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Giacomo Leopardi.

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Presentazione sul tema: "Giacomo Leopardi."— Transcript della presentazione:

1 Giacomo Leopardi

2 Il Romanticismo Alla fine del Settecento si assiste in tutta Europa alla diffusione di un movimento culturale, il Romanticismo, che restituisce importanza al sentimento, riscoprendo il senso drammatico della vita, la fantasia e il mistero. Questo movimento esalta, in opposizione al pensiero illuminista, la passione invece della ragione e dà più importanza al principio di libertà del singolo individuo, che non a quello di uguaglianza. Le idee romantiche si affermano in Germania con il movimento dello Sturm und Drang : “tempesta e assalto”. Un gruppo di giovani intellettuali ribelli, che esalta, contro la civiltà, la natura, la passione primitiva e selvaggia e la libertà, fino al rifiuto delle regole. Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818, Museo di Amburgo.

3 La vita 1798: il 29 giugno nasce a Recanati nelle Marche, allora Stato pontificio, un ambiente chiuso e arretrato. La famiglia, di origine nobile, si trova in ristrettezze economiche. I genitori, il conte Monaldo e la marchesa Adelaide Antici, si mostrano severi e poco affettuosi. 1807: per la sua istruzione viene affidato alle cure dell'abate Sebastiano Sanchini, dal quale apprende il greco e il latino. Inizia un periodo di studio molto intenso.

4 La vita 1811: da autodidatta, studia sui libri della biblioteca paterna l’ebraico, il francese, l'inglese, lo spagnolo. Già all’età di tredici anni traduce i classici e scrive opere. 1819: oppresso da quell’ambiente gretto, progetta una fuga da Recanati ma è scoperto dal padre. Inizia a comporre i sei Piccoli Idilli, tra cui Alla luna e L'Infinito. 1822: ottiene dal padre il permesso di recarsi a Roma ospite dello zio Carlo Antici.

5 La vita 1825: si trasferisce a Milano e pubblica i sei Idilli nella rivista «Il Nuovo Ricoglitore». 1827: si sposta a Firenze dove conosce Antonio Ranieri e, poi, incontra Manzoni, ma ritorna a Recanati. 1830: parte nuovamente da Recanati, soggiorna prima a Bologna e poi a Firenze, ove il generale Colletta gli assicura un assegno mensile per un anno a nome di anonimi “amici di Toscana”, qui si innamora non ricambiato di Fanny Targioni Tozzetti.

6 La vita 1833: si trasferisce a Napoli con Antonio Ranieri.
1836: a causa dell'epidemia di colera, si trasferisce a villa Ferrigni, alle falde del Vesuvio, ospite dell'amico Ranieri e della sorella Paolina, e compone La ginestra. 1837: il 14 giugno muore a Napoli, viene sepolto nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta e nel 1939 i suoi resti sono traslati accanto alla tomba di Virgilio, nel parco Virgiliano di Piedigrotta.

7 La vita

8 La vita

9 Le opere Canti: Raccolta di 41 poesie composta da Idilli (Alla luna, L'infinito ...), grandi Idilli (A Silvia ...) e canzoni con contenuti filosofici, d'amore e patriottici (All'Italia ...) . Zibaldone: Una sorta di grande diario di 4000 pagine, in cui annota pensieri, commenti e spunti per nuove opere. Operette morali: Opera filosofica in cui espone la sua visione pessimistica della vita, nella quale la natura da madre benefica si tramuta in matrigna crudele, che spinge l'uomo verso una felicità irraggiungibile.

10 La poetica CONCEZIONE PESSIMISTICA DELLA VITA:
nella vita dominano il dolore e l'infelicità, la gioia è solo momentanea. LA NATURA É LA CAUSA DELL'INFELICITÀ DELL'UOMO: la natura fa nascere nell'uomo la speranza e l'illusione di poter essere felice ma poi resta sempre deluso. PESSIMISMO INDIVIDUALE: la natura ha ingannato e reso infelice il poeta. PESSIMISMO UMANO: la natura inganna e rende infelici tutti gli uomini. PESSIMISMO COSMICO: la natura rende infelici tutti gli esseri del creato. UNICO RIMEDIO: rifugiarsi nella poesia, concepita come musica.

