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Le particelle elementari da Democrito ai quark
Sergio Patricelli Dipartimento di Scienze Fisiche Università “Federico II” S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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Da Democrito a Mendeleyev
Tra i filosofi greci (Talete, Anassimandro, Pitagora, Eraclito, Anassagora, etc…) che tra il 600 ed il 400 AC cercarono di dare una spiegazione della struttura del mondo che ci circonda in termini di principi fondamentali, Democrito fu il primo a considerare l’idea di una materia discontinua. Egli chiamò atomi quelle parti della materia che non possono essere ulteriormente suddivise e che, combinandosi in forma diversa, danno luogo alla varietà di sostanze osservate. Gli elementi naturali dalla cui combinazione era possibile ottenere tutte le sostanze naturali venivano identificati con il Fuoco, l’Acqua, la Terra e l’Aria Solo nel XVII secolo, con la nascita della scienza moderna con Galileo e la frenetica attività degli alchimisti che speravano di tramutare il piombo in oro, ebbe inizio lo studio sperimentale delle proprietà della materia che, con gli studi di chimica di Lavoisier (1780) e Dalton (1803), portò alla prima evidenza sperimentale di una teoria atomica in cui ad ogni elemento naturale era associato un diverso tipo di atomo. Il problema principale da affrontare fu che il numero di elementi conosciuti continuava a crescere. Fu Mendeleyev che nel 1869 riuscì a classificare tutti gli elementi noti nella sua tavola periodica secondo il loro peso atomico ed in modo da spiegare le loro proprietà chimiche. Il maggior successo della tavola periodica si ebbe quando tre elementi previsti dalla tavola (Germanio, Gallio e Scandio) furono effettivamente trovati. Sembrava che il problema della conoscenza della struttura ultima della materia fosse risolto, ma in realtà rimaneva senza risposta una domanda fondamentale: a cosa è dovuta la periodicità nella tavola di Mendeleyev? S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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Prime scoperte nel mondo sub-atomico
La prima particella subatomica ad essere scoperta fu l’elettrone (e-) nel 1897 da J.J. Thomson. Egli dimostrò che i raggi catodici, con i quali Rontgen aveva prodotto, due anni prima, i raggi X per le prime radiografie in campo medico, non erano altro che particelle cariche negativamente circa 2000 volte più leggere dell’atomo di idrogeno (il più leggero in natura). La data del 30 Aprile 1897, quella in cui Thomson annunciò la scoperta dell’elettrone alla British Royal Institution, può essere considerata la data di nascita della Fisica delle Particelle Elementari. La scoperta dell’elettrone portò alla formulazione di vari modelli atomici di cui uno dei più famosi fu dello stesso Thomson che rappresentava l’atomo come una sfera di carica positiva uniforme in cui sono immersi gli elettroni che lo rendono elettricamente neutro. Ma nel 1911 E. Rutherford, allievo di Thomson, utilizzando una nuova forma di radiazione naturale (raggi a) per bombardare sottili lamine d’oro, effettuò il suo famoso esperimento con cui dimostrò che la massa totale dell’atomo è concentrata in un volume che è quasi volte più piccolo del volume dell’atomo stesso. Nucleo Raggio a Si giunse così alla formulazione del modello atomico di Rutherford, in cui gli elettroni, carichi negativamente, orbitano intorno al nucleo, carico positivamente, come in un microscopico sistema solare. Tuttavia un modello così semplice e bello aveva un grave difetto: secondo la teoria dell’elettromagnetismo un atomo così fatto non poteva essere stabile!!! S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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L’atomo di Bohr, il protone ed il neutrone
