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attaccamento & ADOZIONE: le relazioni di cura
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Bowlby ( ) Enfasi sull’importanza dei primi legami affettivi e sul loro contributo sullo sviluppo del b; Nella trilogia (1969; 1973;1980) spiega i meccanismi che sono alla base della costruzione della relazione m-b; Esplora le conseguenze della rottura o perdita dei legami con la propria figura di riferimento, che per lo più è la madre biologica; Utilizzando una continua comparazione con le specie animali (studi di Lorenz, degli Harlow), Bowlby mostra come la predisposizione a stabilire un legame di ‘attaccamento’ sia nel piccolo dell’uomo geneticamente determinata.
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Sviluppo affettivo-relazionale del bambino
Relazione madre-bambino Madre/padre/caregiver come base sicura Teoria dell’attaccamento vs teoria psicoanalitica Studi etologici sui macacho rhesus di Harlow Fasi e legame di attaccamento I modelli operativi interni e la costruzione della personalità Tipologia dell’attaccamento (Strange Situation) Relazioni caregivers-bambino secondo la teoria dell’attaccamento
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La Teoria Dell’Attaccamento di Bowlby
Bowlby fu il primo a richiamare l’attenzione sul ruolo della madre nell’organizzazione emotiva/affettiva del piccolo e sulla funzione particolare del legame affettivo madre- bambino ai fini dello sviluppo della competenza sociale e dell’autonomia; pertanto ha investigato il ruolo dei legami fra il bambino e le sue figure adulte di riferimento e il loro contributo allo sviluppo del bambino stesso. Iniziatore e principale teorico di riferimento della Teoria dell’attaccamento egli affermò, in netta antitesi con le teorie psicoanalitiche del tempo che il bambino nasce provvisto di una serie di comportamenti, geneticamente predeterminati, che svolgono un’importante funzione adattiva. Ha rivoluzionato il modo di concepire l’intero sviluppo umano:influenza anche in altre discipline (pediatria, psicologia sociale, psicologia dinamica, neuropsichiatria ecc…
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L’attaccamento è un sistema attivato da condizioni di disagio di diversa natura che possono essere endogene (interne all’individuo, come le malattie) o esogene (derivanti dall’ambiente circostante). La vicinanza con il caregiver e l’esplorazione dell’ambiente sono i due poli di questo sistema: quando il piccolo si trova in presenza di un pericolo, il sistema si attiva e il bambino mette in atto quei comportamenti che “producono” la vicinanza della madre. Si può dire allora che il sistema dell’attaccamento funziona come un sistema di controllo che in qualche modo segnala la pericolosità della situazione.
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E’ un legame emotivo duraturo con un certo individuo ed è caratterizzato dai seguenti tratti peculiari: È selettivo, cioè focalizzato su individuo/i specifico/i che stimola/no il comportamento di attaccamento in un modo e in una misura che non si riscontrano in altre persone. Implica la ricerca della vicinanza fisica, cioè si cerca di mantenere la vicinanza della persona con la quale si ha questo legame. Fornisce benessere e sicurezza che sono il prodotto della vicinanza del rapporto. Produce ansia da separazione quando il legame viene interrotto e la vicinanza diventa impossibile.
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Formazione del legame di attaccamento
La capacità del piccolo dell’uomo di stabilire relazioni intime, significative e stabili con altri adulti di riferimento si fonda sul bisogno fondamentale di contatto fisico e vicinanza ed è considerata una motivazione primaria. Il bambino costruisce una relazione con gli adulti che lo circondano, non spinto solo dalla fame o da altri bisogni fisiologici, ma principalmente perché vi ritrova il senso di sicurezza e di protezione fornito dal/i genitore/i. Per Bowlby esiste un periodo privilegiato durante il quale l’individuo sembra predisposto a costruire il legame di attaccamento: tale intervallo di tempo viene definito periodo sensibile e corrisponde al primo anno di vita del bambino; per tale ragione ha individuato delle fasi di sviluppo del legame.
