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Avviamento alla metrica italiana parte 1a
a cura di Tarcisio Balbo, Nicola Badolato, Lorenzo Bianconi © 2003 Tarcisio Balbo © 2009 Lorenzo Bianconi e Nicola Badolato
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Definizioni: metrica, prosa e versificazione
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Definizione La metrica si occupa della versificazione, ossia dei discorsi espressi in versi
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Poesia vs prosa Sia il verso sia la prosa sono governati dalle regole della grammatica, della sintassi e della retorica I discorsi in versi si distinguono da quelli in prosa per un sovrappiù di regole che ne governano la misura e il ritmo L’insieme di tali regole costituisce l’oggetto della metrica
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Poesia Prosa Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. Dante Alighieri Divina commedia: Inferno Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. Alessandro Manzoni I promessi sposi
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Poesia vs versificazione
Poesia è un concetto estetico È una qualità del discorso considerato nella sua totalità di forma e contenuto Versificazione è un concetto tecnico Riguarda le strutture che regolano la forma del discorso in versi Differenti tipi di poesie in differenti culture Poemetti in prosa di $
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Due contenuti diversissimi in una stessa forma metrica:
Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. Lorenzo de’ Medici Trionfo di Bacco e Arianna Qui comincia l’avventura del signor Bonaventura, che s’è messo a far denari commerciando in libri rari. Sergio Tofano Il signor Bonaventura
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2. Il discorso in versi e le sue strutture
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Strutture del discorso in versi
Struttura semantica e sintattica: articola il discorso poetico in unità di significato (frasi; periodi) Struttura metrica: articola il discorso poetico in segmenti formalmente organizzati (versi; strofe)
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Struttura sintattica (dialogo) Struttura metrica (sonetto)
Chi ssiete? – Un omo. – Come vi chiamate? – Biascio Chiafò. – Di qual paese siete? – Romano com’e llei. – Quanti anni avete? – Sò entrato in ventidua. – Dove abitate? – Dietr’a Ccampo-Carleo. – Che arte fate? – Ggnisuna, che ssapp’io. – Come vivete? – De cuer che Ddio me manna. – Lo sapete perché siete voi qui? – Pe ttre pposate. – Rubate? – Ggià. – Vi accusa? – Er Presidente. – Ma le rubaste voi? – Nun zò stat’io. – Dunque chi le rubò? – Nu ne so ggnente. – E voi da chi le aveste? – Da un giudio. – Tutto vi mostra reo. – Ma ssò innoscente. – E se andaste in galera? – È er gusto mio. Chi ssiete? Un omo. Come vi chiamate? Biascio Chiafò. Di qual paese siete? Romano com’e llei. Quanti anni avete? Sò entrato in ventidua. Dove abitate? Dietr’a Ccampo-Carleo. Che arte fate? Ggnisuna, che ssapp’io. Come vivete? De cuer che Ddio me manna. Lo sapete Perché siete voi qui? Pe ttre pposate. Rubate? Ggià. Vi accusa? Er Presidente. Ma le rubaste voi? Nun zò stat’io. Dunque chi le rubò? Nu ne so ggnente. E voi da chi le aveste? Da un giudio. Tutto vi mostra reo. Ma ssò innoscente. E se andaste in galera? È er gusto mio. Giuseppe Gioacchino Belli Sonetto 122: Er costituto
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La struttura sintattica e la struttura metrica spesso convergono: a ciascun verso corrisponde una frase o un suo membro compiuto Tuttavia questa convergenza non è obbligata né generalizzata: certe frasi possono “straripare” nel verso successivo, oppure iniziare o finire a metà di un verso Tale fenomeno è detto enjambement (parola francese che alla lettera significa ‘accavallamento di gambe’)
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Enjambement Detto pure inarcatura