11 Le opere

12 Le opere

13 Le innovazioni nello stile e nel linguaggio

14 I Piccoli Idilli I “Piccoli idilli” sono un gruppo di cinque liriche (e un frammento) di carattere soggettivo ed esistenziale, scritte tra il 1818 e il 1821; si distinguono dalle canzoni, come All’Italia, che invece trattano anche temi civili.

15 INDIVIDUA IL TIPO DI STROFE E DI RIME. DIVIDI IN SILLABE I VERSI
L’Infinito La lirica, scritta a Recanati nel 1819 in endecasillabi sciolti, fa parte degli Idilli 1    2      3   4    5    6    7      8     9    10  11 Sem/pre /ca/ro /mi /fu /que/st'er/mo/ col/le, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare. INDIVIDUA IL TIPO DI STROFE E DI RIME. DIVIDI IN SILLABE I VERSI

16 La parafrasi Fu sempre caro per me questo colle solitario
e anche questa siepe, che impedisce la vista dell’orizzonte più lontano. Tuttavia, stando seduto e contemplando, al di là di quella siepe, io immagino nella mia mente spazi sterminati e silenzi tali, che un uomo non può percepire e una quiete profonda, che per poco il cuore non si smarrisce. E appena sento stormire il vento tra le foglie, io paragono quel silenzio infinito a questo suono e mi viene in mente l’eternità, le epoche passate e il tempo presente con i suoi echi. Così il mio pensiero affonda in questa immensità ed è piacevole perdersi in questo mare.

17 INDIVIDUA LE FIGURE RETORICHE E DIVIDI IN SILLABE I VERSI
L’Infinito INDIVIDUA LE FIGURE RETORICHE E DIVIDI IN SILLABE I VERSI 1      2      3   4    5    6    7     8     9    10   11 1Sem/pre /ca/ro /mi /fu /que/st'er/mo /col/le, 2 e questa siepe, che da tanta parte 3 dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. 4 Ma sedendo e mirando, interminati 5 spazi di là da quella, e sovrumani 6 si/len/zi, e /pro/fon/dis/si/ma/ qu/ï/ete 7 io nel pensier mi fingo; ove per poco 8 il cor non si spaura. E come il vento 9 odo stormir tra queste piante, io quello 10 infinito silenzio a questa voce 11 vo comparando: e mi sovvien l'eterno, 12 e le morte stagioni, e la presente 13 e viva, e il suon di lei. Così tra questa 14 immensità s'annega il pensier mio: 15 e il naufragar m'è dolce in questo mare.

18 L’Infinito le figure retoriche
Enjambement: v. 2 e v. 3; v. 4 e v. 5; v. 5 e v. 6; v. 7 e v. 8; v. 8 e v. 9; v. 10 e v. 11; v. 12 e v. 13; v. 13 e v. 14 Allitterazione: ripetizione di una lettera, di una sillaba o di un suono all’inizio o all’interno di parole successive. È possibile rintracciare vari suoni: la “r” Sempre caro mi fu quest’ermo colle, v. 1; la “s”, che vuole riprodurre il silenzio in sovrumani silenzi, vv. 5 – 6. Polisindeto: unione di più termini con la ripetizione della stessa congiunzione. Ripetizione della “e” per 5 volte, v. 11 e v. 13. Iperbole: descrizione esagerata della realtà tramite espressioni eccessive. Interminati v. 4; sovrumani v. 5; profondissima, v. 6. Antitesi: accostamento di due parole o frasi di significato opposto, inverso o contraddittorio. Morte ...viva, vv Metafora: sostituzione di una parola con un’altra che ha un rapporto di somiglianza (confronto sottinteso) v. 15. Ossimoro: accostamento di due termini in contrasto. Naufragar - dolce, v. 15. Il naufragio, di solito associato ad un evento negativo, per il poeta è dolce.