Negli stessi anni la Fisica viveva un periodo di radicali trasformazioni con l’avvento della Teoria della Relatività e della Teoria dei Quanti. Fu proprio utilizzando le idee di quest’ultima che N. Bohr modificò il modello di Rutherford ipotizzando che gli elettroni possono orbitare intorno al nucleo solo in particolare orbite e che possono passare da un’orbita ad un’altra assorbendo o emettendo quantità discrete di energia (quanti). Il modello di atomo proposto da Bohr (1913) si rivelò un grandissimo successo per la fisica moderna in quanto permise di spiegare in modo precisissimo le caratteristiche di emissione e di assorbimento della radiazione elettromagnetica di moltissimi elementi. In altri termini il modello di Bohr (ed il principio di esclusione di Pauli) permisero di chiarire le periodicità presenti nella tavola di Mendeleyev. La meccanica quantistica fornì inoltre una nuova interpretazione (in termini di probabilità) delle orbite elettroniche. Negli anni immediatamente successivi alla 1a guerra mondiale, Rutherford ed i suoi collaboratori continuarono gli esperimenti di bombardamento di elementi con particelle a. I loro studi evidenziarono, in alcuni casi, l’apparizione di atomi di elementi diversi da quelli utilizzati nell’esperimento e di particelle con carica positiva avente la massa dell’atomo di idrogeno. Queste particelle furono chiamate protoni e cominciò ad essere evidente la struttura composita del nucleo atomico oltre che la dimostrazione di poter realizzare il vecchio sogno degli alchimisti di trasformare un elemento in un altro. Cominciò tuttavia ad essere chiaro che se si fosse potuto disporre di proiettili di energia maggiore di quella delle particelle a prodotte dalla radioattività naturale, il nucleo atomico avrebbe potuto essere studiato con maggior dettaglio. Cockcroft e Walton costruirono il primo acceleratore per protoni accelerati da una d.d.p. di Volt e con tali strumenti in breve tempo si giunse alla scoperta del neutrone come ulteriore componente del nucleo atomico. S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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?? ?? p+ L- S- K- n K- Lo ne e- wo e+ W+ p- fo X- m+ K+ p- ho S+ m-
La proliferazione delle particelle e l’ipotesi dei quarks La costruzione di acceleratori di protoni di maggiore energia e lo sviluppo di rivelatori di particelle sempre più sofisticati portarono, negli anni successivi, alla scoperta di un numero via via crescente di particelle “elementari”. Alla base di questo fenomeno c’è l’equazione E=mc2 secondo la quale l’energia posseduta dal proiettile può trasformarsi in massa, nella reazione, facendo nascere nuove particelle. Queste nuove particelle non sono stabili ma decadono, in tempi molto brevi, in particelle più leggere. Inoltre si trovò che ogni particella è dotata di una sua antiparticella di uguale massa ma carica opposta. La situazione che si presentava ai fisici alla fine degli anni ‘50 era simile a quella che aveva dovuto affrontare Mendeleyev poco meno di cento anni prima!! ?? ?? K- n K- Ko Lo ne e- wo e+ W+ ro p+ S- L- po p- fo X- m+ K+ p- ho S+ m- Nei primi anni ‘60 M. Gell-Mann suggerì che molte di queste particelle potevano essere raggruppate in famiglie se fossero state costituite da tre entità più elementari che egli suggerì, fantasiosamente, di chiamare “quarks”. La sua ipotesi divenne molto credibile quando fu scoperta una nuova particella (W-) prevista dal modello. Il sostegno sperimentale all’ipotesi dei quarks venne da una serie di misure effettuate allo Standford Linear Accelerator Center dove elettroni di altissima energia vennero utilizzati per bombardare protoni in un esperimento concettualmente simile all’esperimento di Rutherford. S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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La caccia ai quarks e la rivoluzione di Novembre
I risultati di SLAC spinsero i fisici sperimentali a trovare un’evidenza diretta dei quarks che, nel modello di Gell-Mann, sono caratterizzati dal fatto di avere una carica elettrica frazionaria. Ma tutti i tentativi di trovare dei quark liberi furono vani. Nel Novembre del 1974 una inattesa scoperta sperimentale dette un sostegno fondamentale all’ipotesi dei quarks. La scoperta di una nuova particella avvenuta contemporaneamente in due esperimenti a SLAC e Brookhaven e subito confermata a Frascati, dove operava l’anello di accumulazione e+e- Adone, poteva infatti essere interpretata solo con la presenza di un quarto quark la cui esistenza era stata prevista teoricamente per spiegare alcuni risultati sperimentali. J/Y Negli anni successivi furono scoperte altre particelle contenenti il charm e quattro anni dopo un nuovo gruppo di particelle suggerì l’esistenza di un quinto quark, il bottom. I modelli teorici reclamavano l’esistenza di un sesto quark, il top, per completare la terza famiglia ma, a causa della sua massa molto elevata (circa 170 volte più pesante del protone) la sua esistenza sperimentale è stata dimostrata solo nel 1994. Y Oggi nessuno mette in dubbio la realtà dei quarks che, sebbene non rilevabili in forma libera, si manifestano sperimentalmente con segnature molto chiare (getti particelle). S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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Non solo quarks. Anche leptoni