Prolungamento di un periodo logico oltre la pausa ritmica di fine verso Mancata coincidenza tra pausa metrica e pausa sintattica Nella lettura, un verso risulta strettamente legato al successivo, senza interruzioni Nella poesia per musica l’enjambement è frequentissimo nei cosiddetti “versi sciolti” (endecasillabi e settenari senza schema strofico), tipici del recitativo
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havvi chi alzar si attenta presso all’ara del dio? v’ha chi presume
Sedizïose voci, voci di guerra havvi chi alzar si attenta presso all’ara del dio? v’ha chi presume dettar responsi alla veggente Norma, e di Roma affrettar il fato arcano?... Felice Romani Norma
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3. Metro, forme metriche, ritmo
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Metro Nell’accezione più elementare, indica la misura del verso
o dei versi. In subordine, indica la posizione obbligata di alcuni degli accenti nel verso Il sistema metrico italiano si basa sul computo delle sillabe che compongono il verso e sulla posizione degli accenti nel verso. Occorre distinguere il concetto di sillaba grammaticale e sillaba metrica (cfr. Avviamento alla metrica 2) Occorre inoltre distinguere il concetto di accento grammaticale (l’accento della parola) e accento metrico (l’accento riferito alle sillabe metriche che compongono il verso). L’accento metrico si denomina anche ictus (cfr. Avviamento alla metrica 2)
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Forme metriche Oltre alla misura del verso, la metrica regola l’organizzazione delle forme metriche composte da più versi Le forme metriche sono riconoscibili in base al numero dei versi (di misura costante o diversa) e alla posizione delle rime S’intende per rima l’omofonia (suono eguale) nella terminazione di due o più versi (cfr. Avviamento alla metrica 2)
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Forma metrica: un esempio di sonetto
Amor, com’esser può che per mia doglia chiuda un tenero seno anima alpina? Com’è che si nasconda e si raccoglia mente infernal sotto beltà divina? Sì bella guancia con sì cruda voglia sembra cinta di fior tana ferina; sì fero core in sì leggiadra spoglia è qual vipera in rosa o rosa in spina. Chi crederà che Morte empia si celi in angelico sguardo? e che ’n un riso dolce il pianto e ’l dolor si copra e veli? Potrò ben dir, s’un mansueto viso esser ministro dee d’opre crudeli ch’abbia ancor le sue Furie il Paradiso. Giovan Battista Marino, Amori Sonetto 12: Donna bella e crudele Numero dei versi (14) Misura dei versi (endecasillabi) Raggruppamento dei versi (due strofe di quattro versi e due strofe di tre versi) Disposizione delle rime (ABAB ABAB nelle quartine; CDC DCD nelle terzine)
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Ritmo Nell’accezione più elementare indica la posizione effettiva degli ictus nel verso, come risultato specifico della combinazione di parole che compongono il verso Come in musica o in architettura o in biologia, si osserva che certe soluzioni ritmiche ricorrono con maggiore frequenza: nondimeno i fenomeni ritmici costituiscono uno dei fattori più spiccatamente individuali nell’organizzazione del testo poetico
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Ritmo In senso generale: il disporsi nel tempo di elementi riconoscibili e significativi Nella metrica italiana: ritorno in determinate posizioni di elementi caratteristici Presenza di sillabe toniche (accenti) in determinate posizioni del verso Presenza di suoni uguali (rima, assonanza, allitterazione) Equivalenza di misure sillabiche (versi con uguale numero di sillabe)
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Amor, com’esser può che per mia doglia
