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Tesi n°23 Richard Wagner
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Richard Wagner (Lipsia, 1813 ---------Venezia, 1883)
E’ la figura centrale della storia dell'opera tedesca di tutto l'Ottocento. A lui si deve se la pienezza dell'esperienza sinfonica tedesca confluì nel teatro d'opera; a lui si deve soprattutto se l'esperienza ideologica del Romanticismo, le esperienze letterarie di quegli anni, trovarono un punto compiuto d'incontro con la produzione musicale: ciò è tanto più importante a parte la fecondità di questo incontro per la personale crescita compositiva wagneriana perché inserì la pratica musicale nel circuito più vivo delle idee e dei dibattiti. Il suo è forse il più notevole "caso", oggetto di battaglie culturali, di scontri, di contrapposizioni feroci; e per molti aspetti persino la battaglia per un modernismo novecentista della musica si svolse contro Wagner.
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Chi era Richard Wagner? Perché fu così tanto apprezzato?
Personalità egocentrica cerca grandi successi pur dovendo convivere con grandi frustrazioni Ama il lusso sfrenato e ottiene in vita un consenso generale che coinvolge: Il pubblico, soddisfatto per gli spettacoli di grande impatto visivo e sonoro. Gli intellettuali, sollecitati dalle sue opere teoriche. Instaura un legame con il filosofo Nietzsche, che rimane affascinato dalle sue tesi in ambito musicale. I musicisti per il linguaggio ardito che lo porta ai confini ultimi della tonalità (uso organici smisurati con strumenti nuovi come le tube wagneriane)
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La biografia La prima parte della biografia di Wagner è caratterizzata dalla ricerca di una stabilità finanziaria e di una propria identità stilistica. Una delle più innovative figure della storia della musica visse una sorta di contraddizione: fu una personalità poliedrica (che si appassiona anche alla letteratura, scrivendo un tragedia da adolescente), si formò sostanzialmente da autodidatta, pur seguendo per un breve periodo lezioni di armonia e di contrappunto.
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La biografia La sua è la classica biografia dell’artista romantico:
Rapporti tumultuosi con le donne: Minna Planer (morta nel 1866); Matilde Wesendonk (moglie di un prestigioso industriale svizzero: relazione avuta tra il 1857 e il 1859, quando era sposato con la Planer); Cosima Liszt (1868, che aveva abbandonato il direttore d’orchestra Hans von Bulow) Carriera come direttore d’orchestra Carriera come direttore artistico Propugnatore della sua musica: Festival a Bayreuth Critico musicale e autore di saggi musicali Poeta e autore dei suoi libretti ma anche trascrittore di musiche frivole per gli ambienti salottieri parigini
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La biografia La gavetta: presso alcuni teatri di provincia del Nord (Magdeburgo, Konisberg, Riga) prima come direttore di coro e poi come direttore musicale (ha modo di conoscere la produzione di Weber [Franco Cacciatore], Marschner [Il Vampiro] Mozart, Cherubini, Meyerbeer, Auber, Rossini e Bellini). La fuga per debiti: nel 1839 è costretto a fuggire da Riga e raggiungere Parigi dove il Rienzi fu il suo primo grande successo (grand opéra). Dopo averla rappresentata a Dresda nel 1842, diventò direttore musicale nella città sassone su interessamento di Meyerbeer l’anno seguente, dove verranno messe in scena le cosiddette opere romantiche (Olandese volante, Tannhauser; mentre il Lohengrin fu dato a Weimar)
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La biografia: i fischi dei parigini
La fuga per motivi ideologici: spirito rivoluzionario (amico dell’anarchico Bakunin), fu rincorso da un mandato di cattura europeo e – solo grazie all’appoggio di Liszt – riuscì a riparare in Svizzera, stabilendosi a Zurigo nella dependance dell’industriale Wesendonk, dove scoccò la scintilla d’amore con Matilde, cui dedicò cinque lieder per voce femminile e orchestra. Di nuovo in fuga: dopo la parentesi Svizzera (che durò per un decennio dal ‘49 al 59’) fece altri viaggi passando per Venezia, Parigi (1860-’61) dove venne messo in scena il Tannhauser (che scandalizzò il pubblicò ma appassionò Baudelaire e i poeti simbolisti), fino in Russia. Nel 1864 era ripiombato nei soliti problemi economici e rischiava addirittura l’arresto.
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La biografia: la svolta con Ludwig II di Baviera
La scoperta di un mecenate: Ludwig II di Baviera, grande ammiratore della sua musica, non solo gli ripiana tutti i debiti, ma gli garantisce una generosa sovvenzione per il completamento dell’Anello del Nibelungo, oltre ad una cospicua donazione annua, costruendogli un teatro che avrebbe soddisfatto le sue esigenze teatrali: Nel 1872 venne posata la prima pietra del Festspielhaus di Bayreuth inaugurato nel 1876 con la Nona di Beethoven, opera che – secondo Wagner – sanziona il trapasso dal sinfonismo alla concezione del Wort-Ton-Drama. In questi anni venne messa in scena la Tetralogia. Dopo essersi dedicato per alcuni anni a Parsifal (‘77-’82), fece vari viaggi in Italia per alleviare la sua angina pectoris. Morì a Venezia nel 1883.
