea di coordinamento (1989).

7 Ordinamento dell’intermediazione finanziaria in UE
Il modello scelto si è basato sul seguente assetto: non specializzazione degli intermediari per tipi di attività svolta  modello di banca universale (possibilità di svolgere sia attività di intermediazione creditizia che mobiliare e di servizio); riserva esclusiva dell’attività di investimento collettivo in valori mobiliari a organizzazione specializzate; regolazione del grado di separatezza fra banca e impresa non finanziaria (sia «a monte» che «a valle») Questa armonizzazione minima ha permesso il «mutuo riconoscimento»: salvo eccezioni, l’ordinamento deve riconoscere e lasciar operare ogni intermediario estero, ma comunitario, in forza dell’autorizzazione dell’ordinamento di appartenenza (home country control)  principio di libertà di prestazione del servizio; principio di libertà di stabilimento nel territorio comunitario.

8 Ordinamento dell’intermediazione finanziaria in UE
Dopo la direttiva del 1989 il processo di integrazione è proseguito con interventi sempre più incisivi. Oggi si parla di «armonizzazione massima», intendendo che le regole europee non possano essere rese più stringenti o essere formulate in modo diverso nel recepimento negli ordinamenti nazionali. Ad es. MIFID (I e II) e Unione Bancaria.

9 Ragioni dei controlli Regolamentazione e vigilanza di intermediari, mercati e imprese emittenti. Ragioni: Funzione monetaria  funzionamento del sistema dei pagamenti (sicurezza, stabilità, efficienza) + politica monetaria (regolare la quantità di moneta in circolo). Tutela del risparmio e degli investitori: trasferimento risorse da unità in surplus a unità in deficit richiede fiducia  regole per emittenti e intermediari per rafforzare l’affidabilità. Esternalità negative: contagio (e corsa agli sportelli) possono creare una crisi finanziaria che riduce il credito all’economia reale. Alcune banche sono too-big-to-fail. Asimmetria informativa  adverse selection  fallimento del mercato  regole informative per aumentare la capacità di valutazione e allocazione da parte dei creditori.

10 Obiettivi dei controlli
Le ragioni spiegate possono essere raggruppati in due obiettivi: Politica monetaria (punto 1)  nell’ambito della politica economica Regolamentazione e vigilanza (punti )  per la stabilità e l’efficienza del sistema finanziario Stabilità: per tutelare il risparmiatore e garantire il sistema dei pagamenti (e quindi l’efficacia della politica monetaria) Efficienza: operativa (meno costi dell’attività finanziaria per l’economia reale: spread) e allocativa (capacità di selezionare gli impieghi più redditizi  maggior crescita economica) Interdipendenza stabilità-efficienza: Trade-off: stabilità richiede minor concorrenza e più regole che condizionano  minor efficienza: sopravvivono intermediari con performance peggiori e allocazione di risorse condizionata. Complementarietà: maggior informazione assicura più efficienza del mercato e limita l’assunzione dei rischi e la volatilità dei prezzi. Più efficienza può migliorare gli intermediari e la loro stabilità.

11 Stabilità (micro-macro prudenziale) ed efficienza
Negli ultimi anni la stabilità è stata declinata in vari obiettivi: Micro-prudenziali: sana e prudente gestione delle singole istituzioni finanziarie. Macro-prudenziali: stabilità del sistema finanziario e macroeconomico nel suo complesso  riduzione del rischio sistemico. Per quanto riguarda l’efficienza, in relazione ai mercati mobiliari, la tutela del risparmiatore richiede: trasparenza informativa  presupposto per pricing corretto degli investimenti; regole di comportamento corretto.

12 Legge bancaria 1936 VS TUB e autorità italiane
In Italia la legge bancaria del 1936 era maggiormente focalizzata sulla stabilità. Il TUB, sulla spinta della concorrenza internazionale, ha spostato l’attenzione sull’efficienza. Le autorità di controllo del sistema finanziario in Italia sono: Banca d’Italia (nel SEBC) CONSOB: commissione nazionale per le società e la borsa IVASS: istituto per la vigilanza sulle assicurazioni COVIP: commissione di vigilanza sui fondi pensione AGCM: autorità garante della concorrenza e del mercato.

13 Banca d’Italia Nasce nel 1893, in una fase di instabilità, come «istituto di emissione». Sviluppa progressivamente altre attività che la portano ad essere la banca centrale: unificazione della funzione di emissione e controllo della moneta (1926); passaggio a istituto di diritto pubblico; attività svolte per il Tesoro; autorità di vigilanza.

14 Banca d’Italia: funzioni
Politica monetaria dell’Eurosistema: il Governatore fa parte del Consiglio Direttivo BCE per definire la politica monetaria + esecuzione della stessa. Stabilità finanziaria: monitoraggio dei rischi sistemici che possono portare a crisi reale (shock di liquidità e razionamento del credito)  vigilanza macroprudenziale. Organo di vigilanza microprudenziale sugli intermediari: sana e prudente gestione. In particolare il TUB dà alla BI diversi strumenti di vigilanza: Informativa. Ispettiva (verifiche presso le sedi delle banche). Regolamentare  prudenziale. Organo di vigilanza sul sistema dei pagamenti  rafforza la fiducia del pubblico per la moneta e quindi l’efficacia della politica monetaria.