chiuda un tenero seno anima alpina? Com’è che si nasconda e si raccoglia mente infernal sotto beltà divina? Sì bella guancia con sì cruda voglia sembra cinta di fior tana ferina; sì fero core in sì leggiadra spoglia è qual vipera in rosa o rosa in spina. Chi crederà che Morte empia si celi in angelico sguardo? e che ’n un riso dolce il pianto e ’l dolor si copra e veli? Potrò ben dir, s’un mansueto viso esser ministro dee d’opre crudeli ch’abbia ancor le sue Furie il Paradiso. Elementi del metro 14 versi tutti endecasillabi raggruppati in due quartine e due terzine Scelte effettive degli accenti obbligatori: «Amor, com’esser puó che per mia dóglia» (6a e 10a sillaba) «mente infernál sotto beltà divína» (4a e 10a) Disposizione degli accenti facoltativi: «Amór, com’ésser puó che per mia dóglia» (2a, 4a, 6° e 10a ) «chiúda un ténero séno ánima alpína» (1a, 3a, 6°, 7a e 10a ) «ménte infernál sótto beltà divína» (1a, 4a, 5°, 8a e 10a ) eccetera
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4. Sillabe metriche, sillabe grammaticali, il computo delle sillabe
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Che cos’è una sillaba? Un fonema o un insieme di fonemi raggruppati attorno ad una vocale La percezione dell’eguaglianza o della diseguaglianza nel ritmo di più parole non dipende dal numero dei fonemi, ma dal numero delle sillabe che le compongono
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Pane Crampo Strambo Partito 4 fonemi: p - a - n -e 2 sillabe: pa - ne
6 fonemi: c - r - a - m - p – o 2 sillabe: cram - po Strambo 7 fonemi: s - t - r - a - m - b – o 2 sillabe: stram - bo Partito 7 fonemi: p - a - r - t - i - t – o 3 sillabe: par - ti - to
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Sillabe grammaticali vs metriche
Non c’è sempre corrispondenza tra sillabe grammaticali e sillabe metriche Certi fenomeni fonetici (ossia relativi alla lingua parlata) possono dar luogo a fenomeni metrici che incidono sulla percezione delle sillabe e della loro articolazione in una stringa di parole (e dunque anche nel verso)
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MA Nel mez-zo del cam-min di no-stra vi-ta 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 SG
SM MA Mi ri-tro-va-i per u-na sel-va o-scu-ra SG Mi ri-tro-vai per u-na sel-va o-scu-ra SM SG=Sillabe grammaticali SM=Sillabe metriche
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Cen-to sma-nie io sen-to ad-dos-so 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 SG
Cesare Sterbini, Il barbiere di Siviglia
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Sillabe toniche: le sillabe metriche che recano un ictus
S’ode a déstra uno squíllo di trómba Alessandro Manzoni, Il Conte di Carmagnola Madamína, il catálogo è quésto Lorenzo da Ponte, Don Giovanni Si ridésti il león di Castíglia Francesco Maria Piave, Ernani Quattro térzi pi gréco erre tré Manabile di matematica Il ritmo base di questi quattro versi (tutti decasillabi) si può sintetizzare così: Ta-ta-tá ta-ta-tá ta-ta-tá-(ta)
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Misure sillabiche Delizie, contenti che l’alma beate,
In alcuni rari casi il numero delle sillabe grammaticali coincide col numero delle sillabe metriche Nell’esempio qui sotto (un’arietta di sei senari) ogni verso è composto di sei sillabe grammaticali che corrispondono a sei sillabe metriche Ogni verso reca gli ictus sulla seconda e la quinta sillaba Delizie, contenti che l’alma beate, fermate, fermate: su questo mio core deh più non stillate le gioie d’amore. Giacinto Andrea Cicognini, Giasone De-lí-zie, con-tén-ti che l’ál-ma be-á-te, fer-má-te, fer-má-te: su qué-sto mio có-re deh piú non stil-lá-te le gió-ie d’a-mó-re.
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Computo sillabico Il verso italiano è definito dal numero delle sillabe; ad esso fanno riferimento i nomi che tradizionalmente si danno ai versi: Endecasillabo = verso di 11 sillabe Decasillabo = verso di 10 sillabe Novenario = verso di 9 sillabe Ottonario = verso di 8 sillabe Settenario = verso di 7 sillabe Senario = verso di 6 sillabe Quinario = verso di 5 sillabe Quaternario = verso di 4 sillabe Ternario = verso di 3 sillabe Ma attenzione: non tutti gli endecasillabi hanno 11 sillabe, non tutti i decasillabi ne hanno 10, ecc.
