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PubblicatoGilberto Romeo Mura Modificato 5 anni fa
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ANALISI ELEMENTALE L’analisi chimica tradizionale di un solido (come un mattone, una malta o una pietra) consiste nel disciogliere con adeguati solventi (acidi, basi, ecc.) il campione in acqua e nell’analizzare (con opportune tecniche) gli ioni presenti nella soluzione. Questo tipo di analisi consente di determinare la composizione dei materiali in termini percentuali degli elementi (Ca, Na, K, ecc.)
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Ad esempio, nel caso di un solido costituito da un unico sale come il CaSO4 (gesso anidro), la dissoluzione avviene nel modo seguente: Il chimico analista è in grado di stabilire quanto calcio e quanto solfato sono presenti come ioni in soluzione acquosa e quindi può facilmente calcolare le percentuali di calcio e di solfato presenti nel solido.
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Se il solido è costituito da una miscela di due sali, come il CaSO4 (gesso anidro) e il K2CO3, l’attacco dissolvente porterà in soluzione i seguenti ioni: In questo caso sarà possibile sempre determinare la percentuale dei singoli ioni in soluzione ma non è possibile stabilire se nel solido di partenza erano presenti:
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….o addirittura miscele più complesse:
Quindi il risultato di tale indagine verrà fornito come percentuali dei quattro ioni, oppure (più comunemente, sottoforma dei corrispondenti ossidi).
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Possono essere usati due metodi:
MICROSCOPIA OTTICA Questa tecnica consente di avere una visione ingrandita del campione, o di una sua parte, e permette di mettere in evidenza la sua microstruttura ed il suo colore. Possono essere usati due metodi: v v per riflessione per trasparenza Consiste nell’inviare sul campione, spianato, un fascio di luce che viene riflesso quindi raccolto da un sistema di lenti ed inviato all’oculare attraverso il quale è possibile vedere l’immagine Prevede di ridurre il campione in lamina così sottile da essere attraversata dal fascio di luce il quale viene raccolto da un sistema di lenti ed inviato all’oculare
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Microscopio ottico per osservazioni in luce riflessa
LO STRUMENTO Microscopio ottico per osservazioni in luce riflessa Microscopio ottico per osservazioni per trasparenza
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CAMPI DI APPLICAZIONE Con tale tecnica si può: 1. Stabilire la natura dei materiali adoperati. 2. Indagare lo stato di degrado superficiale. 3. Studiare il biodeterioramento. 4. Effettuare un’analisi metallografica
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DIFFRAZIONE AI RAGGI X Il fenomeno della interazione costruttiva della radiazione uscente dal solido cristallino colpito da raggi X è detta DIFFRAZIONE. L’analisi è condotta mediante apparecchiature a controllo elettronico dette DIFFRATTOMETRI. Il risultato dell’ analisi diffrattometrica è un grafico detto spettro di diffrazione, con un listato contenente posizione angolare ed intensità dei picchi misurati.
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I RAGGI X I raggi X sono onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda compresa tra 0.2 e 2.5 Å (0.02 e 0.25 nm). Tali valori essendo comparabili con le distanze interatomiche della materia solida permettono di analizzare la struttura cristallina dei materiali. I raggi X si propagano in linea retta e attraversano la maggior parte delle sostanze opache per luce, ordinaria, subendo un’alterazione per assorbimento e per diffusione che dipende dallo spessore del materiale attraversato e quindi dalle lunghezze d’onda dei raggi e dalla natura della sostanza (I materiali metallici hanno un elevato potere assorbente tanto più alto quanto maggiore è la massa atomica).
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Tubo di raggi X Catodo Voltaggio di 35kV
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Un tubo a raggi X è schematicamente costituito:
un bulbo di vetro in cui viene applicato un voltaggio di circa 35KV tra un catodo (filamento di tungsteno) e un anticatodo (ad esempio una placchetta di rame) posti sotto vuoto; la placchetta di rame funge da bersaglio metallico; il filamento di tungsteno viene riscaldato e rilascia elettroni per emissione termoionica, i quali vengono accelerati attraverso il vuoto a causa della differenza di potenziale tra i catodo e l’anodo; Quando gli elettroni colpiscono l’anticatodo si generano raggi X. Nota Bene: l’anticatodo viene raffreddato con un sistema di raffreddamento esterno in quanto la maggior parte dell’energia cinetica degli elettroni viene convertita in calore; lo 0,1% della potenza erogata viene effettivamente utilizzata per la produzione di raggi X! Il restante 99,9% di essa viene trasformato in calore.