15 CONSOB Istituita nel 1974. Obiettivo: controllare il mercato mobiliare per tutelare gli investitori e il risparmio, e aumentare la trasparenza e l’efficienza del mercato stesso. Attività: Controllo sulla correttezza degli intermediari: regolamentazione dei servizi di investimento; vigilanza sulla correttezza del comportamento degli intermediari; controllo delle informazioni fornite al mercato da promotori; monitoraggio di eventuali anomalie nelle negoziazioni (insider trading, aggiotaggio…). Controllo di trasparenza degli emittenti: controllo degli obblighi informativi e delle informazioni delle società quotate e degli strumenti. autorizzazione alla pubblicazione dei documenti relativi alle offerte pubbliche. Controllo sui mercati regolamentati e sui soggetti che li gestiscono: autorizzazione all’istituzione di nuovi mercati regolamentati; vigilanza sulle società di gestione dei mercati regolamentati, sul funzionamento ordinato e trasparente delle negoziazioni.

16 IVASS (prima ISVAP) Istituita nel 1982.
Attività: vigilare sul settore assicurativo. Obiettivi: Favorire la sana e prudente gestione delle assicurazioni, favorendo nel contempo competitività e efficienza. Tutelare i consumatori con trasparenza e correttezza: trasparenza informativa, disciplina nell’offerta e nell’esecuzione dei contratti assicurativi. Analisi e ricerca sulle tariffe per supporto tecnico ai provvedimenti del governo.

17 COVIP Istituita nel 1993. Obiettivi: assicurare la funzionalità del sistema di previdenza complementare. Attività: Vigilanza sulla correttezza e sulla trasparenza: autorizzazione dei fondi pensione, monitoraggio dell’adeguatezza organizzativa e rispetto della trasparenza. Analisi e ricerca sull’andamento delle attività previdenziali. Ha rapporti con le altre autorità che controllano gli intermediari che possono gestire i fondi pensione.

18 AGCM Istituita nel 1990. Obiettivi:
garantire la libertà d’impresa: libero accesso al mercato e pari opportunità di competizione; far sì che la libera concorrenza favorisca i consumatori (prezzi e qualità migliori). Attività: reprimere comportamenti che limitino la libertà di concorrenza: intese abusi di posizione dominante operazioni di concentrazione «pericolose». Si coordina con la Banca d’Italia per le operazioni di concentrazione tra banche: l’AGCM verifica gli effetti sulla concorrenza, la BI verifica la stabilità (sana e prudente gestione).

19 Autorità di controllo: modelli organizzativi
Schema istituzionale: divisione in base alla prevalente specializzazione degli intermediari (banche, intermediari mobiliari, assicurazioni). Schema per obiettivi: obiettivi di stabilità, o correttezza e trasparenza a tutela degli investitori. Schema integrato: unica autorità per settori e obiettivi  visione unitaria (minor problema coordinamento e maggior controllo interdipendenze). Schemi ibridi, come l’Italia: schema per obiettivi 1-CONSOB  tutela gli investitori, 2-Banca Italia+IVASS+COVIP  stabilità, divisi in base ad uno schema istituzionale. Con lo sviluppo di intermediari universali lo schema istituzionale viene meno. Oggi tendenza verso schemi integrati. Non c’è uno schema ottimo, ma ogni Paese ha soluzioni legate all’evoluzione storica e in base al proprio sistema finanziario, culturale e politico.

20 Strumenti di vigilanza
Gli strumenti della vigilanza possono essere classificati in base alle finalità: Regolamentare: Strutturale Prudenziale Informativa e ispettiva Protettiva.

21 Vigilanza strutturale
Controlla la struttura del mercato, determinandone la configurazione più idonea a raggiungere stabilità ed efficienza. Dalla struttura del mercato deriva infatti il comportamento (concorrenziale) degli intermediari e quindi la stabilità e la performance (efficienza) degli stessi e del mercato. Una maggiore concorrenza può favorire l’efficienza, ma può minare la stabilità. Si influisce, quindi, sulla dimensione degli intermediari e sul mix produttivo che questi offrono, intervenendo su: numero di imprese e quote di mercato  vincoli all’entrata sul mercato (nuovi intermediari o nuove sedi) e vincoli su fusioni, acquisizioni, passaggi di quote di controllo… assetto proprietario (controllo societario), quali attività ogni categoria di intermediario può svolgere, quantità e prezzi.

22 Vigilanza prudenziale
Indica i criteri di gestione a cui gli intermediari devono attenersi al fine di ridurre il rischio. Condiziona meno rispetto agli interventi strutturali. E’ la componente più importante del quadro di vigilanza. Per quanto riguarda le banche, si basa: sugli Accordi sul Capitale di Basilea; sulla direttiva europea 2013/36/UE del 26 giugno 2013 (CRD IV), sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento; sul Regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR), sui requisiti prudenziali del Primo Pilastro e sull’informativa al pubblico (Terzo Pilastro); sulla regolamentazione applicativa data dalla Circolare 263 del 2006 della Banca d’Italia con i suoi successivi aggiornamenti.