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La produzione Le nozze (Die Hochzeit) (1832, incompiuto)
Le fate (Die Feen) (1834, Prima: 29 giugno 1888 Monaco di Baviera) Il divieto d'amare o La novizia di Palermo (Das Liebesverbot oder Die Novize von Palermo) ( , Prima: 29 marzo 1836 Magdeburgo) Rienzi, l’ultimo dei tribuni (Rienzi der letzte der Tribunen) ( , Prima: 20 ottobre 1842 Dresda) L'olandese volante (Der FliegendeHolländer) ( , Prima: 2 gennaio 1843 Dresda. Rielaborato nel 1852 (Zurigo) e nel 1864 (Monaco) Tannhäuser ( , Prima: 19 ottobre 1845 Dresda) Lohengrin ( , Prima: 28 agosto 1850, Weimar)
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La produzione L'anello del Nibelungo (Der Ring des Nibelungen), in quattro parti: Prologo: L'oro del Reno (Das Rheingold) ( , Prima: 22 settembre 1869 Monaco) Primo giorno: La Valchiria (DieWalküre) ( , Prima: 26 giugno 1870 Monaco) Secondo giorno: Sigfrido (Siegfried) ( , Prima: 16 agosto 1876 Bayreuth) Terzo giorno: Il crepuscolo degli dei (Götterdämmerung) ( , Prima: 17 agosto 1876 Bayreuth) Tristano e Isotta (Tristan und Isolde) ( , Prima: 10 giugno 1865 Monaco) I maestri cantori di Norimberga (Die Meistersinger von Nürnberg) ( , Prima: 21 giugno 1868 Monaco) Parsifal ( , Prima: 26 luglio 1882 Bayreuth)
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Die Feen è nel genere favolistico del Singspiel, e risale al 1834;
Le opere giovanili Al primo periodo appartengono alcuni lavori giovanili, che mostrano le inevitabili difficoltà di orientamento nel complesso stilistico tedesco. Die Feen è nel genere favolistico del Singspiel, e risale al 1834; Das Liebesverbot (Il divieto d'amare), del 1836, è un movimentatissimo grand-opéra alla francese, cioè con largo uso di elementi comici e leggeri, accanto a grandi strutture corali e orchestrali e a una trama che conosce momenti di grande tensione tragica, nonostante il festevolissimo lieto fine.
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Le opere giovanili: Il Rienzi, sempre gran opera
Tra le opere giovanili è anche Rienzi, iniziato a Riga e completato nel soggiorno parigino. Rienzi è una partitura enormemente monumentale, dove non si contano gli effetti scenici: tentato rapimento, duello, processioni, cortei marziali, canti chiesastici, battaglie, congiure, incendio e crollo del Campidoglio. Rienzi prevede una parte di tenore che sfrutta appieno le nuove tecniche eroiche (dal tenore di forza a quello drammatico) introdotte (con il famoso do di petto) qualche anno prima da Gilbert-Louis Duprez; nell'opera viene ancora utilizzato un travesti per la parte di Adriano, che è di mezzosoprano. Ciò che colpisce è comunque la grande cura con cui, apprestando il libretto, Wagner si preoccupò di preordinare i movimenti scenici e le scenografie. Rienzi trionfò a Dresda nel 1842.
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L’Olandese volante Secondo il folclore nordeuropeo (Coleridge, The rime of the ancient mariner), l'Olandese Volante sarebbe un vascello fantasma che solca i mari in eterno senza una meta precisa, e a cui un destino avverso impedisce di tornare a casa. Viene spesso avvistata da lontano, avvolta in una nebbia o emanante una luce spettrale. I marinai della nave sono fantasmi, che tentano a volte di comunicare con le persone sulla terraferma.
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L’olandese volante: richiami tematici interni
Mentre va in scena Rienzi, Wagner stava già lavorando a L'Olandese volante, dove abbandonava il soggetto storico a favore di quello leggendario; ciò comportava un primo deciso distacco dal genere grand-opéra e una conseguente ricerca di determinare il colore "marino" della leggenda con spiegamento d'inediti mezzi sinfonici. Nonostante quest'opera sia ancora a pezzi chiusi, è proprio l'orchestra a far circolare richiami tematici tra i punti più lontani, configurando una coerenza musicale che va oltre i richiami e le simmetrie del testo.
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L’olandese volante Non mancano momenti di facile effetto, come nei cori festanti dei norvegesi o nella Canzone delle filatrici, ma nel complesso lo sforzo di Wagner si dirige con pari energia verso la costruzione dei personaggi visionari di Senta e dell'Olandese, come verso la definizione dell'ambito popolare e naturale da cui scaturisce la leggenda: il fiordo norvegese, la tempesta marina, la paurosa nave fantasma.
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Tannhäuser Con Tannhäuser (Dresda, 1845) si accentua l'attenzione al carattere tedesco delle leggende e, in genere, delle fonti da cui Wagner attinge il libretto dell'opera. Mostrando una prima decisa attitudine a fondere insieme leggende e racconti diversi, egli rappresenta in quest'opera la vicenda di Tannhäuser, poeta che vorrebbe coniugare la passione per l’amore carnale con la redenzione dal peccato.
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Tannhäuser: amore e redenzione
Il trovatore Tannhäuser - sedotto da Venere – intona un canto appassionato alla dea e dimentica la sua storia d’amore con le nobile Elisabeth. Durante la tenzone poetica con gli altri trovatori scoppia lo scandalo perché Tannhäuser fa riferimento all’amore carnale; Elisabeth difende il suo innamorato fino a morire per lui in modo tale da redimerlo dal peccato. Tannhäuser si reca a Roma perché vorrebbe essere perdonato dal Papa, ma inutilmente. Al suo ritorno – pur apparendo per un attimo Venere – il protagonista si getta sul cadavere di Elisabeth e muore con lei, ormai redento dal peccato.