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Nell’organizzazione spaziale degli atomi, in una sostanza cristallina, si può individuare:
un filare (serie di atomi distribuiti lungo una retta secondo una distanza definita); un piano reticolare (famiglia di filari giacenti su di un piano); il reticolo cristallino (famiglia di piani nello spazio). (c)
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Il reticolo cristallino è generato dalla traslazione secondo le tre direzioni dello spazio di una unità di base, detta cella elementare. Nei solidi amorfi, invece, gli atomi sono organizzati secondo un reticolo tridimensionale ma distribuiti disordinatamente nello spazio quindi non esiste una cella elementare. (a) silice cristallina (b) silice amorfa
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Il principio del metodo
Le rette A-A’ e B-B’ rappresentano i piani reticolari di un reticolo spaziale posti ad una distanza d, i cerchietti sono gli atomi. Se un fascio di raggi X monocromatico di lunghezza d’onda incide sulla superficie del cristallo con un angolo , i raggi 1 e 2 sono diffratti dagli atomi P e Q. L’interferenza positiva dei raggi diffratti 1’ e 2’ si realizza ad un angolo , rispetto al piano se si verifica che: n = 2dsin Legge di Bragg
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Il principio del metodo
Per un dato solido cristallino, caratterizzato da una data serie di piani reticolari e per un fascio di raggi X aventi una data lunghezza d’onda, d e sono determinati, pertanto l’intensità della diffrazione dipende dall’angolo di incidenza . Aumentando gradualmente si troveranno una serie di posizioni corrispondenti a n=1,2,3,… per le quali si verificano massimi di diffrazione separati da regioni nelle quali i raggi diffratti non sono in fase e quindi si annullano. Su questa base è possibile ottenere uno spettro di diffrazione di una sostanza cristallina: da tale spettro, mediante la legge di Bragg, è possibile calcolare la distanza d tra i piani reticolari che è tipica di ogni sostanza cristallina.
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L’apparecchiatura Il diffrattometro è l’apparecchio che consente di determinare gli angoli ai quali si verificano i massimi della diffrazione dovuti all’interazione tra il fascio monocromatico di raggi X con il campione polverizzato.
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Risultati Il contatore ed il campione ruotano a velocità angolare costante ed i segnali sono inviati dal contatore ad un registratore che traccia l’intensità dei raggi diffratti in funzione di 2 (DIFFRATTOGRAMMA). (a) quarzo (b) vetro
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Risultati Sui diffrattogrammi è riportato in ascisse il valore dell’angolo di diffrazione e in ordinate l’intensità dei picchi di diffrazione. I moderni diffrattometri forniscono automaticamente la distanza interplanare d relativa alla famiglia di piani che ha generato quel picco e la sua intensità I. L’intensità del picco più intenso viene posto uguale a 100 e le intensità di tutti gli altri picchi sono valutate proporzionalmente.
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L’identificazione delle fasi cristalline è possibile in quanto esistono dei libri nei quali sono riportate le intensità dei tre picchi più importanti per le diverse sostanze pure e schede che riportano tutti i loro picchi. L’indagine si complica quando la polvere in esame è costituita da varie fasi cristalline in quanto ciascuna di esse fornisce un proprio spettro che si sovrappone a quello delle altre. Le informazioni sulle strutture cristalline sono raccolte nella banca dati curata dalla ICDD ( che ne cura il costante aggiornamento.
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Campi di applicazione L’analisi ai raggi X permette l’analisi qualitativa e cristallografica di qualsiasi sostanza cristallina. In alcuni casi, previa realizzazione di una curva di taratura, consente di effettuare anche analisi quantitative. Nel settore del restauro si possono indagare: materiali lapidei, calcestruzzi, malte di allettamento, intonaci, ceramici, leghe metalliche ed i loro prodotti di degradazione.
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Esempio Diffrattogramma del campione integro (a) e di quello alterato (b) prelevati da una decorazione settecentesca.
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Caratteristiche dello spettro di diffrazione
In un tipico diffrattogramma di una polvere si possono individuare le seguenti componenti: Posizione dei picchi Intensità dei picchi Forma dei picchi Caratteristiche dello spettro di diffrazione Relative proprietà strutturali Numero e posizione dei picchi Sistema cristallino e volume della cella Intensità dei picchi Composizione chimica Struttura del campione Forma dei picchi Difettività reticolare Dimensioni dei grani Stress e deformazioni
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Identificazione delle fasi
Metodo della ricerca manuale (Hanawalt method) Tale metodo di ricerca si basa sulla individuazione delle tre linee più intense presenti nel diffrattogramma relativo al campione in esame Procedura di identificazione di una singola fase: Si ordinano i valori di “d per valori delle intensità decrescenti Si seleziona il valore di “d” corrispondente all’intensità più elevata e la si individua nella appropriata sezione del manuale Si seleziona un secondo valore di “d” corrispondente alla seconda linea più intensa. Se a questi due valori corrisponde un entrata nella tabella si seleziona un terzo valore di d corrispondente alla terza linea più intensa
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Metodo Hanawalt I/I d
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SiO2/Quartz
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