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IL PENSIERO E LA POETICA – PRIMA FASE
GIACOMO LEOPARDI IL PENSIERO E LA POETICA – PRIMA FASE
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A 18 anni Leopardi matura la sua conversione letteraria, passando dall’erudizione al bello
nel 1818 Leopardi pubblica il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, nel quale esprime alcuni cardini della sua poesia difendendo le posizioni classicistiche, sostiene che l’imitazione dei classici è indispensabile, poiché essi sono più vicini alla natura, più legati a una vitalità autentica
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Influenzato da Rousseau, in questa fase Leopardi concepisce l’infelicità come una condizione propria dell’uomo moderno, prodotta dal “progresso” che si è verificato nel corso dei secoli Leopardi ritiene che la natura sia una madre benevola, perché nasconde agli uomini la loro triste condizione di infelicità con le illusioni: se la natura non venisse contrastata da altre forze porterebbe l’uomo alla felicità.
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Il mondo antico, più simile all’infanzia, più vicino alla natura, trova la sua massima espressione in una poesia che sa illudere e dilettare imitando la natura Secondo Leopardi, la causa dell’infelicità dell’uomo moderno è la ragione, che, togliendo all’uomo le illusioni e svelandogli la sua triste condizione, lo ha allontanato dal felice stato di natura.
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Per Leopardi, quindi, le illusioni, sono necessarie al vivere umano, come per il Foscolo
il Foscolo, però, le ritiene necessarie perché l’uomo possa agire positivamente nella storia, costruire una società in cui perpetuare il proprio ricordo, mentre per il Leopardi sono solo un fragile conforto.
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Con lo sviluppo della civiltà materiale e delle conoscenze portate dalla ragione il mondo moderno ha invece spento la facoltà dell’immaginare e dell’illudersi Leopardi crede quindi che dopo l’età felice delle origini, la poesia sia andata incontro a un’autentica decadenza, culminata con il romanticismo: la poesia moderna non sarebbe dunque all’altezza di quella antica, sarebbe lontanissima dalla perfezione formale raggiunta dai greci, che ebbero la capacità di imitare la natura e parlare il suo linguaggio
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La poesia, tuttavia, può ancora valere come unico mezzo per mantenere in vita la forza della natura e delle sue illusioni. Nella poesia Leopardi vede un valore essenziale, uno strumento di conoscenza di sé e di vitalità. Essa ha la capacità di commuovere e di agitare e deve suscitare nel lettore “una tempesta, un impeto, un quasi gorgogliamento di passioni”
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sceglie dunque la poesia come reazione alla vita troppo volgare di Recanati e come alternativa agli scritti di erudizione classica cui si era fino ad allora dedicato La poesia diverrà per lui una specie di compensazione al male del mondo, una ragione di vita e vocazione, capire il perché delle cose e aiutare gli altri a capirlo
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per lui la poesia è consolazione agli affanni dell’esistenza, è appagamento di un desiderio di felicità altrimenti irrealizzabile, è ciò che ribalta l’infelicità ricostruendo le illusioni Attraverso l’immaginazione il poeta torna allo stato primitivo degli antichi e dei fanciulli, e così si può illudere e può dilettare il lettore
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La poesia, per lui, deve anche avere una finalità pedagogica, quindi fonde nei suoi versi il canto e la moralità, cioè l’insegnamento, fonde il sentimento soggettivo con la riflessione, la poesia con la filosofia Di qui deriva la tipica struttura bipartita delle sue poesie: va dalla contemplazione del paesaggio, di un elemento naturale, di un ricordo o da uno stato d’animo particolare, all’idea filosofica, cioè alla comunicazione di una verità
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Questa prima fase del pensiero leopardiano viene definita con l’espressione “pessimismo storico”: l’infelicità deriva da un progressivo peggioramento delle condizioni dell’uomo, frutto di un processo storico Leopardi constata la propria angoscia esistenziale e pensa di essere destinato anche in futuro all’infelicità, senza possibilità di scampo
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La teoria del piacere (lettura p. 732-733)
1820, sullo Zibaldone, Leopardi scrive la “teoria del piacere” che deriva dal sensismo (filosofia secondo la quale la felicità coincide con il piacere, il cui bisogno è connaturato nella stessa struttura fisica dell’individuo) unito a elementi romantici: secondo Leopardi l’uomo ogni comportamento umano è guidato da un’aspirazione al piacere, che è qualcosa di illimitato e che non riesce mai a realizzarsi pienamente.