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Tannhäuser: superamento dell’aspetto spettacolare
La partitura mostra una chiara intenzione di "interiorizzazione'' della vicenda spirituale di Tannhäuser, della sua perenne ansia, del suo miraggio peccaminoso in Venere, del suo miraggio salvifico in Elisabetta. È una storia di peccato e redenzione che, per molti connotati, sembra trarre più di uno spunto dal teatro religioso medievale: l'unità compatta dell'opera ruota infatti non a caso intorno al canto penitenziale dei pellegrini, dalla semplice struttura di Lied religioso (III atto). Nel Tannhäuser scompaiono come d'incanto le preoccupazioni spettacolari che non siano strettamente attinenti alla vicenda.
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Lohengrin
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Lohengrin Il vertice di questo periodo "pre-riforma" è il Lohengrin, composto tra il 1845 e il 1848 e rappresentato per volontà di Liszt a Weimar nel 1850, mentre ormai il suo autore era dovuto fuggire dalla Germania, essendosi gravemente compromesso con i moti di Dresda (1848). Il soggetto del Lohengrin è tratto liberamente da racconti medievali, anglosassoni e germanici, e si collega con quella leggenda di Parsifal che diverrà oggetto dell'ultima opera di Wagner.
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La trama Questo soggetto, ambientato nel mezzo di una natura incontaminata, sulla riva di fiumi, all'orlo di foreste, ha già di per sé una carica di sognante, finezza che tocca il punto estremo all'arrivo del cavaliere ignoto sul bianco cigno. Elsa, che sta per essere condannata a morte per una colpa non commessa, viene salvata da questo cavaliere che batte a duello il suo accusatore. Il cavaliere ignoto la sposerà, ma a patto che Elsa non chieda mai chi egli sia.
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La trama Le fosche trame dei malvagi, Ortruda e Telramondo, che vogliono la rovina di Elsa per conquistare il potere, fanno crescere nell'animo di Elsa, in una tremenda notte di sospetti, l'ansia di sapere; il cavaliere rotto l'incanto rivela allora di fronte a tutti i guerrieri, schierati sul fiume, la sua identità. Egli è un cavaliere del Sacro Graal (la coppa dell’ultima cena che avrebbe contenuto il sangue di Cristo), accorso per soccorrere un'innocente da un sopruso; ma lo lega il giuramento di non svelare l'origine e la sua identità. Ora, quindi, dovrà abbandonare Elsa e tornare da dove è venuto. Sul fiume appare il cigno: Lohengrin scompare come era apparso.
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Lohengrin: ricerca timbrica
Il clima di magica leggenda del Lohengrin dà occasione al musicista per una ricerca personalissima sul timbro orchestrale. L'orchestra viene allargata soprattutto nel settore dei legni. (3 3* 3* 3) Già dal famoso Preludio al primo atto appare una tendenza a formare zone timbriche omogenee (eteree e veramente "magiche") mediante la divisione dei violini. Ed è questo tipo di colore orchestrale a dare i contorni al personaggio musicale di Lohengrin, avvolto nelle sue immagini sacrali e mistiche
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La riflessione teorica
L’opera d’arte dell’avvenire, 1849 Opera e dramma, 1851 Una comunicazione ai miei amici, 1851 Musica dell’avvenire, 1860
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La riflessione teorica: teatro greco; lontananza dalla tradizione italiana e francese
La riflessione teorica, in cui Wagner si rifugia negli anni tristi dell'esilio, prefigura un nuovo tipo di teatro, che restauri la sacralità-popolarità della tragedia greca. Si chiariscono, intorno a quest'idea, i molti motivi con i quali Wagner aveva considerato sempre più impraticabili, per i propri fini, le tradizioni italiana e francese.
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La riflessione teorica
Da E.T.A. Hoffmann egli riprende e sviluppa il concetto di "effetto totalitario“ (Wort-Ton-Drama): solo un dramma musicale che giungesse a fondere in un unico risultato artistico le componenti della poesia, della musica, della danza (del movimento scenico), dell'architettura (del teatro), della pittura (delle scene), può aspirare a un coinvolgimento totale del "popolo" nello spettacolo, trasformando la rappresentazione in una vera e propria esperienza spirituale, vissuta nel profondo.
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La riflessione teorica e i risvolti musicali
Al fine di questa fusione tra le arti, Wagner indicò una serie d'interventi tecnici: citeremo, tra gli altri, l'equilibrio tra parola e musica, da raggiungere con un arioso continuo nel canto: un declamato – per far comprendere sempre bene il testo - sensibile a ogni variazione sentimentale della parola e un pari impegno espressivo nell'orchestra. A questo scopo diveniva funzionale anche una nuova cura della regia, della scenografia, delle luci; il buio in sala, il naturalismo delle scene, la semplice austerità della recitazione. Fu chiaro a Wagner, già da questi anni, come l'attuazione di tutto questo comportasse la costruzione di un teatro apposito, libero da una routine ormai compromessa con le opere tradizionali.
