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Breve storia dell’italiano
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L’italiano è una lingua neolatina
L’italiano deriva da una varietà di latino detta volgare, che veniva perlopiù parlato, ed era molto lontano dal latino classico. Il latino classico rimase sostanzialmente invariato, quello volgare subì profonde mutazioni: dal latino volgare nacquero le lingue neolatine o romanze, attraverso un processo di trasformazione lento ma ininterrotto. Originariamente il latino era una delle tante lingue parlate in Italia da una piccola comunità stanziata a Roma. Con la conquista romana l’uso del latino si impone ai popoli conquistati. Costretti ad abbandonare la lingua d’origine e ad usare il latino, mantenedo tracce della lingua precedente.
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Massima espansione impero romano
Dopo la conquista romana, tutti i popoli abbandonarono, nel corso di qualche generazione, la lingua d’origine e adottarono il latino. Residui della lingua abbandonata si ritrovano nella lingua dominatrice
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L’affermarsi del latino volgare
II-III d.C il latino volgare prende il sopravvento grazie ad alcuni avvenimenti che ne favoriscono la diffusione: Il cristianesimo: attraverso la traduzione dei Vangeli; Le invasioni barbariche (dal IV d.C): portarono alla progressiva dissoluzione dell’Impero Romano e di conseguenza del latino, mantenuto in vita solo dalla Chiesa; Il processo di trasformazione dal latino volgari romanzi si concluderà nel VIII d.C, ma non esiste una data precisa, è un processo progressivo e inarrestabile che si concretizza per la prima volta con il Placito di Capua, il primo documento ufficiale scritto in lingua volgare.
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Placito (=sentenza) di Capua 960 d.C
Verbale di un processo relativo al possesso di certe terre che un privato contestava al monastero benedettino di Montecassino. Importantissima la testimonianza trascritta nella lingua volgare in cui era stata pronunciata.
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Il volgare: da lingua d’uso comune a lingua letteraria
Tra 1220 – 1250 alla corte di Federico II di Svevia, in Sicilia i poeti siciliani scissero le loro poesie in volgare (siciliano); Nel Trecento: Il volgare fiorentino divenne lingua letteraria. La Divina Commedia (Dante), il Canzioniere (Petrarca) e il Decameron (Boccaccio) dimostrarono che la lingua parlata poteva essere usata in letteratura e offrirono un modello di lingua ornata e regolare. Ci furono resistenze allo sviluppo del volgare? Sì, nel Quattrocento con la diffusione dell’Umanesimo si torna a privilegiare il latino classico ed a contrastare lo sviluppo del volgare.
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La questione della lingua
Non esisteva un solo volgare: ogni regione, ogni città e ogni borgo usava una sua varietà. Come fare? Nel Cinquecento si apre la «questione della lingua» per poi concludersi nel tardo Ottocento: Il grande umanista, Pietro Bembo nel 1525 pubblicò le «Prose delal volgar lingua» dove applicò i canoni del latino classico al volgare, per poi definire dei modelli da seguire come punti di riferimento per gli scrittori: Virgilio per la poesia Cicerone per la prosa Petrarca e Boccaccio per la letteratura Escluse dall’equazione Dante, considerandolo non degno.
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La svolta del Settecento
Nel Settecento gli illuministi italiani affermarono la necessità di una lingua d’uso più attuale e comune. La ricerca di una ventata di rinnovamento: Vs l’italiano «morto» Vs Bembo e il canone Trecentesco Vs l’Accademia della Crusca ( che sosteneva la purezza della lingua fiorentina del secolo d’oro, il Trecento) La lingua poetica mantenne le caratteristiche tradizionali Divario: i dialetti La lingua parlata lingua scritta
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Manzoni e le basi dell’italiano moderno
Manzoni si rese conto per primo che la questione della lingua non riguardava solo i letterati, ma tutti. Decise allora di scrivere un’opera usando una lingua viva: la lingua del canone non era compresa dai molti; il suo dialetto d’origine era sì vivo, ma di ambito geografico limitato; Sceglie il dialetto fiorentino come varietà linguistica con cui scrivere la sua opera ..ma quale? NON quello trecentesco, bensì quello del suo tempo, quello parlato nell’Ottocento dalle persone di una certa cultura. 1821, I promessi sposi Manzoni pone le basi dell’italiano moderno
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La lenta e difficile diffusione della lingua italiana
1861 Unità d’Italia il 75% della popolazione era analfabeta. L’italianizzazione fu favorita da alcuni fattori: La scuola pubblica Il servizio militare obbligatorio Lo sviluppo dell’industria e dell’urbanizzazione La comunicazione avveniva solo in italiano, non in dialetto. La grande svolta avvenne dopo la seconda guerra mondiale diede un’accelerata al processo di diffusione della lingua: Rinascita economica del dopoguerra Istruzione scolastica obbligatoria Espansione dei mezzi di comunicazione di massa (stampa, radio, cinema e televisione)
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Dialetti italiani e regionali
In Italia il numero dei dialetti è molto alto a confronto con il resto dell’area delle lingue neolatine. Cos’è un dialetto?
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Lingua VS dialetto Dal punto di vista linguistico –> i dialetti sono lingue a tutti gli effetti perché permettono di comunicare. Dal punto di vista geografico, storico e culturale molte le differenze Piano geografico: dialetto ha un uso limitato; la lingua ha diffusione nazionale. Piano sociale e culturale dialetto ha un uso limitato, lo si usa prevalentemente nella comunicazione familiare; la lingua della produzione letteraria, di quella scientifica, dell’informazione e ufficiale dello Stato è la lingua italiana. Regolamentazioni il dialetto no è regolato da parte di grammatiche o vocabolari
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Perché tanti dialetti? La grande varietà dei dialetti italiani è stata determinata in particolare da: Lingue di sostrato: dopo la conquista romana, i popoli vinti furono costretti a parlare il latino, la lingua dei vincitori. Ma le loro lingue d’origine non scomparvero del tutto, lasciarono tracce. La configurazione fisico-geografica dell’Italia La storia del nostro paese ( Unità raggiunta solo nel 1861) I dialetti italiani sono numerosi: veneto, lombardo, toscano, pugliese, siciliano, romano.. Esistono 3 dialetti che sono considerati lingue: LADINO ( Trentino-Alto Adige), FRIULANO ( Friuli Venezia Giulia, ma non a Trieste) e il SARDO.
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Regionalismi e geosinonimi
Regionalismi sono parole provenienti dai dialetti che sono entrati nell’italiano: panettone, risotto ( origine lombarda); doge (veneto); fasullo (romanesco); camorra, fusilli e mozzarella (napoletana). Geosinonimi sono parole di origine dialettale diverse nelle varie regioni d’Italia: per indicare la fede (anello nuziale) in alcune regioni si dice vera, altre anello matrimoniale; cocomero si dice anche anguria, melone rosso... I dialetti influenzano anche la fonetica e la pronuncia determinando delle varietà regionali importanti: Italiano regionale settentrionale, toscano, romano e meridionale.
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