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Le tipologie del legame d’attaccamento
La Strange Situation Procedure di Ainsworth permette di valutare la qualità dell’attaccamento tra caregiver e bambino; Consiste nell’osservare le reazioni del bambino di fronte ad un estraneo, dapprima in presenza della madre, poi lasciato solo con l’estraneo, infine durante il ricongiungimento con la madre. Secondo Ainsworth e colleghi, l’assenza del genitore e la presenza di una persona estranea hanno l’effetto di generare nel bambino sentimenti di ansia che, a loro volta, inibiscono i comportamenti di tipo esplorativo, attivando invece il sistema comportamentale di attaccamento. In circa mezz’ora di osservazione è possibile rilevare i comportamenti di attaccamento per l’osservazione dei quali, nei contesti di vita abituali del bambino, potrebbero essere necessari anche diversi giorni di <<attesa>>. Tre pattern principali di comportamenti di attaccamento sono stati identificati da questo tipo di studio: attaccamento sicuro, attaccamento ansioso/evitante, attaccamento ansioso/ resistente.
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Il bambino con attaccamento sicuro (B), durante gli episodi precedenti la separazione, esplora l’ambiente nuovo, utilizza la madre come <<base sicura>>. Durante la separazione sperimenta uno stato di tensione che termina non appena la madre rientra nella stanza e lo conforta. Il bambino con attaccamento ansioso/resistente (C), mostra scarso interesse per l’ambiente circostante, manifesta livelli alti di tensione ed è incapace di calmarsi al rientro della madre, anche se questa fa di tutto per confortarlo. Il bambino con attaccamento ansioso/evitante(A) manifesta un basso livello di tensione durante l’episodio di separazione dalla madre ed evita, in tutti gli episodi, la sua vicinanza.
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Il bambino che sperimenta una madre sensibile ai suoi segnali e <<responsiva>> alle sue richieste svilupperà una rappresentazione della madre come base sicura. Nel caso di inconsistenza e non appropriatezza delle risposte della madre ai bisogni del bambino, si manifesterà tensione ed ansia , Mentre si avrà una apparente disattivazione dei comportamenti di attaccamento nel caso in cui il bambino sperimenti un rifiuto o un disconoscimento dei suoi bisogni.
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Attaccamento disorganizzato/disorientato
Negli anni ‘80 è stato individuato un quarto pattern di attaccamento che non fa parte del sistema originario di classificazione ideato da Ainsworth. E’ considerato l’attaccamento più insicuro in assoluto. Il bambino, durante la SSP, manifesta comportamenti che esprimono una grande confusione; può ad esempio guardare altrove mentre la madre lo prende in braccio e mentre lui stesso cerca di raggiungerla. Può avere un’espressione impaurita del volto e una postura rigida. Mostra sequenze disorganizzate di comportamento, o comportamenti strani, come rimanere immobili, dondolarsi, coprirsi gli occhi alla vista della madre. Tale pattern è presente prevalentemente in bambini le cui madri hanno subito un trauma o un lutto che non hanno ancora avuto modo di elaborare. I risultati della SSP dimostrano come la relazione affettiva, il legame che unisce il piccolo alla sua figura di attaccamento influenzi la sua capacità di regolare emozioni e la possibilità di mettere in atto comportamenti organizzati e congruenti con la situazione.