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La riflessione teorica
Wagner si poneva quindi il problema di superare quelle convenzioni che ostacolavano la fusione delle arti, e che, separandole, ne immiserivano la potenza espressiva. Si trattava quindi di eliminare le "forme chiuse", concepite come sfoggio dell'abilità dei cantanti e come occasione di applausi. Abolizione, quindi, di cavatine, cabalette, romanze, ecc., tutte formule che toglievano dignità e "verità" al dramma. Wagner formula così la teoria della "melodia infinita", della continuità del discorso musicale a fini di continuo coinvolgimento emotivo.
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La riflessione teorica
L’orchestra che diventa una sorta di doppio del palcoscenico. Orchestra che raffigura spesso l’inconscio dei personaggi, rappresentando i loro pensieri più riposti, o addirittura le pulsioni di cui essi stessi non sono a conoscenza. Il disseminare i lietmotive all’interno di tutta la partitura, obbliga Wagner ad impiegare un linguaggio estremamente cromatico.
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La riflessione teorica
L'unità organica dell'opera d'arte non riguarda quindi soltanto le sue componenti (le singole arti), ma anche la sua stessa struttura temporale. Quest'intima fusione dei momenti del dramma musicale utilizza, ai propri fini, parecchi accorgimenti: alcuni riguardano il soggetto, in cui si realizza una ferrea unità d'azione, senza diversivi. Riferimento al mito (peraltro re-inventato da Wagner), inteso come rappresentazione più pura dell’animo umano.
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La riflessione teorica
Altri riguardano il fin troppo famoso uso dei Leitmotive, temi conduttori, veri e propri "temi" nel senso che alla parola si dà nel genere sinfonico (punto di partenza per lui fu la Nona di Beethoven), destinati a dare consistenza autonoma al discorso musicale mediante richiami, sviluppi, variazioni, con la possibilità di stabilire alcuni paralleli tra questa vicenda puramente musicale e la vicenda scenica.
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Il teatro di Bayreuth: bisognava decidere di andarci per ascoltare la musica di Wagner
Ben presto Wagner comprese che tali spinte rinnovatrici richiedevano uno spazio esclusivo, un teatro apposito all’interno del quale fossero protagoniste soltanto le sue opere. La scelta di Bayreuth quale sede per il teatro, cittadina della Baviera a nord di Monaco (lontana dai grandi centri e difficile da raggiungere: bisognava scegliere di andarci!), rispondeva alle esigenze espresse nei saggi teorici di vent'anni prima: l'idea di una festa popolare, di un nuovo pubblico, diverso da quello dei teatri tradizionali, l'idea di semplicità dei luoghi da riprodursi nella semplicità del teatro e del rapporto opera d'arte-pubblico.
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Il teatro di Bayreuth Il teatro doveva rispondere a particolari requisiti e anche per questo venne a costare una somma enorme: da qui l'impegno finanziario di centinaia di sottoscrittori, alcuni dei quali illustri e potenti. Si accumularono ritardi, e solo nell'estate del 1875 poterono iniziare le prove della Tetralogia, a teatro ancora incompiuto. La straordinaria difficoltà della parte orchestrale e, forse ancor più, del canto, nonché l'inaudita importanza della regia e della scenografia richiesero un numero enorme di prove, sotto la diretta guida di Wagner, che lasciò la direzione d'orchestra all'ottimo Hans Richter, per poter guidare meglio la parte scenica.
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Il teatro di Bayreuth La parte del teatro dedicata al pubblico è minore, complessivamente, di quella dedicata alla scena, ai macchinari, alle scenografie. Il palco è tanto enorme che, in pratica, non viene neppure tutto utilizzato. La ragione di questo rapporto sta nella grande quantità di effetti scenici che sono necessari agli effetti meravigliosi e soprannaturali del teatro wagneriano. La grandiosità del palco e la sovrabbondanza degli elementi scenografici poteva avere, semmai, un precedente solo nell'Opera di Parigi, il luogo ufficiale del grand opéra.
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In totale circa millecinquecento posti (Scala 2242)
Il teatro di Bayreuth La platea si presenta, di converso, come particolarmente raccolta. Non venne seguita, infatti, la tradizione settecentesca del ferro di cavallo e si preferì una disposizione più frontale nei confronti della scena, in modo da rendere più diretta l'immedesimazione visiva. Per la stessa ragione si tenne un solo ordine, di nove palchi sul fondo, anziché i quattro-cinque ordini di palchi tutt'intorno, come nei teatri tradizionali. Una sola galleria, capace di soli duecento posti, corre sopra l'unico ordine di palchi. In totale circa millecinquecento posti (Scala 2242)
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Il teatro di Bayreuth Molto interessante la completa assenza di spazi per il pubblico esterni alla platea. È questo un elemento che indica chiaramente la voluta abolizione di ogni funzione "mondana" del teatro, ed è forse l'elemento che meno poté essere recepito nei teatri francesi e italiani: ancora ai nostri giorni un teatro di recente costruzione, il Regio di Torino, ha una platea abbastanza raccolta e "bayreuthiana", ma dedica spazi immensi agli atri e al foyer, su tanti piani diversi.