19 La luna nell’arte romantica: i pittori tedeschi
Caspar David Friedrich Un uomo e una donna contemplano la luna, 1830 – 35, Berlino, Vecchia Galleria Nazionale

20 Alla luna Anche Alla luna, come L’infinito, scritta nel 1819,
fa parte dei “Piccoli idilli" 1     2    3   4   5   6    7   8     9    10   11 O /gra/zio/sa/ lu/na, /io/ mi /ram/men/to che, or volge l'anno, sovra questo colle io venia pien d'angoscia a rimirarti: e tu pendevi allor su quella selva siccome or fai, che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci il tuo volto apparia, che travagliosa era mia vita: ed è, né cangia stile, 0 mia diletta luna. E pur mi giova la ricordanza, e il noverar l'etate del mio dolore. Oh come grato occorre nel tempo giovanil, quando ancor lungo la speme e breve ha la memoria il corso, il rimembrar delle passate cose, ancor che triste, e che l'affanno duri! Il testo si compone di 16 endecasillabi sciolti distribuiti in quattro periodi. Il ritmo della poesia è rafforzato da enjambement con un forte valore espressivo, individuali. Individua poi le diverse parole tematiche che ricorrono nel testo.

21 La parafrasi O leggiadra luna, io mi ricordo
che, un anno fa, venivo a guardarti sopra questo colle pieno d’angoscia: e tu sovrastavi su quella selva, e come fai ora, brillando, la rischiaravi tutta. Ma il tuo volto appariva offuscato e tremolante per le lacrime, che velavano i miei occhi, perché la mia vita era piena di dolore e di tormenti e continua ad esserlo e non cambia, o mia diletta luna. Eppure mi fa bene ricordare e raccontare quei momenti di sofferenza. O com’è gradito negli anni della giovinezza, quando abbiamo ancora tanta speranza e breve il corso della memoria, ricordare gli eventi passati, sebbene siano tristi e ci facciano soffrire ancora.

22 Il commento Si tratta di un colloquio del poeta con la luna, un tema tipicamente romantico. In questi anni il poeta vive una condizione definita pessimismo storico, cioè di dolore, noia e insofferenza dovuti allo scontro tra l'insopprimibile desiderio umano di felicità e l’impossibilità di realizzarlo. Gli idilli esprimono una condizione interiore del poeta, perciò anche lo stile diventa più colloquiale. Infatti Leopardi si rivolge subito alla luna in modo confidenziale, “Graziosa luna” e via via il tono diventa più intimo: “mia diletta luna”. Il poeta, a distanza di un anno (or volge l’anno) ritorna sul monte Tabor e confida alla luna le proprie angosce e inquietudini. Leopardi osserva l'astro e ricorda che l'anno prima il volto della luna gli era apparso tremolante, perché i suoi occhi erano velati dal pianto. Nulla è cambiato, il suo animo è ancora sofferente, eppure ricordare il dolore di allora gli dà sollievo. E pur mi giova dice il poeta, ricordare è un’esperienza piacevole e consolatoria, anche se gli oggetti del ricordo sono spiacevoli. Il tema è quello della “rimembranza” (titolo originario): ricordare il passato, anche se doloroso, è fonte di piacere, perché se ne rievocano le illusioni.

23 La ginestra o il fiore del deserto
«E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce» (Giovanni, III, 19). Qui su l’arida schiena del formidabil monte sterminator Vesevo, la qual null’altro allegra arbor né fiore, tuoi cespi solitari intorno spargi, odorata ginestra, contenta dei deserti. Anco ti vidi de’ tuoi steli abbellir l’erme contrade che cingon la cittade la qual fu donna de' mortali un tempo, e del perduto impero par che col grave e taciturno aspetto faccian fede e ricordo al passeggero. Or ti riveggo in questo suol, di tristi lochi e dal mondo abbandonati amante, e d’afflitte fortune ognor compagna. ginestra deserto profumo aridità vita morte

24 di ceneri infeconde, e ricoperti dell’impietrata lava,
Questi campi cosparsi di ceneri infeconde, e ricoperti dell’impietrata lava, che sotto i passi al peregrin risona; dove s’annida e si contorce al sole la serpe, e dove al noto cavernoso covil torna il coniglio; fur liete ville e colti, e biondeggiàr di spiche, e risonaro di muggito d’armenti; fur giardini e palagi, agli ozi de' potenti gradito ospizio; e fur città famose che coi torrenti suoi l'altero monte dall'ignea bocca fulminando oppresse con gli abitanti insieme. Or tutto intorno una ruina involve, dove tu siedi, o fior gentile, e quasi i danni altrui commiserando, al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo, che il deserto consola.

