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La struttura del cristiano
Chi è capace di dire in modo conciso e comprensibile che cosa significhi “essere cristiani”? Chi sa spiegare in modo comprensibile e conciso il perché della sua fede? Potrebbe succedere di cedere alla tentazione di annacquare la nostra fede per desiderio di approvazione, per non entrare in dispute che ci pongono in minoranza, per moda o per accondiscendere alle esigenze dei contemporanei. Il primo elemento su cui mi fermo pò possiamo definire in negativo e in positivo: il fatto cristiano non è un fatto intimistico; l’essere cristiani necessità di visibilità e di strutture storiche.
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La salvezza dei singoli
Ci scandalizza il fatto che Dio debba essere comunicato mediante apparati esteriori: chiesa, sacramenti, dogma, predicazione ecc. Di fronte a tutto questo ci si chiede: ma Dio ha bisogno di tutto questo per raggiungere l’uomo? Dio abita proprio nelle istituzioni, negli eventi o nelle parole? Dio non può raggiungere l’uomo in forma spirituale, interiormente, senza nessuna mediazione? A questi interrogativi bisogna rispondere positivamente e di fatto Dio provvede alla salvezza dei singoli, in quanto singoli direttamente e in modo immediato. Per la salvezza dei singoli non c’è bisogno di niente, né di chiesa, né di incarnazione, né di passione, né di storia di salvezza.
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Il singolo non esiste Bisogna però tenere presente che la fede cristiana si fonda sul convincimento che il singolo non esiste, che l’uomo è tale solo nella connessione con il tutto: inserito nell’umanità, nella storia, nel cosmo. Il principio “corpo” e “corporeità” dentro cui si esprime la vita umana implica due elementi tra loro contrapposti ma ugualmente essenziali: il corpo separa gli uomini uno dall’altro, li rende impenetrabili gli uni per gli altri, traccia una linea divisoria che segna una distanza e un limite; al tempo stesso bisogna, però, dire che il corpo include necessariamente la vita comunitaria, la storia e il cosmo, la vita comunitaria, gli uomini per vivere hanno bisogno gli uni degli altri.
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Esiste l’umanità Se il puro spirito può essere pensato in forma a se stante, la corporeità attesta che l’uomo ha bisogno degli altri da tutti i punti di vista e in forma pluristratificata. Se l’essere l’uno dall’altro è inteso in primo luogo in senso fisico, dalla procreazione alla conclusione della vita, per colui che è spirito soltanto nel corpo e in quanto corpo, ciò significa che anche lo spirito è profondamente segnato dalla sua appartenenza al tutto che è l’umanità. L’uomo, quindi, è quell’essere che diventa sempre più uomo solo in relazione agli altri; ciò significa che l’uomo diventa se stesso solo in relazione agli altri, ma anche in relazione a se stesso, non può prescindere dagli altri e nemmeno da se stesso. Come l’amore non è tale se non si apre all’altro e se non ci si sente amati dagli altri, anche la conoscenza di noi stessi non è possibile senza un’apertura alla relazione e al dialogo.
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Il tempo Questo bisogno di apertura non coinvolge solo il presente, ma anche il passato e il futuro. Basta fare qualche esempio per cogliere meglio questa totalità della vita dell’uomo nella totalità della storia e dell’umanità. La nostra vita spirituale dipende interamente dal linguaggio; quest’ultimo non nasce con noi, ma ha radici lontane, l’intera storia vi ha tessuto intorno e attraverso essa entra in noi per poter esprimere il nostro presente, anzi come una componente essenziale del nostro presente. Inoltre, l’uomo è proiettato verso il futuro, vive il presente per costruirsi un futuro; il presente non è tale se non vi è un futuro.
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Chiesa e cristianesimo nella storia
L’uomo è tale solo in un complesso intreccio di storia che giunge al singolo attraverso il linguaggio e la comunicazione sociale; il singolo, a sua volta, realizza la sua esistenza secondo un modello collettivo che lo precede e che costituisce lo spazio della sua autorealizzazione. Ritornando alle domande iniziali, dobbiamo concludere che la Chiesa e l’essere cristiano hanno a che fare con l’uomo così compreso; si riferiscono all’uomo che è essere-con ed esiste soltanto negli intrecci collettivi che scaturiscono dal principio della corporeità. Chiesa e cristianesimo esistono esclusivamente per la storia e vanno compresi su questo piano, il loro senso sta nel servizio offerto alla storia.