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LA FORMAZIONE DELLA PERSONALITA’
Attraverso i continui scambi affettivi e sociali con la propria figura di attaccamento e, in particolare attraverso le esperienze precoci con essa, il bambino costruisce una specie di rappresentazione interna della relazione, cioè un’immagine interiore che comprende un modello mentale del Sé e un modello speculare della sua figura di attaccamento. Queste rappresentazioni interne servono da filtro nell’interpretazione delle informazioni che provengono dal mondo esterno. Infatti i modelli mentali sono delle strutture cognitive che permettono di organizzare i ricordi relativi alle interazioni con le proprie figure significative. Questi schemi mentali regolano e organizzano le azioni del bambino sia nei riguardi del genitore sia nei riguardi delle situazioni nuove; Bowlby li definisce Internal Working Model:
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Se un bambino ha avuto delle esperienze precoci con una figura materna responsiva e sensibile costruirà un modello mentale del Sé come di persona degna di essere confortata, avrà una rappresentazione interna degli altri come di persone pronte ad aiutarlo, di confortarlo e, da adulto questa fiducia in se stesso lo porterà ad essere parte attiva nelle interazioni ed a evitare situazioni e persone frustranti; Se un bambino invece ha avuto esperienze di risposte imprevedibili alle sue richieste di affetto, svilupperà un modello mentale del Sé come di persona continuamente vulnerabile che non può contare sull’aiuto dell’altro adottando strategie ambivalenti e, da adulto cercherà di controllare gli altri con espressione esagerata delle proprie emozioni; Infine se un bambino ha avuto esperienze di rifiuto dei propri bisogni affettivi, si formerà una rappresentazione mentale del Sé come di persona indegna d’essere amata, considererà gli altri ostili, da cui non è possibile aspettarsi nulla (controllo fortissimo delle emozioni, si fidano solo di se stessi e non chiedono mai aiuto);
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Le relazioni familiari in psicologia
La famiglia e le relazioni familiari hanno costituito un fertile campo di indagine per la psicologia in qualità di preziosa fonte di informazioni per la comprensione dell’individuo appartenente a qualunque fascia di età, condizione, ruolo, funzione, status sociale; così ad esempio il ruolo dei legami fra il bambino e le sue figure adulte di riferimento, nonché il loro contributo allo sviluppo del bambino stesso. Molteplici studi in passato sono stati dedicati alle dinamiche che intervengono nella famiglia all’arrivo di un figlio (Bombi, Pinto 2000; Erickson 1982; Fivaz- Depersinge, Corboz-Warnery 1999; Scabini, Iafrate 2003; Schaffer 1984; Trevarthen 1984, solo per citare alcuni autori).
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L’arrivo di un figlio di per sé produce, inevitabilmente, mutamenti profondi negli equilibri interni alla coppia coniugale. Questa affermazione ha valenza sia in termini generali, sia in special modo nel caso dell’adozione. L’ingresso di un nuovo componente nella quotidianità dei rapporti coniugali implica una nuova riorganizzazione della vita personale e di coppia, importanti e profonde trasformazioni nelle relazioni affettive e sul piano della ridefinizione dell’immagine di sé, della propria posizione all’interno della diade coniugale che diviene gruppo familiare, del proprio ruolo rispetto agli altri. Si richiede pertanto ai vari membri coinvolti una sostanziale riorganizzazione e riformulazione dei ruoli.
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Tda e relazioni familiari
La Teoria dell’attaccamento (TDA) ha permesso di indagare le relazioni che si instaurano all’interno della famiglia tra i singoli membri e dall’altro, le relazioni che il singolo e la famiglia sviluppano e intrattengono con l’esterno. La TDA ha permesso di analizzare i punti di forza e di difficoltà che i bambini provenienti da situazioni deprivate portano con sé nelle nuove famiglie che li accolgono. Gli studi hanno fornito una vasta gamma di spunti di riflessione e pratiche riparative che possono aiutare i bambini e le loro famiglie adottive, a crescere in modo equilibrato. La TDA ha permesso un nuovo modo di concepire l’eziologia dei disturbi mentali e della condotta sottolineando come sia presente un continuo intreccio tra fattori affettivi, cognitivi e sociali durante tutto il ciclo di vita di ogni individuo.
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Le ricerche condotte da Ainsworth et al
Le ricerche condotte da Ainsworth et al. misero in luce l’importanza della disponibilità, della sensibilità, dell’accettazione e della cooperazione; tali dimensioni aiutano i bambini ad avere fiducia, a gestire sensazioni e comportamenti, a costruire l’autostima, a sentirsi efficaci e a sentirsi parte di una famiglia che offre la possibilità di fare progressi sul piano emotivo e comportamentale. Per poter aiutare i bambini ad avere fiducia sono necessarie premure, protezione, disponibilità da parte di genitori attenti a cogliere segnali di richiesta di bisogni sia fisici sia emotivi. I bambini allevati in questo modo apprendono il senso di essere degni di ricevere cure, di disporre di caregiver interessati a loro, di poter quindi ottenere calore emotivo.