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Il piacere, quindi, si risolve in un desiderio infinito di piacere che, proprio perché è infinito, è irrealizzabile per definizione; quando l’uomo prova piacere si tratta di un piacere limitato e fugace, prodotto di solito dalla momentanea cessazione del dolore, che non può appagare il desiderio di piacere illimitato: da qui nasce l’infelicità della condizione umana.
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La natura interviene a nascondere all’uomo questa contraddittorietà, per non fargli vedere la verità: l’età primitiva e l’infanzia sono le uniche epoche della vita storica e individuale dell’uomo in cui egli è stato meno infelice perché era capace di illudersi, perché era naturalmente disposto all’immaginazione e alla fantasia. Il progresso storico e l’età adulta sono le epoche della disillusione, della scoperta della verità sgradevole, quindi portano infelicità ed angoscia
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La poetica del vago e dell’indefinito
In questa fase, la poesia del Leopardi si basa su due elementi: l’indefinito e il vago, che derivano della teoria del piacere e dall’idea che la poesia moderna debba cantare la distanza, l’assenza.
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Leopardi vuole riprodurre attraverso il linguaggio quella sensazione di indefinitezza, di infinito e di vaga immaginazione tipica della fanciullezza; bisogna ritrovare il ricordo della prima infanzia, o di un passato anche solo relativamente remoto, che consentono di attenuare l’esperienza del dolore e renderla più vaga.
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Per Leopardi solo questo è il poetico: ciò che è lontano nel tempo, nello spazio, ciò che è visto nella penombra della luce della luna, ciò che è solo intravisto, ciò che è sentito senza che se ne identifichi la fonte (per esempio le campane che suonano in lontananza), ciò che è solo immaginato e non percepito direttamente, la rimembranza, il ricordo
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Opere di questa prima fase (1818-1822)
1. la poesia di ispirazione classicistica e filosofica delle canzoni; i temi sono vari, gli spunti occasionali, con motivi come l’esortazione all’impegno civile e patriottico, la rievocazione storica e la riflessione esistenziale
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2. i piccoli idilli. Sono 5 componimenti in endecasillabi sciolti, composti tra il 1819 e il Il termine idillio è ripreso dal greco, eidos, immagine, e significava “piccoli quadri”; nella letteratura greca antica, indicava brevi componimenti lirici ispirati alla vita pastorale
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Gli idilli classici cantavano la bellezza della semplice e tranquilla vita campestre in opposizione alla vita inquieta della città e protagonisti erano i pastori che accudendo le greggi intonavano i loro canti.
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Gli idilli di Leopardi, però, non sono quadretti di vita pastorale, ma quadri e immagini tutti interiori, il poeta proietta il proprio stato d’animo nel paesaggio, la cui contemplazione alimenta la rimembranza e le illusioni Leopardi stesso li definì nello Zibaldone “situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo” sottolineando il loro carattere intimo e diaristico; essi seguono lo svolgersi di sensazioni, ricordi, riducendo al minimo i riferimenti storici e culturali.
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Sono una trascrizione diretta dei moti dell’animo del poeta, senza mediazioni di persone storiche e mitologiche o schermi tradizionali; è posta sempre in primo piano la figura del poeta solitario, intento ad ascoltare i moti del proprio cuore Lettura de L’infinito e La sera del dì di festa, p. 757; 759
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