25 Parafrasi Qui sulla pendice riarsa dello spaventoso (formidabil, dal latino) e distruttore monte Vesuvio (Vesevo, latinismo), che nessun altro arbusto o fiore rallegra, tu, odorosa ginestra, spargi intorno i tuoi cespugli solitari, soddisfatta dei deserti. Questi campi cosparsi di ceneri sterili e ricoperti dalla lava solidificata (impietrata), che risuona sotto i passi del viandante; dove si annida e si contorce al sole il serpente, e dove all’abituale tana sotterranea torna il coniglio; qui vi furono città opulente (liete nel senso latino) e campi coltivati, e biondeggiare di spighe, e risuonarono dei muggiti di mandrie; Ti vidi anche un’altra volta abbellire con i tuoi steli le contrade solitarie che circondano Roma (la cittade), la quale fu un tempo dominatrice di popoli, e sembra che questi luoghi con il loro cupo e silenzioso aspetto testimonino e ricordino al viandante il grande impero perduto.  vi furono giardini e palazzi, gradito rifugio per l'ozio dei potenti; e vi furono città famose che il vulcano indomabile, riversando (fulminando) torrenti di lava dalla sua bocca di fuoco (ignea), seppellì insieme agli abitanti. Ti rivedo ora su questo suolo, tu, che sei amante di luoghi tristi e abbandonati dal mondo e sempre compagna di glorie decadute. Ora invece una sola rovina avvolge tutto quanto, là dove tu dimori, o fiore gentile e, quasi compiangendo le miserie altrui, emani un profumo dolcissimo che sale verso il cielo e che consola questo luogo di desolazione.

26 Un messaggio di fratellanza
La Ginestra o fiore del deserto , composta nel 1836 a Torre del Greco, fu pubblicata postuma da Ranieri nel 1845 nei Canti. La lirica. Nella lirica, che conclude il pensiero filosofico di Leopardi ed è il suo testamento spirituale, si parla della coraggiosa e fragile resistenza, che la ginestra oppone alla lava del Vesuvio, simbolo della natura crudele e distruttiva. Il delicato fiore risorge coraggiosamente sulla lava pietrificata, rallegrando con la sua fragranza queste lande desolate. Ma il suo destino è inesorabilmente segnato da una nuova eruzione, capace di annullare non solo la sua presenza consolatoria, ma la stessa presenza umana. La ginestra diviene simbolo della pietà verso la tragica condizione dell’uomo. Nella lirica il poeta lancia un appello alla solidarietà e alla fratellanza per vincere la natura crudele, invita gli uomini ad aiutarsi a vicenda, a non aggravare la propria condizione con lotte fratricide.

27 Sterminator Vesevo Tra ‘700 e ‘800, numerosi artisti, romantici e preromantici, tra cui Hackert, Volaire, Wright of Derby, raffigurarono il Vesuvio. Il vulcano dominò le vedute del golfo di Napoli osservato da diversi punti, come Torre Annunziata e Portici. Straordinarie rappresentazioni del Vesuvio in eruzione furono eseguite da artisti romantici come il norvegese Johan Christian Dahl (fig. 1) e da Joseph William Turner (fig. 2), il quale, attraverso forti contrasti cromatici, arricchì di straordinaria luminosità l’immagine del vulcano. Tuttavia, col tempo le rappresentazioni del Vesuvio persero però valore, riducendosi a semplici ripetizioni della solita veduta del golfo con il vulcano fumante sullo sfondo, senza trasmettere alcuna emozione.

28 Collegamenti TESTI encms/directories/ViaggiNelTesto/ leopardi/index.html rconi/Chiasera/vita.htm VIDEO - uBqYKr7us&NR=1&feature=endscre en mxV-HyhaX9Q&feature=relmfu xFsWdGwt-0w&feature=relmfu c6AADQrzZDQ&feature=relmfu

29 Al cinema Fine


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