23 Art. 53 TUB, Comma 1 La Banca d'Italia emana disposizioni di carattere generale aventi a oggetto: a) l'adeguatezza patrimoniale; b) il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni; c) le partecipazioni detenibili; d) il governo societario, l'organizzazione amministrativa e contabile, nonché i controlli interni e i sistemi di remunerazione e di incentivazione; d-bis) l’informativa da rendere al pubblico sulle materie di cui alle lettere da a) a d).

24 Vigilanza prudenziale e rischi valutati
Il Comitato di Basilea (Basel Committee on Banking Supervision – BCBS) viene istituito nel 1974. Nel 1988 il Comitato di Basilea stila il primo “Accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali”, Basilea 1, nel quale istituisce il capitale di vigilanza (almeno pari all’8% delle attività ponderate per il rischio). Rischi considerati: credito e, dal 1996, mercato. Nel 2004 secondo accordo, Basilea 2, che inserisce anche il rischio operativo. Nel 2010 terzo accordo, Basilea 3, che aggiunge il rischio di liquidità.

25 Vigilanza prudenziale: Basilea 2
Si è in una fase di transizione del cosiddetto accordo di Basilea 2 a quello di Basilea 3 (e già verso il cosiddetto Basilea 4). Basilea 2 si componeva di 3 pilastri: Requisiti patrimoniali a fronte dei rischi finanziari (credito, controparte, mercato) e dei rischi operativi, valutati con metodologie tecniche di base o avanzate (più complesse, che richiedono maggiori competenze, ma permettono un risparmio di capitale), si richiede un patrimonio di vigilanza (con varie componenti) minimo  la sommatoria delle attività della banca ponderate per il rischio deve avere una copertura di patrimonio pari almeno all’8%. Adeguatezza del processo di controllo prudenziale: ogni banca (o gruppo) deve avere processi e strumenti idonei alla valutazione dei rischi (anche non previsti nel primo pilastro). 2 fasi in UE: Internal Adequacy Assessment Process – ICAAP: interno alla banca; Supervisory Review and Evaluation Process - SREP: verifica della Banca d’Italia/BCE della consistenza dell’ICAAP.

26 Vigilanza prudenziale
Obblighi di informazione al pubblico: rendere pubbliche le condizioni di adeguatezza patrimoniale e di esposizione ai rischi (e dei sistemi adottati per misurarli e gestirli) per una efficace valutazione della solidità patrimoniale della banca e dei rischi  disciplina di mercato che chieda il giusto premio per il rischio. Altri strumenti prudenziali riguardano regole: sulla concentrazione dei rischi (crediti a una singola controparte non sopra il 25% del patrimonio di vigilanza); per la gestione del rischio di liquidità (trasformazione scadenze); sulle partecipazioni non finanziarie detenibili (oltre al limite di concentrazione, anche limite complessivo del 60% del patrimonio); sull’organizzazione amministrativa e contabile e sul sistema dei controlli interni.

27 Vigilanza prudenziale: da Basilea 2 a Basilea 3
La crisi del ha mostrato l’inadeguatezza di Basilea 2 per vari motivi: Pro-ciclicità. Carenza di capitale, sia per la scarsa ponderazione ad esempio del trading book e degli impegni fuori bilancio come le cartolarizzazioni, sia per il deterioramento della qualità del capitale con gli strumenti ibridi. Mancanza di regole di gestione della liquidità e dell’equilibrio delle scadenze tra attivo e passivo (troppo finanziamento a brevissimo sull’interbancario). Mancanza di una regolamentazione macro-prudenziale, cioè del rischio sistemico. Per questo, pur mantenendo l’impianto a tre pilastri, l’accordo sul capitale è stato ampiamente modificato  Basilea 3.

28 Basilea 3 Modifiche ai vari pilastri: Primo pilastro:
Rafforzamento del capitale: Rafforzamento della componente di common equity Capital conservation buffer Countercyclical buffer Maggiore copertura dei rischi: trading book, cartolarizzazioni, derivati (favorito l’uso delle clearing house)… Leverage ratio per il contenimento del leverage Secondo pilastro: indicazioni sulla misurazione dei rischi sulle cartolarizzazioni, concentrazione del rischio, incentivi ad un’ottica di lungo periodo, prassi remunerative di sana gestione… Terzo pilastro: maggiori informazioni sui veicoli fuori bilancio, maggior disclosure sulle componenti del capitale di vigilanza…

29 Basilea 3: rafforzamento del capitale
Innalzamento della qualità e del livello del patrimonio di vigilanza. Requisiti previsti da Basilea III, calcolati sui risk-weighted assets (RWA - attività ponderate per il rischio): coefficiente minimo di patrimonio di prima qualità, Common Equity Tier 1 (CET1), fissato al 4,5% dei RWA; Tier 1 minimo al 6% dei RWA; patrimonio di vigilanza minimo all'8% dei RWA; ulteriori capital buffer: Capital Conservation Buffer e Counter-cyclical Buffer. Il patrimonio di vigilanza complessivo è composto da: 1. Patrimonio di base o Tier 1 (in grado di assorbire le perdite in condizioni di continuità d’impresa o going concern), composto a sua volta da CET1 + Tier 1 aggiuntivo. 2. Patrimonio supplementare o Tier 2 (in grado di assorbire le perdite in caso di crisi o gone concern).

