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L’Illuminismo in Italia

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Presentazione sul tema: "L’Illuminismo in Italia"— Transcript della presentazione:

1 L’Illuminismo in Italia

2 Il primo dato utile per la collocazione cronologica dell’Illuminismo in Italia è la fondazione, a Roma, dell’Accademia dell’Arcadia (1690) che prende le distanze – e di fatto ne segna la ormai avvenuta fine – dal Barocco, che ha dominato il Seicento, in nome di nuovi canoni estetici e poetici: la semplicità, la chiarezza, la razionalità delle forme e la misura tipica della cultura classica. È, di fatto, una produzione molto diversa da quella dagli ambienti illuministi che si sviluppano in Italia, pur essendo un movimento contemporaneo. Proprio questa diversità, però, è interessante per sottolineare quanto siano variegate le posizioni degli ambienti culturali nei vari stati della penisola italiana. I maggiori centri dell’Illuminismo sono le due città più grandi, le due metropoli della penisola italiana, governate entrambe da regimi stranieri, ma con un ambiente culturale ricco e variegato: Milano, passata nel 1714 dalla dominazione spagnola a quella austriaca, in cui la figura di Maria Teresa ( ) introduce un quarantennio di riforme; e Napoli, anch’essa sotto il dominio austriaco dal 1720 al 1734, poi però passata sotto un ramo cadetto dei Borboni di Spagna che diviene quello dei Borboni di Napoli, e anch’essa percorsa dal vento delle riforme, che trovarono un filone di interesse soprattutto giuridico.

3 Milano Gli anni Sessanta del Settecento, dopo vent’anni di dispotismo illuminato, sono quelli più ricchi dal punto di vista culturale: nel 1761 viene fondata la Società (o Accademia) dei Pugni, che si riuniva a casa di Pietro Verri e che dà vita alla rivista “il Caffè”, di fatto l’organo di espressione dell’Illuminismo borghese lombardo; nel 1763 viene pubblicato il Giorno di Parini, sarcastica critica alla nobiltà dell’ancien régime; tra il 1764 e il ’66 esce “il Caffè” diretto dai fratelli Verri, che vede come collaboratori i principali intellettuali milanesi del periodo; nel 1764 (a Livorno, nella liberale Toscana dei Lorena, ma l’autore e la sua formazione sono profondamente milanesi) Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, immediatamente letto e pubblicato in tutta Europa.

4 Nelle riflessioni e nei fatti, l’Illuminismo a Milano assume connotati in parte diversi da quello europeo. Manca non certo l’idea, ma lo status di ‘nazione’; sono presenti, invece, una nuova coscienza di classe da parte della nascente borghesia, che orienta le scelte e gli interessi della classe intellettuale. A tal proposito, assume particolare valore simbolico proprio l’articolo introduttivo, di presentazione del “Caffè”, che indica le finalità della rivista. “Cos'è questo Caffè? È un foglio di stampa, che si pubblicherà ogni dieci giorni. Cosa conterrà questo foglio di stampa? Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi Autori, cose tutte dirette alla pubblica utilità. Va bene: ma con quale stile saranno scritti questi fogli? Con ogni stile, che non annoi. E sin a quando fate voi conto di continuare quest'Opera? Insin a tanto che avranno spaccio. Se il Pubblico si determina a leggerli, noi continueremo per un anno, e per più ancora, (…) Qual fine vi ha fatto nascere un tal progetto? Il fine d'una aggradevole occupazione per noi, il fine di far quel bene che possiamo alla nostra Patria, il fine di spargere delle utili cognizioni fra i nostri Cittadini, divertendoli, (…) Ma perché chiamate questi fogli il Caffè? Ve lo dirò ma andiamo a capo. Un Greco originario di Citera, isoletta riposta fra la Morea e Candia, mal soffrendo l'avvilimento, e la schiavitù, in cui i greci tutti vengon tenuti dacché gli Ottomani hanno conquistata quella Contrada(…) indi prese il partito di stabilirsi in Italia, e da Livorno sen venne a Milano, dove son già tre mesi ha aperta una bottega addobbata con richezza ed eleganza somma. (…) in essa bottega per fine si radunano alcuni uomini, altri ragionevoli, altri irragionevoli, si discorre, si parla, si scherza, si sta sul serio; ed io, che per naturale inclinazione parlo poco, mi son compiaciuto di registrare tutte le scene interessanti che vi vedo accadere, e tutt'i discorsi che vi ascolto degni da registrarsi; e siccome mi trovo d'averne già messi i ordine vari, così li do alle stampe col titolo Il Caffè, poiché appunto son nati in una bottega di Caffè”.

5 In un certo senso esso rappresenta una sorta di paradigma dell’Illuminismo lombardo, sintetizzabile in questi punti: la rivista si propone di trattare qualunque argomento che interessi il suo pubblico; la rivista è orientata dalle scelte e dai gusti dei suoi lettori, che infatti attraverso la loro approvazione e il loro interesse incoraggeranno le pubblicazioni: il giornale si farà fintanto che qualcuno vorrà leggerlo! gli argomenti trattati saranno basati sulla pubblica utilità; il giornale si ispira agli incontri culturali che avvengono, appunto, in un caffè, dove si leggono giornali, ci si confronta e si discute, al fine di abbandonare ristrette visioni particolaristiche e di andare verso la direzione di un sentito cosmopolitismo.

