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Disturbi del Comportamento Alimentare

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Presentazione sul tema: "Disturbi del Comportamento Alimentare"— Transcript della presentazione:

1 Disturbi del Comportamento Alimentare
I disturbi del comportamento alimentare sebbene caratterizzati da sintomi differenti sono tutti accomunati da un alterato consumo o assorbimento di cibo in grado di inficiare gravemente la salute fisica e mentale della persona. Possono essere riassunti in tre categorie: - anoressia nervosa; - bulimia nervosa; - disturbo da alimentazione incontrollata.

2 Anoressia Nervosa L’anoressia nervosa solitamente ha una esordio graduale caratterizzato da una mancanza di appetito fino ad arrivare alla sua totale scomparsa. I sintomi principali riguardano: significativa perdita di peso; alterata percezione del proprio corpo, accompagnata dalla paura di ingrassare; eccesso di attività fisica; mancata consapevolezza del proprio disturbo, nonostante le evidenze mediche.

3 Bulimia Nervosa Si manifesta attraverso momenti in cui si presenta un impulso irrefrenabile ad assumere cibo solitamente ipercalorico; l’impulso è solitamente seguito da comportamenti chiamati “compensatori” in quanto finalizzati a smaltire in maniera immediata la quantità di cibo ingerita durante “l’abbuffata”come: vomito autoindotto, uso di lassativi, digiuno prolungato. La bulimia è spesso più difficile da diagnosticare in quanto le persone presentano una maggiore stabilità del

4 Bulimia nervosa peso corporeo e le “crisi” avvengono in solitudine senza la possibilità che qualcuno se ne accorga. Anoressia e Bulimia colpiscono prevalentemente il sesso femminile e la fascia di età più a rischio è quella compresa fra i 15 e i 25 anni.

5 Disturbo da alimentazione incontrollata
Questo disturbo si caratterizza per la presenza di “abbuffate” simili a quelle bulimiche, senza la presenza di comportamenti compensatori. A differenza di anoressia e bulimia questo disturbo colpisce tutte le fasce di età e non fa distinzione di genere sessuale.

6 Modello multifattoriale di Garner
David Garner psicologo statunitense che tratta da moltissimi anni disturbi di questo genere ha elaborato un modello multifattoriale che prevede nella genesi di queste patologie tre tipologie di fattori: Fattori predisponenti; Fattori precipitanti; Fattori perpetuanti.

7 Fattori predisponenti
Tra i fattori predisponenti Garner elenca: -fattori genetici/ereditari: sembrerebbe infatti che i figli di persone anoressiche tendono a presentare con più facilità il disturbo; concordanza per gemelli omozigoti; -fattori fisiologici: il meccanismo di neurotrasmissione che regola il senso di fame in questi soggetti risulterebbe alterato

8 Fattori predisponenti
-fattori socioculturali: contesti di vita in cui la magrezza viene vissuto come un ideale da esaltare favorirebbero l’insorgenza di problemi di questo tipo; - fattori psicologici: caratteristiche psicologiche come la tendenza al perfezionismo, la paura di perdere il controllo, la bassa autostima, la difficoltà ad esprimere le proprie emozioni sono comuni nelle persone che soffrono di questi disturbi.

9 Fattori precipitanti Sono quelli che determinano l’inizio del disturbo. Sono perlopiù eventi di vita in cui il disturbo trova più facilità di emergere, fra questi ricordiamo: Momento delle trasformazioni fisiche dettate dalla pubertà e dall’adolescenza,l’adolescente che fatica a riconoscere le trasformazioni del proprio corpo è maggiormente esposto all’esordio del disturbo;

10 Fattori precipitanti Critica all’aspetto fisico: la critica all’aspetto fisico può colpire duramente la persona a cui è rivolta, specialmente se proveniente da un figura importante e può precipitare nell’esordio di una forma di anoressica o bulimica; Traumi infantili: negli ultimi anni l’evidenza clinica ha dimostrato come una percentuale fra il 30 e il 50% delle persone con questo tipo di problemi

11 avesse vissuto situazioni traumatiche nel passato come lutti, abbandoni, violenze fisiche e psicologiche.

12 Fattori perpetuanti. Spesso risulta difficile intervenire sulle abitudini alimentari scorrette a causa di fattori chiamati perpetuanti che ne amplificano l’intensità ed appunto la durata nel tempo. Questi fattori spesso consistono in condizioni psicologiche come: la depressione, scarsa capacità di concentrazione, isolamento e instabilità emotiva.

13 I soggetti più a rischio
I disturbi del comportamento alimentare sono anche definiti come disturbi etnici, tipici quindi della società occidentale caratterizzata da un’ampia disponibilità di cibo. La conclusione che ne possiamo trarre è quindi quella per cui “dove non si soffre la fame il cibo può diventare fonte di patologie psichiatriche”

14 La prevenzione primaria.
Solitamente in ambito psicologico si è soliti suddividere gli interventi di prevenzione in tre ambiti: Prevenzione primaria: fanno parte di questa categoria gli interventi che avvengono prima che il disturbo si manifesti; Prevenzione secondaria: sono interventi che vengono attuati quando il disturbo è già presente, ma non ancora conclamato;

15 La prevenzione primaria
Prevenzione terziaria: interventi che vengono messi in atto per limitare i danni quando il disturbo è già in fase avanzata. Nell’ambito dei disturbi alimentari, gli interventi di prevenzione primaria mirano ad eliminare o a ridurre la presenza dei fattori predisponenti.

16 La prevenzione primaria
L’educazione alimentare è alla base di qualsiasi strategia di prevenzione primaria, sensibilizzare le fasce più a rischio circa la necessità di un alimentazione equilibrata dovrebbe essere il primo obiettivo nell’ambito della prevenzione; I più giovani dovrebbero inoltre essere sensibilizzati sia dalla famiglia che dalla scuola nei riguardi di informazioni fuorvianti e pericolose presenti sul web

17 La prevenzione primaria
Purtroppo infatti non è nuova l’esistenza di siti che istigano al digiuno, si tratta di vere e proprie comunità “pro anoressia” e “pro builimia” dove i ragazzi coltivano il sogno patologico di dimagrire fino a “scomparire”.

18 Il trattamento Tutti i disturbi che abbiamo elencato sono disturbi gravi che necessitano di un trattamento duraturo (almeno due anni) e costante nel tempo se si vogliono evitare ricadute. Il ricovero ospedaliero è auspicabile nei casi estremi, dove la perdita di peso è superiore al 25% del peso corporeo e il soggetto è in reale pericolo di vita.

19 Il trattamento In seguito la permanenza presso un centro di riabilitazione specializzato prevede l’intervento di un’equipe che prevede la presenza di un: medico, uno psichiatra, uno psicoterapeuta ed un nutrizionista.

20 Il trattamento Cognitivo comportamentale: agisce sulle cognizioni distorte che i soggetto ha di se e del cibo; Sistemico relazionale: coinvolge anche i familiari del/lla paziente proponendosi di migliorare la qualità della comunicazione all’interno della famiglia.


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