30 Basilea 3: rafforzamento del capitale – Tier 1
Il Tier 1, patrimonio di base, è costituito in misura preponderante da azioni ordinarie e riserve di utili non distribuiti; la quota residua deve essere composta da strumenti subordinati che corrispondano dividendi o interessi in modo totalmente discrezionale, non cumulativo e non presentino né una data di scadenza né incentivi al rimborso anticipato. Il CET1 si compone di azioni ordinarie (o strumenti equivalenti per le banche costituite in forma diversa dalla SpA), eventuali sovrapprezzi azioni derivanti dall’emissione di strumenti ricompresi nel CET1, riserve di utili, riserve da valutazione e altre riserve, azioni ordinarie emesse da filiazioni consolidate della banca e detenute da soggetti terzi.

31 Basilea 3: rafforzamento del capitale – Tier 2
Il Tier 2, patrimonio supplementare utile per assorbire le perdite in caso di crisi, è composto da strumenti emessi e interamente versati, subordinati rispetto ai depositi e ai crediti chirografari della banca, non garantiti, con scadenza minima originaria di almeno cinque anni e senza incentivi al rimborso anticipato, che non siano stati acquistati dalla banca o da una collegata o da un soggetto che la banca ha finanziato direttamente o indirettamente per l’acquisto dello strumento… Oltre agli strumenti emessi dalla banca che soddisfano i criteri di computabilità nel patrimonio supplementare, fanno parte del Tier 2: il sovrapprezzo azioni derivante dall’emissione di strumenti ricompresi nel patrimonio supplementare, gli strumenti emessi da filiazioni consolidate della banca e detenuti da soggetti terzi che soddisfano i criteri di computabilità nel patrimonio supplementare, e gli accantonamenti per perdite su crediti.

32 Basilea 3: rafforzamento del capitale – Buffer
Introduzione del Capital Conservation Buffer (Buffer di conservazione del capitale), una riserva patrimoniale di CET1 che dovrà raggiungere il 2,5% dei RWA, in aggiunta al 4,5% di requisito minimo. Qualora il capitale della banca scenda all’interno dell’intervallo del buffer (sopra il 4,5%, ma sotto il 7%), la banca non è tenuta ricapitalizzarsi e può continuare la propria operatività, ma sarà assoggettata a vincoli nella distribuzione del capitale (ad es. vincoli sui dividendi).

33 Basilea 3: rafforzamento del capitale - Buffer
Introduzione del Counter-cyclical Capital Buffer: ulteriore requisito per contrastare la pro-ciclicità e attenuare l’impatto delle fluttuazioni del ciclo finanziario; può essere costituito anche da strumenti diversi dal common equity, purché altamente capaci di assorbire perdite; l’ampiezza del buffer sarà compresa tra 0 e il 2,5% delle attività ponderate per il rischio. Sarà attivato dalle autorità nazionali su base occasionale: nei momenti di crisi il buffer verrà ridotto, mentre in quelli di forte espansione del credito verrà innalzato (in questo momento la Banca d’Italia lo ha fissato allo 0%).

34 Basilea 3: leverage ratio
Il Leverage Ratio indica il livello massimo di indebitamento relativo che le singole banche possono assumere. TIER 1 >= 3% IMPIEGHI NON PONDERATI + ATTIVITA' FUORI BILANCIO(*100%) Ha vari obiettivi: contenere l’accumulo di leva finanziaria per evitare che la banca diventi troppo fragile; evitare processi pro-ciclici destabilizzanti con fasi di accumulo della leva e fasi di deleveraging; introdurre una sorta di protezione contro il “rischio di modello”, ossia che i metodi usati per la stima dei coefficienti di ponderazione sottostimino i rischi effettivi e quindi il fabbisogno di capitale.

35 Basilea 3: liquidità e SIFIs
Oltre ai tre pilastri sono state aggiunte due componenti: Requisiti di liquidità: Liquidity coverage ratio – LCR: attività liquide di alta qualità / deflussi di cassa netti prevedibili in 30 giorni in uno scenario di stress acuto > 100% Net stable funding ratio – NSFR: provvista stabile disponibile / ammontare richiesto di provvista stabile > 100%, orizzonte annuale (non in uno scenario di stress). Istituzioni finanziarie sistemiche (SIFIs), tra cui le banche sistemiche (G-SIBs): determinate non solo sulla base della grandezza (too-big-to-fail), ma anche dell’interconnessione con il resto del sistema finanziario  richiesta di maggior capitale. L’accordo di Basilea 3 entra in vigore lentamente e sarà pienamente attuato nel 2019.

36 Basilea 3: banche sistemiche (G-SIBs)  criteri
Categoria Indicatore Peso Cross-jurisdictional activity Cross-jurisdictional claims 10% Cross-jurisdictional liabilities Size Total exposures as defined for use in the Basel III leverage ratio 20% Interconnectedness Intra-financial system assets 6.67% Intra-financial system liabilities Securities outstanding Substitutability/financial institution infrastructure Assets under custody Payments cleared and settled through payment systems Values of underwritten transactions in debt and equity markets Complexity OTC derivatives notional value Level 3 assets Held for trading and available for sale securities

37 Basilea 3: raggruppamenti delle G-SIBs e add-on di CET1 (2018)

38 Basilea 3

39 Verso Basilea 4 Il Comitato di Basilea ha previsto un ulteriore evoluzione della regolamentazione che entrerà in vigore dal 1°gennaio 2019 con piena applicazione nel Innovazioni: Per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito: nuovo approccio standardizzato; vincoli all’utilizzo dell’approccio basato sui modelli interni (Internal Rating Based, IRB); output floor, che fisserà un livello minimo ai requisiti patrimoniali calcolati sulla base degli IRB pari, a regime, al 72,5 % di quelli calcolati sulla base dei metodi standardizzati, per ridurre il rischio modello e l’eccessiva variabilità nel calcolo delle attività ponderate per i rischi, favorendo trasparenza e parità concorrenziale.