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Il teatro di Bayreuth L'orchestra, collocata nei teatri tradizionali al livello della platea, è qui invece sprofondata in una vera e propria buca, che si inserisce sotto il proscenio, fino a una profondità considerevole. Il direttore d'orchestra, che si pone nella parte più alta di questa buca, è l'unico che può vedere la scena ed esserne visto, pur rimanendo nascosto al pubblico. Questa collocazione dell'orchestra, come dicevamo, aveva il duplice scopo di non disturbare per nulla la concentrazione del pubblico sull'avvenimento scenico e, nello stesso tempo, di rendere più avvolgente e timbricamente poco brillante il suono dell'orchestra, in modo da non coprire la voce dei cantanti (che, infatti, a Bayreuth, devono forzare molto meno che negli altri teatri, cantando sulla grandiosa orchestra sinfonica wagneriana).
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Il teatro di Bayreuth In pratica l'orchestra è collocata, nella fossa, su diversi gradini discendenti che riproducono, rovesciati, i diversi piani di un'orchestra su un normale palco per concerti sinfonici. Il settore degli ottoni, per esempio, che occupa normalmente il gradino più alto in fondo, qui occupa il gradino più in basso in fondo; presso il direttore d'orchestra stanno i violini; e negli spazi intermedi gli altri settori. In questa disposizione era molto sacrificato il suono del corno, la cui campana si rivolge verso il basso, così Wagner si inventò un nuovo strumento: le tube wagneriane con la campana verso l’alto!
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Il teatro di Bayreuth
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I rito a Bayreuth L'entrata del pubblico nella sala, all'inizio di ogni atto, è sollecitata dallo: squillo di una banda, posta all'ingresso del teatro, la quale esegue alcuni brevi brani, trascritti appositamente da Wagner come preannuncio dell'atto che sta per iniziare, con i più famosi leitmotive. Il silenzio in sala, allo spegnersi di tutte le luci, deve essere totale. Nelle prime rappresentazioni erano vietati gli applausi, non solo, come è naturale, durante gli atti, ma anche alla fine degli atti e alla fine dell'opera.
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Il rito a Bayreuth L'entusiasmo del pubblico portò poco per volta a una serie di eccezioni che arrivarono a far ammettere, oggi, gli applausi a ogni firn) di atto. Rigido, invece, il divieto del saluto dal proscenio, in risposta agli applausi di fine atto, da parte dei cantanti e del direttore d'orchestra. Nelle prime rappresentazioni sulla scena, al termine dell'opera, apparve Wagner stesso per un breve discorso di ringraziamento a tutti gli entusiasti che avevano reso possibile il compimento del lavoro arduo e colossale.
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L’Anello del Nibelungo
Questa riflessione teorica si veniva a intrecciare con la concezione travagliata, ma entusiastica, di quello che diventerà L’Anello del Nibelungo. Già nell'autunno del 1848 Wagner si era occupato di un'opera musicale sulla Morte di Sigfrido. Il testo di quest'opera in tre atti fu compiuto in pochi giorni ed è la prima versione di quello che diventerà, nel 1852, Il crepuscolo degli dei.
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L’anello del Nibelungo pensato “a ritroso”
Poiché in quegli anni Wagner teorizzava che il suo teatro doveva colpire l'immaginazione e il sentimento attraverso la rappresentazione, gli parve contradditorio che, in quell'opera, si dovessero narrare lunghissimi antefatti; inizia così, un cammino a ritroso per rappresentare scenicamente quegli antefatti in opere che si collocano logicamente e cronologicamente "prima" della morte di Sigfrido. Nel 1851 è la volta del Giovane Sigfrido (il futuro Sigfrido).
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L’Anello Ma già nell'agosto del 1851, in una Comunicazione ai miei amici scriveva: «Ora, dunque, sono in grado di annunciare ai miei amici la creazione di questa forma alla quale voglio dedicarmi da oggi in poi. Ho intenzione di rappresentare il mio mito in tre drammi popolari che dovranno essere preceduti da un grande prologo». Nel 1852 si compiva la stesura dei libretti sia del Prologo, L'oro del Reno, sia della Valchiria. Mentre per l’opera completa si dovranno attendere – con la lunga pausa di 11 anni dal ‘56 al ‘67 - ben 26 anni (dal 1848 al 1874)!
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L’Anello Il mito dell'Anello fu costruito liberamente utilizzando diverse fonti medievali germanico-scandinave: 1. la raccolta poetica Edda, scandinava, che contiene miti e leggende di tutta l'area germanica pagana; 2. il Nibelungenlied, un poema epico tedesco che sviluppa alcuni temi dell'Edda.
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L’Anello Se però i miti (cioè le immagini, i personaggi, le situazioni) sono attinti alla tradizione germanica più antica, l'ideologia che guida l'utilizzo e l'ordinamento di tali miti è sicuramente tratta da Wagner dalla cultura a lui contemporanea. È innegabile, per esempio, che l'ideologia socialista-anarchica (da lui avvicinata con la lettura di Proudhon e la conoscenza di Bakunin) sia determinante nella formulazione del mito della "maledizione dell'oro"; Siegfried, l'eroe puro, sembra uscire da alcune immaginazioni letterarie della sinistra hegeliana, in particolare Max Stirner.
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L’Anello Durante la stesura definitiva del libretto, invece, e durante la composizione della musica (a partire dal 1853) si sovrappone all'ideologia rivoluzionaria e ottimistica la conoscenza della filosofia di Schopenhauer. Il capolavoro di questo filosofo (Il mondo come volontà e rappresentazione) era molto diffuso nei circoli zurighesi di quegli anni (il De Sanctis lo conobbe allora in quegli stessi ambienti).
