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Manuela Terribile LUMSA – L 24 a.a. 2018-2019
Dogmatica 2/ Lezione 5 Manuela Terribile LUMSA – L 24 a.a
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Cos’è un dogma?
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CONCILIO ECUMENICO VATICANO I, Cost. dogm. Dei Filius, 24.4.1870.
Porro fide divina et catholica ea omnia credenda sunt, quae in verbo Dei scripto vel tradito continentur et ab Ecclesia sive solemni iudicio sive ordinario et universali magisterio tamquam divinitus revelata credenda proponuntur. Inoltre, con fede divina e cattolica, si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che la chiesa propone di credere come divinamente rivelato sia con un giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario e universale. (DH 3011)
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Catechismo della Chiesa Cattolica (Parte I, sez. I, Art.2, III, 84-95). I dogmi della fede
88 Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell'autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un'irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione. 89 Tra i dogmi e la nostra vita spirituale c'è un legame organico. I dogmi sono luci sul cammino della nostra fede, lo rischiarano e lo rendono sicuro. Inversamente, se la nostra vita è retta, la nostra intelligenza e il nostro cuore saranno aperti ad accogliere la luce dei dogmi della fede. 90 I mutui legami e la coerenza dei dogmi si possono trovare nel complesso della rivelazione del mistero di Cristo. « Esiste un ordine o "gerarchia" nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana ».
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Elementi essenziali L’esplicita e definitiva presentazione da parte della Chiesa di un enunciato quale verità rivelata. L’appartenenza di questa verità definita e affermata alla rivelazione divina, ufficiale e pubblica, e quindi il suo essere contenuta nella Parola di Dio, contenuta nella Scrittura, oppure (e anche) nella Tradizione.
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W. Kasper, Il dogma sotto la parola di Dio, Queriniana, Brescia 1968,33-35.
Un dogma si può quindi descrivere dicendo che qui la Chiesa diviene definitivamente cosciente della propria fede e con ciò la riconosce come permanentemente obbligatoria. Tuttavia questo acquisto di coscienza di sé da parte della Chiesa non avviene in un monologo con se stessa, ma sempre nel dialogo con la rivelazione che storicamente le è preesistente. (…) Perciò un dogma ecclesiastico non è mai un enunciato completo ed esauriente circa il singolo oggetto. Perciò non è mai soltanto la conclusione di una discussione, ma sempre anche un nuovo inizio.
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J. Ratzinger, Natura e compito della teologia, Jaca Book, Milano 1993,141.
Il dogma essenzialmente è un fenomeno di linguaggio. Poiché suo compito è fondare la comunione dello spirito attraverso la comunione della parola, il suo accento sta sia sulla parola che sul pensiero: la parola non è per il dogma rivestimento incidentale e qualsiasi del pensiero. Nella morfologia linguistica del dogma si fonda sia la sua particolare forma di storicità che la sua particolare forma di immutabilità.
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J. Ratzinger, op.cit., /2 2. Il linguaggio umano esiste come processo di storia del linguaggio. Come autoespressione dello spirito umano, che esiste storicamente, gli è necessaria la continuità che supera i tempi, continuità attraverso la quale esso adempie al servizio della comprensione e dell’essere mezzo alla comunicazione dello spirito dal passato al futuro attraverso il presente, con il cambiamento, il forza del quale ogni generazione si esprime nel linguaggio e in esso imprime le sue tracce. Il linguaggio senza continuità perderebbe la sua funzione, altrettanto senza l’attualità del suo nuovo farsi tale. Inoltre il linguaggio esclude l’arbitrio del singolo, così come esige il colloquio vivo e sempre personale, perché vive di questo. È^
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J. Ratzinger, op.cit., /3 3. Come il fenomeno del linguaggio il dogma partecipa del doppio carattere della lingua: continuità ed identità, ma anche, dall’inizio, processo aperto di appropriazione e di trasformazione. Così il dogma è “storico” nel doppio significato che questa parola implica: continuità ed unità come processo ininterrotto dell’andare sempre oltre e trasformarsi.
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J. Ratzinger, op.cit., /4 4. Il limite della storicità, e rispettivamente della possibilità di trasformazione, sta dunque nel fatto che: a)la fede stessa è solo una e perciò il linguaggio della fede può rinviare sempre e soltanto ad essa sola, di cui è linguaggio, b) e che, anche là dove la trasformazione della lingua può essere necessaria, questa non avviene senza la compartecipazione del singolo a questa lotta e sofferenza, ma neppure attraverso il puro arbitrio personale. La funzione che fonda l’unità della parola può essere conservata solo quando è tolta dall’arbitrio privato, cioè un tale cambiamento può avvenire solo attraverso la comunità, anche se non senza il singolo, il suo coraggio e la sua pazienza.
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B. SESBOÜÉ, Gesù Cristo nella Tradizione della chiesa, Cinisello B
B. SESBOÜÉ, Gesù Cristo nella Tradizione della chiesa, Cinisello B. (Al), 1997,149. Una formula dogmatica deve dunque essere sempre intesa come una conclusione interpretativa che rimanda ad altro da lei. (…) Ora, la formula dogmatica non è né la Scrittura né la teologia. Il suo ruolo è semplicemente quello di proporre una decisione che riguarda il senso.
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PIO XII, Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus, 1 novembre 1950. (DH 3903).
«Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».
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