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Tumori da papillomavirus nel XVI secolo!!

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Presentazione sul tema: "Tumori da papillomavirus nel XVI secolo!!"— Transcript della presentazione:

1 Tumori da papillomavirus nel XVI secolo!!
Maria d’Aragona ( ) Ritratto di Alfonso d’Avalos, marito di Maria d’A. (Tiziano) Donna gentil, che così largamente de le doti del Ciel foste arricchita, che per mostrar la forza sua infinita fece voi così rara ed excellente ……….. Secrete Selve reverende Veronica Gambara ( ) 1, 2: HPV18, 3: controllo da Lancet, 362, 2003 1, 2: HPV18, 3: controllo da Lancet, 362, 2003 Tumore a livello genitale. 1, 2: HPV18, 3: controllo da Lancet, 362, 2003 Tumori da papillomavirus nel XVI secolo!!

2 Associazioni fra tipi di HPV e manifestazioni cliniche
I virus appartenenti alla famiglia Papillomaviridae sono strettamente specie-specifici ed includono virus che infettano, oltre alla specie umana (Human Papilloma Virus-HPV), varie specie animali, tra cui scimmie, cani, bovini, conigli e cavalli. La proteina L1 rappresenta il gene più conservato dell’intero genoma e la sua sequenza è utilizzata per identificare i diversi tipi virali. L’analisi genomica ha permesso di distinguere almeno 16 diversi generi di virus classificati con le lettere greche da  a  (pi). I papillomavirus umani , di cui se ne conoscono più di 120 genotipi diversi, appartengono principalmente ai generi , che comprende gli HPV con tropismo per le mucose, , con tropismo cutaneo.

3 Infezioni del distretto testa/collo
Infezioni della cute e delle mucose verruche comuni o volgari sono le forme più comuni e si manifestano in forma di papule bianco grigiastre o brune, piatte o rilevate. Le verruche plantari e palmari si localizzano rispettivamente nella pianta dei piedi e nel palmo delle mani verruche piane che hanno un aspetto di papule rosse, modicamente rilevate che insorgono a livello del viso o delle mani, epidermodisplasia verruciforme (EV), un’affezione caratterizzata dalla diffusione delle lesioni da papillomavirus a gran parte della superficie corporea, che si manifesta in rari soggetti che si ritiene siano geneticamente predisposti. condilomi acuminati e condilomi piani (lesioni mucose benigne) che sono conseguenti a trasmissione sessuale e insorgono a livello del pene, dei genitali femminili, dell’uretra, dell’area perianale e del retto. Queste lesioni si manifestano come masse esofitiche verrucose di consistenza molle (condilomi acuminati) o modestamente rilevate (condilomi piani), di colorito rossastro. Nei condilomi si ritrovano più frequentemente i genotipi 6 e 11. E’ ormai stabilito con certezza che il tumore della cervice uterina e causato dagli HPV ad alto rischio (16, 18, 31, 45) Infezioni del distretto testa/collo Altre sedi mucose infettate da papillomavirus con lesioni benigne di tipo papillomatoso sono quelle a livello respiratorio, congiuntivale e orale. I genotipi più frequentemente associati a infezioni del cavo orale sono rappresentati da HPV6 e HPV11, che causano la comparsa di piccoli papillomi benigni peduncolati. Negli adolescenti, in alcuni casi, si può sviluppare la cosiddetta papillomatosi respiratoria ricorrente, caratterizzata dalla comparsa di numerosi papillomi a livello della laringe. Anche in questo caso si è stabilita un’associazione tra HPV ad alto rischio e sviluppo del carcinoma orofaringeo e tonsillare. L’incremento delle infezioni da HPV sembra dovuto ad una maggior frequenza delle pratiche di sesso orale (cunnilingus-fellatio) D. Condilomi acuminati E. Papilloma tonsillare

4 Struttura del genoma e principali funzioni dei geni di HPV
LCR (Long Control Region) : comprende l’origine della replicazione virale e contiene i siti di legame per molti repressori ed attivatori trascrizionali virali (E1 e E2) e per diversi fattori cellulari. La regione LCR regola quindi la trascrizione dei geni precoci e tardivi e controlla la produzione delle proteine virali e delle particelle infettanti Le regioni LCR contengono sequenze regolatorie che hanno specificità di tessuto o di tipo cellulare..