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Attraverso le varie tappe di sviluppo, dalla prima infanzia sino all’adolescenza, imparano progressivamente ad allontanarsi dai caregiver, potenziando la curiosità e divenendo abili nella negoziazione di esperienze sempre più complesse e rischiose. I genitori che si offrono come base sicura pertanto rivolgono particolare attenzione alle necessità e segnalazioni del bambino inviando messaggi di disponibilità sia verbali sia non verbali. La sfida che i genitori adottivi hanno davanti è ancor più complessa, poiché hanno a che fare con bambini che hanno sperimentato gravi mancanze di protezione, accudimento da parte di adulti – caregiver che non hanno risposto in modo sicuro ai loro bisogni di protezione, conforto, calore.
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Uno degli obiettivi che dovrebbe porsi l’adulto che accoglie il bambino adottato è quello di poter fare in modo che questi modifichi le sue aspettative nei confronti degli adulti potendo contare su caregiver che sono in grado di rispondere in modo sensibile alle sue necessità. Una buona parte dei bambini adottati ha vissuto i primi anni di vita con adulti che hanno risposto ai loro bisogni fisici e psichici mostrando frustrazione, ansia, rifiuto; oppure con adulti che gestivano il tutto sulla base delle proprie necessità, incuranti di quelle degli altri, o delle pressioni esterne presenti nel loro ambiente di vita, anche con esplosioni di rabbia imprevedibili o con comportamenti spaventanti e aggressivi.
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Ciascuna di queste modalità relazionali, solo per fare qualche esempio, produce nei bambini vissuti di ansietà e di incertezza riguardo alle esperienze di accudimento, e fa aumentare la consapevolezza che gli adulti non sono in grado di soddisfare in modo coerente, sicuro e premuroso i loro bisogni. E’ possibile che i bambini adottati portino con sé vissuti profondi di paura e di terrore che possono indurli a prendere le distanze dai nuovi caregiver, o a richiedere costantemente la loro attenzione, a sentirsi impotenti o anche ad assumere forti comportamenti di controllo. Cercano di autoproteggersi da adulti e da relazioni di intimità, che in passato hanno richiesto strategie difensive necessarie per la sopravvivenza. Tali strategie possono diventare sia per i bambini sia per i nuovi caregiver problematiche, stressanti e dolorose che richiedono un lungo percorso di ricostruzione di rapporto di fiducia, protezione e sicurezza.
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Disponibilità nella relazione di cura
I nuovi caregiver possono aver necessità di supporti esterni per risolvere al meglio le problematiche legate alle esperienze pregresse dei bambini, con interventi adatti per costruire la fiducia in se stessi negli adulti che li circondano. A volte è necessario l’impiego di approcci individualizzati in base all’età cronologica ed emotiva, alla personalità, alle idee, ai modelli operativi interni esperiti in passato e nel presente con i nuovi caregiver risulta determinante in attesa che si verifichi qualunque cambiamento che abbassi il livello di ansia e faccia aumentare il senso di sicurezza e di conforto nei confronti di chi li accudisce. Ricevere premure, prossimità emotiva modifica la reazione che il bambino ha nei confronti di coloro che prestano cure in modo significativo.
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Ricevere premure, prossimità emotiva modifica la reazione che il bambino ha nei confronti di coloro che prestano cure in modo significativo. Risulta determinante nella nuova relazione, qualunque età abbia il bambino, esplicitare il messaggio che la figura di attaccamento è sempre disponibile anche quando non è presente fisicamente, nei momenti di separazione, quando si è ad esempio al nido/scuola dell’infanzia/scuola primaria o altrove. Disponibilità fisica ed emotiva, calore, coerenza e affidabilità: sono alcuni degli elementi che possono aiutare i bambini nel loro precorso di crescita e sviluppo a costruire e co-costruire assieme ai caregiver una relazione di fiducia, di sicurezza; a credere nelle proprie competenze e capacità e impiegare una nuova modalità di relazionarsi nel gruppo famiglia e nel mondo sociale. .
