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LE ANALISI NEL SETTORE DEI BENI ARCHITETTONICI
Il precario stato di conservazione dei manufatti architettonici è causato dalla sovrapposizione di due tipi di degrado: Degrado Antropico: qualsiasi forma di alterazione e/o di modificazione dello stato di conservazione di un bene culturale e/o del contesto in cui esso è inserito quando questa azione è indotta dall'uso improprio. - Collocazione impropria di elementi tecnologici; - Collocazione impropria di cavi (luce, telefono); - Uso improprio di materiali edili; - Assenza di manutenzione; - Vandalismo.
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DEGRADO NATURALE Le cause di deterioramento naturali sono fisiche, chimiche e biologiche. Le cause fisiche possono essere di natura termica oppure dovute alle radiazioni luminose. Quelle chimiche sono date da reazioni tra vari elementi che sono presenti nell'opera, ad esempio ossigeno, acqua e anidride carbonica. Le cause biologiche comprendono lo svilupparsi di microrganismi e l'attacco di insetti.
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DIAGNOSTICA IN PASSATO OGGI
Gli interventi di restauro si basavano essenzialmente sull’esperienza dei vari operatori coinvolti e veniva svolto in maniera ARTIGIANALE. OGGI Un corretto intervento di restauro implica prima di tutto la valutazione del tipo e dell’entità del degrado del manufatto in esame. DIAGNOSTICA I mezzi di indagine utilizzati per l’individuazione dei materiali in opera e per la conoscenza del loro stato di degrado sono patrimonio di diverse discipline scientifiche: - la scienza dei materiali; - la chimica; - la fisica; - la petrografia; - la biologia. Tali indagini sono volte sia ad una migliore conoscenza dei meccanismi di degrado sia alla definizione e controllo delle diverse fasi in cui si articola il restauro: pre-consolidamento, pulitura, stuccatura, consolidamento e protezione
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Normal 20/85 Il documento Normal 20/85, Interventi Conservativi: Progettazione, Esecuzione e Valutazione Preventiva è articolato secondo i punti: (a) Stato di conservazione: indagini preliminari. Vengono indicate tutte le metodologie di analisi ritenute necessarie a definire la natura dei materiali costitutivi, i tipi e le intensità delle alterazioni presenti, la presenza della vegetazione spontanea, le caratteristiche ambientali. (b) Classi di prodotti e metodologie di applicazione per i differenti tipi di interventi conservativi. Vengono descritti: -i metodi di pulitura (permessi su superfici scolpite, permessi su paramenti esterni non scolpiti e senza particolari pregi estetici, trattamento della vegetazione spontanea); -i metodi permessi per effettuare gli incollaggi e le stuccature; -i metodi permessi per effettuare il consolidamento; -i metodi permessi per effettuare la protezione (applicazione di prodotti chimici, interventi sull'ambiente esterno). (c) Valutazione preliminare dell'efficacia dei materiali e dei metodi per gli interventi conservativi. Vengono indicate le metodologie da adottare in laboratorio ed i criteri da seguire per la valutazione dei risultati delle diverse fasi di intervento sopra descritte.
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Commissione NorMaL Nel 1979 venne istituita, su iniziativa dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), la Commissione Normal (Normativa Manufatti Lapidei) con lo scopo di redigere metodi unificati per lo studio delle alterazioni dei materiali lapidei e per il controllo dell’efficacia dei trattamenti conservativi di manufatti di interesse storico-artistico. Con il termine "materiale lapideo" vengono sempre intesi oltre che i marmi e le pietre propriamente detti, anche gli stucchi, le malte, gli intonaci, e i prodotti ceramici impiegati in architettura (laterizi e cotti). Nel 1984 l’attività della Commissione venne formalizzata da parte del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, mediante ratifica, in concerto col Ministero del Tesoro, di un decreto interministeriale. Nel 1995 il Ministero stipula una convenzione con l’UNI, unico Ente Nazionale di Normativa.
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Commissione NorMaL Con il passaggio in ambito UNI la Commissione ha assunto il nome UNI Beni Culturali-Normal estendendo la sua attività a: pietre, malte (da murature, per intonaci, per applicazione di rivestimenti, per decorazioni, per usi particolari), stucchi, prodotti ceramici (laterizi, terrecotte, porcellane), calcestruzzi, vetri, mosaici, policromie su pietra, policromie su tela, policromie su legno, policromie su intonaco, metalli, carta, legno, tessili. La Commissione si occupa anche di: - Definizioni terminologiche. - Metodologie analitiche per la caratterizzazione del materiale, dello stato di conservazione, degli agenti del degrado (chinici, fisici, biologici). - Metodologie analitiche per la valutazione dell’efficacia dei prodotti (biocidi, pulenti, consolidanti, sigillanti e malte da stuccature, protettivi) e delle metodologie di applicazione. - Rilievo e documentazione. - Parametri ambientali (fattori fisici e chimici). - Metodologie d’intervento per il restauro dei beni architettonici, storico-artistici, archeologici. - Normative per contenitori espositivi di opere d’arte.