5 Interazione fra E6-p53 e E7-pRB
A. (1) la p53 («guardiano del genoma») è un transattivatore trascrizionale che regola il ciclo cellulare ed è codificata dal gene oncosoppressore TP53. (2) I livelli di p53 intracellulare aumentano in seguito al danneggiamento del DNA cellulare. (2) I livelli aumentati di p53 portano all’arresto della cellula in G1 per consentire di riparare il DNA. (3) La E6 si lega alla p53 degradandola e inattivandola, per cui la cellula entra in fase S e si moltiplica. B. (1) La pRB è codificata da un gene oncosopressore RB-retinoblastoma che risulta non funzionante in molti tipi di tumore. (2) Normalmente è presente come fosfoproteina monofosforilata (pRB). (3) La forma monofosforilata agisce come regolatore negativo della progressione del ciclo cellulare legandosi e inattivando al/il fattore di trascrizione E2F-1 e fermando il ciclo cellulare in fase G1. (4) Per passare nuovamente alla fase S la pRB viene ulteriormente fosforilata (p-p-RB) staccandosi dal fattore E2F-1 che riprende la sua funzionalità. (5) Il legame di p-RB con E7 provoca la liberazione di E2F-1 favorendo l’entrata in fase S della cellula e la sua replicazione incontrollata. A E7 B Un’altra importante attività delle proteine oncogene di HPV è la capacità di attivare l’enzima telomerasi e indurre duplicazione abnorme dei centrosomi, con conseguente sviluppo di instabilità genomica e aneuploidia.

6 Ciclo di sviluppo di una verruca cutanea
Strato granuloso Il virus infetta gli epiteli squamosi stratificati, attraverso microtraumi, e raggiunge l’epitelio basale dove infetta le cellule indifferenziate staminali. (1) Nelle cellule basali vengono espressi i geni E6 e E7 che stimolano la proliferazione cellulare. (2) A mano a mano che le cellule si differenziano e migrano negli strati superiori (spinoso e granuloso) vengono espressi gli altri geni E(E1, E2, E4 e E5). (3) L’espressione di E2 regola e inibisce la trascrizione di E6 ed E7 e limita dunque la produzione delle proteine correlate. (4) Negli strati superficiali si ha la sintesi delle proteine tardive/strutturali L1 e L2 e l’assemblaggio dei virioni infettivi che vengono rilasciati dallo strato corneo. Alcune copie del DNA virale/cellula, in assenza di sintesi proteica, stabiliscono uno stato di latenza nelle cellule basali.

7 Meccanismi patogenetici nelle lesioni cutanee e mucose
HPV infetta gli epiteli squamosi stratificati cheratinizzati (cute) e non cheratinizzati (bocca, vie aeree superiori, vagina, cervice e canale anale), dove induce proliferazione epiteliale. L’infezione latente da HPV rappresenta la maggioranza delle infezioni da HPV I papillomi da HPV sono lesioni epiteliali benigne che si sviluppano dopo un periodo variabile di settimane o mesi dal momento dell’infezione. I papillomi si sviluppano su epiteli squamosi stratificati che possono coinvolgere la cute, denominati verruche, o le mucose, denominati condilomi a livello genitale. Essi sono caratterizzati da un ispessimento dello strato spinoso (acantosi), dello strato granuloso (paracheratosi) e dello strato corneo (ipercheratosi). Le cellule epiteliali squamose che hanno subito modificazioni strutturali in seguito ad un’infezione da HPV prendono il nome di coilociti e sono caratterizzate da nuclei allargati, eccentrici e picnotici (masse compatte e fortemente colorate) circondati da un alone chiaro. I meccanismi virali che inducono questi processi patologici non sono stati ancora completamente chiariti anche se: (1) la proteina E4 sembra intaccare l’integrità del citoscheletro cellulare nei cheratinociti (coilocitosi) favorendo la fuoriuscita delle particelle virali, (2) le proteine E5, E6 e E7 possono stimolare la proliferazione cellulare e (3) l’espressione di alcuni geni virali può stimolare la produzione di citochine in grado di indurre la proliferazione dei cheratinociti con meccanismo autocrino e paracrino. I papillomavirus riescono spesso ad eludere le difese immunitarie in quanto non creano lisi cellulare e non innescano fenomeni infiammatori