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Sensibilità nella relazione di cura
Se parliamo di genitorialità biologica o adottiva in termini di sensibilità è necessario tener presente che uno dei compiti fondamentali è quello di aiutare i figli a organizzare il loro modo di pensare e a regolare le loro emozioni e i loro comportamenti a partire dalla prima infanzia. Fornire quella impalcatura di sostegno, di scaffolding che permetta di organizzare i pensieri e a regolare le sensazioni e i comportamenti. Al contempo dando un senso al proprio sé, alle altre persone e al mondo che li circonda, si genera una competenza sociale che migliora la qualità del proprio vivere e di relazionarsi. Questo processo conduce il bambino alla creazione di una mente riflessiva, mind – mindedness (Meins (1997),
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Il bambino gradualmente inizia a sviluppare un’idea circa il contenuto delle menti altrui che favorisce la possibilità di costruire una capacità di ‘leggere la mente’ (empatia, sintonia) e di riflettere sui propri pensieri, sensazioni, obiettivi e credenze come su quelli delle persone che lo circondano. I genitori sensibili, pertanto, hanno il compito di entrare in sintonia con il proprio figlio, calarsi nei suoi panni e tentare di immaginare ‘che cosa in quel momento sta pensando e sta sentendo’; questo tanto più è necessario se in passato questi non ha avuto vicino adulti coerenti e interessati ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti. Schofield, Beek et al. (2006; 2013) sottolineano quanto sia importante individuare, a seconda dell’età del bambino che si incontra, alcune strategie per aiutarlo a costruire la fiducia.
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Accettazione nella relazione di cura
Se invece consideriamo la genitorialità biologica o adottiva anche in termini di accettazione uno dei compiti principali è valorizzare e accettare se stessi così da poter a sua volta trasmettere messaggi di accettazione ai propri bambini. I caregiver sensibili ‘sanno accettare e valorizzare il bambino nel suo insieme, promuovendo e supportando i suoi aspetti competenti e nello stesso tempo lavorando sulle difficoltà, in modo tale da non mettere in discussione il messaggio di accettazione’ (Schofield, Beek 2006, 2013 p.274). Ciò crea quella autostima nei bambini che fornisce un nuovo senso di accettazione anche in loro, sia dei propri punti di forza sia dei propri limiti, conducendo allo sviluppo di una stima per ciò che si è.
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Cooperazione nella relazione di cura
La genitorialità biologica e adottiva intesa in termini di cooperazione invece riguarda la possibilità di aiutare i bambini a sentirsi efficaci e ad essere collaborativi, ad essere autonomi. Attraverso un processo di valorizzazione della autonomia del proprio figlio i genitori cercano di stabilire una alleanza cooperativa così da permettere loro di acquisire un’idea di fondo che il bambino con cui hanno a che fare è un individuo con sentimenti e caratteristiche proprie. Ciò permette al figlio di organizzarsi in un contesto di vita rassicurante e prevedibile dal momento che non ha esperito in passato alcun tipo di autonomia ovvero di essere in qualche modo individuo competente e disporre di adulti come partner collaborativi.
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Costruzione di una relazione di fiducia
Se tutto ciò avviene si pongono le fondamenta della fiducia e la mente del bambino diviene sempre più flessibile e ricettiva così che il caregiver sensibile può supportarlo nel riflettere e nell’interiorizzare nuove modalità di pensare se stesso e gli altri. I genitori adottivi possono essere in tal modo aiutati a progettare una modalità efficace di accudimento promuovendo il benessere dei bambini e di loro stessi. Impegno, capacità, riflessività, empatia, responsività, sensibilità, assieme al desiderio di costruire un sentimento di appartenenza familiare sono solo alcuni, ma fondamentali elementi che svolgono un ruolo determinante nel creare quel legame di stabilità tra il bambino adottato e la sua nuova famiglia
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La famiglia adottiva può fungere da nicchia confortevole di appartenenza e accoglienza in cui ciascun bambino può affrontare le separazioni e le perdite subite in passato e al contempo trovare un supporto pratico emotivo che può durare tutta la vita. In essa può scoprire una nuova base sicura, un porto a cui approdare per rigenerare quella fiducia in se stesso e negli altri che le varie vicissitudini trascorse ha minato. Grazie!
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