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Wagner e Schopenhauer Da Schopenhauer, Wagner assimila l'idea del dolore universale che si supera soltanto con il forte desiderio della volontà di vivere; il Finale dell’Anello gli si configura ora come la rappresentazione dell'inevitabile crollo degli dei e della civiltà, a seguito di una maledizione che colpisce ogni aspetto della vita umana, anche il più eroico.
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Tristano e Isotta; Maestri cantori di Norimberga
Nei dodici anni che intercorsero tra il secondo (1857) e il terzo atto (1869) del Siegfried, si colloca la composizione di Tristan und Isolde ( ) e Die Meistersinger von Nürnberg ( ). Libretto e musica del Tristano vennero stesi in meno di due anni: Wagner confessò che, visti i tempi disperanti della Tetralogia (e forse persa la speranza di vederla mai rappresentata), mirò a comporre un'opera di minori proporzioni, che potesse riportarlo nei teatri d'opera, da cui era assente dall'anno del Lohengrin (1850).
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Tristano Ma si sbagliò di molto: anche il Tristano, composto con appassionata foga, presentò tali e tanti motivi di complessità da poter essere rappresentato solo nel 1865, all'inizio del benefico intervento di Luigi II, presso il teatro di Monaco.
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Tristano Eppure quest'originaria intenzione di semplicità è avvertibile almeno sotto due aspetti del Tristano: l'orchestra è meno monumentale di quella della Tetralogia, soprattutto nel settore degli ottoni, dove mancano le tube; inoltre, lo stesso soggetto è più semplice, senza l'enorme numero di personaggi della Tetralogia, senza la dovizia di eventi soprannaturali, di effetti scenici.
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Tristano Il mito anche in questo caso tratto:
da un poema germanico medievale appare sgombro di ogni simbolismo. Wagner confessava, d'altronde, di voler «innalzare al più bello dei sogni, l'amore, un monumento, in cui dal principio alla fine questo amore sia appagato davvero e interamente.
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La trama E’ la storia dell’amore impossibile tra Tristano, un cavaliere medievale, e Isotta, promessa sposa del re di Cornovaglia, caduti nel vincolo d’amore a causa di un potente filtro magico. Accecato dalla gelosia, questa volta il re di Cornovaglia non ebbe nessuna compassione e in preda ad un forte desiderio di vendetta decise di uccidere Tristano. Isotta, disperata, si gettò sul corpo del suo amato cavaliere e, per il forte dolore provato, si lasciò morire.
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Tristano: tensione e immobilità
Nel Tristano Wagner utilizza al limite estremo delle possibilità due procedimenti opposti, che, in questa partitura, si rivelano perfettamente complementari: da un lato persegue in più punti dell'opera "archi" espressivi dilatati a dismisura, su procedimenti di tensione ossessiva, dirompente, fino a un punto culminante di esasperazione; d'altro lato persegue un vero e proprio linguaggio del silenzio, dell'immobilità più mortale che mai si fosse incontrata nel linguaggio musicale.
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Tristano Nel primo caso Wagner porta agli estremi limiti i procedimenti della "melodia infinita", cioè di questo continuo evitare le conclusioni per rilanciare il discorso melodico sempre più in alto, sempre più appassionato, sempre più ricco di sonorità, sempre più mosso (procedimenti di cromatismo, di modulazione continua, di cadenze evitate, ecc.). Nel secondo caso, a rendere impietriti e attoniti i suoi silenzi e le sue rarefazioni orchestrali, usa gli stessi procedimenti di conclusione evitata (e, quindi, di sospensione) o di dissonanza ardita, e quindi fonte di smarrimento e di ambiguità.
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Tristano: amore e morte
Sarebbe troppo semplice riferire questi due procedimenti ai due concetti di amore e di morte. I due procedimenti, infatti, trapassano l'uno nell'altro, fin dal Preludio che inizia e finisce nella più mortale delle staticità, ed è occupato nel mezzo da un grandioso fiume di tensione crescente. E così, nel primo atto, si passa da un'allucinata immobilità, al momento in cui il filtro (che dovrebbe essere di morte) discende al profondo dei due cuori, facendo scaturire un'esplosione grandiosa di passionalità, che trabocca nella festosa animazione dei cori all'arrivo della nave nel porto.
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Tristano Il secondo atto si direbbe occupato per gran parte dal traboccare sempre più impetuoso della passione, che si acquieta ogni volta nella contemplazione della notte-morte, della natura-tutto, fino all'ultima travolgente ascesa, al vertice della quale l'incanto si rompe con l'arrivo di re Marke: e il mesto dolore di questo nobile marito fa ripiombare l'azione su ritmi di sospensione pressoché totale del dramma.
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Tristano Così pure nel terzo atto, con la poesia struggente del mare deserto e del lamentoso suono del pastore, la lunga agonia di Tristano passa da stanche immobilità a fremiti di speranza e di passione, culminanti nell'ultimo abbraccio, quando Isotta sbarca per il suo inutile soccorso. Ma ancora, alla morte di Tristano, l'orizzonte si apre, il canto si tende, il fiume del discorso musicale s'inturgida e freme nell'ultima lunghissima trenodia di Isotta che muore sul corpo di Tristano.
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I Maestri Cantori di Norimberga
Nell'immediato Wagner abbandona addirittura i soggetti tragici e mitologici e si dedica negli anni tra il 1862 e il 1867 a un soggetto giocoso: Die Meistersinger von Nürnberg (I Maestri cantori di Norimberga). Con il successo a Monaco dei Maestri Cantori nel 1868 inizia il momento più felice della vita di Wagner: quello della conclusione dell'Anello e della costruzione del teatro di Bayreuth.