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Rilievo grafico e fotografico
Normal 20/85 Ricerche Storiche Rilievo grafico e fotografico Indagini preliminari Ricerche geotecniche e strutturali MANUFATTO Ricerche ambientali Indagini non distruttive Indagini in situ Campionamento Indagini di laboratorio
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Indagini Preliminari Localizzazione dell’edificio Edifici Nord
Edificio In Esame Venti Dominanti Via con traffico veicolare
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Indagini Preliminari E’ necessario conoscere in modo approfondito l’edificio, in particolare attraverso i seguenti parametri: Natura del terreno sul quale insiste l’edificio da punto di vista geotecnico; Esposizione geografica dell’edificio in relazione alle caratteristiche dell’ambiente circostante; Statica dell’edificio. Dal momento che è ormai noto che il degrado dei materiali da costruzione è in stretta relazione con la presenza di acqua è importante rilevare la presenza di: Falde idriche e/o corsi d’acqua nelle immediate vicinanze dell’edificio; Sistemi di convogliamento dell’acqua quali coperture, tetti, scarichi.
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Rilievo del Degrado Si procede poi ad un rilievo particolareggiato dell’edificio in esame con l’indicazione dello stato di degrado complessivo e quello dei diversi materiali presenti adottando le indicazione della Raccomandazione NORMAL 1/80 (alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei: Lessico)
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Alveolizzazione Degradazione che si manifesta con la formazione di cavità di forma e dimensione variabili. Gli alveoli sono spesso interconnessi ed hanno distribuzione non uniforme. Nel caso particolare in cui il fenomeno si sviluppa essenzialmente in profondità con andamento a diverticoli si può usare il termine "alveolizzazione a cariatura“.
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Morfologia L'alveolizzazione è caratterizzata dalla presenza di cavità (alveoli), anche molto profonde, distribuite con andamento irregolare sulla superficie del materiale lapideo (naturale e/o artificiale); questo fenomeno è spesso spinto fino alla disgregazione e dalla polverizzazione dell'elemento lapideo. Generalmente questa forma di degrado si manifesta: in materiali molto porosi, in presenza di un elevato contenuto di sali solubili, in zone climatiche dove sono frequenti fenomeni di rapida evaporazione delle superfici lapidee esposte alle intemperie.
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Cause L'alveolizzazione è un fenomeno conseguente all'azione disgregatrice esercitata dalla pressione di cristallizzazione dei sali all'interno dei pori del materiale lapideo. Le soluzioni saline, infatti, formatesi in seguito ad assorbimento di acqua, tendono, in seguito all'evaporazione del solvente, a cristallizzarsi con conseguente aumento di volume. I pori del materiale lapideo subiscono pressioni superiori alle capacità di resistenza del materiale e si sfaldano. Quando l'evaporazione è rapida (forti correnti d'aria), la soluzioni saline possono cristallizzarsi ad una certa profondità provocando anche il distacco e la conseguente disgregazione di ampie porzioni del materiale.
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Crosta Strato superficiale di alterazione del materiale lapideo o dei prodotti utilizzati per eventuali trattamenti. Di spessore variabile, è dura, fragile, distinguibile dalle parti sottostanti per le caratteristiche morfologiche e, spesso, per il colore. Può distaccarsi anche spontaneamente dal substrato che, in genere, si presenta degradato e/o polverulento.
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Morfologia Depositi di colore scuro, aderenti al supporto, che ricoprono il substrato in modo omogeneo, possono assumere anche la consistenza di incrostazioni di forma irregolare, compatte ed ancorate al substrato. Si trovano come depositi di piccolo spessore sulle superfici verticali non sottoposte al dilavamento dell'acqua, ed in forma di spesse incrostazioni nelle zone protette dalla pioggia (sottosquadri, cornici, mensole, ecc.). Per effetto della diversa dilatazione termica della crosta rispetto a quella del substrato lapideo, questi depositi possono fessurarsi e distaccarsi mettendo a nudo una superficie lapidea disgregata e deteriorata. Sulle superfici disgregate inizia un ulteriore fenomeno di formazione di una nuova crosta che ripete peggiorandolo il processo di alterazione.
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Cause Analisi delle croste effettuate al SEM, hanno evidenziato la composizione di tali incrostazioni: esse sono costituite principalmente da gesso (CaSO4 · 2H2O) e da particellato a cui si deve la colorazione scura del deposito. Il gesso si forma per alterazione del carbonato di calcio, principale costituente delle pietre calcaree e delle malte, in seguito alla reazione con acido solforico, formatosi nell'atmosfera in presenza di anidride solforosa (SO2): CaCO3 + H2SO4 + H2O CaSO4 + 2H2O + CO2 La presenza di anidride solforosa, aumentata percentualmente in modo elevato nell'atmosfera, è stata messa in relazione alla produzione e combustione di alcuni carburanti sia solidi che liquidi che contengono sostanze solforate. Tali sostanze emesse nell'atmosfera, in combinazione con acqua e con alcuni catalizzatori, possono subire fenomeni di ossidazione producendo acido solforico o solforoso, che può depositarsi sul materiale durante le precipitazioni o per condensazione reagendo con esso.