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5. Fenomeni fonosintattici
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Incontri di vocali In presenza di due vocali consecutive, fra due parole o all’interno di parola, la lingua poetica italiana ammette che esse possano venir “contate” come una o come due sillabe Il lettore, di fronte a un verso con incontri di vocali, sceglie (intuitivamente) la soluzione o le soluzioni che consentono di ricondurre il verso a una misura sillabica consueta
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Dièresi All’interno di una parola, un nesso di due vocali normalmente monosillabico può venir usato come bisillabo La dieresi si indica convenzionalmente con due puntini sopra la prima vocale Ubbidiente 4 sillabe: ub – bi – dien – te (forma normale del parlato) 5 sillabe: ub – bi – dï – en – te (frequente variante poetica)
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Sinèresi Caso contrario alla dieresi: all’interno di una parola,
un nesso di due vocali normalmente bisillabico è usato come monosillabo Mi-glia-io In Dante, può essere usato come bisillabo: mi-gliaio
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Sinalèfe La vocale finale di una parola e la vocale iniziale
della parola successiva si fondono in un’unica sillaba metrica Sento un certo non so che che mi pizzica e diletta: dimmi tu che cos’egli è, damigella amorosetta. Ti farei, ti direi, ma non so ciò che vorrei. Gian Francesco Busenello L’incoronazione di Poppea
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Dialèfe Caso opposto alla sinalefe:
Tant’era pien di sonno a quel punto Dante Alighieri Divina commedia: Inferno Caso opposto alla sinalefe: nella lettura, la vocale finale e quella iniziale di due parole contigue non si fondono
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Apòcope Caduta della vocale o della sillaba finale di una parola
cuore → cuor amore → amor castello → castel
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Epìtesi Detta anche paragòge
È l’aggiunta di una vocale in fine di parola Soprattutto nella versificazione antica, è un mezzo per ottenere versi piani più → piue (avverbio di quantità) fu → fue (passato remoto del verbo essere)
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Sìncope Caduta di una vocale (e quindi di una sillaba) interna a una parola lettere → lettre spirito → spirto
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Epèntesi agevolmente ↓ agevolemente Fenomeno opposto alla sincope
Inserzione, tra i suoni naturali di una parola, di un suono o gruppo di suoni che non abbia riferimento con l’etimologia della parola stessa agevolmente ↓ agevolemente
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Diàstole Spostamento in avanti dell’accento di una parola rispetto alla sua posizione normale nella lingua prosastica úmile → umíle símile → simíle fúnebre → funébre océano → oceàno
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Sìstole Processo opposto alla diastole: spostamento all’indietro dell’accento di una parola rispetto alla posizione normale ‘Rime per l’occhio’, in cui lo spostamento d’accento ristabilisce anche la misura del verso lo qual io scrissi e mándo a lei che mel comandó. (pron. comándo) Francesco Petrarca
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6. Misure sillabiche e uscite del verso
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Numero di sillabe Nella metrica italiana, la misura standard del verso
è legata al numero delle sillabe metriche che lo compongono; ma a sua volta tale misura standard è ancorata alla posizione su cui cade l’ultima sillaba tonica (la sillaba che reca l’ultimo ictus, obbligatorio) Due versi hanno la ‘stessa’ misura se l’ultima sillaba tonica di ciascuno di essi cade nella stessa posizione, indipendentemente dal fatto che la sillaba tonica sia l’ultima sillaba del verso o che invece essa sia seguita da una o più sillabe atone (prive di ictus)
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La posizione obbligata dell’ultimo accento metrico (ictus) è sulla penultima sillaba metrica del verso: nell’endecasillabo: sulla decima sillaba metrica nel settenario: sulla sesta sillaba metrica nell’ottonario: sulla settima sillaba metrica eccetera
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Sei versi tutti quinari, con un numero di sillabe che oscilla da 4 a 6 (l’ultimo ictus cade sempre sulla quarta sillaba metrica): 1Che 2mai 3ri–4spón–5der–6ti, 1che 2dir 3po–4tré–5i? 1Vor–2rei 3di–4fén–5der–6mi, 1fug–2gir 3vor–4ré–5i; 1né 2so 3qual 4fúl–5mi–6ne 1mi 2fa 3tre–4már. Pietro Metastasio Demofoonte
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Uscita piana 1fug–2gir 3vor–4ré– 5i
Nell’uso italiano, la misura standard del verso viene definita sulla base dell’“uscita piana” (detta anche parossitona): l’ictus cade sulla penultima sillaba del verso, mentre l’ultima sillaba è atona 1fug–2gir 3vor–4ré– 5i