8 (2) Meccanismi patogenetici nella trasformazione maligna
Oltre alla replicazione attiva, l’infezione da HPV può evolversi verso la latenza e la trasformazione maligna. Nella latenza il ciclo replicativo è incompleto e non vengono prodotte particelle virali. La trasformazione maligna da HPV è il risultato di una serie complessa di eventi che portano all’integrazione del genoma di HPV in quello della cellula ospite, associata alla progressione da displasia grave o carcinoma in situ ed infine a carcinoma invasivo. Il sito di integrazione nel genoma virale è compreso fra il 3’ di E1 e il 5’ di E2, dando origine alla rottura e inattivazione dell’ORF di E2. La perdita funzionale di E2 determina una aumentata espressione delle proteine oncogene E6 e E7. L’attività oncogena delle proteine E6/E7 dei genotipi ad alto rischio, come HPV16 e HPV18, è dovuta all’interferenza (1) con la normale crescita cellulare, (2) con i sistemi di controllo del ciclo cellulare e (3) con la regolazione della stabilità dei cromosomi. Questi eventi determinano un’aumentata proliferazione dell’epitelio cervicale con comparsa di alterazioni morfologiche valutabile con il test Papanicolau Il lungo periodo di intervallo tra infezione primaria e sviluppo del tumore implica l’intervento di altri fattori per la progressione maligna della lesione come: il sistema immunitario dell’ospite e l’esposizione esterna a co-carcinogeni. Alterazioni cellulari progressive che vanno dalla displasia lieve (neoplasia intraepiteliale cervicale o CIN1), alla moderata (CIN2), alla displasia grave o carcinoma in situ (CIN 3) per arrivare al carcinoma invasivo. CIN1 è compresa nelle lesioni squamose intraepiteliali di basso grado (Low grade Squamous Intraepithelial Lesion - LSIL), mentre CIN II e CIN III in quelle di alto grado (High grade Squamous Intraepithelial Lesion - HSIL).

9 L’infezione da HPV e la progressione a tumore della cervice

10 Epidemiologia delle infezioni da HPV
Le infezioni da HPV sono endemiche ed è difficile determinare la prevalenza di infezioni da HPV subcliniche. Il periodo di incubazione dell’infezione dimostra una variabilità compresa tra le 6 settimane fino a 2 anni. L’infezione virale rimane localizzata e nella maggioranza dei casi regredisce spontaneamente, ma può essere ricorrente. Le infezioni multiple da HPV (più di un genotipo presente) sono presenti nel 20-30% delle donne HPV positive. La positività per HPV può essere transiente; infatti, solo una minoranza delle donne HPV-positive rimane tale nei controlli successivi. L’incidenza dei conditomi acuminati (tipica infezione anogenitale causata dai genotipi a basso rischio 6 e 11) viene oggi stimata nei soli USA intorno all’1% dell’intera popolazione ed è in continuo aumento. La distribuzione e la diffusione delle infezioni da HPV cutanei suggeriscono, soprattutto in età giovanile compresa tra i 10 e i 18 anni, una via di trasmissione indiretta, attraverso utensili, ad esempio nei bagni pubblici e nelle piscine. La via di trasmissione sessuale sembra invece essere utilizzata dai genotipi mucosali quali HPV6, 11, 16, 18 ecc. Il picco di incidenza di quest’ultima si osserva tra i 18 e i 25 anni, con l’inizio dell’attività sessuale, e il rischio di contrarre un’infezione da HPV è direttamente proporzionale al numero di partner. Nel caso di infezioni congenite o neonatali HPV segue una trasmissione diretta dalla madre al neonato. La papillomatosi respiratoria giovanile: nel caso di forma neonatale potrebbe essere contratta direttamente dalla madre al momento del parto, mentre nella forma giovanile potrebbe essere contratta tramite rapporti oro-genitali.