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Diaconia per l’umanità
A partire da questa visione si capiscono meglio altre categorie: peccato originale o collettivo, resurrezione della carne, giudizio universale. Nessun uomo, nel bene o nel male, comincia dal punto zero, ognuno vive dentro un intreccio di relazioni che lo precede e che a lui segue. Possiamo concludere dicendo che l’essere cristiani non è in funzione della singola o personale salvezza, bensì in ordine ad una diaconia di cui l’umanità e la storia hanno bisogno. Se si è cristiani per partecipare ad una diaconia per il tutto, ciò significa che il cristianesimo, proprio a causa di questo rapporto con il tutto, vive a partire dal singolo e per il singolo, perché la trasformazione della storia, l’abbattimento della dittatura dell’ambiente possono avvenire, di volta in volta, solo a partire dal singolo.
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Che cosa differenzia il cristianesimo dalle altre religioni?
Tutto dipende da un singolo: Cristo Gesù; questo Singolo, che la dittatura dell’ambiente ha crocifisso, chiama l’uomo a seguirlo, ossia a prendere la croce come Lui, a vincere da crocifisso il mondo e a contribuire al rinnovamento della storia. Proprio perché il cristianesimo riguarda la storia nella sua totalità, è servizio per il tutto, il Singolo ne è protagonista ed interprete; il Singolo è salvezza per il tutto, il tutto riceve la sua salvezza unicamente dal singolo, che non vive per se stesso, ma per il tutto. Tutto questo fa la differenza tra il cristianesimo e le altre religioni.
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Essere per Siccome la fede cristiana esige il singolo, ma lo richiede per il tutto e non per se stesso, nella preposizione “per” si esprime la vera e propria legge fondamentale dell’esistenza cristiana; ecco perché l’esistenza di Cristo si realizza e trova pieno compimento nella croce; ecco perché dice è bene per voi che io vada, perché tornerò a voi senza la barriera del corpo che limita la nostra piena comunione e unità. Essere cristiani significa essenzialmente il passaggio dall’essere per se stessi all’essere per gli altri; il cristiano si distacca dall’essere centrato sull’io per centrarsi su Cristo che è per tutti. La logica della sequela non è una devozione privata, ma esprime l’idea fondamentale che l’uomo, lasciandosi alle spalle l’isolamento e la tranquillità della vita privata, del proprio io, esce da se stesso per seguire, lasciandosi coinvolgere, il Crocifisso.
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Per concludere Concludendo, bisogna dire che tutti gli sforzi di superamento di sé, intrapresi dall’uomo non possono mai bastare. Chi vuole solo dare e non è pronto a ricevere, chi vuol essere solo per gli altri e non accetta che gli altri siano anche per lui, misconosce il tratto fondamentale dell’essere uomo e quindi in verità non si lascia servire perché non vuole servire. Il lasciarsi servire va sempre coniugato e mai separato dal servire. Il ricevere, anzi, precede e fonda il fare. Per la fede cristiana, l’uomo non raggiunge veramente se stesso grazie a ciò che fa, bensì grazie a ciò che riceve. Egli attende il dono dell’amore e non può accogliere l’amore se non come dono. L’amore per l’uomo è la più grande necessità, ma anche la più grande opportunità per divenire ed essere se stessi. Quando l’uomo rifiuta l’amore, sia nella sua accezione di dono da accogliere, sia nella sua accezione di dono da dare, si distrugge. Il vero cristiano non è colui che appartiene al nostro stesso gruppo confessionale, bensì colui che, attraverso il suo essere cristiano è diventato più umano; non è colui che osserva un sistema di norme in modo servile e badando solo a se stesso, bensì colui che è diventato libero per la bontà semplice e umana. Solo colui che ama, di quell’amore con cui è amato da Cristo, è cristiano!
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