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Uscita tronca 1mi 2fa 3tre–4már 5[–] Detta anche ossitona:
l’ultimo ictus cade sull’ultima sillaba; nel caso in specie, il quinario – verso che reca obbligatoriamente un ictus in quarta posizione – ha solo quattro sillabe (“manca”, per così dire, la quinta sillaba) 1mi 2fa 3tre–4már 5[–]
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Uscita sdrucciola 1Che 2mai 3ri–4spón–5der–6ti
Detta anche proparossitona: l’ultimo ictus cade sulla terzultima sillaba; nel caso in specie, il quinario, che mantiene il suo ictus obbligato in quarta posizione, ha non solo una quinta ma anche una sesta sillaba (entrambe atone) 1Che 2mai 3ri–4spón–5der–6ti
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Endecasillabo Ha come ultima sillaba tonica la decima
Nella sua forma canonica si presenta in due modi: endecasillabo a minore (con ictus almeno anche sulla quarta sillaba, e conseguente cesura): in sul mio prímo giovenile erróre Petrarca endecasillabo a maiore (con ictus almeno sulla sesta, e conseguente cesura): Amor che ne la ménte mi ragióna Dante
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Settenario Ha come ultima sillaba tonica la sesta
Prima di quest’ultima, il verso contiene di norma almeno un altro accento, sulla prima, seconda, terza o quarta sillaba Fróndi ténere e bélle 1a, 3a e 6a del mio plátano amáto, a e 6a per vói risplénda il fáto. 2a, 4a e 6a Nicolò Minato, Xerse
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Versi sciolti Si denominano ‘versi sciolti’ gli aggregati
di endecasillabi e settenari senza uno schema di rime prefissato Di regola, nelle opere, nelle cantate e negli oratorii, i versi sciolti sono adibiti al ’recitativo’ In un recitativo dialogico, un verso può venir suddiviso tra più interlocutori
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Il primo verso (endecasillabo) e il sesto (settenario) sono smembrati in più segmenti (uno per ciascuna battuta): MEG Alice. ALICE Meg. MEG Nannetta. ALICE Escivo appunto per ridere con te. Buon dì, comare. QUICKLY Dio vi doni allegria. Botton di rosa! ALICE Giungi in buon punto. M’accade un fatto da trasecolare. MEG Anche a me. QUICKLY Che? NANNETTA Che cosa? Arrigo Boito, Falstaff
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Versi ad accenti fissi Per alcuni metri, si è storicamente cristallizzato un tipo accentuativo prevalente, caratterizzato da una disposizione standardizzata degli ictus
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Decasillabo Ha come ultima sillaba tonica la nona
Nella tradizione italiana, la sua forma prevalente è quella con accenti fissi sulla terza, sesta e nona sillaba Non so piú cosa són, cosa fáccio… or di fuóco, ora sóno di ghiáccio… ogni dónna cangiár di colóre, ogni dónna mi fá sospirár. Lorenzo da Ponte, Le nozze di Figaro
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Novenario Ha come ultima sillaba tonica l’ottava
Fino all’Ottocento è decisamente raro nella tradizione poetica italiana Nella forma con ictus in 3a, 6a e 8a posizione è diffuso soprattutto nella poesia popolare Nella forma con ictus in 2a, 5a e 8a posizione entra in uso a partire dalla seconda metà dell’Ottocento (Boito, Carducci, Pascoli, Gozzano,…)
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Novenario popolare(ggiante)
Chi t’ha fátto le bélle scárpe Girométta de la montágna Canzone popolare documentata dal XVI secolo OTONE Vaghe fónti che mormorándo serpeggiáte nel seno all’érbe,… Vincenzo Grimani, Agrippina (1709)
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Novenari anfibrachici
L’anfìbraco è il piede latino costituito da sillaba breve-lunga-breve Tre ‘anfibrachi’ italiani (atona-tonica-atona) danno luogo al tipico novenario boitiano: sui flutti d’un ampio oceàno fra i roridi effluvi del mar. Fra l’alghe, fra i fior, fra le palme, il porto dell’intime calme, l’azzurra isoletta m’appar. Arrigo Boito, Mefistofele Lontáno, lontáno, lontáno,
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Ottonario Ha come ultima sillaba tonica la settimaa
Nella tradizione italiana, il tipo prevalente è quello con accenti fissi in terza e settima posizione Ho un gran péso sulla tésta, in quest’ábito m’imbróglio; se vi pár la scusa onésta, Kaimakán esser non vóglio, Angelo Anelli, L’italiana in Algeri
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Senario Ha come ultima sillaba tonica la quintaa
La forma prevalente è quella con accenti fissi di seconda e quinta Ho tésta balzána, son d’índol viváce, scherzáre mi piáce, mi piáce brillár. Giovanni Ruffini, Don Pasquale
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Quinario Ha come ultima sillaba tonica la quarta
Un primo accento può cadere sulla prima o sulla seconda sillaba Vedrái, caríno, ma se séi buoníno che bél rimédio ti vóglio dár. Lorenzo da Ponte, Don Giovanni Fín ch’han dal víno cálda la tésta úna gran fésta fá’ preparár.