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Parsifal Composta tra il 1877 e il 1882, riprendendo la leggenda del Sacro Graal, impiegata nel Lohengrin, alla quale si unisce la figura di un eroe (Parsi [puro] Fal [folle]) che vuole redimere il mondo attraverso la sua missione in cui rinuncia agli egoismi e alle passioni della carne. Proprio per il suo carattere austero venne sottotitolata dallo stesso Wagner sacra rappresentazione o rito scenica teatrale. Oltre alle conquiste già acquisite in campo musicale (declamato arioso e flessibile; armonie cromatiche; allargamento organico con tube wagneriane, 6 corni; 4 oboi, 4 clarinetti, 6 arpe e violini divisi), il suo libretto si caratterizza per la varietà metrica e per l’uso di allitterazioni molto musicali.
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L’oro del Reno DAS RHEINGOLD (L’oro del Reno)
Anno di composizione: Prima rappresentazione: Monaco di Baviera, Teatro Nazionale 22 settembre 1869
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Flosshilde (contralto)
Ruoli vocali Wotan (basso) Fricka (mezzosoprano) Donner (basso) Froh (tenore) Loge (tenore) Freia (soprano) Fafner (basso) Fasolt (basso) Alberich (basso) Mime (tenore) Erda (contralto) Flosshilde (contralto) Welgunde (soprano) Woglinde (soprano)
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Oro del Reno
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I Nibelunghi Nibelunghi è il nome dato dalla tradizione germanica a una stirpe mitologica di nani che viveva sotto terra e conosceva i segreti della fusione del ferro.
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Le quattro giornate Nell’Oro del Reno si compie il furto dell’oro da parte del nano Alberich, oro che passa nelle mani degli dei, che devono saldare il loro debito con i giganti (Fasolt e Fafner), i quali hanno edificato la loro splendida dimora. Nelle giornate seguenti si assiste al sorgere e al perire del poderoso progetto di Wotan di creare una stirpe di eroi, che vorrebbe essere immune dalla maledizione per il possesso dell’oro del Reno.
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Le quattro giornate 2. Nella Walkiria si parla della nascita - dal matrimonio di Wotan con Erda - di Sigmund e Siglinde, dal cui rapporto incestuoso nascerà l’eroe Sigfrido. Wotan, disperato, uccide Sigmund (mentre Siglinde si rifugia da Brunilde) e distrugge la magica spada Notung. 3. Nel Sigfrido l’eroe riesce a forgiare nuovamente la spada, ad uccidere il gigante Fafner (trasformato in un drago) e a re-impossessarsi dell’oro. Sigfrido sposa Brunilde.
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Le quattro giornate 4. Nel Crepuscolo degli dei la bramosia dell’oro ritorna al mondo dei nani (i Ghibicunghi), e precisamente ad Hagen, figlio di Alberich. A Sigfrido viene somministrato un filtro d’amore e d’oblio così si dimentica di Brunilde, innamorandosi di Gutrune. Trasformatosi nel re dei Ghibicunghi, ruba l’anello a Brunilde e sposa Gutrune. Brunilde, sentitesi tradita, aiuta Hagen ad uccidere Sigfried, ma scoperta tutta la vicenda si butta assieme al suo destriero tra le fiamme, che avvolgeranno anche tutto il Walhalla.
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La trama: scena I
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Scena II
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Scena III
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Scena IV
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La simbologia Flosshilde (contralto) Welgunde (soprano)
Woglinde (soprano) Le tre ondine rappresentano le tre arti: la musica la danza la poesia Alberich – Meyerbeer «La vera natura dell’arte di oggi è l’industria, il suo fine morale la ricerca di denaro, il suo pretesto estetico la distrazione di chi annoia» (in Arte e Rivoluzione) A proposito di Meyerbeer: «Con l’impressione di freddezza e di ridicolo reale che ci lascia, il celebre compositore rivela i caratteri del giudaismo nel campo della musica»
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da Il giudaismo nella musica (pubblicato con uno pseudonimo nel 1850)
«Dobbiamo spiegare a noi stessi la repulsione involontaria che la persona e il modo di essere degli ebrei ci ispira… » «E’ necessario prendere in considerazione l’effetto che produce su di noi l’ebreo con il suo linguaggio». «L’ebreo regna e regnerà fintantoché il denaro rimarrà la potenza contro la quale si sfiniranno tutta la nostra attività e i nostri sforzi».
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Il giudaismo in musica «L’ebreo ci colpisce innanzitutto, nella vita quotidiana, per il suo aspetto esteriore. A qualunque nazionalità apparteniamo, presenta qualche cosa di sgradevolmente estraneo alla nostra nazionalità: ci auguriamo, involontariamente, di non avere niente in comune con un uomo dall’apparenza simile». «Il nostro orecchio è toccato in maniera strana e sgradevole dal suono acuto, stridulo, bleso, strascicato che lo colpisce nella pronuncia ebraica. Un uso del tutto inadeguato della nostra lingua nazionale e un’alterazione arbitraria delle parole e delle costruzioni di frasi trasformano il loro eloquio in un farfugliare confuso e insopportabile. Ci costringe, così, nella conversazione, a prestare più attenzione a questo tono sgradevole che al contenuto del parlare ebraico».