Non tutte le particelle sono costituite da due o tre quarks. Alcune, per quanto ne sappiamo oggi, sono veramente elementari. Queste particelle sono 6 e, come i quarks, sono raggruppate in famiglie. Prendono il nome di leptoni e godono della proprietà di essere le uniche particelle a non subire l’influenza della forza forte. Tre di queste particelle hanno massa (e questa è l’unica caratteristica che le differenzia l’una dall’altra) ed a ognuna di esse è associato un neutrino. Il problema di capire se i neutrini hanno massa molto piccola o nulla è uno dei maggiori problemi tuttora aperti nella fisica delle particelle elementari. La figura successiva riassume la attuale classificazione delle particelle elementari. Delle tre famiglie di quark e leptoni, solo la prima(u,d,ne,e) contribuisce alla costituzione della materia che ci circonda. Le altre, che oggi siamo capaci di creare negli esperimenti di laboratorio, erano abbondantemente presenti nei primi istanti della formazione dell’Universo quando la sua temperatura era molto elevata. Inoltre le misure di precisione realizzate ci permettono di affermare che non ci sono altre famiglie nascoste. m = 0 ?? S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
I portatori di forza Il quadro delle particelle elementari non sarebbe completo senza un accenno a quelle particelle che non sono dello stesso tipo dei quark e dei leptoni ma che potremmo chiamare portatori di forze. Per quanto ne sappiamo oggi, le interazioni (forze) che sono misurabili nell’Universo attuale sono quattro e la meccanica quantistica spiega la loro azione con lo scambio di particelle dette bosoni. Interazione gravitazionale Gravitone Interazione elettromagnetica Fotone Interazione debole Bosoni pesanti Interazione forte Gluoni ??? g m = 0 W+, W-, Z° S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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Come si fanno oggi queste ricerche?
Il tipo di strumenti da utilizzare è dettato dalle dimensioni degli oggetti che si vogliono studiare. Nel caso delle particelle subatomiche le dimensioni sono mostrate nella figura successiva e gli unici strumenti che permettono di “vedere” se nei quark sono nascoste altre strutture sono gli acceleratori di altissima energia. S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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Il CERN (Centro Europeo per la Fisica delle Particelle Elementari)
Il più grande acceleratore oggi in funzione è il LEP (Large Electron Positron Collider) al CERN presso Ginevra. Permette di accelerare elettroni e positroni fino a Miliardi di elettronvolt in una ciambella in cui è fatto il vuoto avente una circonferenza di 27 km. Utilizzando lo stesso tunnel sotterraneo del LEP, nel 2004 è prevista l’entrata in funzione del LHC (Large Hadron Collider) che permetterà di far scontrare protoni contro protoni ad un energia di miliardi di elettronvolt. S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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La collaborazione internazionale
Gli strumenti utilizzati per lo studio delle collisioni di altissima energia sono estremamente sofisticati, di dimensioni molto grandi e di costo molto elevato. La loro costruzione è possibile solo attraverso una grande collaborazione internazionale. S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
L’esperimento ATLAS ATLAS è un esperimento cui partecipa un gruppo di fisici della nostra Università Forse, grazie a questi apparati, tra qualche anno sapremo se la lunga strada verso l’infinitamente piccolo è giunta al termine o no. S. Patricelli - Dip. di Scienze Fisiche - Università “Federico II”
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