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Quadrisillabo Ha come ultima sillaba tonica la terza
Di solito è usato in combinazione con altri versi (spesso con l’ottonario) Belle rose porporine, che tra spíne sull’aurora non aprite; ma, ministre degli amori, bei tesóri di bei denti custodite. Gabriello Chiabrera
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Trisillabo Ha come ultima sillaba tonica la seconda
Pascoli lo usa assieme al senario o al novenario fiorisce il cotogno laggiú. Giovanni Pascoli, Canzone d’aprile
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Bisillabo Di fatto, questo verso esiste solo in teoria
È formato da una qualunque parola italiana accentata sulla prima sillaba (p.es. sí; síre; símile) Non ha molto senso, nella metrica italiana, parlare di un verso d’una sola sillaba (sarebbe un bisillabo tronco) LEPORELLO Nessun ci sente. DON GIOVANNI Via. LEPORELLO Vi posso dire tutto liberamente? DON GIOVANNI Sì. LEPORELLO Dunque, quand’è così, caro signor padrone, la vita che menate è da briccone. Lorenzo da Ponte, Don Giovanni
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Versi doppi Nella tradizione poetica italiana si possono abbinare due versi della stessa misura, e farne un verso ’doppio’. All’atto pratico, nulla cambia sotto il profilo ritmico; semplicemente si diradano le rime L’uscita del primo dei due versi che lo compongono può essere indifferentemente piana, sdrucciola o tronca
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Doppio quinario Non va confuso col decasillabo:
ha infatti un ictus obbligato sulla quarta sillaba e una cesura, anch’essa obbligata, tra il primo e il secondo emistichio (semiverso) Pace t’implóro salma adoráta: Isi placáta ti schiuda il ciél! Antonio Ghislanzoni, Aida
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Pria di divíderci – da voi, signore,
Nella variante col primo emistichio sdrucciolo il doppio quinario totalizza 11 sillabe metriche: viene dunque a coincidere con un endecasillabo a minore (con accento in quarta); nondimeno il ritmo base ‘cantilenante’ del quinario si avverte tuttavia Pria di divíderci – da voi, signore, veniamo a esprímervi – il nostro core, che sempre mémore – di voi sarà. Angelo Anelli, L’italiana in Algeri
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Doppio senario I due senari che lo compongono hanno costantemente accenti di seconda e quinta (rispettivamente di ottava e undecima) Dagli átrii muscósi, dai fóri cadénti, dai bóschi, dall’árse fucíne stridénti dai sólchi bagnáti di sérvo sudór, un vólgo dispérso repénte si désta; inténde l’orécchio, solléva la tésta percósso da nóvo crescénte romór. Alessandro Manzoni, Adelchi
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Doppio settenario (col primo emistichio alternativamente piano e sdrucciolo)
So che se andiam, la nótte, di taverna in tavérna quel tuo naso ardentíssimo mi serve da lantérna; ma quel risparmio d’ólio me lo consumi in víno. Son trent’anni che abbévero quel fungo porporíno! Arrigo Boito, Falstaff
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Doppio settenario “martelliano”
Così chiamato perché venne introdotto da Pier Iacopo Martello nelle proprie tragedie, sul modello della tragedia classica francese del Seicento: consiste in una serie di doppi settenari piani con rima baciata a gruppi di due versi (AA BB CC …) Assai raro nella librettistica; un esempio famoso è il Racconto di Azucena nel Trovatore: Condotta ell’era in céppi al suo destin treméndo col figlio… teco in bráccio io la seguia piangéndo: infino ad essa un várco tentai, ma invano, aprírmi… invan tentò la mísera fermarsi e benedírmi Salvadore Cammarano, Il trovatore
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Doppio ottonario Raro nella tradizione italiana
Quando cádono le fóglie, quando emígrano gli augélli e fioríte a’ cimitéri son le piétre de gli avélli monta in sélla Enrico quínto il delfín da’ capei grígi e caválca a grande onóre per la sácra di Parígi. Giosue Carducci, La sacra di Enrico quinto
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