11 Epidemiologia del tumore della cervice uterina
Studi epidemiologici hanno dimostrato che oltre il 95% dei carcinomi cervicali invasivi contiene il genoma di HPV ad alto rischio e in particolare di HPV16 (55%), HPV18 (14-16%), HPV31 (6%), e HPV45 (8%). Il tumore associato ad HPV si sviluppa solo dopo un lungo periodo di latenza Generalmente il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa cinque anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni. La prima alterazione preneoplastica valutata citologicamente è chiamata displasia, che regredisce spontaneamente nel 60%-70% dei casi. Attraverso alterazioni cellulari progressive che vanno dalla displasia lieve o CIN1, alla moderata (CIN2 a,b), alla displasia grave o carcinoma in situ (CIN3) per arrivare al carcinoma invasivo. CIN1 è compresa nelle LSIL (Low grade Squamous Intraepithelial Lesion ), mentre CIN2 e CIN3 nelle HSIL. (High grade Squamous Intraepithelial Lesion) L’infezione persistente da HPV può evolvere in CIN1, CIN2 a,b e CIN3. Lesioni squamose intraepiteliali (SIL) con Le lesioni in qualunque stadio della malattia, escluso il carcinoma follow-up di circa 2 anni invasivo, possono non progredire anche se la possibilità di regressione è inversamente correlata al grado di displasia. Non necessariamente l’evoluzione è progressiva attraverso i diversi stadi e la fase CIN2/CIN3 può, a volte, apparire de novo in seguito ad un’infezione persistente da ceppi ad alto rischio (circa il 20% dei casi di HSIL origina ex novo, in assenza di LSIL, preesistente). I fattori di rischio del cancro cervicale sono correlati sia a caratteristiche del virus che dell’ospite. Questi fattori includono: (1) molteplici partner sessuali, (2) giovane età al primo rapporto sessuale, (4) infezione persistente da HPV ad alto rischio (HPV 16, HPV-18 etc), (6) la coinfezione con altre infezioni sessualmente trasmesse, (6) immunosopressione, (7) alcuni sottotipi HLA, (8) uso di contracettivi orali, (9) uso di nicotina (fumo). Si stima che il 75% della popolazione entri in contatto con il virus almeno una volta durante la sua vita, mentre ogni anno in Italia, sono circa le donne che si ammalano di cancro del collo dell’utero delle quali circa la metà muore.

12 HPV ad “alto e basso rischio” di trasformazione neoplastica
Il carcinoma cervicale è il primo cancro a essere riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità come totalmente riconducibile a un’infezione. Il carcinoma della cervice è infatti causato dall’infezione genitale da virus del papilloma umano (HPV). I diversi tipi di HPV vengono distinti in basso ed alto rischio di trasformazione neoplastica. I genotipi a basso rischio sono associati a lesioni benigne come i condilomi anogenitali, mentre quelli ad alto rischio sono associati al cancro cervicale oltre che ad altri tumori del tratto anogenitale, come per esempio il carcinoma del pene, della vulva, della vagina e dell’ano. Tipi considerati «ad alto rischio» Tipi considerati «a basso rischio» Tipi di virus di cui… 16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, ecc. 6, 11, 40, 42, 43, ecc. possono causare il cancro del collo dell’utero, il cancro degli organi genitali esterni verruche genitali (condilomi acuminati)

13 Diagnosi Colturale difficile poiché richiede l’uso di colture organotipiche Sierologica poco affidabile poiché solo una bassa percentuale di pazienti sviluppa anticorpi durante l’infezione Alterazioni citologiche e istologiche. Per le infezioni genitali il test utilizzato è il Papanicolau (Pap test) che consiste nel prelievo, con apposite spatole o spazzolini, di cellule esfoliate dalla parete della vagina e della cervice e successivo striscio colorato con eosina/ematossilina. Questo esame permette di individuare fino al 75% dei casi HPV positivi con lesioni da CIN1 a CIN3, mettendo in evidenza la presenza di coilociti In presenza di un pap test anormale, prima di adottare una terapia, è necessario la localizzazione della lesione e una eventuale biopsia guidata mediante colcoscopia. La colposcopia è un esame che permette la visione ingrandita della cervice uterina, parte più esterna del collo dell'utero, mediante il colposcopio. Nelle zone sospette, per una diagnosi sicura, può essere effettuata una biopsia. Presenza di DNA viene identificata con varie tecniche di ibridazione con sonde a DNA dirette contro specifici genotipi di HPV. L’ibridazione viene eseguita o su cellule esfoliate della esocervice o da prelievi bioptici, dopo l’estrazione del DNA. L’ibridazione può essere preceduta dall’amplificazione del DNA di HPV con la PCR.

14 Neoplasia intraepiteliale cervicale
Progressione della neoplasia cervicale intraepiteliale (CIN) da epitelio normale a: displasia lieve o CIN1, con atipia coilocitica, displasia moderata o CIN2, con atipia progressiva in tutti gli strati epiteliali e displasia grave o CIN3 (carcinoma in situ) con atipia diffusa e perdita della maturazione. Recentemente si è adottata una nuova classificazione in cui la CIN1 viene chiamata lesione squamosa intraepiteliale (SIL) di basso grado (Low-grade Squamous Intraephitelial Lesion o LSIL) e la CIN2 e CIN3 lesione squamosa intraepiteliale di basso grado (High-grade Squamous Intraephitelial Lesion o HSIL). Citologia della neoplasia cervicale intraepiteliale come appare nello striscio di Papanicolau: (A) cellule squamose esfoliate normali, (B) LSIL (CIN I), colilociti, (C) HSIL (CIN-II), (D) HSIL (CIN III). Notare la riduzione del citoplasma e il corrispondente aumento del nucleo all’aumentare della lesione, che riflette la perdita della differenziazione verso la superficie.