40 Verso Basilea 4 Per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio operativo: nuovo approccio standardizzato, che sostituirà tutti gli attuali approcci, incluso il Metodo Avanzato di Misurazione, cioè il modello interno. Buffer addizionale di Leverage Ratio per le G-SIB fissato al 50% del suo buffer di capitale basato sugli RWA (ad es. banca con buffer del 2%, avrà un buffer di Leverage Ratio dell'1% e quindi Leverage Ratio minimo del 4%). Inoltre, si discute di modificare: la modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali per il rischio di mercato; il trattamento della cartolarizzazione il trattamento delle esposizioni rilevanti e dei titoli di stato i requisiti di trasparenza previsti dal terzo pilastro.

41 Rischio di credito 3 Metodi:
Metodo standardizzato: la valutazione del soggetto affidato o da affidare sarà effettuata da agenzie di rating esterne appositamente autorizzate dall’Autorità di Vigilanza (ECAI - External Credit Assessment Institution). A seconda del rating attribuito, verrà utilizzata una ponderazione diversa per il calcolo dell’accantonamento di capitale. Ad es.:

42 Rischio di credito Metodi internal rating based (IRB).
Le metodologie IRB prevedono quattro componenti per il calcolo del rischio di credito, che determinano le possibili perdite future di un prestito: PD, LGD, EAD, e M (maturity). IRB Foundation: la PD viene stimata dalla banca, mentre gli altri coefficienti sono fissati dalla regolamentazione; IRB Advanced: per banche che hanno sviluppato strumenti di controllo del credito evoluti ed affidabili  tutti i coefficienti sono stimati dalla banca.

43 Basilea – 2° pilastro: SREP
Lo SREP è il principale strumento di supervisione off-site per assicurare la sana e prudente gestione della banca, verificando l’adeguatezza del capitale e della liquidità a fronte di tutti i rischi assunti. E’ previsto nell’Unione Europea dall’art. 97 della «CRD IV» e segue le linee guida EBA. Ma è una best practice internazionale (BCBS, FSB). E’ un’analisi integrata quantitativa e qualitativa, banca per banca, su: adeguatezza del capitale e della liquidità a fronte dei rischi assunti; adeguatezza dell’assetto di governo societario e controllo dei rischi; sostenibilità del modello di business. Per le «Significant Institutions», lo SREP viene svolto nell’ambito del Single Supervisory Mechanism, con metodologia comune, dai Joint Supervisory Teams.

44 Uno sguardo al processo complessivo:
Basilea – 2° pilastro: SREP Uno sguardo al processo complessivo: Piani di risanamento e di risoluzione Supervisione on-going Intervento precoce Gestione della crisi SREP

45 Basilea – 2° pilastro: SREP
Si conclude con l’assegnazione di un giudizio complessivo (rating 1-4) cui è commisurata l’intensità dell’azione di vigilanza: misure ordinarie: misure quantitative sul capitale e sulla liquidità, altre misure di vigilanza; early intervention (artt BRRD): misure di vigilanza ancora più stringenti, rimozione di manager, temporary administrator…

46 Basilea – 2° pilastro: SREP e misure sul capitale

47 Vigilanza informativa
La vigilanza informativa mira ad un monitoraggio continuo della salute delle banche da parte dell’autorità di vigilanza. La normativa serve a tutelare la parte considerata debole o inconsapevole e riguarda non solo alle banche, ma tutti gli intermediari. Ad es. TUB artt sul credito al consumo: attenzione alla trasparenza delle condizioni e alla disciplina del tasso annuo effettivo.

48 Vigilanza informativa
Articolo 51 TUB: Le banche inviano alla Banca d'Italia, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci con le modalità e nei termini stabiliti dalla Banca d'Italia. A livello quantitativo, la matrice dei conti (Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 – 10° aggiornamento 28/12/2017) è il principale strumento di acquisizione di dati statistico-contabili sulla situazione delle banche. La sua base informativa consente di effettuare analisi sistematiche sui profili tecnici aziendali e di verificare il rispetto degli istituti di vigilanza prudenziale. Sezione I : dati statistici mensili Sezione II: altri dati statistici Sezione III: Informazioni finanziarie armonizzate per il Meccanismo di Vigilanza Unico e altri dettagli informativi Sezione IV: patrimonio di vigilanza e coefficienti prudenziali.

