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L’INTENSITA’ Prima parte.

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Presentazione sul tema: "L’INTENSITA’ Prima parte."— Transcript della presentazione:

1 L’INTENSITA’ Prima parte

2 Tutte le volte che ci si allena – se si vogliono raggiungere degli obiettivi specifici – non lo si può fare a caso, ma bisogna avere: - Un programma annuale per la pianificazione del raggiungimento degli obiettivi a lungo termine che coordini tutte i singoli allenamenti - Un programma giornaliero che indichi la tipologia e l’intensità del lavoro da svolgere in ogni differente sessione

3 Le ZONE di ALLENAMENTO costituiscono uno strumento per la programmazione e la valutazione dell’intensità dello sforzo

4 L’obiettivo di un buon allenamento è quello di migliorare le diverse capacità motorie che intervengono nella pedalata: bisogna dunque lavorare sia sul sistema aerobico che su quello anaerobico e sulle molteplici forze che intervengono nella pedalata. Ci sono protocolli di allenamento che servono per sviluppare le basi, altri si concentrano sulla specializzazione, per diventare atleti completi, è necessario seguire tutti gli allenamenti.

5 Ogni zona di lavoro costituisce un differente livello di sforzo, dal più leggero al più duro
On line si possono trovare moltissime informazioni sulle zone di allenamento, con diverse definizioni e nomenclature, di seguito indicherò quella utilizzata anche nei miei allenamenti cercando di semplificare il discorso

6 Una prima grande distinzione è fra gli allenamenti:
LEGGERI PESANTI

7 A loro volta la leggerezza e la pesantezza sono suddivise, ciascuna, in tre livelli, formando così 6 zone di lavoro: LAVORO LEGGERO 1. RECUPERO ATTIVO 2. ENDURANCE 3. TEMPO PESANTE 4. SOGLIA 5. SUPER SOGLIA 6. MASSIMALE

8 ZONA 1: RECUPERO ATTIVO È la zona di lavoro più leggera, si utilizza per recuperare dopo un impegno importante . Solitamente si usa una pedalata agile che permette il ristoro ai muscoli stanchi. Anche se nella sessione di recupero attivo non ci si affatica, esso costituisce una parte essenziale dell’allenamento.

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10 ZONA 2: ENDURANCE Funzionalmente si è soliti definire “endurance” tutto il lavoro fatto al di sotto della produzione dell’acido lattico. La prima differenza rispetto all’uscita di recupero è la durata: le uscite di endurance sono più lunghe sia rispetto al tempo che ai chilometri percorsi. Gli allenamenti di endurance sono le fondamenta sulle quali costruire tutto il successivo lavoro, per questo sono essenziali all’inizio della preparazione, ma non devono essere abbandonati nemmeno successivamente. Detto ciò, per una corretta preparazione, nel week end, dove solitamente si ha più tempo a disposizione, si dovrebbe pianificare almeno un uscita di endurance.

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12 ZONA 3: TEMPO Questa zona è molto simile alla precedente anche se è più impegnativa: qui si imita lo sforzo di una gara, senza raggiungere frequenze cardiache elevatissime. Se nell’endurance ci si poteva permettere di sentire il profumo dei fiori… qui non se ne avrà né le forze né il tempo! Parola d’ordine: rimanere concentrati sulla pedalata!

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14 L’INTENSITA’ Seconda parte

15 ZONA 4: SOGLIA In questa zona si lavora per migliorare la soglia di produzione dell’acido lattico: l’obiettivo è quello di abituarsi a lavorare ad alte intensità per lunghi periodi di tempo. Meno acido lattico si produce, meglio si riuscirà a pedalare! È una zona di lavoro faticosa perché ad uno sforzo intenso viene associato un lungo periodo di lavoro. Ma tutto il sudore versato sarà ricompensato da grandi soddisfazioni in termini di miglioramento prestazionale.

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17 ZONA 5: SUPER SOGLIA Qui si parla di pura sofferenza: si contano i secondi che paiono interminabili minuti. Si lavora a brevi intervalli ad altissima intensità dove i prodotti di scarto del metabolismo anaerobico non riescono ad essere smaltiti così velocemente quanto la loro produzione. In questa zona si migliore il VO2Max, un acronimo che esprime il volume massimo di ossigeno che un essere umano può consumare nell'unità di tempo per contrazione muscolare.

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19 ZONA 6: MAXIMAL Qui si richiede il massimo: è l’ultimo sprint prima del traguardo dove si deve dare il meglio di se stessi. Questa intensità può essere mantenuta solo per alcuni secondi.

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21 COME SI FA A SAPERE IN QUALE ZONA SI STA LAVORANDO?
Ci sono molti modi per individuare in quale zona si sta lavorando. Il primo e più intuitivo è quello della valutazione dello sforzo percepito che viene adottato anche da molti professionisti.

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23 Altri metodi prendono in considerazione la soglia di produzione dell’acido lattico o la potenza sviluppata al momento della sua produzione. Essendo la soglia di produzione di acido lattico un parametro che viene modificato dall’allenamento, così come la potenza sviluppata al momento della sua produzione, i valori individuati devono essere continuamente modificati, rendendo complessa l’individuazione delle zone di lavoro.

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25 Le zone di lavoro possono infine essere individuate attraverso il calcolo della frequenza cardiaca massima, generalmente individuata con il calcolo: Fc max (100%) = 220 – età La frequenza cardiaca è facilmente monitorabile, non dà adito a sensazioni che potrebbero essere troppo soggettive e la fc max non è soggetta a cambiamenti. Avevo già pubblicato un video in cui spiegavo come tradurre in percentuali i battiti cardiaci rilevati, in caso abbiate dubbi, vi invito a riguardarlo

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27 Lavorare a zona richiederà, all’inizio un duplice passaggio: dal battito rilevato si dovrà individuare la percentuale e la zona di appartenenza, ma i benefici saranno molteplici, in particolare l’allenamento potrà essere PERSONALIZZATO. Individuando la zona un intervallo, questo potrà soddisfare le condizioni e le necessità di ciascun atleta: nella parte inferiore potranno fermarsi i meno allenati o chi è fuori forma (capita anche ai professionisti!), nella parte superiore arriverà invece chi mira ad una preparazione specifica per affrontare gare.

28 QUESTE SARANNO LE NOSTRE COORDINATE:


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