15 Terapia Come in molte infezioni virali, la terapia dell'HPV è spesso problematica. Poiché tuttavia la maggior parte delle infezioni da HPV regredisce spontaneamente, solo una minoranza dei casi richiede un trattamento. Nei casi di infezione persistente del collo uterino, non esistono attualmente trattamenti non invasivi di elevata efficacia. Nel caso l'infezione sia associata a modificazioni precancerose dell'epitelio, possono essere prese in considerazione la laserterapia o la conizzazione. La conizzazione consiste nella escissione di una porzione (solitamente conica, da qui il nome) del collo uterino (cervice) al fine di asportare una lesione potenzialmente maligna o maligna ma ancora molto limitata nella sua estensione. E' quindi da considerarsi un intervento conservativo perchè non altera in modo sostanziale l'architettura e la fisiologia dell'utero ma nello stesso tempo terapeutico e diagnostico. Per la rimozione dei condilomi acuminati della vulva, pene o perineo si può ricorrere al laser, all'elettrocoaugulazione, alla crioterapia

16 Produzione del vaccino
Il vaccino sviluppato è costituito da subunità della particella virale, definite VLP (virus-like particle), rappresentate dalla proteina capsidica maggiore L1. La L1 viene prodotta nel sistema ricombinante del lievito o del baculovirus. La L1 si autoassembla in VLP, simili al virione, e stimola la produzione di anticorpi neutralizzanti

17 Quali sono i vaccini attualmente disponibili?
I vaccini contro il virus HPV attualmente disponibili sono due: Gardasil, vaccino tetravalente, che protegge contro i genotipi dell’Hpv, responsabili di circa il 70% dei casi di carcinoma uterino, e i genotipi 6 e 11, responsabili del 90% dei condilomi, autorizzato all’immissione in commercio dall’Aifa con delibera del 28 febbraio 2007 Cervarix, vaccino bivalente, attivo contro i genotipi 16 e 18, responsabili di circa il 70% dei casi di carcinoma uterino, autorizzato dall’Aifa con delibera del 29/10/2007 (costo al pubblico 156,79 euro). I vaccini sono somministrati gratuitamente dalle ASL alle bambine tra gli undici e i dodici anni. NOTE Si è visto dall’inizio del progetto vaccinale (1) che entrambi i vaccini prevengono quasi il 100% delle lesioni precancerose causate dai dai tipi di HPV per cui sono stati ideati, (2) che hanno una forte efficacia anche negli uomini per i condilomi causati dal tipo 6 e 11 Si ipotizza che la vaccinazione potrebbe diminuire il rischio di tumori anali e orofaringei di entrambi i sessi

18 Composizione del vaccino attualmente disponibile
Questo vaccino contiene la proteina capsidica L1 prodotta mediante ingegneria genetica, Una sostanza detta «adiuvante» che rende più efficaci le risposte del sistema immunitario (solfato d‘alluminio). Il vaccino non contiene mercurio. Il vaccino non contiene materiale genetico e non può quindi provocare infezioni, né modifiche maligne delle cellule.

19 Schema di vaccinazione e precauzioni
Sono necessarie tre iniezioni intramuscolo in un periodo di tempo da 6 a 12 mesi. Rispettare il termine minimo di un mese tra la prima e la seconda dose e di tre mesi tra la seconda e la terza dose. La necessità di un richiamo della vaccinazione non ha ancora potuto essere valutata Non è stato osservato alcun effetto grave e permanente causato dalla vaccinazione. Attorno al punto dell‘iniezione possono manifestarsi arrossamenti e dolori. Possono anche insorgere cefalee e febbre. Tali effetti indesiderati spariscono rapidamente. Raramente sono state osservati orticarie e problemi respiratori. I medici sono tenuti a segnalare gli effetti indesiderati gravi della vaccinazione. Misure di precauzione: la vaccinazione è sconsigliata durante la gravidanza

20 FINE


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