49 Vigilanza informativa
Art TUB: informativa al mercato (complementare al terzo pilastro di Basilea) per trasparenza e pubblicità delle condizioni contrattuali applicate: forme contrattuali, informazioni su tassi, prezzi, condizioni economiche, forme di pubblicità utilizzabili, comunicazioni periodiche alla clientela, regole di modifica unilaterale, ipotesi di trasferimento ed estinzione dei contratti, La vigilanza informativa, assieme al terzo pilastro di Basilea, cerca di raggiungere l’obiettivo di trasparenza e correttezza: mercato efficiente  corretto pricing, che rifletta tutta l’informazione disponibile  riduce lo svantaggio informativo degli investitori con i conseguenti fenomeni di adverse selection.

50 Vigilanza ispettiva L’art. 54 del TUB stabilisce che la Banca d’Italia può effettuare ispezioni presso le banche e richiedere l’esibizione di documenti e atti ritenuti necessari. Fasi del processo ispettivo: Pre-ispettiva: al fine di individuare gli aspetti tecnici o gestionali meritevoli di approfondimento. Accertativa: verifica presso l’intermediario. Rappresentativa: formalizzazione in un documento degli esiti della visita ispettiva.

51 Vigilanza protettiva Strumenti applicati per gestire le situazioni di crisi degli intermediari, per tutelare i risparmiatori, specialmente quelli «non consapevoli». Due ambiti di intervento: Evitare che situazioni di temporanea difficoltà sfocino in crisi irreversibili: utilizzando i flussi informativi dagli intermediari alla vigilanza (vigilanza informativa), cercare tecniche di «allarme preventivo»; affrontare situazioni di illiquidità con rifinanziamenti della Banca Centrale; in casi più seri, sostituire gli organi amministrativi e di controllo: «amministrazione straordinaria».

52 Vigilanza protettiva In casi di crisi irreversibile, liquidare l’intermediario, con l’intervento di «fondi di garanzia» per: tutelare i risparmiatori limitare il rischio sistemico: a fronte di una crisi bancaria, i risparmiatori non devono perdere la fiducia nel sistema finanziario (questo è rilevante anche per le precedenti situazioni di crisi temporanea). Quindi, prima della recente riforma legata al Single Resolution Mechanism (SRM), vi erano due procedure di gestione delle crisi condotte dalla Banca d’Italia: amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa. Anche dopo la riforma, queste procedure continuano ad esistere, ma la liquidazione coatta amministrativa non si applica alle banche di importanza sistemica.

53 Amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa
Amministrazione Straordinaria (artt TUB): Comporta lo scioglimento degli organi della banca, Le cause sono: gravi irregolarità o gravi violazioni di legge o dello statuto; previsione di gravi perdite di patrimonio; richiesta motivata da parte dell’assemblea straordinaria o dagli organi amministrativi. Liquidazione coatta amministrativa (artt TUB): Comporta la revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria Viene deliberata dal Ministro dell'economia e delle finanze su proposta della Banca d'Italia, quando le irregolarità nell'amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie o le perdite previste dall'articolo 70 siano di eccezionale gravità.

54 Fondi di garanzia dei depositi
FITD (fondo interbancario di tutela depositi): consorzio supervisionato dalla Banca d’Italia a cui devono aderire tutte le banche italiane ad esclusione delle BCC. FGD (fondo di garanzia depositi): consorzio supervisionato dalla Banca d’Italia a cui devono aderire le banche con forma di credito cooperativo e le casse rurali Il sistema finanziario si basa sul contenuto fiduciario, se si genera una sfiducia generalizzata  esternalità negativa (contagio) con ondata di ritiro di depositi  si aggrava la crisi con connessa crisi reale causata da: a) credit crunch, b) disfunzioni del sistema dei pagamenti. Il Single Resolution Mechanism, che vedremo, può creare problemi di fiducia nei risparmiatori (aumento del costo della raccolta bancaria e rischi sistemici).

55 Le recenti riforme: schema di vigilanza europeo
La globalizzazione della finanza determina la perdita di efficacia dei controlli ristretti agli ambiti nazionali. Dimensione sovranazionale della vigilanza. L’Unione Europea, dopo la crisi del 2008 ha radicalmente modificando le modalità di vigilanza. Dal 2010 si è sviluppato un nuovo sistema denominato ESFS: European System of Financial Supervision. L’EFSF si compone di due aree: Vigilanza micro-prudenziale  European Supervisory Authorities – ESA, con 3 autorità che interagiscono con le autorità nazionali: European Banking Authority – EBA: vigilanza bancaria European Securities and Markets Authority – ESMA: vigilanza mobiliare European Insurance and Occupational Pensions Authority – EIOPA: vigilanza assicurativa e fondi pensione Vigilanza macro-prudenziale  European Systemic Risk Board – ESRB: monitora i rischi sistemici e cerca early warnings.

56 Verso l’Unione Bancaria
La crisi del debito sovrano, a partire dal 2010, ha ulteriormente accelerato la spinta riformatrice. Obiettivo: spezzare la spirale tra crisi bancaria e crisi dei debiti sovrani. 3 pilastri: Single Supervisory Mechanism – SSM: la BCE controlla direttamente le più importanti banche dell’Eurozona (e dei Paesi UE non Euro che vorranno aderire) da Novembre Prima ha svolto un «Comprehensive Assessment». Oggi sono 118 i gruppi bancari (totale attivo sopra i 30 miliardi di euro, o attivo > 20% del PIL del paese di riferimento, o una delle tre banche più grandi del paese) che coprono oltre l’80% dell’attivo bancario dell’area Euro. Gli altri intermediari rimangono sotto la supervisione delle autorità nazionali, ma la BCE può decidere in ogni momento di controllarli direttamente. Si vedano ad es. slide sullo SREP.