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L’antisemitismo wagneriano
Alberic corrisponde ai tre punti in cui concretizza l’antisemitismo di Wagner: 1. l’aspetto fisico 2. il linguaggio 3. lo sfruttamento per mezzo del denaro
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I temi della Tetralogia
Il tema della maledizione e della redenzione, che erano già stati utilizzati nell’Olandese volante, ricompaiono in tutta la Teatralogia. Facendo riferimento alle letture filosofiche (Feuerbach, Schopenhauer), la vicenda dell’Anello richiama il tema della nascita di un nuovo mondo dalle ceneri di quello antico ormai corrotto. Infine, Nattiez (studiando i trattati di Wagner) parla di Anello come metafora del nuovo teatro, quello realizzato da Wagner : Sigfrido e Brunilde sono la rappresentazione di un nuovo androgino (la musica dell’avvenire).
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Lo stile Preludio dell’Oro del Reno Tema e variazioni Introduzione
Tema (motivo della Natura) I variazione (motivo del Reno) II variazione (1° variante del motivo del Reno) III variazione (2° variante del motivo del Reno) IV variazione (3° variante del motivo del Reno); inizia ad aprirsi il sipario Coda (coda del motivo del Reno)
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Lo stile: la primordialità
Preludio: ben 136 battute tutte in Mi bemolle maggiore viene impiegata una sonorità ancestrale Mi bemolle (contrabbassi accordano un semitono più in basso del solito) Gradualmente si aggiunge un intervallo di quinta: Si bemolle mentre il ritmo gradualmente affiora Alla 17° misura abbiamo raggiunto l’accordo perfetto di Mi bemolle e si ode il Tema della Natura, che si riverbera dal primo corno a tutti gli altri sette.
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Con la 1°variazione aumentano gli strumenti utilizzati (archi)
Lo stile Il Tema della Natura viene costruito aggiungendo alle armoniche naturali i primi 5 suoni della scala diatonica Con la 1°variazione aumentano gli strumenti utilizzati (archi) 3° variazione più lunga del doppio con il raddoppio delle suddivisioni ritmiche 3° e 4° variazione con i motivi che si insinuano in tutta l’orchestra (archi e legni) Solo nella coda tutto il materiale musicale si dispiega in modo completo.
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Lo stile: la primordialità e le filiazioni
Prima scena: Ondina nuota nel Reno impiegando un linguaggio primordiale denso di allitterazioni “Weia! Waga Woge du Welle (ondeggia tu onda) / Walle zur Weige (cullati in culla) La melodia è quella del Reno, ma sviluppata per moto contrario e abbellita da alcune appoggiature. Woglinde impiega poi una melodia basata sulla scala pentatonica (che all’epoca era considerata un elemento di primordialità) La filiazione di tema in tema: In realtà anche nelle scene successive alcuni temi come – per esempio - quello dell’anello sono una rievocazione del tema delle Ondine (Weia! Waga); mentre Erda (4 scena), la dea della Terra, utilizza il tema del Reno in minore
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Lo stile: non tutto è leitmotive
Non tutto nell’Anello è denso di letimotive. Questi vengono impiegati quando il testo (ricco di varietà metrica e di numerose allitterazioni) diventa evocativo di altre situazioni. Scena seconda: Loge narra agli Dei il furto dell’oro da parte del nano Alberich. Inizialmente – quando racconta di aver cercato un sostituto di Freia per soddisfare i Giganti ma senza trovare nulla – la musica si articola in un “semplice” recitativo accompagnato (sillabico e privo di valore tematico) senza impiego di leitmotive
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Lo stile Dopo aver ascoltato un Preludio strumentale, Loge (una delle divinità) riprende a parlare e racconta di come abbia cercato qualcosa di più prezioso dell’amore (ma nessuno vi vuole rinunciare). Qui Wagner – visto che si tratta di una situazione densa di significati reconditi – fa seguire e precedere le frasi dai leitmotive. Segue un postludio strumentale. Infine, quando Loge cita direttamente le Figlie del Reno, quando si cita l’Oro del Reno come il bene più caro il tessuto musicale è basato su questi 3 leitmotive: Weia! Waga; Il tema del Reno; il tema dell’Anello
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Lo stile La terza parte con i riferimenti ai 3 leitmotive
Il primo racconto di Loge in recitativo accompagnato Weia!Waga Oro Anello
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Lo stile: il colore armonico
Wagner utilizzando una struttura priva di particolari legami sintattici (forme chiuse) non solo si avvale dei motivi conduttori per realizzare coesione nell’opera, ma anche di aree tonali che servono a caratterizzare un momento, una situazione: Mi B maggiore = Natura Do maggiore = Luce, verità e amore Do minore = tenebra e tragedia Anche se aleggia in tutta l’opera un senso di tonalità instabile, finalizzata a creare un continuo senso di instabilità.
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Lo stile Ascolti: Oro del Reno Preludio e ondine «Weja Waga» (7’)
Seconda scena, primo atto n°12 «Immer ist Undank (7’37’’) Walkiria Cavalcata Atto III n°1 (8’23’’) Sigfrido La forgiatura della spada Notung, Atto I n°16 (8’20’) Crepuscolo degli Dei Brunilde omaggia il cadavere di Sigfrido, getta l’anello, poi raccolto dalle ondine. Il fuoco, la morte dei due eroi e la caduta del Walhalla. Atto III, n°24 (3’ 55’’)
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L’accordo del Tristano
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