6 Pietro Verri Il conte Pietro Verri (Milano, 12 dicembre 1728 – Milano, 28 giugno 1797) è stato un filosofo, economista, storico e scrittore italiano. Ha tre fratelli: Alessandro, Carlo e Giovanni. Avviati gli studi nel Collegio gesuita, frequenta negli anni '50 l'Accademia dei Trasformati, dove conosce tra gli altri Giuseppe Parini. Fra il 1759 e il 1760 si arruola nell'esercito imperiale e prende parte brevemente alla Guerra dei Sette Anni ( ). Nel 1761 fonda, insieme al fratello Alessandro Verri e agli amici Cesare Beccaria, Alfonso Longo, Pietro Secchi, Giambattista Biffi e Luigi Lambertenghi, la cosiddetta Accademia dei Pugni, iniziale nucleo redazionale del foglio periodico Il Caffè, destinato a diventare il punto di riferimento del riformismo illuministico italiano. lI Caffè inizia le sue pubblicazioni nel giugno 1764 ed esce ogni dieci giorni, fino al maggio 1766, quando viene raccolto in due volumi.

7 CESARE BECCARIA Cesare Beccaria nacque a Milano, figlio di Giovanni Saverio di Francesco, e di Maria Visconti di Saliceto, il 15 marzo Studiò a Parma, poi a Pavia dove si laureò nel Nel 1760 sposò la sedicenne Teresa Blasco, dalla quale ebbe quattro figli. Il padre lo cacciò di casa dopo il matrimonio, e dovette essere ospitato da Pietro Verri, che lo mantenne anche economicamente per un periodo. Beccaria morì a Milano il 28 novembre 1794, a causa di un ictus, all'età di 56 anni. 7

8 Dei delitti e delle pene (I EDIZIONE 1764)
Cesare Beccaria fu uno degli illuministi che ebbe più successo a livello internazionale. Il suo saggio “Dei delitti e delle pene” venne, infatti, tradotto, commentato e discusso in tutta Europa. Beccaria pose un duplice problema scottante:

9 QUELLO DELLA TORTURA Beccaria spinse la pratica della tortura in un dilemma che conduceva inevitabilmente alla sua abolizione: «O il delitto è certo o incerto; se è certo , non gli conviene altra pena che la stabilità delle leggi; mentre, se è incerto, non si deve tormentare un innocente, perché tale è, secondo le leggi, un uomo i cui delitti non sono provati».

10 QUELLO DELLA PENA DI MORTE
Più importanti furono le sue argomentazioni contro la pena di morte. Egli riteneva infatti che: un uomo è una persona e non una cosa; gli uomini si riuniscono in società, attraverso un contratto, soltanto per ottenere difesa e sicurezza; i delitti costituiscono un danno fatto alla società nel senso che ne diminuiscono la misura di sicurezza; le pene sono legittime soltanto se impediscono nuovi danni, nuova paura ed insicurezza.

11 Da questi principi derivò che fosse preferibile prevenire i delitti piuttosto che comminare la pena di morte; una volta che la prevenzione avesse fallito e si fossero commessi i delitti questi andavano puniti prontamente senza lungaggini e temporeggiamenti, con pene moderate ma infallibili. La pena di morte, a giudizio di Beccaria, risulta inopportuna per tre motivi principali: Perché nessuno è padrone di uccidersi e, a maggior ragione, nessuno può porre la propria vita a discrezione dei giudici; la vita è il massimo di tutti i beni, e la sua interruzione violenta non rientra in un patto sociale; Perché l’esperienza di tutti i secoli ci dice che la pena di morte non è un deterrente infallibile; Infine la morte legale è un dato contraddittorio, perché le leggi non possono proibire l’uccisione e contemporaneamente prevederla come pena.

12 Nonostante questi tre argomenti Beccaria ritenne che almeno in un caso la pena di morte fosse inevitabile: quando il reo abbia tale potenza e tali relazioni che possa attentare alla sicurezza della Nazione anche se imprigionato. In ciò, Beccaria riflettè l’opinione antichissima dell’uccisione lecita del tiranno. Se oggi in gran parte dell’Occidente non esistono più la tortura e la pena di morte lo dobbiamo in parte a Cesare Beccaria, che ha contribuito a “illuminare” la coscienza europea su tale scottante tema: in Europa, il primo ad abolire la pena di morte fu il Gran duca di Toscana Pietro Leopoldo, nel 1786; in Italia venne prima abolita dal codice Zanardelli nel 1889, reintrodotta dal governo fascista nel 1926 e, infine, definitivamente eliminata nel 1944; in molti stati americani e del mondo la pena di morte è ancora in vigore.


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