57 Verso l’Unione Bancaria
Single Resolution Mechanism – SRM: il regolamento Europeo 806/2014, e la direttiva 2014/59/UE «Bank Recovery and Resolution Directive» (BRRD), stabiliscono regole e una procedura uniforme per la gestione delle crisi bancarie e un fondo unico per il salvataggio. Il 1/1/2015 è entrato in funzione il Single Resolution Board (SRB). Deposit Guarantee Scheme – DGS: ancora da approvare. Però dal 12/6/2014 è entrata in vigore la direttiva 2014/49/EU “Directive on Deposit Guarantee Scheme” (DDGS), che assicura che i depositi bancari in tutti gli stati membri devono essere garantiti fino a € per depositante per banca.

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59 BRRD La BRRD può essere divisa in 3 aree, che corrispondono a 3 diverse fasi: Preparazione e prevenzione: la banca e le autorità preparano un recovery plan (ECB-SSM) e un resolution plan (SRB-SRM) che includa il Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities (MREL); «Early intervention»: l’autorità di vigilanza (ECB-SSM) chiede di implementare il recovery plan o di cambiare la strategia di business. In casi più gravi può rimuovere managers o mandare un amministratore straordinario. Risoluzione: SRM gestito dall’autorità di risoluzione (SRB). Piani di risanamento e di risoluzione Supervisione on-going Intervento precoce Gestione della crisi

60 Single Resolution Mechanism
OBIETTIVI: gestire in maniera accentrata le crisi bancarie nell’eurozona, in modo da assicurare la continuità delle funzioni critiche dell’istituzione ed evitare effetti negativi sul sistema finanziario e ricadute sull’economia reale; evitare che sia il tax payer a subire i costi delle crisi. ORGANI PRINCIPALI: Single Resolution Board (Comitato di Risoluzione Unico) - SRB; autorità di risoluzione nazionali; Fondo di Risoluzione Unico (alimentato dalle banche).

61 Single Resolution Mechanism
FASI DEL PROCESSO: la BCE comunica al comitato lo stato di dissesto di una banca; il comitato decide se intervenire; se interviene adotta un programma di risoluzione altrimenti mette la banca in liquidazione; il comitato controlla che le autorità nazionali di risoluzione attuino il programma. RESOLUTION TOOLS: vendita di attivi o di aree di business; costituzione di una “Bridge institution” per permettere di far continuare le principali funzioni della banca trasferendogli gli attivi “buoni”; creazione di una “Bad bank” (che non è una banca!) alla quale trasferire gli attivi “non buoni” per farglieli gestire; bail-in.

62 Single Resolution Mechanism: cos’è il bail-in?

63 Bail-in: strumenti eligible

64 DGS e EDIS Come già detto, con la direttiva 2014/49/EU, i sistemi di garanzia dei depositi (DGS) delle varie nazioni dell’UE sono stati armonizzati: vi devono essere uno o più DGS in ogni nazione; tutte le banche devono parteciparvi e finanziarli e la contribuzione deve riflettere il livello di rischio della banca; devono assicurare la copertura dei depositi fino a € ; per il 2024 i mezzi finanziari dei DGS dovrebbero raggiugere un livello obiettivo di almeno lo 0,8% dell’ammontare dei depositi assicurati; il DGS può anche essere usato, sotto stretti vincoli, per “early intervention” per prevenire un fallimento bancario. Nel novembre 2015 la Commissione Europea ha proposto di istituire un European deposit insurance scheme (EDIS) per l’area Euro. L’EDIS ridurrebbe la vulnerabilità dei DGS nazionali e indebolirebbe il legame tra banche e stati di appartenenza. Però non vi è stato accordo politico per finalizzare l’EDIS.

65 Riforme: un quadro di riepilogo
Basilea 3/4: migliorare la qualità e la quantità del patrimonio di vigilanza; agire sul livello di indebitamento delle banche; introdurre due coefficienti per scongiurare il rischio di liquidità; introdurre meccanismi per limitare la prociclicità. Europea market infrastructure regulation: innalzare la trasparenza e stabilità sui mercati non regolamentati standardizzare le forme contrattuali dei derivati concentrare le negoziazioni in mercati ufficiali regolamentare gli scambi presso clearing house comunicare le condizioni di negoziazione Unione Bancaria: sistema di supervisione unico (Single Supervisory Mechanism, SSM) sistema di risoluzione delle crisi (SRM) garanzia dei depositi a livello europeo (DGS) …per assicurare la stabilità del sistema i regolatori e le autorità di vigilanza a livello internazionale hanno riconsiderato la possibilità di collegare le riforme di tipo prudenziali a riforme di tipo strutturale…

66 Riforme strutturali? Rapporto Liikanen in Europa: separazione giuridica di attività finanziare particolarmente rischiose dall’attività di raccolta di depositi delle banche. Rapporto Vickers nel Regno Unito: regime di separazione tra banca retail e banca d’investimento. Volcker Rule (nel Dodd-Frank Act) negli USA: separazione strutturale che non permette alle banche di tipo commerciale di effettuare trading proprietario.