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Distacco o mancanza Distacco: Soluzione di continuità fra strati superficiali del materiale, sia tra loro che rispetto al substrato; prelude, in genere, la caduta degli strati stessi. Il termine si usa in particolare per gli intonaci e per i mosaici. Nel caso di materiali lapidei naturali, le parti distaccate assumono forme specifiche in funzione delle caratteristiche strutturali e tessiturali e si preferiscono allora voci quali crosta, scagliatura, esfoliazione. Mancanza: Caduta o perdita di parti. Il termine si usa quando tale forma di degradazione non è descrivibile con altre voci del lessico.
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Cause Per gli intonaci il fenomeno si presenta diffuso.
Le cause possono essere molteplici. In genere, i fattori che maggiormente influenzano questo fenomeno sono: - le perdite localizzate degli impianti di smaltimento e/o di convogliamento delle acque; - la consistente presenza di formazioni saline (intonaci eseguiti su edifici decorticati da diverso tempo); - la presenza di fenomeni di umidità ascendente; - le soluzioni di continuità conseguenti alla presenza di fessurazioni e/o di lesioni strutturali; - le soluzioni di continuità conseguenti agli stress termici in prossimità dell'innesto di elementi metallici; - gli errori di posa in opera e l'utilizzo di sabbie o malte poco idonee.
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Efflorescenza Formazione di sostanze, in genere di colore biancastro e di aspetto cristallino, polverulento o filamentoso, sulla superficie del manufatto. La cristallizzazione può avvenire anche all'interno del materiale provocando, spesso, il distacco delle parti più superficiali: il fenomeno, in questi casi, prende il nome di cripto efflorescenza o di sub/efflorescenza.
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Morfologia Se qualitativamente il fenomeno è analogo per ogni sostanza salina, diversi sono invece i valori di temperatura, di umidità relativa e di concentrazione che determinano la solubilità propria di ogni sostanza. Il meccanismo di degrado è conseguente alla pressione di cristallizzazione dei sali; alcuni hanno la caratteristica di aumentare notevolmente il loro volume nel corso del passaggio alla fase solida in seguito all'evaporazione del solvente; le pressioni provocate all'interno dei pori sono tali da superare la capacità di resistenza del materiale. Il risultato è la continua erosione degli strati superficiali.
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Cause Diverse sono le fonti di origine delle specie saline.
Esse infatti possono provenire: - dal terreno (soprattutto i Nitrati ed i Cloruri); - dalla deposizione degli aerosol presenti nell'atmosfera naturale od inquinata (derivati da aerosol marini come i Cloruri ed i Solfati); - dallo stesso materiale utilizzato per la costruzione (i solfati di metalli alcalini possono essere presenti nei mattoni; i solfati di Calcio e Magnesio possono essere presenti nei calcari, ecc.); - dai materiali impiegati per il restauro (gesso, ettringite e thaumasite, che si originano per reazione del cemento Portland, con i composti dello zolfo).
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Erosione Asportazione di materiale dalla superficie dovuta a processi di natura diversa. Quando sono note le cause di degrado, possono essere utilizzati anche termini come: erosione per abrasione (cause meccaniche), erosione per corrosione (cause chimiche e biologiche), erosione per usura (cause antropiche).
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Vegetazione infestante
Patina Biologica Strato sottile, morbido ed omogeneo, aderente alla superficie e di evidente natura biologica, di colore variabile, per lo più verde. La patina biologica è costituita prevalentemente da microrganismi cui possono aderire polvere, terriccio, ecc. Vegetazione infestante Presenza di vegetazione infestante, tale locuzione è impiegata quando sono presenti licheni, muschi e piante.
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EX CENTRALE ELETTRICA DEL PORTO DI NAPOLI
Prospetti di rilievo con indicazione del degrado.
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Documentazione Fotografica
Il rilievo deve essere accompagnato da una documentazione fotografica, relativa alle zone dove sono stati riscontrati fenomeni di degrado, quale testimonianza dello stato di fatto prima dell’intervento.
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Documentazione Storica
Riveste grande importanza un’approfondita conoscenza storica dell’edificio. Sulla base di dati storici e di archivio è possibile risalire: ai materiali impiegati, alle tecniche costruttive, ai precedenti interventi di restauro e/o manutenzione Pianta di Federico Schiavoni, 1872, (part.), nota come pianta Adolfo Giambarba
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