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GENOGRAMMA FOTOGRAFICO
A distanza di 10 mesi dalla realizzazione del genogramma familiare, proposi ad Atena di costruire un genogramma, diverso dal primo, attraverso le fotografie, con l’intento di approfondire in modo nuovo le dinamiche familiari. Il Genogramma fotografico si inserisce all’interno delle tecniche di fototerapia. Si tratta di una tecnica che prende forma dall’integrazione del genogramma classico di Murray Bowen (1979).
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L’uso classico del Genogramma e l’utilizzo delle foto hanno in comune la consapevolezza dell’importanza del contesto di provenienza anche se il primo lo utilizza per lo più, per una narrazione utile alla raccolta di informazioni per costruire una ipotesi mentre con il secondo considera il contesto d’origine come sfondo metaforico strutturante nessi significativi ed emotivamente connotati che danno spazio all’immaginazione ed agevolano la ricerca di senso. Questa tecnica quindi, si differenzia dal semplice genogramma nella possibilità di lavorare allo stesso tempo sul sistema famiglia e sul vissuto emozionale rievocato dall’immagine.
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Atena fu molto collaborativa nonostante fosse un lavoro impegnativo
Atena fu molto collaborativa nonostante fosse un lavoro impegnativo. Per prima cosa le spiegai che doveva cercare a casa, tra gli album, le fotografie che ritraevano le persone che lei considerava significative e, se voleva, poteva coinvolgere, nella ricerca, altri membri della famiglia. Una volta individuate le fotografie avremmo costruito insieme, in studio, il genogramma. Necessitò di quasi un mese per ricercare le foto, mi spiegò che per la prima volta attivò i genitori e diversi parenti nella ricerca degli album di famiglia, poi una volta scelte le foto, essendo alcune sgualcite dal tempo, le scannerizzò tutte e le ristampò. Una volta in studio seguì le indicazioni di lasciar cadere a terra le foto con l’immagine volta verso il basso, e poi di sedervisi accanto continuando a mescolarle rimanendo in silenzio.
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Come secondo passaggio le chiese di girare le fotografie con l’immagine verso l’osservatore, non modificandone la posizione, cercando di concentrarsi sui ricordi sentimenti ed emozioni che le foto le suscitavano. Infine le chiesi di disporre le foto in maniera strutturata, seguendo unicamente i ricordi e le emozioni. Iniziò il racconto di sé. Fu una seduta molta importante, le emozioni i sentimenti cominciarono a fluire liberamente, Atena stessa mi disse, “non pensavo che delle semplici fotografie potessero avere tanto potere”. Una volta eseguito riflettemmo insieme sul suo significato e insieme lo confrontammo con il primo genogramma che aveva tracciato. Lei stessa si accorse della diversità. Nel primo lei era un piccolo puntino in fondo alla pagina, mentre la nonna era stata solo menzionata, ora invece si trovavs al centro in una foto in cui abbraccia Adele.
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Nella seduta successiva Atena mi disse, “qui (indicando lo studio) ho aperto un cassetto di cui avevo buttato via la chiave, non pensavo di farlo, ma ora che è successo sono contenta”. Continuai a seguire Atena per alcuni mesi durante i quali ci focalizzammo su nuove tematiche tra cui la malattia della nonna; ora era pronta ad affrontarla, era arrivata alla consapevolezza che anche in “assenza” della persona cara è possibile la “presenza” perché rimane nei ricordi continuando a vivere dentro di te.
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