67 Rapporto Liikanen Mentre l’Unione Europea cerca di implementare le linee guida di Basilea 3 e rilancia sull’Unione Bancaria puntando a una supervisione unica europea affidata alla BCE, viene presentato a Bruxelles il 2 Ottobre 2012 il rapporto elaborato da un gruppo di esperti guidati da Erkki Liikanen (Presidente della banca centrale di Finlandia). Il Rapporto Liikanen si pone come obiettivo quello di rivedere l’architettura delle banche e lo fa attraverso cinque raccomandazioni principali: la separazione legale dalle attività della banca del trading proprietario e di altre attività di trading significative sopra una certa soglia; la necessità che le banche disegnino e mantengano in funzione realistici ed efficaci piani di resolution; l’uso di strumenti di bail-in  SRM; l’applicazione di maggiori pesi per il rischio nella determinazione del capitale minimo ( targeted review of internal models, TRIM); la necessità di aumentare le riforme esistenti sulla corporate governance.

68 Commissione Vickers Nel 2011 una Commissione indipendente nominata dal Governo Inglese per la riforma del sistema finanziario propone un rapporto in cui sono presenti una combinazione di misure di vigilanza strutturale e regole di patrimonializzazione. La Commissione Vickers propone di introdurre una separazione fra la banca retail, che raccoglie depositi ed eroga prestiti, e la banca d’investimento, che opera in titoli nei mercati finanziari. Il rapporto prevede una pluralità di interventi regolamentari: rafforzamento del patrimonio delle banche; procedure rapide ed efficaci per la gestione di crisi di intermediari; regime di separazione tra banca retail e banca di investimento; emissione di strumenti di debito convertibili in capitale.

69 Volcker-Rule La Volcker-Rule è un insieme di norme inserite nella più ampia riforma denominata «Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act» che è iniziata ad entrare in vigore nel 2012, ma non è ancora del tutto implementata dato che mancano alcuni regolamenti attuativi. La Volcker rule separa le attività di "commercial" da quelle di "investment" banking e ha lo scopo di tutelare i risparmiatori da attività troppo speculative ed evitare nuovi crack finanziari, rendendo più stabile il sistema creditizio. Tra le altre prescrizioni, la norma limita l’attività speculativa («proprietary trading») delle banche, che non possono investire i propri capitali in Borsa, su strumenti come derivati e quote di hedge funds, per una quota al di sopra del 3%. Il presidente USA, Trump, sta ora proponendo la modifica della norma. Fonte:

70 Regolamentazione di mercati ed assicurazioni
Oltre ad una radicale riforma della regolamentazione del sistema bancario, in Europa si stanno sviluppando altre radicali riforme del sistema finanziario: per quanto riguarda le assicurazioni, si ricorda l’entrata in vigore nel 2016 di Solvency II; per quanto riguarda i mercati finanziari, si segnala il progetto di riforma che mira ad una unificazione dei mercati finanziari, la «Capital Market Union».

71 MIFID Il mercato finanziario Europeo è già molto integrato.
Le direttive MIFID (Markets in Financial Instruments Directive) hanno come obiettivo lo sviluppo di un mercato unico dei servizi finanziari in Europa, nel quale siano assicurate la trasparenza e la protezione degli investitori. Si è consentito alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta l’Unione, nel quadro del mercato unico, sulla base della vigilanza dello Stato membro d’origine. Si è regolamentato il servizio di consulenza richiedendo la tutela dell’investitore fondata sulla valutazione di adeguatezza.

72 MIFID 2 La crisi ha poi evidenziato la necessità di rafforzare la regolamentazione dei mercati finanziari, anche quando la negoziazione avviene fuori borsa (OTC), al fine di aumentare la trasparenza, tutelare meglio gli investitori, rafforzare la fiducia, includere i settori non regolamentati e assicurare che le autorità di vigilanza dispongano di poteri adeguati  MIFID 2 (e MiFIR “Markets in Financial Instruments Regulation”: Regolamento 15/5/2014, n.600, self executing). Dal 3 gennaio 2018 è in vigore la MIFID 2. La MIFID 2 ha rafforzato la vigilanza su tutti i mercati, inclusi gli OTC (seguendo la direttiva EMIR) e le operazioni su commodities. Ad es. aumenta la trasparenza prima e dopo la vendita. Si richiede alle società che operano sui mercati OTC di segnalare gli scambi in specifici report di post trading, pubblicati tempestivamente. Questi dati di post trading vengono poi consolidati a livello Europeo.

73 MIFID 2 In materia di consulenza finanziaria:
Alla base del servizio di consulenza resta sempre la tutela dell’investitore fondata sulla valutazione di adeguatezza. Tale valutazione si basa sulla raccolta di informazioni sul cliente: conoscenze ed esperienze in materia di investimenti riguardo al tipo di specifico di prodotto o servizio, situazione finanziaria e capacità di sostenere eventuali perdite, obiettivi di investimento stabilendo la tolleranza al rischio. Il personale deve essere qualificato. Le imprese non possono prevedere meccanismi di remunerazione che incentivino il personale a raccomandare determinati strumenti invece che quelli più idonei alle esigenze del cliente. I costi devono essere indicati ai clienti chiaramente e in modo aggregato affinché sia immediatamente evidente l’ammontare complessivo.


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